Intervista raccolta da Federico De Luca
Domande a cura della redazione di Metalitalia.com
Manager di band storiche come Paradise Lost, Opeth, Katatonia, Anathema e Devin Townsend, Andy Farrow (Northern Music Group) è una persona diretta e modesta, ambiziosa ma realista, con un buon senso dell’umorismo. Abbiamo discusso con lui l’evoluzione dell’industria musicale, l’impatto che la Brexit e la pandemia hanno avuto su di essa nel Regno Unito (e non solo) e delle piattaforme di streaming, oltre che dello stile di vita e i futuri progetti degli artisti nel suo roster e le ragioni dietro allo scioglimento degli Anathema.
QUAL È IL TUO BACKGROUND E COSA TI HA SPINTO VERSO IL MANAGEMENT DI BAND? QUAL È STATA LA PRIMA BAND PER CUI HAI LAVORATO?
– Sono Andy Farrow, managing director e CEO di Northern Music Group, di cui fanno parte anche Omerch, NMC Live (agenzia di booking), AMF Publishing, l’etichetta Graphite Records e la Film24 Productions. Ho iniziato più di trent’anni fa, facevo parte di una punk band e mi sono ritrovato a organizzare i nostri concerti. Ho gestito varie band nel territorio di Bradford (West Yorkshire), ma la prima band con un contratto formale furono i thrash metaller Slammer; era il 1987-88, avrò avuto circa ventidue anni.
L’INDUSTRIA MUSICALE SI È EVOLUTA NEGLI ULTIMI ANNI, E LE MODALITÀ DI GUADAGNO HANNO ATTRAVERSATO SOSTANZIALI CAMBIAMENTI. IN CHE MODO QUESTO HA INCISO SUL TUO APPROCCIO DA UN PUNTO DI VISTA AZIENDALE?
– Ottima domanda. Quando ho iniziato, la band firmava un accordo secondo il quale l’etichetta avrebbe posseduto i diritti del disco per sempre; la label pagava un anticipo, la registrazione del disco e poi, regolarmente, le royalties. La band doveva andare in tour per promuovere il disco, spesso andando in perdita: ad esempio, i Paradise Lost persero ottantamilamila sterline in band di supporto per il tour di “Draconian Times”, sebbene il primo assegno di diritti per il disco fosse abbastanza sostanzioso.
Il declino nelle vendite di dischi ha, in un certo senso, capovolto la situazione. La band guadagna tramite diritti d’autore e la vendita di merchandising quando va in tour. Inoltre, oggigiorno lotto sempre per un ‘license deal’ per le mie band: la band possiede il master del disco e dopo dieci anni i diritti tornano a loro. Certo, questo vuol dire che l’etichetta paga un anticipo molto più esiguo, che viene solitamente utilizzato per registrare il disco; ciononostante, le band ricevono royalties più alte rispetto al vecchio modello economico, e sono pure in possesso del master del disco. Insomma, una band che vende centomila copie oggi vive agiatamente. Vent’anni fa, centomila copie non erano nulla.
Sebbene sia vero che i servizi di streaming non paghino abbastanza, la scena metal è ancora molto affezionata al prodotto fisico; per le nostre band, solo il 25-30% dei ricavi viene dallo streaming. Le vendite di CD sono scese, ma il vinile è tornato alla ribalta. Ad esempio, gli Opeth hanno venduto trentacinquemila copie di “Sorceress” nella prima settimana.
Dato che questo tipo di business fa molto affidamento sui live, durante questa pandemia abbiamo dovuto esplorare nuove fonti di guadagno basate su vecchi business model, come merchandise, T-Shirt ‘on-demand’ e riedizioni di album per celebrarne l’anniversario di uscita. Ad esempio, Music for Nations ha appena annunciato un’edizione speciale per il ventennale di “Blackwater Park” degli Opeth (l’intervista risale ad Aprile, ndR).
CHE EFFETTO AVRÀ LA BREXIT SUI TOUR EUROPEI DI BAND ANGLOSASSONI? QUALI SARANNO I CAMBIAMENTI DAL PUNTO DI VISTA BUROCRATICO E IN CHE MODO SI RIFLETTERÀ SUI COSTI?
