A cura di Giacomo Slongo
Volente o nolente, il ritorno sulle scene dei Deicide è sempre un evento; il classico motivo per entrare in modalità ‘chiacchiere da bar’, decidere da che parte schierarsi e – a quel punto – infamare o difendere le mosse della creatura blasfema guidata da Glen Benton e Steve Asheim.
Certo, a ben vedere sono anni che i satanic death metaller di Tampa non fanno molto per complicare la vita ai loro detrattori (basti pensare allo scialbissimo “Overtures of Blasphemy” del 2018), e sebbene il tour celebrativo di “Legion” ne abbia risollevato le quotazioni generali, tributando i giusti onori a quello che resterà per sempre un capolavoro ineguagliato e ineguagliabile all’interno della scena, siamo abbastanza certi che anche il nuovo “Banished by Sin” fornirà diversi assist a chi ormai li considera discograficamente finiti.
D’altronde, sulla copertina dozzinale realizzata dall’IA si è già discusso ampiamente (e, mentre la riguardate qui in basso, pensate alla cura riposta nella confezione da altri veterani come Obituary, Incantation e Cryptopsy), mentre i primi due singoli – “Bury the Cross… with Your Christ” e “Sever the Tongue” – non è che abbiano fatto gridare esattamente al miracolo, facendo del lancio di questo tredicesimo full-length da parte della Reigning Phoenix Music (stessa label scelta da Kerry King per il suo progetto solista) un’operazione quantomeno traballante.
Insomma, il biglietto da visita non è dei migliori, ma sarà davvero tutto da buttare o la leggendaria formazione americana, complice l’arrivo di un chitarrista molto preparato come Taylor Nordberg (Inhuman Condition, ex Massacre), avrà saputo rendersi protagonista di qualche guizzo? In attesa della recensione completa, prevista fra qualche settimana, ecco le nostre prime impressioni sui dodici brani della raccolta…
DEICIDE
Glen Benton – Voci, basso
Steve Asheim – Batteria
Kevin Quiron – Chitarre
Taylor Nordberg – Chitarre
BANISHED BY SIN
Data di uscita: 26/04/2024
Etichetta: Reigning Phoenix Music
Sito Ufficiale
Facebook
01. From Unknown Heights You Shall Fall (03:25)
Come scritto nell’introduzione di questo track-by-track, eravamo già pronti al peggio una volta premuto il tasto ‘play’ del lettore, ma i Deicide, fedeli alla loro nomea di gruppo altalenante e controverso, ci sorprendono con un’opener oggettivamente riuscita e ben assemblata.
Da subito, emerge un animo thrash che diventerà la vera costante dell’ascolto, e su questa base secca e pimpante, enfatizzata dall’ottima produzione di Josh Wilbur, Jeramie Kling e dello stesso Nordberg (forse la migliore dai tempi di “The Stench of Redemption”), “From Unknown Heights You Shall Fall” si dipana centrando più o meno tutti gli obiettivi che un brano dei Nostri dovrebbe porsi, fra un riff portante dotato della giusta dose di cattiveria e una serie di cambi di tempo/ripartenze che, data la vitalità espressa, possiamo dire non si sentissero da anni dalle parti di casa Benton e compagni.
Pochi e semplici ingredienti, che però – ponendosi idealmente fra il materiale più thrashoso degli anni Novanta e lo stile di “Scars of the Crucifix” – convincono senza particolari difficoltà. Inaspettatamente, un buon avvio.
02. Doomed to Die (03:11)
Mettiamola così: pensando a ciò che la tracklist ci riserverà più avanti, “Doomed to Die” non può essere ascritta all’elenco degli episodi meno riusciti di questo comeback, ma resta fondamentalmente un mash-up in chiave controllata delle vecchie “Never to Be Seen Again” (per quanto concerne le strofe) e “Mad at God” (all’altezza dei ritornelli), con tutto ciò che ne consegue in termini di appeal sul medio/lungo termine.
E anche se forse, da sola, basta a surclassare l’intera tracklist di “Overtures…”, esaltarne oltremodo l’incedere agile e conciso vorrebbe dire accontentarsi di poco, specie se nel lasso di tempo che intercorre fra quel disastro e oggi si è rivolto l’orecchio a più di un album death metal. Contestualizzato alla dimensione attuale della band, comunque, un altro brano centrato.
03. Sever the Tongue (03:25)
Riff stoppati privi di mordente e un incedere che non sapremmo come altro descrivere se non ‘loffo’: “Sever the Tongue” è la perfetta dimostrazione di quanto innocui e banali possano essere i Deicide nel 2024, per un episodio che non è veramente né carne né pesce.
Violento? Decisamente no. Orecchiabile? Manco per idea. La classica via di mezzo che, a meno di non essere davvero di bocca buona in fatto di death metal, si lascia masticare nell’indifferenza più assoluta. Visto poi che il titolo ci fornisce l’assist, volete mettere con quella “Severed Ties” contenuta nel macabro e sottovalutato “Till Death Do Us Part”?
04. Faithless (03:26)
Con “Faithless” iniziamo a credere di essere sulle montagne russe, dato che – di nuovo – il livello qualitativo si alza e il songwriting dell’album torna a girare.
Pare che ogni membro della band abbia contribuito con tre brani nell’assemblaggio della tracklist, e non ci stupiremmo se questo (così come la suddetta opener) provenisse dalla pena di Nordberg, piuttosto che da quella senza benzina dei due membri fondatori.
