INTRO
LIVE REPORT
I tedeschi sono i primi a saltare sul palco vista la defezione, per motivi imprecisati, dei Cataract. I biondissimi sono indemoniati e danno il via nella maniera migliore: il lato hardcore della loro proposta è spazzato in un angolo, soprattutto dopo l’uscita dell’ultimo impressionante “When Worlds Collide”, da un’allargatissima componente death, o più semplicemente e puramente metal. Un gruppo con uno spot davvero breve a disposizione, ma decisissimo a sfruttarlo al meglio con una esibizione incendiaria, che li candida al trono di re del metalcore del Vecchio Continente.
Più fashion di un manipolo di truzzi cacciati da una discoteca house di periferia, più tatuati e variopinti degli Avenged Sevenfold presi di mira con proiettili a vernice, più laccati di Little Tony: questi sono gli Eighteen Visions nell’anno 2006, scevri della violenza dei primi seminali album, roccheggianti e melodici, catchy e immediati. L’impatto dal vivo purtroppo ne risente, e siccome le canzoni proposte arrivano solamente dal nuovo corso stilistico l’impatto è danneggiato eccome: anche se le canzoni, come la nuovissima “Victim”, sono per lo più accattivanti, il sound è leggerino e vuoto, e la presenza scenica non basta a colmare un impatto inadatto a una band dal passato ingombrante come quello dei ragazzi di O.C., peccato!
36 CRAZYFISTS
Dalla scuderia RoadRunnerRecords uno dei gruppi che ha anticipato la moda metalcore ed emo in maniera più leggera e digeribile nei due album già pubblicati come nel prossimo “Rest Inside The Flames”. Sicuramente non si parla di una formazione fondamentale, anche se molti la adorano in maniera sconsiderata, ma come riempitivo in un festival come quello di oggi la proposta del gruppo proveniente dalle fredde lande dell’Alaska è godibilissima. Brock Lindow svetta dal suo metro e novanta e più, coi suoi calzettoni alti e le sue basette esagerate si danna l’anima per coinvolgere il pubblico, regalando una prova più che discreta, contraddistinta da vocals melodiche tremolanti e coinvolgenti, da sempre trademark del simpatico cantante.
STRAPPING YOUNG LAD
Per chi avesse vissuto su un altro pianeta, non sapesse nulla di metal, non avesse mai sfogliato una rivista metal o semplicemente avesse sempre deliberatamente ignorato ogni incarnazione musicale del genio tormentato del singer degli Strapping Young Lad, ecco una conferma ulteriore: Devin Townsed è un pazzo. Lo si può capire già guardando il suo taglio di capelli (quelli che sono rimasti!), dalle sue frasi deliranti e dal vederlo parlare col suo ombelico, ma meglio lo si può capire ascoltando la sua musica: tale pesantezza e oltranzismo sonoro possono essere frutto solamente di una mente oppressa e deviata. Un massacro per i timpani certo, ma anche una violenza mica da ridere, una padronanza musicale e strumentale superiore e un gusto eccentrico tale da mandare in sollucchero molti addetti ai lavori. In verità i SYL c’entrano veramente poco col resto del bill, e molti sono sconcertati dalla proposta poco assimilabile, ma la prova resta sempre sopra le righe, anche grazie ad un Gene Hoglan superlativo. La band presenta il nuovo brano “You Suck” dalla prossima uscita discografica e saluta il pubblico annichilito con un ghigno malefico. Il Flamefest non era pronto!
Dez is back! Dopo essersi fatto notare qualche mese orsono in compagnia dei Lamb Of God i Devildriver tornano in gran forma per raccogliere il seminato. “The Fury Of Our Maker’s Hand” difatti cresce di ascolto in ascolto e sorpassa la prova del tempo, mentre il gruppo non perde un colpo anche dopo tour estenuanti (la band è reduce dal primo tour da headliner negli States). Inutile dire che il catalizzatore è quella furia cieca di nome Dez Fafara, che vomita la solita roboante, marcissima carica di malvagità sfoggiando il suo nuovo tatuaggio sul collo: un bel 66 coi colori della bandiera americana. Il pubblico finalmente è adatto a rendere omaggio alla ardente combinazione di death e thrash sulfureo che la formazione propone furiosamente, è una gioia per gli occhi infatti vederlo celebrare una formazione che ha dovuto strapparsi il rispetto coi denti, vittima di pregiudizi ingiustificabili dovuti al passato colorito del singer. Un circle pit davvero imponente viene ripreso dalle telecamere che stanno filmando un futuro DVD della band e dona ulteriore energia a un gruppo sempre in overdrive, che conclude con il frontman con una bandiera tricolore al collo una delle esibizioni più riuscite dell’intera giornata. Superlativi.