– La Brexit è un grosso problema, che impatterà sull’intera industria musicale. Il primo problema è burocratico: credo che band più grandi potranno permettersi di pagare un team per gestire permessi e burocrazia in generale, mentre band emergenti, che non dispongono dello stesso budget, saranno quelle che soffriranno maggiormente.
Un’altra conseguenza saranno le imposte sul merchandise. Certo, potremmo considerare una succursale in Europa per evitare di far pagare alle band commissioni ed imposta sul valore aggiunto, ma comporterebbe grossi costi di apertura. E ovviamente questi costi si riverserebbero sul consumatore finale, che potrebbe decidere di non comprare.
Inoltre, il Regno Unito è sede di gran parte delle compagnie di produzione e service live nel territorio europeo. Una gran parte dell’amplificazione, luci, tour bus e TIR proviene da compagnie britanniche. Non sappiamo ancora in che modo queste compagnie potranno spostarsi nel territorio europeo. Per esempio, trent’anni fa, le band pagavano un deposito sul service noleggiato, e dovevano presentare un carnet da far stampare ad ogni singola dogana, pena la perdita dell’intero deposito. Come vedi, la Brexit avrà un effetto a catena su tutta l’industria live.
Ho anche saputo che, per via del Covid, molti lavoratori del settore sono stati costretti a trovare altri lavori; molte compagnie di service sono passate al trasporto merci. Ci sarà abbastanza personale, service e veicoli per sostenere un risveglio dell’industria a fine pandemia?
E RIGUARDO BAND EUROPEE IN TOUR NEL REGNO UNITO?
– Dunque, finora la ritenuta fiscale per band straniere nel Regno Unito era del 20%, ma bastava compilare il modulo FEU e dimostrare che la band era in perdita per evitare di pagare la tassa. Questo potrebbe cambiare con la Brexit.
Come possibile conseguenza, i festival britannici potrebbero perdere parte dei grandi headliner americani ed europei, che potrebbero non essere disposti a pagare ritenute più alte.
A CHE REDDITO POSSONO AMBIRE BAND COME QUELLE CON CUI LAVORI? SPECIALMENTE IN UN PERIODO COME QUESTO, IN CUI NON È POSSIBILE ANDARE IN TOUR.
– A differenza di molte band, i cui guadagni dipendono da vendite e tour, le band che gestisco sono costituite come vere e proprie Società a Responsabilità Limitata (SRL), di cui i membri sono dipendenti e ricevono regolare stipendio. Se hanno una buona annata, a fine anno fiscale riceveranno anche dei dividendi. Alcune band hanno più di una compagnia, ad esempio una SRL per tour e merchandise, una partnership per dischi e publishing, e così via. Il fatturato in periodi di tour può eccedere il milione di sterline; il fatturato scende quando la band è ferma, ma si abbassano anche le tasse.
Chiaramente, essendo dei business, pagare gli impiegati diventa difficile quando non ci sono introiti; durante la pandemia, abbiamo dovuto considerare fonti di reddito alternative al live, come merchandise, licenze d’utilizzo dei brani, dischi, e concerti in streaming. Per fare alcuni esempi, i Paradise Lost hanno pubblicato o pubblicheranno nuove edizioni di “Draconian Times” e “Symbol of Life” (i cui diritti sono recentemente tornati in mano alla band); Mikael Akerfeldt sta lavorando alla colonna sonora dello show “Clark” per Netflix, e gli Opeth appariranno sulla copertina del quarto numero del fumetto “The Dark Knights: Death Metal” di DC Comics.
La vendita di merchandise è aumentata moltissimo, visto che molti fan sono a casa davanti al PC o al telefono e non possono spendere soldi in concerti; il turnover della nostra Omerch nel 2020 è stato più alto rispetto al 2019. Ovviamente, con l’innalzamento dei livelli di disoccupazione, la gente avrà meno reddito spendibile e la musica e il merchandise, in fin dei conti, sono beni di lusso.