Nello specifico, fin dalle belle armonizzazioni chitarristiche che aprono il pezzo, si cerca di riabbracciare la dimensione melodiosa di “The Stench of Redemption”, e anche se quel mix di eleganza e freschezza è lontano, complici una sezione ritmica che spinge a dovere e un ritornello a suo modo evocativo, l’ascolto di questi tre minuti risulta gradevole.
05. Bury the Cross… with Your Christ (02:55)
Il regalo di Natale (si fa per dire…) fatto dai Deicide ai propri fan lo scorso 25 dicembre: un singolo che, ricalcando la formula di un uptempo né particolarmente incalzante, né spiccatamente violento, si fa segnalare giusto per gli immancabili versi ‘in rima’ di Benton, sempre in forma dietro al microfono.
In sostanza, come durante “Sever…”, qui a prevalere è un senso di innocuità che non può che stridere con ciò che per anni i Deicide hanno rappresentato per questa musica, ossia ferocia e blasfemia allo stato brado.
06. Woke from God (03:03)
Dopo “Faithless”, un altro episodio che guarda con insistenza al periodo “Scars of the Crucifix”/“The Stench of Redemption”, e per quanto ci riguarda – dovendo smaltire la bolsaggine di “Bury the Cross…” – la cosa non può che essere un bene.
La struttura è bene o male simile a quella della traccia numero quattro, e l’insieme, fra una serie di stop’n’go semplici ma efficaci, un ritornello epicheggiante, qualche blast-beat e degli assoli ispirati, incanala nuovamente una ventata di ossigeno nell’ascolto.
07. Ritual Defied (03:36)
Con “Ritual Defied”, i Deicide si giocano la carta dell’autocitazione spudorata, sfoggiando un riff posto a metà strada fra quello di “Lunatic of God’s Creation” e quello di “Trifixion”, cioè due dei classici più celebri e amati degli anni Novanta.
Tutto bene, direte voi… mica troppo, in realtà, visto che tempo qualche secondo e il brano si impantana nell’ennesimo uptempo spompo e poco ingegnoso, con un ritornello per cui calza a pennello la definizione di ‘banale’.
08. Failures of Your Dying Lord (03:22)
Le cose non migliorano granché con “Failures of Your Dying Lord”, al punto che inizia a diventare difficile trovare parole nuove per descrivere il contenuto di episodi del genere.
Del resto, i Deicide odierni puntano molto sulla semplicità, ricollegandosi idealmente a quanto fatto ai tempi di “Once upon the Cross” e “Serpents of the Light”, e in un contesto compositivo di questo tipo, se vengono a mancare la cazzimma e i riff vincenti, come riuscire a lasciare effettivamente il segno?
09. Banished by Sin (03:04)
Dopo una doppietta di brani tutt’altro che esaltante, la title-track trova il modo di distinguersi grazie ad un approccio un po’ più vitale e spigliato, aprendosi sulle note serrate di una scarica thrash e sviluppandosi su metriche ritmico-vocali piacevolmente ignoranti.
Nulla per cui uscire di testa, ci teniamo a sottolinearlo, ma un intero album sulla falsariga di pezzi come questo o delle già citate “From Unknown…”, “Faithless” e “Woke…” ci avrebbe lasciato ben altra sensazione addosso.
10. A Trinity of None (03:26)
Senza perdere troppo tempo nell’analisi di una traccia liquidabile in una manciata di parole, visto la struttura di certo non ‘ricca’ e laboriosa, “A Trinity of None” segue grossomodo l’andamento di “Failures…”, per un’ulteriore ostentazione di riff che sulla carta vorrebbero essere catchy e ficcanti, ma che all’atto pratico – oltre a non essere brutali – non rimangono neppure granché impressi in testa.
11. I Am I… a Curse of Death (03:00)
Banale fin dal titolo, “I Am I… a Curse of Death” fa il paio con il brano precedente nel ricordarci come il sole e il clima della Florida abbiano quasi del tutto estinto la capacità dei Deicide (escluso ovviamente Nordberg) di confezionare qualcosa di dinamico e accattivante, impallidendo di fronte all’autorevolezza ancora in dote a vicini di casa come gli immarcescibili Cannibal Corpse.
Brutta in senso assoluto? Magari no, ma neppure una canzone in grado di esprimere violenza o di colpire nel segno grazie al suo svolgimento.
12. The Light Defeated (03:06)
Le cose si risollevano parzialmente con la traccia finale, altro mix di stilemi presi da “Serpents…” e “Scars…” che almeno, specie nell’incipit melodico, riesce a concretizzare le proprie mire in modo decoroso. Arrivati a questo punto, volendoci comunque dare altro tempo per tirare le proverbiali somme sull’opera, l’impressione è che “Banished by Sin” sia un disco fatto decisamente di alti e bassi, migliore del precedente (non che vi volesse molto…) ma penalizzato dalle solite, annose logiche interne, con la premiata ditta Benton/Asheim – ormai completamente scollegata dalle dinamiche del genere – troppo rilevante per non inficiare sulla qualità complessiva del lavoro.
Ci aspettavamo di peggio? Vista la poco lungimirante scelta dei singoli, sì, ma non ci sembra comunque il caso di festeggiare o di gridare alla rinascita artistica di questo monumento del death metal che tanto amiamo e che tanto ci ha fatto emozionare in passato.