BULLET FOR MY VALENTINE
Assieme a Trivium e Avenged Sevenfold i Bullet sono il futuro del metal, almeno a sentire la stampa inglese, sempre in cerca di facili sensation e pronta a incensare oltremodo una formazione della patria. “The Poison” è un debutto eccellente non c’è che dire, e avere dei bei pezzi come un cantante dalla bella presenza come Matt Truck aiuta, inoltre la giovane età fa sperar bene oltremodo. Sembra proprio che le carte in regola ci siano tutte per sfondare a questo punto, ma come le due formazioni citate in apertura qualcosa, sfortunatamente, stride con l’immagine perfetta che alcuni vogliono dare, e si sente qualche scricchiolìo alla importantissima prova del fuoco: quella dal vivo. Il suono è potente e godibilissimo, i riff sono davvero trascinanti e in generale si notano rimandi a Metallica, Iron, Machine Head e alla componente melodica dei Lost Prophets nei ritornelli. Gli inglesi sfoderano anche tutte le loro migliori pose plastiche per fare impazzire i giovani fan, che rimangono soddisfatti in tutto e per tutto. E’ questo che fa pensare un poco: il gruppo è ancora oggettivamente acerbo per scomodare importantissimi paragoni con band storiche, paragoni che un ascoltatore un poco esperto non può che cogliere con grande fastidio, soprattutto vedendo imprecisioni e sbavature abbastanza frequenti nella prova della band. Nessuno pare accorgersene però durante il set, che ripropone l’intero debutto in pratica, un punto sicuramente a favore degli inglesi. Da tenere d’occhio in ogni caso, lasciando da parte paragoni scomodi.
ATREYU
Altissimi nel bill, a dire il vero inaspettatamente, gli Atreyu sono oramai famosi in patria come gruppo metalcore dal ritornello (emo) facile. Sempre molto attenti all’immagine e al merchandise di lusso che sbanca HotTopic, il gruppo si conferma su ottimi livelli di responso con “A Deat-Grip On Yesterday”, continuando il percorso verso un sound sempre più commerciale e lontano dal’interessante metalcore di “Suicide Notes & Butterfly Kisses”. Indubbiamente il gruppo è indiavolato sulle assi del palco e si dimostra una ottima live band, caratterizzata dal drummer-cantante Brandon Saller che regala clean precisissime contrapposte alle urla strazianti del frontman Alex Varkatzas, rappresentante il lato più sfacciatamente hardcore del gruppo, anche dal punto di vista estetico. Una nota di colore la danno anche il piccolo chitarrista appassionato dei Van Halen e con una fascia in testa e un bassista col ballo di San Vito, irresistibile davvero, che salta sulle casse e si prodiga in impossibili capriole mentre suona (!!!). “Bleeding Mascara”, “Lip Gloss And Black”, “Right Side of the Bed” come la ultima hit “Ex’s And Oh’s” si dimostrano hit anche tra i fan italiani, che ne intonano i ritornelli rendendo l’esibizione un piccolo successo di pubblico.
HATEBREED
E qui si fa sul serio. E’ finito il tempo di eyeliner e pantaloni a vita bassa, di poser e MySpace whores, di frignoni che cantano di cuori spezzati e vene tagliate, adesso si pesta e sul serio. Jamey Jasta e la sua crew sanno farsi rispettare, e basta guardare in faccia questi personaggi poco raccomandabili per scoprire che non esiste finzione o forzatura, ma solo fottutissimo e pesantissimo hardcore metal, eseguito con tanta attitudine e determinazione da far saltare ogni presunto paragone con le band del bill e con le migliaia di formazioni che tentano di clonare il marchio di fabbrica della band più rappresentativa del tanto chiaccherato e sfruttato movimento hardcore, anno domini 2006. Intransigenza, fierezza, brutalità e un attacco frontale ininterrotto sono le prerogative di sessanta minuti che scatenano l’inferno sotto il palco, rendendo il pit una violenta esperienza fisica, senza però superare i limiti dell’autocontrollo e del rispetto per il prossimo. Jamey Jasta, metalhead dichiarato e host della reincarnazione del leggendario programma “Headbanger’s Ball”, è semplicemente inarrestabile e non conosce momenti di pausa, gestendo publico e band in maniera sapiente, aizzando la folla e comunicando in maniera semplice e diretta rabbia, fratellanza, disciplina e vendetta. I detrattori li vogliono riperitivi e monotematici, e di sicuro più di un’ora di scaletta dell’intensità degli Hatebreed è indigeribile dalla maggior parte delle persone (anche a livello fisico), ma a parere di chi scrive sulla vetta della montagna in questo momento ci sono loro, con i riff slayeriani, i loro cori massacranti e soprattutto coi breakdown più feroci e ultraheavy sulla piazza. La tripletta finale composta da “Live For This”, “This Is Now” e “I Will Be Heard” è uno sterminio inarrivabile, per la serata e per qualunque act metalcore in circolazione al momento. Devastanti.
