6.5
- Band: ZOMBI
- Durata: 38:40
- Disponibile dal: 17/07/2020
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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“Nel mio mondo tutti diventiamo zombie, ma siamo sempre noi. Penso a loro come una forza esterna. Sono un gruppo rivoluzionario. Vedono le cose in modo diverso”. Come dare torto a Romero? E come non citarlo ogni volta che salta fuori il termine ‘zombie’, come anche i b-movie, Fulci, Simonetti, i Goblin, l’elettronica?
Probabilmente gli Zombi (la band) li conosciamo già. E la storia sull’alba dei morti viventi pure.
Bentornati dunque – direttamente – al “2020”, nuovo disco del duo Steve Moore e Anthony Paterra, ancora alle prese (qui però non si può parlare di moda del momento) col synthwave che tanto è tornato di moda per gli amici metallofili. Non solo quelli roadburniani da Carpenter Brut e amiconi vari, ma anche quelli che, tutto sommato, con le colonne sonore del truculento cinema italiano anni Settanta ci sono sempre andati a genio. Si parte infatti alla grande con la potente “Breakthrough & Conquer”, capace di destare immediatamente l’attenzione, in termini stoner rock, ovviamente, pur coi synthoni bassosi al culmine del loro piacevole tono. Già, perché Moroder qui sarebbe proprio fiero di come la mistura sonora elettronica diviene ancella (per non dire serva) della composizione rock-oriented. Potremmo anche dire heavy metal, dai. Non direbbe niente nessuno. I Black Sabbath sono lì che ascoltano e osservano sempre.
“2020”, però, non ha tutto quel luccichio che ci si potrebbe aspettare dal suo glitch/synth rock stoner e va avanti un po’ con troppi standard (“Earthscraper”, “No Damage” ) che risultano un poco prevedibili, soprattutto alla luce di quanto il duo della Pennsylvania aveva già detto in passato. L’etereo discorrere della batteria di Paterra con l’estro di Moore si setta un po’ sul ‘già detto’ e fa fatica a risultare – seppur con questo groove rockeggiante, sabbathiano e meno dilatato – veramente convincente e fresco. Ci sono alcuni momenti più intensi, come “Fifth Point Of The Penta” o “First Flower” dove basta poco (soprattutto per Paterra) per diventare più convincenti. Il resto fa fatica a decollare, e si incaglia troppo spesso in quella psichedelia che una sonorità vincolata ai due elementi spesso fa risultare un po’ ridondante.
Se gli zombie, come dice Romero, vedono le cose in modo diverso, qui non lo si fa fino in fondo. Quello che è certo è che comunque, lo si voglia o no, un po’ di pelle cadente, andatura marcescente e un look trasandato è uno standard che può comunque restare cool abbastanza per promuovere l’immaginario del 2020.