8.0
- Band: ZERO ABSOLU
- Durata: 00:33:00
- Disponibile dal: 31/01/2025
- Etichetta:
- AOP Records
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Ci sono tanti modi e tanti motivi per ricominciare da zero. Sempre che esistano, le ripartenze da zero: per quanto possa essere frustrante ripercorrere daccapo una strada, o ripartire dal principio su un altro sentiero, il percorso già fatto non viene mai del tutto rimosso. Lascia tracce, esperienze, ricordi che fanno del nuovo itinerario qualcosa di molto diverso da quelli intrapresi con nulla in tasca e poca cognizione di cosa significhi il confronto con l’esterno. I francesi Zéro Absolu, quindi, non possono dirsi uno ‘zero assoluto’ in questo senso, per quanto “La Saignée” sia a tutti gli effetti un album di ripartenza.
Gli Zéro Absolu sono infatti una reincarnazione dei Glaciation, o meglio ne sono un kintsugi, che rimette insieme i cocci di una notevole epopea di scissioni e litigi. Provando a riassumere: nel 2015 i Glaciation mettono alla porta l’allora frontman Rose Hreidmarr (già voce degli Anorexia Nervosa e poi dei cringissimi The CNK), i cui problemi personali e di dipendenza dall’alcool erano diventati insostenibili per il resto della band. Nel 2020, Hreidmarr registra il marchio Glaciation, se ne intesta la proprietà intellettuale e pubblica un nuovo album all’insaputa degli altri musicisti, facendoli incazzare così tanto che è difficile spiegare “La Saignée” senza precisare che contiene un bel po’ di risentimento nei suoi confronti. Per chi capisce il francese o per chi vuole cimentarsi con Google Translate, il testo della title-track è molto rappresentativo.
Quanto alla musica, gli Zéro Absolu si pongono in una continuità solo relativa coi Glaciation, lasciando da parte la componente più smaccatamente black del precedente “Sur les falaises de marbre” (terremo qui conto solo delle uscite dei Glaciation originari, evitando i gineprai in cui già qualche band ci costringe), a favore di uno sviluppo più orientato verso il post- e l’atmospheric black.
Un altro elemento di rottura riguarda l’architettura dell’album e quindi dei brani, limitati a due episodi dal minutaggio importante.
Il primo, “La Saignée”, è una suite di ben venti minuti in cui risuonano le influenze di gruppi come Alcest (del resto, alla chitarra c’è Indria Saray, che accompagna Neige e soci al basso nei live) e Agalloch. L’oscurità qui evocata dagli Zéro Absolu è volatile, fluida, leggera nel suo dinamismo aperto e vibrante di toni squisitamente post-black, con le chitarre protagoniste lasciate libere di giocare con riff ed effetti. Il risultato è catchy ma non ruffiano, anche grazie alla drammatica performance vocale di Jean-Emmanuel ‘Valnoir’ Simoulin e al drumming di R.R. (Regarde Les Hommes Tomber).
Il brano evolve con naturalezza verso un crescendo epico e arioso, coronato dal dettaglio tenue e prezioso di un delicato tintinnio di synth, per poi attraversare l’immancabile intermezzo parlato e confluire in un finale che dal marziale tracima nel fantastico, con suoni trasognati e il contrasto potente tra una chitarra che sfiora il rumore bianco e una melodia quasi da carillon.
Sempre sui contrasti si gioca il secondo atto, “Le Temps Détruit Tout”: luci eteree di synth, ricamate a exploit di batteria e inserti recitati, si alternano alle ombre di un black metal di chiara matrice d’Oltralpe. Non manca neanche in questa traccia dalle intenzioni più atmosferiche e meditative l’occasione per dare spazio a qualche riff di facile presa emozionale, che tiene alta l’attenzione senza scalfire l’aura introspettiva del brano. Si giunge alla conclusione scivolando lungo una coda malinconica e via via più dissonante, con la sensazione di aver condiviso un percorso interiore intenso, che viene subito voglia di ripetere.
Un’ultima menzione merita la copertina, che ritrae i vinili sciolti dall’incendio divampato ad aprile 2024 dell’ex Helvete di Oslo: reliquie irrecuperabili di un passato che possiamo solo lasciarci alle spalle, pur non disdegnando il piacere agrodolce di crogiolarci nel senso di perdita e nella nostalgia.