36 CRAZYFISTS: GHIACCIO E FUOCO
Brock Lindow è proprio come ce lo si aspetta avendolo già conosciuto “di vista”: un ragazzotto altissimo e dal look particolare , con calzoni corti perenni e calzettoni di spugna alle ginocchia, basettoni esagerati e il volto divertito. Una persona umile ed entusiasta della sua esperienza nel mondo della musica, una personalità sincera e simpatica, accomodante nella sua spontaneità e nel modo in cui ti accoglie sul suo tour bus per offrirti un the nella metà pomeriggio. Simpatico. I 36 Crazyfists piacciono, senza strafare, confermadosi un gruppo coi suoi fan affezionati e con la capacità di scrivere belle canzoni, anche senza essere innovativi o trascinatori. Raggiunto dopo una lunga gestazione il terzo album sotto Roadrunner è giunto il fatidico momento della verità, che potrebbe anche costare “il posto” con una brusca virata del mercato discografico, ma la questione è affrontata serenamente: ecco Brock ai microfoni di Metalitalia!
STA PER USCIRE IL NUOVO ALBUM ‘REST INSIDE THE FLAMES’, COSA CI RACCONTI A RIGUARDO?
“E’ il nuostro nuovo album, è pieno di nuove canzoni che non avete mai sentito prima né in versione demo né in qualunque altra maniera (Ma davvero? – ride, ndR)! Non è troppo distante dal nostro ultimo lavoro, ma si spera sia migliore”.
C’E’ STATO UN QUALCHE TIPO DI EVOLUZIONE, A TUO PARERE, NEL VOSTRO STILE?
“No. Siamo diventati col tempo degli scrittori migliori, c’è una sorta di progressione in queste cose. Non posso indicare precisamente quella cosa che è migliorata o peggiorata, penso che le parti melodiche delle canzoni siano ancora più melodiche e dall’altra parte le parti più pesanti siano ancora più pesanti. Da entrambi i lati abbiamo ampliato i confini degli estremi”.
CREDO CHE AI PRIMI ASCOLTI SI NOTI MAGGIORMENTE L’ACCENTUAZIONE DELLA PARTE MELODICA, COME HAI PARZIALMENTE CONFERMATO TU STESSO. E’ STATA UNA RICERCA CONSAPEVOLE O PIUTTOSTO UNA EVOLUZIONE NATURALE?
“Cerco semplicemente di far muovere la testa alla gente, i cori orecchiabili sono sempre stati una componente fondamentale nel nostro gruppo. E’ il mio lavoro dopotutto, cerco dunque di mettere il meglio di me nel creare ritornelli memorabili”.
E’ STATO SEMPLICE SCRIVERE IL VOSTRO TERZO ALBUM?
“Non lo è mai credimi! Sono giunto alla conclusione che è difficilissimo completare una collezione di belle canzoni, ne puoi fare un paio con relativa semplicità ma un album intero… La composizione si è protata via sette o otto mesi, mentre siamo stati due mesi in studio per la registrazione. In tutto ‘Rest Inside The Flames’ ci ha portato via un anno di lavoro, più di quanto abbiamo mai dedicato alla stesura di un album. Siamo molto critici con noi stessi e anche se non abbiamo passato momenti critici in studio sono molto felice di aver finito il lavoro”.
PENSO TU NE SIA SODDISFATTO DOPO TUTTI QUESTI SFORZI!
“Estremamente soddisfatto, direi! Quando suoniamo i pezzi nuovi dal vivo la risposta è davvero energica, i nuovi pezzi sono perfetti per essere suonati dal vivo, sin dal momento in cui li stavamo creando cercavamo di immaginarli live, dal ritornello alle parti per il mosh”.
SIETE SOLITI TESTARE LE VOSTRE NUOVE CANZONI SUL PALCO?
“Abbiamo fatto anche questo, ma solo con un numero ridotto di queste”.
HAI UNO STILE MOLTO PARTICOLARE NELLE PARTI MELODICHE, SEMBRA QUASI CHE TU STIA TREMANDO PER IL FREDDO O CHE IMITI UNA PECORA (RIDE, ndR)! SCHERZI A PARTE, E’ UN EFFETTO O E’ LA TUA VOCE NATURALE?
“Me lo hanno chiesto in diecimila, ancora una volta rispondo no, non è un effetto, è la mia voce, lo sentirai stasera”.
VIVETE ANCORA IN ALASKA?
“L’Alaska e Portland, nello stato dell’Oregon. E’ difficile viverci sempre quindi potendo evitiamo, ma comunque le nostre radici appartengono a quella terra”.
E’ VERO CHE IN INVERNO, IN ALASKA CI SONO SOLO SEI ORE DI LUCE? CREDI CHE UNA SITUAZIONE DEL GENERE POSSA INFLUIRE SULLA PSICHE DI UN ABITANTE DI QUELLE TERRE?