Tramite i concerti in streaming, le band possono guadagnare più che ad un festival. Devin Townsend è stato molto attivo da questo punto di vista, e il suo streaming più visto ha fatturato più di quanto abbia mai guadagnato ad un festival, perché vengono meno molte delle spese come crew, trasporti, eccetera. Puoi fatturare oltre cinquantamila sterline con un concerto in streaming; un festival ne deve pagare almeno centomila perché la band abbia un guadagno netto di cinquantamila. Credo che i concerti in streaming avranno un ruolo importante in futuro, anche se niente può sostituire l’esperienza di un concerto dal vivo.
PENSI CHE I MEMBRI DELLE VOSTRE BAND (PARADISE LOST, OPETH, KATATONIA, ETC) POTREBBERO ESSERE CONSIDERATI ROCKSTAR? CHE STILE DI VITA HANNO?
– Rockstar (risate, ndR)? Non credo che nessuna delle nostre band abbia un’attitudine da rockstar. Gli Opeth sono la nostra band più grande al momento, ma sono molto umili. Per loro conta la musica. Basta che ci sia la carta igienica e il catering nel backstage, e sono contenti.
I Paradise Lost sono storicamente importanti, ma provengono dallo Yorkshire, sono molto tranquilli. Oltretutto, se andassi in giro comportandoti da rockstar nello Yorkshire, la gente ti prenderebbe per il culo (ride, ndR)! Potresti pensare che una band voglia trasferirsi a Londra e partecipare a mille party, ma la connessione al proprio territorio è molto importante.
Poi c’è quel personaggione di Devin Townsend, che io vedo come una rockstar, ma è così gentile coi fan, gli concede il suo tempo. In un momento storico come questo, è importante rimanere connessi coi fan.
La cosa più vicina alla vita da rockstar, è venire occasionalmente riconosciuti dai fan. Nick Holmes era in vacanza in Grecia, nel periodo dell’uscita di “Host”, e i fan lo fermavano di continuo. Mikael Akerfeldt alloggiava in un hotel di merda a Manchester, il Britannia, e i fan lo fermavano durante la colazione: “Tu? Qui? In questo hotel?”.
Insomma, si sposteranno molto in taxi, o dormiranno in stanze singole, ma volano in Economy con la loro crew, non in business class… azzererebbe i loro profitti!
SECONDO TE, CHE QUALITÀ DEVE AVERE UN MANAGER NELL’INDUSTRIA HEAVY METAL, IN PARAGONE AD ALTRI GENERI?
– La differenza principale è che i fan, nel rock e nel metal, sono molto leali. Si sente dire spesso “il rock è morto”, ma basta guardare le classifiche… Per un manager rock/metal, è questione di conoscere la scena, i suoi sottogeneri, capire cosa si aspettano i fan in termine di presentazione live e il merchandising – il fan metal lo indossa perché orgoglioso di appartenere ad una certa scena.
Quando una band è perfetta su disco, devo vederla dal vivo, e se fa schifo dal vivo è un problema, perché l’esposizione per il genere su radio e TV è limitata. In altri generi, come il pop, il rap, l’hip-hop, è tutta una questione di immagine, è tutto molto patinato, ma nel metal quel che importa è andare in tour e costruirsi una fanbase, perché continuerà a supportarti. Proprio perché leale, è importante capire come ritenerla… a volte basta un passo falso, e hai perso la tua fanbase. Quindi è importante conoscere i tuoi fan. Ad esempio, sono stato manager dei 65daysofstatic, la cui fanbase è molto diversa da quella di una band metal, è fondamentale riconoscere questa differenza.
Amo il metal perché i fan sono molto fedeli. Basti vedere gli Iron Maiden, quando Dickinson ha lasciato la band non figuravano più sulle copertine dei magazine. I Maiden sono conosciuti in tutto il mondo, tutti sanno come pronunciare il nome, riconoscono il design delle t-shirt. È qualcosa di internazionale. È meraviglioso come molti paesi islamici abbiano una scena metal molto prolifica. L’Arabia Saudita ha una scena metal ed il presidente dell’Indonesia è un grande fan dei Napalm Death!
