8.0
- Band: ZOLFO
- Durata: 00:57:42
- Disponibile dal: 24/05/2024
- Etichetta:
- Violence In The Veins
- Zann’s Records
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In “Geister (Fantasmi)”, uno degli episodi più suggestivi del documentario “Workingman’s Death” (2005) dedicato al lavoro manuale nel ventunesimo secolo, vengono mostrate interminabili file di minatori in viaggio verso il cratere di una solfatara indonesiana di origine vulcanica, tra esalazioni asfissianti e turisti in gita pronti a scattare foto ricordo o ad acquistare souvenir.
Al pari di “Geister”, i diciotto minuti di “Silence Of The Absolute Absence” che chiudono in crescendo ”Descending Into Inexorable Absence”, ci accompagnano in un’interminabile e claustrofobica discesa nel buio, sfruttando l’intera scala dell’estremo a disposizione, dalla lenta marzialità dei Bell Witch (ma eviscerata della sua componente gotica) sino al post-hardcore dei Converge, completando idealmente le cinquanta sfumature di nero della palette di un armocromista in lutto.
Il debutto “Delusion Of Negation”, aveva rivelato i baresi Zolfo ad una ristretta cerchia di appassionati del genere sludge, grazie ad un blocco di canzoni costruite per essere efficacemente angoscianti e rabbiose; ora il nuovo album introduce una dinamicità inedita all’interno dei pezzi, che, pur mantenendo il passo pachidermico necessario a chi decide di inoltrarsi in questi territori sonori, mutano frequentemente lungo lo svolgersi del minutaggio, e affascinano l’ascoltatore, come ad esempio nell’iniziale “Lament Of Light”, in cui la disperazione black dei primi Deathspell Omega rimane compressa tra due muraglie insormontabili di chitarre degne dei Funeralium.
Ogni brano, quindi, presenta al suo interno più sezioni che prendono spunto dal doom, dallo sludge e (anche se meno frequentemente) dal black metal atmosferico, unite fra loro in modo organico, suonate con un’asciuttezza tipica dell’hardcore e con una sorprendente originalità negli arrangiamenti.
A tal riguardo ci sono numerosi momenti in cui ci si accorge della cura con cui volumi ed riff sono progettati, e si ha l’impressione che la bacchetta del batterista serva sia a tenere il tempo che a dirigere i musicisti, come accade nel numero “No Home for an Eternal Wayfarer” (che nasce funeral doom per poi incrementare gradualmente la propria violenza ritmica ed esplodere nel drumming finale), o in “Admire The Mire”, tempesta elettrica che prima si annuncia all’orizzonte e poi investe in raffiche l’ascoltatore.
Dalla morsa di questa complessità si divincola solo “Apoptosis”, il brano più vicino allo spirito degli esordi, dove il vocalist Dave dà una prova di cui Jacob Bannon andrebbe fiero. Non è dato sapere se questa evoluzione sia merito del contributo di Chris Fielding dei Conan al mixer, di compagni dai medesimi gusti musicali frequentati sul palco (Hate & Merda su tutti), oppure, più verosimilmente, della crescente esperienza maturata dalla band; in ogni caso “Descending Into Inexorable Absence” segna un netto salto di qualità, proponendosi tra le migliori e recenti uscite italiane del settore.
Un’avvertenza è d’obbligo: l’ascolto prolungato potrebbe oscurare ulteriormente le molte gloomy Sunday che ci sta facendo vivere questa strana primavera.