“E’ vero, cinque e mezzo/sei, in estate d’altro canto abbiamo circa sei ore di buio solamente. Per me è normale, quanto sentirmi chiedere della mia voce (ride, ndR)! Penso che le particolari condizioni abbiano generato persone uniche sicuramente, tutte le persone che conosco di quella terra sono un po’ matte, nel senso buono del termine”.
COSA VORRESTI CHE GLI ASCOLTATORI PORTASSERO A CASA DOPO AVER SENTITO LA VOSTRA MUSICA?
“Mi piacerebbe portassero a casa qualunque sensazione o emozione essi stiano cercando nel venirci a vedere. Quello che una canzone può significare per me può essere diverso dal significato che tu o qualsiasi altro ragazzo sotto il palco può pensare, l’interpretazione è aperta. Non sono uno che spinge dei messaggi, non sto cercando di predicare qualcosa, non sto cercando di salvare il mondo, sto solo cercando di scrivere canzoni per sfogo personale, in una maniera positiva di modo che la gente ne possa trarre un messaggio positivo”.
L’UNICO CONTATTO PESANTE CON IL METALCORE NELLA MANIERA IN CUI SI E’ CODIFICATO IL GENERE E’ LA COLLABORAZIONE CON HOWARD DEI KILLSWITCH ENGAGE. IMMAGINO LA COLLABORAZIONE SIA FRUTTO DI UNA AMICIZIA CHE VI LEGA AL GRUPPO, ALLORA TI CHIEDO: ERA MEGLIO JESSE O HOWARD COME CANTANTE PER I KILLSWITCH?
“Oooh, mi metti in crisi. Il fatto è che sono entrambi miei amici, ma ho conosciuto i Killswitch Engage solamente con Howard. Ovviamente ho i primi dischi con Jesse che sono eccezionali, amo la sua voce. Amo Howard nei Killswitch, amo Jesse nei Seemless, non c’è meglio o peggio, c’è solo una gran bella evoluzione in ogni album, anche in questo che presenta Howard come cantante, ha fatto un gran bel lavoro non c’è che dire! Ti dirò che anche Jesse è della stessa opinione, adora Howard e me l’ha detto personalmente”.
SIN DAL VOSTRO ESORDIO AVETE ANTICIPATO SIA IL TREND METALCORE SIA IN PARTE QUELLO EMO, ORA TANTO DI MODA NEGLI USA. PENSI CHE PER QUESTO I 36 MERITEREBBERO PIU’ ATTENZIONI O PIU’ RISPETTO PER QUESTO?
“Non mi interessa molto, sono tredici anni che il gruppo esiste e portiamo avanti lo stile che ci contraddistingue. Quando abbiamo iniziato tutto era ‘Nu Metal’ e pensavo che quello fosse già un termine inadatto, e ora siamo ‘Metalcore’… E quando noi eravamo ‘Nu’ era figo essere ‘Metalcore’… Alla fine mi sembrano tutte gran stronzate, siamo una rock band che si avvicina al metal, con testi emozionali – e se per questo vuoi ritenerci precursori dell’emo fai pure – ma non mi interessa il marchio perché tra poco verrà coniato qualche altro nuovo termine”.
SEI SOLITO LEGGERE LE RECENSIONI DEI TUOI DISCHI SU INTERNET O SULLE RIVISTE?
“Sì, mi interessa sapere quello che pensa la gente. Se leggo: ‘questa band fa schifo’ è ovvio che non me la prendo minimamente, sono commenti che lasciano il tempo che trovano, potrei fare anche io una recensione in quel modo”.
(A questo punto Brock si interrompe e si appiccica al finestrino del tour bus)
“Sai chi è quello? E’ Wes Borland dei Limp Bizkit! (scaricava gli strumenti a un metro da noi, ndR). Non l’ho mai incontrato prima d’ora, suona il basso con i From First To Last… Dev’essere un matto, dopo voglio farci quattro chiacchere! Ops, scusami, torniamo a noi…”.
QUAL E’ LA COSA PEGGIORE CHE HAI MAI LETTO RIGUARDO AI 36 CRAZYFISTS?
“Non ricordo sinceramente una recensione totalmente negativa o un commento particolarmente drastico, non mi piace solo quando una recensione parla male del disco ma capisci che l’autore non l’ha nemmeno ascoltato, e ti domandi: ma che ca**o? In ogni caso ci passo sopra. Non siamo la band migliore del mondo, né quella con più fan, se alla gente non piace la nostra musica ci sono un milione di altri gruppi”.
IL NOME “36 CRAZYFISTS” E’ PRESO DA UN FILM DI JAKIE CHAN: SIETE DEGLI APPASSIONATI DI FILM? CE NE CONSIGLI QUALCUNO?
“Non sono un grande cultore degli horror/action movie, ti dirò, preferisco le commedie e i film demenziali. Uno dei migliori è una commedia sull’hockey che si chiama “Slapshot”, cercala perché è divertentissima”.