Aggiungerei quindi che per un manager metal è fondamentale conoscere i vari territori, e come certi sottogeneri funzionino meglio in certi mercati. I The Wildhearts sono più amati in Giappone che in Europa. Il songwriting dei Paradise Lost funziona meglio coi fan tedeschi. Il mercato più grande per Devin è la Finlandia; la maggior parte degli ascoltatori degli Anathema su Spotify proviene dall’Iran, e così via.
LAVORANDO CON ARTISTI DIFFERENTI, UN MANAGER SI TROVA AD AVER A CHE FARE CON LE PERSONALITÀ PIÙ DIVERSE: APPLICHI LO STESSO METODO CON TUTTI, O ADATTI IL TUO APPROCCIO IN BASE ALLA NATURA E ALL’ATTITUDINE DEI TUOI CLIENTI?
– Domanda molto interessante. Quel che ho imparato, negli ultimi cinque o sei anni, è che quando incontro un artista devo capire cosa penso della persona. In passato, basavo tutto sulla musica, e dopo aver contrattato certe band mi ritrovavo a pensare: “cazzo, non mi trovo bene, non li sopporto!”.
Sono una persona molto diretta, e non funziona con certa gente. In teoria, l’artista ha l’ultima parola sulle decisioni; ora, io non sono un manager ‘marionetta’, ed ho un piano a lungo termine per ogni band. Se sono davvero sicuro di un’idea, prendo un volo e vado a parlarne con la band di persona, per spiegargli perché è una buona idea. Talvolta, bisogna fargli pensare che sia un’idea loro e saranno d’accordo (ride, ndR). Alcune band mi chiamano ‘boss’, ma io non credo di lavorare per loro, o loro per me, è più una partnership, una relazione simbiotica. Se uno non fa soldi, l’altro non fa soldi, quindi bisogna lavorare in sintonia.
Dunque, è importante che ti piacciano tanto come persone che come musicisti. Non ho mai gestito band di cui non apprezzavo la musica, ma il lato umano è davvero importante. Ovviamente, talvolta si sviluppa un rapporto umano con la band. Ho lavorato con Devin per dieci anni, con gli Opeth per quasi venti e considero amici certi artisti: sono il manager dei Paradise Lost da ben trent’anni!
Tuttavia, in passato ho ereditato certi personaggi difficili, con problemi psicologici, di droga o alcol, o altri tipi di problemi. In quel caso, è importante mettere dei paletti. Quando ho iniziato, ero molto ‘paterno’, ma a lungo andare può danneggiare la tua, di salute. Inoltre, i musicisti non fanno orari d’ufficio, pensano che sia accettabile chiamare la domenica mattina… è importante stabilire dei limiti.
COM’È LA TUA ROUTINE QUOTIDIANA? COM’È LA GIORNATA TIPO DI UN MANAGER COME TE?
– Come era la mia vita, prima della pandemia (ride, ndR)! Mi alzavo alle sette circa, andavo in palestra, facevo la sauna, la barba, la jacuzzi, talvolta un po’ di nuoto, facevo colazione lì, e arrivavo in ufficio per le 10. I nostri orari di ufficio sono dalle 10 alle 18. Sono orari diversi da altri settori in UK, per poter trattare con paesi con un fuso orario differente… e iniziare alle 10 rende possibile godersi i concerti la sera prima!
Durante la pandemia, mi sono ritrovato a lavorare persino più del solito, non riesco a finire il mio lavoro durante gli orari d’ufficio: tra tutte le nostre società, abbiamo a che fare con circa duecento band e negoziare contratti, la contabilità, sono cose che richiedono molto tempo. Non avere tutto il mio team in ufficio e dover organizzare meeting su Zoom ha cambiato il modo di comunicare. C’è anche del buono… mi sono reso conto che, non potendo viaggiare, non mi ammalo tanto quanto prima, quando prendevo almeno quindici voli l’anno, talvolta fino in Australia, tornavo in ufficio il giorno dopo e col jet-lag non avevo mai tempo per recuperare le forze!
