6.5
- Band: ZOMBI
- Durata: 00:33:03
- Disponibile dal: 10/05/2011
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Masterpiece
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Steve Moore e Tony Paterra tornano con un nuovo capitolo della loro saga sonora chiamata Zombi. Anche questa volta zero sorprese: i nostri si ri-immergono senza indugi nel loro ormai classico plasma prog-sci-fi psichedelico con cinque vaste e intrippanti canzoni di prog electro-rock strumentale dai tratti quasi esclusivamete cinematografici. Irreparabilmente piantati a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta (per lo più quelli italiani, per giunta), il duo di Pittsburgh ha creato un altro lavoro che segue per filo e per segno il dogma di Tangerine Dream e Goblin, e il verbo del vintage synth-rock da colonna sonora, lo stesso che ha contribuito a rendere famosi e tremendamente riconoscibili certi film di Dario Argento, di Lucio Fulci e di Joe D’Amato (nel suo periodo splatter-horror, non porno!), con quei synthoni analogici vibranti, lugubri e spettrali che introducevano pacchianissime scene di eviscerazioni e zombi (appunto) impazziti. Ancora una volta i synth e le tastiere stratificate e ululanti di Moore sono la spina dorsale di queste composizioni, e riescono ancora una volta a chiudere la mente di chi ascolta in un’ossessiva e martellante gabbia di fluidificazioni sonore spaziali, psichedeliche e ipnotiche, che riportano immediatamente la mente alle atmosfere surreali di quei film così esagerati e visionari che a tutti noi è capitato di vedere da bambini in seconda o terza serata anni orsono. La musica degli Zombi è estremamente retrò dunque, incredibilmente autoreferenziale e caratterizzata da tratti stilistici che potrebbero sembrare del tutto “superati” ormai. E in effetti lo sono, ma questo è ciò che Moore e Paterra amano ed è evidente che la band non ha alcun interesse nell’”attualizzare” la propria proposta, ma piuttosto mira a ricreare fedelmente una nicchia musicale che è ormai estinta e che non genera più tanto interesse. Questo atteggiamento della band è ammirevole, e la loro conoscenza della materia trattata lo è ancora di più poiché effettivamente quelle atmosfere tese e surreali, che un certo movimento cinematografico ormai estinto riuscì a suscitare trent’anni fa, si rifanno magiacamente vive e scalpitanti nella musica degli Zombi, quasi come una grottesca riesumazione culturale. Anche se tremendamente di nicchia, “Escape Volocity” come fu per i suoi precedessori, ci mostra una band che non si è mai dimenticata – e che al contrario si è innamorata – di cosa accadde all’inizo degli anni Ottanta quando il prog dei Genesis e dei King Crimson, e lo space rock degli Hawkwind, si fuse con le sperimentazioni a base di synth di Kraftwerk e Cabaret Voltaire. Una sintesi troppo indigesta e intrippante per le radio e TV di allora, ma amore a prima vista per gli emergenti filmaker di pellicole “exploitation”, grindhouse e sensazionalistiche in voga in quel periodo, che avevano bisogno di colonne sonore ossessive e surreali in maniera quasi esagerata. Una menzione prettamente “tecnica” va fatta al contenuto musicale di questo lavoro che, anche se del tutto in linea col catalogo della band, stavolta ci mostra Moore armeggiare molto di più con i synth e le tastiere anziché con il basso pulsante e di matrice seventies come in passato, facendo di “Escape Volocity” un album quasi completamente “elettronico” che in certi frangenti sfiora addirittura il danzereccio, rendendolo decisamente inferiore a certi momenti assolutamente fuori controllo e memorabili di lavori come “Surface To Air” e “Cosmos”. Gli appassionati e i nostalgici del genere troveranno i campioni indiscussi di questo micro-mondo di nuovo con le mani in pasta ma sotto tono, e gli amanti del post-rock e di generi di “confine” rimaranno piacevolmente sorpresi, ma apprezzeranno molto di più i lavori passati della band. Quanto a utti gli altri, metallari incalliti specialmente: per voi qua c’è poco o nulla.