ULTIMA COSA: DUE PAROLE SUL FLAMEFEST…
“Mi sembra un bel bill: adoro gli Hatebreed, gli Strapping Young Lad sono superheavy, voglio vedere i From First To Last… ho visto anche i Maroon, prima, e mi hanno fatto una bella impressione, penso che ci sarà da divertirsi!”.
DEVILDRIVER: THE DEVIL’S REJECTS
“Certo, ci stiamo lavorando nei pochi ritagli di tempo che riusciamo ad ottenere ovviamente. Abbiamo solo qualche canzone pronta ma contiamo di partire con le registrazioni intorno a Gennaio dell’anno prossimo”.
CI SONO VOCI RIGUARDO UNA “SPECIAL EDITION” IN USCITA, ME LE CONFERMI?
“Sì, è tutto vero. Non so quando uscirà in Europa ma dovrebbe essere pubblicata durante l’estate sul mercato statunitense. Conterrà video musicali e qualche
estratto riguardante la lavorazione dell’album, qualche traccia live… Giusto qualcosa per insaporire ulteriormente il tutto e per far decidere i ritardatari a svegliarsi un attimo”.
E COSA MI DICI RIGUARDO AD UN POSSIBILE DVD, COME MOLTISSIMI STANNO FACENDO O SI AFFRETTANO A FARE?
“E’ una possibilità… Stiamo filmando tutti i giorni in questo periodo, ma se devo dirti la verità non siamo pienamente concentrati sulla lavorazione di un DVD, non è una delle nostre priorità attualmente. Vorremmo inserire molti spezzoni sulla vita on the road e possibilmente qualche momento divertente, in ogni caso non c’è un’uscita prefissata, quindi ci penseremo quando ci sarà del materiale davvero interessante”.
ALL’INTERNO DEL GRUPPO E’ FACILE PENSARE CHE DEZ SIA UNA FIGURA PREDOMINANTE. QUAL E’ L’APPORTO DEL RESTO DEI DEVILDRIVER? DEZ HA SEMPRE L’ULTIMA PAROLA SULLE DECISIONI?
“Sulla seconda parte ti confesso che se c’è qualcuno a cui davvero non piace un passaggio o una canzone, e seriamente decide di porre il veto, questo viene preso in seria considerazione. Si va per la maggioranza tendenzialmente. Poi Dez scrive i testi e noi la musica, può suggerire qualche passaggio o dare la sua opinione, in ogni caso a ogni componente è lasciata la massima libertà creativa ed espressiva”.
SIETE TUTTI DI SANTA BARBARA?
“Ci viviamo attualmente, proveniamo da posti diversi”.
IN CHE MODO SEI PARTITO COME MUSICISTA? I DEVILDRIVER SONO LA PRIMA BAND IN CUI HAI SUONATO CHE HA OTTENUTO UN CONTRATTO DISCOGRAFICO?
“Sono partito come chitarrista, ma poi mi sono dedicato alla batteria, perché tutti gli altri facevano veramente schifo con le bacchette! Ho suonato in decine di gruppi metal, e anche qualche progetto punk… Per un paio d’anni ho preso lezioni tecniche sullo strumento ma sono cresciuto musicalmente soprattutto facendo mille esperienze in realtà differenti. I Devildriver sono la mia prima esperienza ‘seria’ e sono anche il mio primo contatto con l’industria discografica. Non so dirti se è una figata come pensavo agli inizi, attualmente infatti sono davvero distrutto… Ma stai certo che è meglio della maggior parte dei lavori ordinari che mi è toccato fare”.
CHE RICORDI HAI DEL TUO PRIMO CONCERTO?
“Ricordo che ero al liceo a una ‘Battle of the bands’, ero ancora un ragazzino brufoloso ma le nostre cover dei Sepultura spaccavano. Non è andata male, presto ci ho preso gusto”.
QUALI SONO I BATTERISTI CHE PIU’ HANNO INFLUENZATO IL TUO STILE?
“Vinne Paul, dei Pantera… Gene Hoglan degli Strapping… E poi molti altri della scuola death metal. Sono un grande fan degli Strapping Young Lad, è davvero un piacere poter suonare con loro e poter fare due chiacchere con Gene qua fuori”.
COME SI SONO FORMATI I DEVILDRIVER PRIMA DELL’ARRIVO DI DEZ?
“Veniamo da diverse esperienze nell’ambito metal, per chi più e per chi meno vicine al suono dei Devildriver, e incontrandoci abbiamo formato un gruppo. Durante uno dei nostri show Dez capitò tra il pubblico e rimase colpito, tanto da chiederci se ci andava di registrare qualcosa con lui. Ai tempi era ancora nei Coal Chamber e stava finendo il terzo album, mentre noi continuavamo a produrre demo. Alla fine sapete com’è andata”.
COSA PENSI SE IO SCRIVO CHE I DEVILDRIVER SONO UN GRUPPO METALCORE?
“Metalcore? Non me ne frega un cazzo! Io lo definirei semplicemente rock, o metal”.
