Come noto, la metal band francese GOJIRA si è esibita venerdì 26 luglio alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi. Durante la telecronaca si è accennato al fatto che il brano suonato dalla band è un canto rivoluzionario, ed è effettivamente così: si tratta infatti di “Ça ira“, uno dei motivi più rappresentativi della Rivoluzione (insieme alla ben più nota “Marsigliese”).
Letteralmente, “Ça ira” significà ‘andrà’ – sottinteso: ‘bene’, ovvero ‘riuscirà’. Il riferimento è chiaramente alla Rivoluzione, e pare richiami una formula che Benjamin Franklin usava in riferimento alla guerra d’indipendenza americana, conclusasi nel 1783. Il nesso non deve stupire: per il successo dei coloni contro l’Inghilterra era stato determinante l’aiuto francese e quella vicenda costituì un precedente storico e culturale importantissimo per i rivoluzionari parigini.
Le prime attestazioni del brano che i GOJIRA hanno suonato venerdì risalgono al 1790. In quella prima versione, “Ça ira” aveva un testo forte ma molto meno aggressivo di quello che abbiamo ascoltato alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi: ‘Ah ! ça ira, ça ira, ça ira / Le peuple en ce jour sans cesse répète, / Ah ! ça ira, ça ira, ça ira / Malgré les mutins tout réussira‘, ovvero ‘Andrà bene, il popolo ripete oggi senza sosta, andrà bene, tutto riuscirà nonostante gli ammutinati’. In generale, il brano inneggiava alla lotta contro lo strapotere del re, degli aristocratici e del clero, e alla costruzione di una società più giusta ed equa grazie a figure come il cittadino armato, ‘il legislatore’ e ‘il prudente Lafayette’ (nobile e capo della Guardia Nazionale che aveva combatutto, guarda caso, proprio in America).
La versione del 1790 ben rispecchia quella fase rivoluzionaria, focosa e talvolta anche violenta (la Bastiglia viene presa nel luglio 1789), ma ideologicamente piuttosto moderata. I padri della Rivoluzione erano infatti anti-assolutisti e contrari ai privilegi, ma non anti-monarchici e nemmeno democratici.
La versione che i GOJIRA hanno suonato venerdì, accompagnati da un’attrice che interpretava una Maria Antonietta decapitata e dalla soprano svizzera Marina Viotti, è invece la cosiddetta “versione Sanculotta”, molto più famosa e più estrema: “Ah, ça ira, ça ira, ça ira! Les aristocrates à la lanterne! Ah, ça ira, ça ira, ça ira! Les aristocrates, on les pendra!“. Portare qualcuno “à la lanterne“, ovvero ‘al palo della luce’, significava sostanzialmente ‘linciare’. Non crediamo servano traduzioni, anche se non si conosce il francese il testo è piuttosto esplicito.
Questa versione è lo specchio di un clima politico diverso da quello del 1790. Le forze moderate che avevano dato il via alla Rivoluzione erano entrate in crisi e nel giro di pochi mesi la Francia si avviò verso l’esperienza tragica del Terrore. Un maldestro tentativo di fuga di re Luigi XVI, l’andamento incerto della guerra contro Austria e Prussia, la crisi economica e le tensioni sempre più violente alimentate da gruppi radicali emersi in seno al popolo parigino (i Sanculotti, appunto) portarono al collasso le istituzioni della neonata monarchia costituzionale, alla proclamazione della repubblica e alla morte del sovrano. Seguì la breve e sanguinaria preminenza politica di Robespièrre, capo del Comitato di Salute Pubblica.
Anche dopo la morte di Robèspierre e la sconfitta politica dei Sanculotti, “Ça ira” continuò ad essere popolarissima. Veniva spesso cantata in pubblico, anche in occasione di cerimonie importanti, fino al ritorno della monarchia con Napoleone Bonaparte.
Nel tempo, il brano ha mantenuto la sua carica evocativa ed è stato rivisitato più volte sia in occasione di componimenti celebrativi dell’impresa rivoluzionaria, che in contesti più leggeri. Ne è un esempio la versione cantata da Édith Piaf, iconica interprete della canzone francese, per il film del 1954 “Versailles“.