7.0
- Band: ZAKK WYLDE
- Durata: 01:04:53
- Disponibile dal: 04/08/2016
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Audioglobe
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Lunghi capelli biondi, barba chilometrica, vestiario rigorosamente in pelle ed uno sguardo truce che non promette niente di buono: a prima vista, Zakk Wylde appartiene certamente alla categoria del rocker puro al 100%, per niente disposto al compromesso ed abituato a concedere confidenza solamente alle sue amate sei corde che lo accompagnano ormai incessantemente nella sua pluriventennale carriera di fama internazionale. Uno status inattaccabile che effettivamente, prima alla corte dell’illustre padrino Ozzy Osbourne e poi con la sola forza della sua creatività come Black Label Society, si è sempre stabilizzato su canoni hard rock/metal di ottima fattura, concedendosi quale unica “scappatella” l’acustico “Book Of Shadows”, pausa intimistica dove Wylde metteva in mostra tutto il suo amore per la musica country, il southern rock e la musica d’autore americana da egli sempre apprezzata e costantemente citata tra le sue primordiali influenze alla chitarra. Sono passati venti anni dalla pubblicazione ed il conseguente successo di quel platter: un unicum all’interno del suo percorso artistico che proprio oggi però vede un ritorno inatteso proprio a quelle sonorità, mettendo un attimo da parte gli strumenti elettrici e concedendosi, nuovamente, il tempo di esprimere liberamente la propria sensibilità unplugged. Se il paragone quindi con la prima parte di questa esperienza sorge istantaneo e naturale, possiamo da subito svelare senza riserve un sostanziale allontanamento di Zakk dallo stile che caratterizzava il predecessore del 1996: risalta subito evidente, infatti, l’intenzione di muoversi su coordinate simili nel contesto, ma piuttosto differenti nello stile presentato nei quattordici brani di “Book Of Shadows II”, venuto alla luce in seguito ad una certamente maturata esperienza nel songwriting e negli arrangiamenti strumentali. Anzitutto, è facile percepire il peso considerevole che uno strumento come il pianoforte ha assunto nella fase creativa per il chitarrista americano: nonostante compaia manifestamente solamente in “The King”, canzone epica e maestosa posta giustamente come degna chiusura dell’album, le vincenti progressioni di accordi sembrano derivare direttamente dallo strumento in tasti d’avorio, donando allo stesso tempo uno spolvero più diretto ma composito a gran parte di queste canzoni. Già “Autumn Changes” parla chiaro in questo senso, primo episodio di “BOS II”: intelligentemente, saranno proprio le prime tracce a segnare una vicinanza più marcata con l’album passato, arrivando progressivamente allo stile più moderno di “Forgotten Memories” o del primo singolo presentato, una “Sleeping Dogs” a cavallo tra acustico e soft rock che meglio delle altre si presta certamente per i ripetuti passaggi radiofonici destinati a questa hit song. Per il resto, a farla da padrone, è la profonda esperienza di Wylde nell’offrire qualcosa che suoni certo tradizionale e ben riconoscibile, ma non scontato o prevedibile (“Sorrowed Regrets”, “Lay Me Down”); momenti delicati, dolci, ma affatto smielati (“Lost Prayer”), così come episodi tristi ma non per questo banalmente strappalacrime, alternati tra suggestioni soul, come “Yesterday’s Tears” o “Harbors Of Pity”, ruvide radici blues americane, immancabili nei famosi assoli pentatonici dell’axeman a stelle e strisce ed un generale clima southern folk ottimamente mantenuto lungo tutta la tracklist. Aspetteremo forse venti anni prima che Zakk Wylde torni a mostrarci nuovamente il suo lato meno aggressivo e più personale? Difficile a dirsi, sappiamo soltanto che il modo migliore per ingannare l’attesa esiste, ed ha il nome di “Book Of Shadows II”.