AVETE APPENA CONCLUSO IL VOSTRO PRIMO TOUR DA HEADLINER E TRA POCO PARTIRETE COI LEGGENDARI VENOM. COSA SI PROVA?
“Il tour da headliner è andato alla grande, e non vedo l’ora di ripetere l’esperienza, anche se ci sono sempre molti fan anche ai concerti dove siamo di
spalla. Per quanto riguarda i Venom non sono il loro fan più accanito all’interno dei Devildriver, ma sicuramente ritengo un grande onore andare in tour con loro, oltre ad essere una gran bella chance per raggiungere una grossa fetta di pubblico”.
COME PASSATE IL VOSTRO TEMPO LIBERO IN TOUR? COM’E’ INOLTRE VIVERE CON UN PERSONAGGIO COME DEZ FAFARA?
“Nel tempo libero si cerca giusto di ammazzare il tempo tra una trasferta e l’altra e di rilassarsi, cazzeggiando tra amici o bevendo qualcosa. I viaggi sono davvero estenuanti, il lato peggiore dell’essere in tour di sicuro. Stare con Dez è una figata, è un po’ più in avanti con gli anni ma è sempre pronto a fare macello, l’unica differenza magari è che a volte va in branda più presto di noi ragazzi!”.
ERI UN FAN DEI COAL CHAMBER?
“Lo sono stato per il primo album, gli altri hanno una bella produzione ma non mi hanno entusiasmato per nulla. Hanno perso me come fan e poco dopo hanno perso pure Dez (ride, ndR)”.
DUE PAROLE SUL BILL DELLA GIORNATA:
“Mi esalta! Come ti ho già detto in precedenza il gruppo che preferisco sono gli Strapping Young Lad, ma so che gli Hatebreed sanno essere davvero devastanti, vedremo”.
ATREYU: MALLCORE PER TUTTI
“La pressione c’è stata, ma creata completamente da noi stessi, volevamo produrre un album nuovo andando avanti per il cammino intrapreso e superando tutto ciò che abbiamo ottenuto in passato. Non c’è stata nessuna pressione da management o case discografiche, era chiaro che il nuovo lavoro avrebbe dovuto soddisfare pienamente prima di tutto gli Atreyu come gruppo”.
IN COSA IL NUOVO “A DEATH GRIP…” SEGNA UN MIGLIORAMENTO RISPETTO AL PASSATO?
“Non c’è una differenza abissale, abbiamo provato cose nuove ma il nuovo disco risponde ai classici canoni che i fan degli Atreyu sono abituati ad amare”.
PARLANDO DEI TESTI C’E’ DAVVERO UN SACCO DI EMOZIONE E SENTIMENTO. TI E’ MAI CAPITATO CHE QUALCHE FAN TI ABBIA CONFESSATO CHE LE VOSTRE CANZONI LO HANNO AIUTATO IN MOMENTI DIFFICILI, O COSE DEL GENERE?
“Oh, certo. Da una parte è una esperienza davvero folle, non avrei mai pensato che potesse accadere davvero a me, ma dall’altra è anche una situazione davvero positiva ed intensa. E’ bello poter aiutare qualcuno a livello emotivo, e intendo su ogni scala emotiva, dallo sfogo all’evasione alla riflessione. Ogni persona e ogni età hanno i rispettivi problemi e ognuno dà le sue personali interpretazioni ai testi… La ritengo una cosa bellissima”.
COME SIETE ARRIVATI ALLA VICTORY RECORDS?
“Con il nostro primo EP in origine pubblicato dalla Tribunal Records, il nome ha cominciato a girare e così anche il disco… E’ stato un processo naturale e ordinario direi. Fu la prima etichetta ad interessarsi seriamente agli Atreyu, ovviamente prendemmo l’occasione al volo”.
DAL VOSTRO ASPETTO SEMBRA CHE SIATE FAN DI QUALCHE GLAM METAL BAND DEGLI ANNI OTTANTA, TU SEI FAN DI QUALCUNA IN PARTICOLARE?
“Ti riferisci sicuramente a Dan, è lui il fissato (basta vedere la sua chitarra, ndR)! Ascolta solo Queen, Poison, Ratt, Dio e tutto ciò che si avvicina a quel periodo. Anche a me piace qualcosa, adoro gli AC/DC per esempio, ma nessuno è appassionato come Dan”.
IMMAGINA DI AVERE LA POSSIBILITA’ DI COLLABORARE CON QUALUNQUE ARTISTA TU VOGLIA, VIVO O MORTO: CHI SCEGLIERESTI?
“Questa è dura amico… molto difficile. Ci sono molte band fighe in giro, ma potendo pescare nell’aldilà sceglierei Freddie Mercury. Il mio obiettivo principale nel fare musica è molto molto molto molto inferiore al suo livello, ma poter fare qualcosa con lui sarebbe magnifico”.
VI SIETE MAI CONSIDERATI PARTE DEL MOVIMENTO METALCORE?
