7.5
- Band: ZU
- Durata: 00:42:05
- Disponibile dal: 07/04/2017
- Etichetta:
- House Of Mythology
- Distributore: Audioglobe
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Può una band dal suono unico e a tratti geniale cambiare completamente le proprie coordinate e rimanere interessante e particolare? Questo nuovo “Jhator” pare dirci che la risposta è sì, almeno per gli Zu. Se la loro ultima prova con la formazione classica, ossia “Carboniferous”, era forse l’apice di un percorso di crescita tanto in personalità, quanto in pesantezza, così il successivo “Cortar Todo” cercava un non sempre riuscito equilibrio tra l’approccio metal, il free-jazz primevo e gli inserti elettronici. Con queste premesse, non può forse stupire più di tanto che il trio romano abbia deciso di imprimere una spinta radicale al proprio asse di rotazione, optando per un lavoro composto da due lunghissime suite rarefatte, psichedeliche, in apparenza minimali: in apparenza, appunto, perché tanto “A Sky Burial” che “The Dawning Moon Of The Mind” sono in realtà due brani che fanno della cura del dettaglio il loro punto di forza; e così le campionature di synth che fanno capolino sulla prima traccia o i delay acquatici che caratterizzano il brano seguente sono essenziali quanto ogni singolo accordo o inserimento da parte del loro canonico asse basso-batteria-sassofono. Quest’ultimo, a dirla tutta, pressoché assente. La base di partenza concettuale della band sono stati i rituali funerari tibetani, e molto emerge anche a livello musicale di questo substrato spirituale e orientale, mediato e trascritto con intelligenza e personalità – diciamo secondo la lezione di David Tibet. E altri echi che fanno capolino sono sicuramente i Pink Floyd delle colonne sonore o, se non nelle ritmiche sicuramente nelle sensazioni evocate, i Dirty Three di Warren Ellis; per restare più legati alla discografia dei Nostri, diciamo che viene in qualche modo estremizzato l’approccio di brani come “A Sky Burial” dall’ultimo lavoro, ma con ancora meno presenza elettrica. Forse è un ascolto che può risultare ostico anche più delle trapanate di sassofono in tempi dispari a cui ci avevano abituato, o deludere una buona fetta di pubblico – il salto è sicuramente rilevante; ma non vi lascerà indifferente, e riteniamo che “Jhator” possa offrire affascinanti trip sui suoi peculiari tappeti sonori.