QUAL È LA RICHIESTA PIÙ STRANA CHE TU ABBIA MAI RICEVUTO NELLA TUA INTERA CARRIERA?
– Non saprei davvero… Cioè, rispondo ad ogni singola e-mail che ricevo dai fan, talvolta ricevo e-mail tipo: “Tizio sta per morire, potresti chiedere a band X di fare un videomessaggio per lui?”, “Potreste suonare una canzone al suo funerale?”, “Sono un collezionista di autografi, potrei avere quelli dei Paradise Lost?”. Durante la pandemia, un conducente di ambulanze mi ha chiesto un video da Ginger, essendo un grande fan dei The Wildhearts; un poliziotto mi ha chiesto un video dai Paradise Lost, e così via. La richiesta più strana fu di un fan degli Opeth, malato di fibrosi cistica, per cui abbiamo adattato tutto il backstage, perché ci aspettavamo arrivasse in sedia a rotelle. Quando è arrivato non lo era, ed ha bevuto tutta la birra della band… Quindi, posso dire che le richieste più strane vengono tutte dai fan.
LA STORIA DEL ROCK, IN PARTICOLARE AI SUOI INIZI, PUÒ CONTARE SU UN NUMERO DI MANAGER LEGGENDARI, CHE HANNO PLASMATO LA CARRIERA DEI LORO CLIENTI: COLONEL TOM PARKER, MALCOLM MCLAREN, PETER GRANT, O L’ESEMPIO METAL PER ECCELLENZA, ROD SMALLWOOD. L’INDUSTRIA MUSICALE È PROFONDAMENTE CAMBIATA NEGLI ULTIMI VENT’ANNI, PENSI CI SIA ANCORA SPAZIO PER CERTE PERSONALITÀ OGGI?
– Beh, penso di sì. In verità, il management del passato aveva un approccio molto ‘gangster’; ad esempio, non hai menzionato Don Arden, vecchio manager dei Black Sabbath, o Brian Epstein, grande manager, ma quello che ha fatto col merch dei Beatles è terribile. Ho letto molti dei libri di Peter Grant, ha cambiato l’industria musicale con l’invenzione degli accordi a percentuale sui concerti, o spingendo i Led Zeppelin a fondare una label propria, Swan Song… ma aveva un approccio molto invadente, in fondo era un buttafuori, non un businessman.
Oggi l’industria musicale è molto più professionale. In passato, i manager non si conoscevano, erano molto sospettosi l’uno dell’altro. Adesso esiste l’International Manager Forum, ho conosciuto molti manager lì. C’è molta più consapevolezza di come funzioni l’industria adesso, ci sono molti corsi e libri, ma allo stesso tempo dovrebbe esserci più consapevolezza sul music management e cosa comporta. Voglio dire, le società di management hanno più impiegati di una piccola label, e il manager è la persona col potere! Certo, il manager non è mai famoso quanto l’artista, ma se sei interessato alla musica in quanto settore economico, impareresti molto più da un manager.
Mi piace pensare che la gente mi veda come un ‘personaggio’. C’è chi dice che io sia un pezzo di merda, ma le etichette dicono che sono molto equo, anche se posso essere un po’ duro con loro talvolta. Se vorrei essere famoso? Beh, vorrei più articoli sui magazine, quello sì! Ma non vorrei mai essere al livello di un musicista, che non può passeggiare senza essere riconosciuto. Una cosa divertente che Akerfeldt dice spesso è: “voglio vederti indossare un gessato, alla guida di una Jaguar!” (ride, ndR).
Se pensi a McLaren, voleva essere famoso quanto i Sex Pistols. Peter Grant andava a tutti i concerti. Gloria segue Cavalera ovunque. È più facile che la gente ti riconosca in quel caso, perché appari più spesso nelle foto con la band, ma non potrei mai farlo, non avrei tempo per fare il mio lavoro!