“Ci siamo sempre considerati una rock band, e il rock è l’unica categoria che ci può contenere a pennello. Non penso che troverai alcuna band che si definisca da sola come appartenente alla scena metalcore”.
COSA RISPONDI A CHI TI DICE CHE COL METAL NON C’ENTRATE NULLA?
“Non possiamo piacere a tutti, ci sarà sempre qualcuno che ci spalerà merda addosso dicendo che non siamo metal, non siamo questo, non siamo quello… Fanculo, chissenefrega, mi spiace davvero molto (ironicamente, ndR)”.
LA PRIMA VOLTA CHE VI HO SENTITI E’ STATO SU MYSPACE. CHE NE PENSI DEL FENOMENO?
“Ci sono anche io da qualche parte! Siamo arrivati in altissimo nella classifica musicale del sito, e non posso che apprezzare tutta la pubblicità derivante da lì. E’ un veicolo promozionale eccellente e anche un secondo sito divertente, curo la pagina del gruppo in prima persona quando posso”.
E CHE MI DICI DELLE SUICIDE GIRLS?
“Ne ho conosciute un paio (ride, ndR)… Che dire, è carino per essere un sito soft porn, diamo anche a quelle goth e punk girl una chance per essere importanti, suvvia!”.
QUAL E’ LA COSA PIU’ STRAMBA CHE UN FAN HA FATTO PER ATTIRARE LA TUA ATTENZIONE?
“Non mi è mai successo nulla di eccessivo, siamo del tutto raggiungibili, i ragazzi sono sempre gentilissimi con noi, al massimo saltano nel backstage”.
LA TUA OPINIONE SUL LATO FASHION DELLA MUSICA DI OGGI?
“Apparire è molto importante per una band al giorno d’oggi. Ovviamente adesso mi guardi e sembro vestito come una puttana isterica, ma la maggior parte delle volte cerco di curare il mio aspetto e così gli altri componenti del gruppo, ma intendo precisare che la priorità per noi resta la musica, saldamente al primo posto”.
COME ULTIMA COSA PARLACI DEL CONCERTO DI OGGI…
“Le mie band preferite sono From First To Last e Eighteen Visions, che sono anche nostri cari amici, le band europee sinceramente non le conosco proprio, ma da quello che ho visto ci sanno fare. Penso che sia un bill molto interessante, divertentissimo da vedere”.
HATEBREED: SUPREMAZIA
PARLACI DELL’ALBUM CHE AVETE APPENA COMPLETATO:
“Penso sia il nostro lavoro più heavy in assoluto. Molta più velocità, formule differenti, abbiamo già provato in passato queste strade ma ‘Supremacy’ suona Hatebreed alla ennesima potenza, potente e intenso”.
IL TITOLO INDICA LA VOSTRA VOLONTA’ DI PREVALERE NELL’AMBITO HARDCORE?
“Si. Sai che ti dico? Negli ultimi due anni ho cercato di raccogliere tutta l’energia possibile in me per superare alcuni problemi nella mia vita privata. In realtà il disco parla di uno stato di supremazia su me stesso: non importa quanto in alto fissi il traguardo, hai comunque bisogno di un fine ultimo a cui tendere per esprimere il meglio di te stesso”.
IL SUONO DEL DISCO E’ FEDELE AL VOSTRO MARCHIO O DOBBIAMO ASPETTARCI DELLE SORPRESE?
“C’è qualcosina, un paio di sorprese qua e là in alcune canzoni, qualche passaggio veloce stile thrash/crossover. E’ fedele alle radici hardcore, feroce penso sia l’aggettivo più adatto”.
A TUO PARERE COME E’ POSSIBILE EVOLVERSI STANDO FEDELI ALLE ORIGINI HARDCORE?
“Evoluzione per noi si può definire come miglioramento nelle capacità tecniche e nella longevità nel fare ciò che facciamo. Abbiamo costruito il nostro suono in una decade, perchè cambiarlo ora anche in prospettiva di un successo maggiore? Di volta in volta abbiamo sempre sorpassato ogni traguardo precedente, quindi ora si tratta di fare musica stando fedeli a noi stessi, e rimanendo a nostro agio con noi stessi senza snaturarci per vendere e basta”.
HAI MAI VISTO QUALCHE MOSH PIT CHE E’ DEGENERATO IN RISSA?
“C’è sempre molto movimento ai nostri show e gente che impazzisce, è divertente. La violenza esiste nella scena da molto prima che noi ne facessimo parte, quindi per noi tentare di uccidere qualcosa che non abbiamo creato è sbagliato. Sul palco urlo: rispettatevi l’un l’altro, siete tutti uguali e venite agli show in gran parte per lo stesso motivo, quindi mostrate il vostro rispetto”.
COSA PENSI DEI FANS FEDELISSIMI CHE SI TATUANO I TUOI TESTI O IL NOME HATEBREED SUL CORPO?
