7.0
- Band: YOB
- Durata: 01:02:30
- Disponibile dal: 29/08/2014
- Etichetta:
- Neurot Recordings
- Distributore: Goodfellas
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Dopo sette album e quasi quindici anni di onorata carriera, la più grande doom metal band americana attualmente in circolazione (almeno dati alla mano), ci presenta il loro nuovo nascituro, dopo essere passati da Century Media a Profound Lore per approdare infine alla Neurot. Un biglietto da visita, un curriculum vitae ed una reputazione, quella degli Yob, davvero difficile da mettere in discussione. Detto ciò, fermiamoci un attimo a dissezionare la natura prettamente musicale di questo disco. Il primo dato che balza immediatamente all’orecchio sin dalle prime note della opener “In Our Blood” è che ogni singolo momento di questo disco potrebbe benissimo provenire da un qualunque altro disco della band a partire da “The Illusion of Motion”. Il primo dato da svelare di “Clearing the Path to Ascend” dunque è che siamo di fronte ad evoluzione zero. La band è sempre lì, almeno stilisticamente, dove l’avevamo lasciata con “Atma”, “The Great Cessation” eccetera. Non si è mossa di un centimetro. Le canzoni viaggiano sulla media di dieci minuti di durata l’una, dominate dalle striature stoner-psichedeliche delle origini, perennemente sferzate dalle dissonanze e dalle sferragliate chitarristiche di un isterico Mike Scheidt, nonché dal suo dualismo vocale fatto di lamenti nasali mantrici e delle solite urla strozzate gonfie di delay ampiamente già sentite in altri lavori, se non sin dalle origini della band. In generale vige imperante in maniera quasi dittatoriale nell’impianto della band la figura baricentrica di Scheidt e dei suoi immaginari sciamanici e progressivi che hanno sempre cercato di coniugare la profondità emotiva dei Neurosis alla tradizione e alla fierezza immobilista dello stoner metal di scuola Sleep ed Electric Wizard. La formula ha messo la band sul podio del doom in maniera persistente per almeno dieci anni, ma ora cominciamo a chiederci, di fronte ad un panorama doom che cambia in maniera scalpitante e che vomita fuori nuovi talenti in maniera emorragica, se questo nuovo lavoro degli oregoniani riuscirà a mantenerli in sella e a ri-assicurar loro la vetta del doom americano, o se stiamo assistendo ad un lento declino dovuto a stagnazione o alla percezione dei Nostri che la vetta gli sia dovuta e che non debbano combattere anche loro come le nuove leve per ottenerla. Ovviamente i Nostri sono ancora i primi della classe quando si tratta di scrivere canzoni stoner doom titaniche ed epiche. In dieci minuti, durata-tipo di un loro brano, gli Yob fanno accadere di tutto e di più e sono maestri in questo campo, ma finora non sembrano aver saputo guardare oltre il loro enorme successo e la formula che li ha resi famosi per muoversi in altri campi e continuare a stupire per riconfermarsi come leaders carismatici sempre alla ricerca di nuove sfide. E come in ogni aspetto della vita, bisogna sapere guardare oltre e rimanere sempre in movimento per evitare di essere superati dalla concorrenza. E se da un lato band come Indian, Pallbearer, Windhand, Subrosa, Conan, Primitive Man, Ufomammut eccetera non esisterebbero neanche senza gli Yob, Scheidt e soci dovrebbero anche rendersi conto del fatto che spesso gli allievi superano il maestro, e questo avvenimento allarmante per un certo senso è già accaduto, basta andare a sentire gli ultimi lavori delle sovracitatate band per rendersi conto che la “freschezza” nel doom americano è sempre meno in mano agli Yob e sempre più in mano alle nuove leve. In questo caso sembra quasi superfluo descrivere le canzoni di “Clearing the Path to Ascend” in dettaglio. Sono esattamente ciò che vi aspettereste dagli Yob: fumose e lisergiche costruzioni di doom progressivo e abissale che si muovono su vari terreni, intervallando stoner metal, sludge, e doom metal, e intersecandosi a cadenze regolari con iniezioni massicce di psichedelia di stampo Seventies, prog e post-rock. Insomma il solito crocevia di Melvins, Neurosis, Sleep ed Electric Wizard che li ha resi celebri agli inizi degli anni Duemila, il solito piatto semi-riscaldato che Scheidt e soci ci ripropongono da oltre dieci anni a questa parte, ma – preda di uno strano dualisimo – ogni volta assemblato con il carisma e la personalità dei veterani stagionati, sia per quanto riguarda la scrittura, che i suoni, che la produzione, che l’immaginario tutto. Solo nella conclusiva “Marrow” (miglior capitolo del disco) si intravede un timido tentativo dei Nostri di voler andare oltre la loro solita sfera di competenza, inserendo nel brano pregievoli striature country, folk e blues, con innesti azzeccatissimi di organi, i quali fanno della traccia una sorta di salvagente per il disco, una specie di trapianto che ha allungato l’esistenza da leaders della band proprio all’ultimo minuto. “Clearing the Path to Ascend” insomma è un disco che appassionerà i fan e che intratterrà piacevolmente gli amanti del doom e dello sludge, ma in molti si staranno chiedendo cosa di nuovo abbia da offrire un disco del genere, pur nella sua inappuntabile esecuzione e serietà. Ci stiamo veramente domandando insomma cosa abbia fatto la band, in questo ennesimo capitolo-fotocopia dei precedenti, per prepararsi ad un domani che appare sempre più incerto e periglioso. La rilevanza, per non scomparire, è un tassello fondamentale nella carriera di una band come gli Yob, un assetto che va conquistato sul campo a suon di colpi di genio, cosa che la band aveva fatto agli esordi e per gran parte della propria carriera e che oggi sembra restia a voler conquistare o troppo sicura di sé per voler (ri)mettersi in gioco ad ogni sfida, preferendo invece la sicurezza di formule che hanno determinato successi passati. Ma si sa, nel frattempo anche il resto del mondo aggiorna il proprio inventario e va all’attacco. Staremo a vedere, per ora la fortezza regge.