COSA PENSI DI PIATTAFORME DI STREAMING COME SPOTIFY? PENSI CHE IL COMPENSO DATO AGLI ARTISTI SIA OLTRAGGIOSO IN RELAZIONE AL NUMERO DI RIPRODUZIONI GENERATE? VEDI ALTRE SOLUZIONI RIGUARDO UNA MIGLIORE CONSIDERAZIONE DELL’ARTISTA?
– Una prima considerazione: quando si parla di retribuzione dello streaming, si può sì dire che Spotify non paghi, ma ci sono etichette discografiche che hanno accordi con le band in cui la percentuale è molto bassa. Spotify non paga molto alle label, e di quel poco l’etichetta paga solo un 20% all’artista. Sono riuscito a contrattare fino al 60% per alcune mie band. Alcune major, come Sony, possiedono azioni in Spotify, quindi potrebbero ricevere più delle piccole case discografiche.
Ovviamente, rock e metal sono indietro sullo streaming. Quando le piattaforme streaming arrivarono sul mercato, molte label metal, Century Media inclusa, dicevano: “non saremo mai su Spotify!”. Al momento, Spotify e Apple non hanno personale dedicato al genere, che è forse ciò di cui quell’area avrebbe più bisogno per crescere. Ma la cosa migliore dello streaming, è che ti permette di bypassare l’etichetta. Ad esempio, i diritti per gli album dei Paradise Lost pubblicati dalla EMI sono tornati alla band dopo dieci anni. La band stessa li ha messi in streaming, e racimolato ottomila sterline nel primo mese soltanto, perché a parte il distributore non c’era nessuno a guadagnarci sopra.
Lo streaming è più importante di TV e radio, di questi tempi. Finire nella giusta playlist sui servizi digitali è meglio di essere alla radio: i tuoi ascolti salgono velocemente e raggiungi nuovi ascoltatori. Ad esempio, possiedo una label, Graphite Records, ho tonnellate di CD che non ho venduto, ma per me lo streaming sta ‘stampando soldi’, e senza i costi della copia fisica. Sono sempre stato un fan del vinile, non ho comprato un lettore CD o Mp3 quando sono usciti e sono arrivato tardi a Spotify, ma adesso mi piace molto per la facilità d’accesso al catalogo. Ma da un punto di vista manageriale, insistiamo anche sul vinile, perché fa ancora introiti. Insomma, nel lungo termine le percentuali di pagamento per lo streaming devono sicuramente migliorare, ma anche gli accordi delle band con l’etichetta.
QUALI SONO I PIANI FUTURI DEI TUOI ARTISTI? SAPPIAMO CHE DEVIN STA LAVORANDO AD UN NUOVO PROGETTO… CHE CI DICI DEGLI OPETH?
– Gli Opeth rilasceranno una nuova versione di “In Cauda Venenum”. Mikael non era soddisfatto della stampa del disco, per cui stiamo lavorando ad un’edizione ‘connoisseur’ in vinile, che conterrà tre inediti (sia in inglese che in svedese); abbiamo pronto anche un nuovo mix di “Sorceress”.
I The Wildhearts sono in studio al momento, il nuovo album “21st Century Love Songs” uscirà a Settembre.
I Katatonia stanno lavorando ad uno show acustico in streaming, che potrebbe anche uscire in edizione fisica.
I Paradise Lost hanno rilasciato “Obsidian” un anno fa, ma Nick e Greg hanno un side-project, di cui non rivelerò il nome, che è basato sull’elettronica, simile a “Host” ma più oscuro, inoltre “Symbol of Life” e l’album omonimo saranno ristampati dall’etichetta della band.
Devin Townsend sta lavorando a “Snuggles” e “The Puzzle”, che usciranno in formato box-set da collezione, con un codice per accedere ad un visual stream, e poi registrerà un nuovo album per Inside Out, che uscirà l’anno prossimo.
I Bloodbath stanno scrivendo un nuovo album al momento, che dovrebbe uscire a fine 2021/inizio 2022.