“E’ la dedica definitiva, semplicemente stupendo. E’ bello che la gente si possa sentire un sentimento così forte tale da portarlo a tatuarsi il nome della band sulla pelle per il resto della sua vita… Un grande onore”.
NON TI HA MAI INNERVOSITO IL FANATISMO DI ALCUNI AMMIRATORI O PRESUNTI TALI?
“Direi proprio di no. Si tratta di musica e abbiamo avuto a che fare sempre con ragazzi rispettosi, i nostri fan ci danno davvero molta forza”.
COSA MI DICI DELLA INFINITA’ DI GRUPPI CHE TENTANO DI EMULARE IL VOSTRO STILE?
“Onestamente è figo, nel senso che sono molto fiero e contento di essere riuscito a imprimere il nostro stile nella scena. Significa che abbiamo avuto un impatto. Dopo aver lavorato davvero a lungo per far sì che la nostra musica venga ascoltata da più gente possibile, vedere che il pubblico ci ama e altre band ci emulano ci ripaga di tutti i nostri sforzi”.
SEI UN ESPERTO DELLA SCENA DA QUANTO POSSIAMO VEDERE SUL TUO SITO, QUINDI ELENCACI LE MIGLIORI BAND IN CIRCOLAZIONE.
“Grazie al sito e a ‘Headbanger’s Ball’ le label mi passano davvero una quantità enorme di cd, quindi non faccio quasi in tempo a caricarli sul mio iPod! Se parliamo di nuovi dischi ti dico Cannibal Corpse, Soilent Green, Crowbar. Se parliamo di nuove band direi Full Blown Chaos, Sworn Enemy, Terror. Adoro i Behemoth, non sono una nuova band ma stanno raccogliendo successi negli States giusto adesso”.
HAI CITATO “HEADBANGER’S BALL”, MITICO PROGRAMMA CHE TI HA RESO ANCHE UNA STAR TELEVISIVA. INNANZITUTTO VORREI COMPLIMENTARMI PER L’OTTIMO LAVORO SVOLTO… VUOI RACCONTARCI COME SEI FINITO SU MTV?
“Il mio nome fu suggerito perchè stavano cercando una persona dell’ambiente che conoscesse la musica fosse anche appassionato. Io sono davanti al pubblico sin da ragazzino, ho fatto il mio primo show a tredici anni, conduco una etichetta, ho fatto da manager a delle band… Diciamo che sono sufficientemente disinvolto e abbastanza nell’ambiente. Mi hanno chiamato quindi per un’audizione, è andata alla grande e da tre anni sono il presentatore!”.
E’ VERO CHE HAI PRESO DELLE LEZIONI PER CONDURRE LA TRASMISSIONE?
“E’ vero, mi hanno mandato a una scuola di telecomunicazioni dove formano i conduttori televisivi, e li istruiscono a leggere le notizie e a leggere il gobbo… E’ stato un corso full immersion di tre giorni dove assorbire tutte le nozioni possibili ma mi è servito molto. Penso che nella vita ci sia sempre da imparare, e in un individuo la capacità e la voglia di apprendere siano caratteristiche distintive. Frequentare quel corso mi ha messo nelle condizioni di poter entrare in Mtv, dandomi inoltre la possibilità di dare esposizione a moltissime band che lo meritano davvero, di cambiare le cose facendo capire che il metal non può essere ignorato: per anni Headbanger’s Ball non è stato trasmesso e con esso il metal è stato escluso quasi del tutto dalla maggiore emittente musicale del mondo”.
NON TI MANCA SUONARE NEI POSTI PIU’ PICCOLI E INTIMI?
“Lo facciamo ancora appena ci è possibile, suoniamo in piccoli posti senza barriere tra noi e il pubblico nei giorni liberi dei tour più impegnativi, non riusciamo a farne a meno!”.
COME E’ CAMBIATA LA SCENA SECONDO TE NEGLI ULTIMI ANNI?
“Ci sono solamente molte più band, centinaia di band in più. Indubbiamente c’è una unione più forte tra metal e hardcore, cosa positiva dal mio punto di vista. E’ tutto più grande, e molta gente che ha lottato per anni senza un soldo in tasca per vivere di musica finalmente ha qualche chance”.
PARLACI DEL TUO PROGETTO ICEPICK, DA POCO IN CIRCOLAZIONE.
“Per noi è stato tornare indietro alle radici dell’hardcore, è un disco da urlare a squarciagola mentre si ascolta, da ballare… Ci siamo divertiti un mondo nel farlo”.
SO CHE PUR ESSENDO UN GRANDE APPASSIONATO DI METAL TI SEI SPINTO ADDIRITTURA VERSO L’HIP HOP A VOLTE…
“Che c’è di male? Ho collaborato con molti musicisti validissimi del calibro di Ice T, M.O.P, Necro… Mi piace la musica in generale! Non ho ancora fatto un album country, ma non si sa mai!”.