Il problema è che, col Covid, le band non possono promuovere il nuovo disco in tour. A conti fatti, quando si potrà andare nuovamente in tour, avranno già bisogno di un nuovo disco: come i Katatonia, il cui tour è stato rimandato al 2022, in teoria potrebbero avere un nuovo disco per allora, mentre il trentesimo anniversario degli Opeth è diventato il trentaduesimo…
GLI ANATHEMA HANNO DECISO DI PRENDERSI UNA PAUSA QUALCHE MESE FA. CONOSCI LE MOTIVAZIONI? PENSI LA BAND RITORNERÀ PRIMA O POI?
– Gli Anathema avevano appena firmato un accordo con Mascot Records, era tutto pianificato, ma non potevano andare in studio per via del Covid. Inoltre, il tour per “We’re Here Because We’re Here” è stato cancellato, cosa che gli ha fatto perdere molti soldi. È un insieme di ragioni economiche e personali, oltre al fatto che Vincent voleva dedicarsi ad un progetto solista. Ma l’idea di ‘pausa’ vuol dire che la porta è sempre aperta, e dal punto di vista del business, niente vende più biglietti di una reunion (ride, ndR)! Ma non è quello il motivo della pausa, ovviamente.
ALCUNE DELLE VOSTRE BAND, COME OPETH E KATATONIA, AVEVANO PROGRAMMATO DELLE DATE TRA LUGLIO E SETTEMBRE DEL 2021. COSA SUCCEDERÀ A QUESTE DATE?
– Dubito che alcun festival terrà luogo in Europa quest’estate, forse qualcuno nel Regno Unito… Riguardo agli Opeth, entrambi i loro tour sono stati riprogrammati per Settembre/Ottobre 2022. Anche i Katatonia hanno rimandato al 2022. Beh, tutto è rimandato al 2022!
LA CAMPAGNA DI VACCINAZIONE SI STA MUOVENDO PIÙ VELOCEMENTE NEL REGNO UNITO CHE NEL RESTO D’EUROPA. PENSI CHE LA STAGIONE DEI FESTIVAL SI POTRÀ SVOLGERE NEL TUO PAESE?
– Penso che Israele e la Danimarca siano più avanti con le vaccinazioni al momento. Un terzo della popolazione in UK è stato vaccinato, una cosa che ritengo straordinaria. Ovviamente, i festival di giugno sono stati cancellati, perché il governo ha detto che le restrizioni per i festival si allenteranno il 12 giugno. Dopo questo annuncio, le vendite di biglietti sono salite alle stelle. Reading e Leeds sono sold out, Damnation tutto esaurito. Credo anche i concerti al chiuso torneranno presto, ma forse in acustico, coi posti a sedere… Il moshpit dovrà aspettare, troppo rischioso!
Bloodstock ha confermato che andrà avanti, ma bisogna vedere se le band straniere potranno suonare. Devin è uno degli headliner, ma dipenderà tutto dalle vaccinazioni in Canada, sono molto indietro rispetto al Regno Unito. Quindi sì, penso che i festival a luglio e agosto potranno esserci, ma con capacità ridotta, e gli artisti locali potrebbero beneficiarne. Alcuni festival americani continuano a insistere perché io confermi certe band, e io son lì al telefono a dire “ma se non ci è nemmeno permesso di entrare nel vostro paese!”. Insomma, la risposta è sì, fintanto che il tasso di infezione continuerà a scendere e la percentuale di vaccinati a salire. Potresti dover indossare la mascherina per tre giorni di fila e ritrovarti con un’abbronzatura strana, ma pensa allo staff ospedaliero.
GRAZIE PER IL TUO TEMPO. A TE LE ULTIME PAROLE…
– Spero si possa tornare alla normalità, e magari avremo pure appreso qualcosa da questa esperienza, e aiutarci l’un l’altro: è stato un periodo difficile, molta gente ha sofferto, e la musica è molto importante in momenti come questo. Ci siamo resi conto di quanto importante fosse la musica dal vivo per noi, perché permette di ritrovarsi tutti insieme, all’interno della scena con cui ci si identifica. Grazie per l’intervista, non vedo l’ora di tornare a pianificare concerti nel vostro paese… e di avere nuovamente a che fare con la burocrazia e le tasse in Italia (ride, ndR)!