GREAT MASTER – “Montecristo” studio report!

Pubblicato il 05/09/2023

A cura di Federico Orano

I Great Master sono una realtà veneta che potremmo definire ‘vecchio stile’, di quelle che hanno dovuto attraversare tante difficoltà nella propria carriera, con un processo di crescita ed affermazione che ha vissuto molti anni di gavetta prima di poter ricevere qualche riconoscimento.
L’anno ufficiale di fondazione è addirittura datato 1993, ma è solo nel 2009 che il gruppo – che pone le proprie basi a Mestre – riesce a debuttare con “Underworld”, disco a tratti acerbo ma certamente spontaneo, capace di presentare c alcune ottime idee ed una manciata di brani esaltanti, collegandosi fin da subito a cavallo tra le sonorità più classiche (Iron Maiden, ma anche Heavy Load) e quelle maggiormente power.
L’esordio è subito pubblicato dalla storica etichetta italiana Underground Symphony e – release dopo release – il rapporto tra queste due entità è diventato sempre più solido, tanto che ormai il leader e chitarrista Jahn Carlini collabora con l’etichetta anche per quanto riguarda grafiche e altri aspetti di diverse produzioni rilasciate dalla label piemontese.
E’ con il superbo “Serenissima” del 2012 che il gruppo riesce a pubblicare un lavoro travolgente, cominciando a farsi conoscere tra gli appassionati anche al di fuori dei confini nazionali. Come si può intuire, il concept del lavoro è dedicato alla grande Venezia; da qui in poi ogni successivo lavoro tratterà, dal punto di vista lirico, temi storici o legati alla letteratura, diventando così un marchio di fabbrica per la band.
Si passa a “Lion & Queen” del 2016, con il quale la professionalità delle uscite fa un ulteriore passo avanti – basti pensare che da questo album il gruppo inizia la collaborazione, che continua tutt’oggi, on Simone Mularoni ed i suoi rinomati Domination Studio.
Con “Skull And Bones – Tales From Over The Seas” e l’EP “Thy Harbour Inn” arriva una svolta piratesca, sia dal punto di vista sonoro che di testi, andando a raccontare storie di tesori, pirati e battaglie navali.
Tra poche settimane invece vedrà la luce il nuovo full-length intitolato “Montecristo”, dedicato ovviamente a “Il Conte Di Montecristo”, storico romanzo del 1844 scritto da Alexandre Dumas, con il quale la band vuole tornare alle sonorità degli esordi con cavalcate più possenti e powereggianti, prendendo le distanze dalle sonorità pirate metal che stavano cominciando a diventare troppo strette.
Siamo giunti ai Jetglow Studios di Ponte San Nicolò a Padova per ascoltare, in anteprima ed in compagnia della band al completo, l’intero disco. Il gruppo, in particolare con il leader Jahn Carlini ed il cantante Stefano Sbrignadello – quest’ultimo ottimo intrattenitore – ci ha illustrato alcuni aspetti interessanti riguardanti la realizzazione e la registrazione di questo nuovo lavoro.
Si è parlato del ruolo di batterista, inizialmente posto vacante e assegnato per la fase di registrazione a Simone Morettin (Elvenking), salvo poi trovare in Denis Novello la persona giusta da inserire in pianta stabile, con i due quindi a dividersi le parti di batteria sul disco.
E poi il gran lavoro svolto sui cori, portando avanti gli insegnamenti e i risultati soddisfacenti degli ultimi dischi ma cercando di rendere il tutto ancora più possente, oltre all’impegno maniacale negli arrangiamenti ad opera del tastierista Giorgio Peccenini.
Un disco che ci ha colpiti fin dalle prime note, che segue fortemente le coordinate stilistiche classiche dei Great Master, i quali ormai possono vantare un sound facilmente riconoscibile, con melodie dal forte impatto e ritornelli canticchiabili, ma che in questa release trova maggior orchestralità e appunto un maestoso impatto dato dai cori.
E’ probabile quindi che “Montecristo” possa essere uno dei dischi capaci di appassionare i seguaci del power-heavy metal nei prossimi mesi. In attesa della recensione, ecco il nostro track-by-track.

 

GREAT MASTER

Massimo David – basso
Jahn Carlini – chitarra
Manuel Menin – chitarra
Giorgio Peccenini – tastiere
Stefano Sbrignadello – voce
Denis Novello – batteria

MONTECRISTO

Data di uscita; 21/09/2023
Etichetta: Underground Symphony

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1. Le Pharaon (1:03)
All’immancabile intro bastano pochi secondi per proiettarci all’interno del concept. Chiudendo gli occhi si ha come la sensazione di ritrovarsi all’interno della nave a fianco del protagonista Edmond Dantès, pronto a far ritorno nella sua Marsiglia dopo un lunghissimo viaggio. Le orchestrazioni crescono accompagnando arpeggi di chitarra che si muovono a braccetto, terminando all’improvviso quando esplode la vera e propria opener del disco.

2. Back Home (5:49)
E’ subito un coro pieno e massiccio ad aprire la via di “Back Home”, pezzo iniziale che vede Simone Morettin dietro le pelli ad alzare i ritmi con il suo doppio pedale, seguendo il piccolo trotto che accompagna il brano. “Welcome Dantès, welcome to home” recita il coro mentre Dantès fa ritorno a casa.
Stefano alla voce sembra ispirato e disegna melodie che fanno subito breccia. Dopo il breve solo di chitarra, il finale è magniloquente, con cori ancora più maestosi che aumentano fino agli attimi finali, dove riappare un arpeggio ad accompagnare le linee vocali più riflessive, a far intendere che l’arrivo del marinaio in città non sarà così piacevole.

3. The Left Hand Joke (4:26)
Si alzano i giri del motore con un brano possente come “The Left Hand Joke”, che colpisce con ritmi medio-alti e la voce più squillante del cantante veneto, insieme con arrangiamenti ariosi e accelerazioni improvvise durante un bel refrain, capace di stamparsi subito in testa.
Non manca ovviamente una buona dose di cori, che diventano prorompenti nella fase centrale prima dell’assolo esplosivo di chitarra. Alla batteria troviamo Denis Novello con un drumming detonante. “The Left Hand Joke” sembra avere tutte le carte in regola per diventare una hit assoluta all’interno della discografia dei Great Master e sarà il prossimo singolo accompagnato da un videoclip anch’esso girato all’interno di una storica villa veneta!

4. Where The Shame Lives (5:15)
Atmosfere più oscure e coretti tenebrosi incombono sulle note inziali di “Where The Shame Lives”. Dantès viene arrestato e condotto nella prigione Castello d’If, condannato a trascorrere lì il resto della propria vita. Ne esce un midtempo minaccioso, dove troviamo un buon gioco di voci tra i cori rotondi e quella solista e sofferta di Stefano. Riff penetranti ed una fase centrale sinfonica aprono la via all’ultimo giro di boa, dove viene ripetuto il buon ritornello.

5. I Am The Master (3:29)
Un altro brano possente e ricco di cori racconta l’incontro tra Edmond Dantès e l’abate Faria: si respira aria di epicità e magnificenza negli arrangiamenti e nei cori. Anche stavolta la soluzione adottata durante il ritornello è quella di affiancare ed alternare più voci a quella di Stefano.  Il classico pezzo che potrebbe necessitare qualche ascolto in più per essere apprezzato appieno.

6. Your Fall Will Come (4:23)
Il brano dà corpo allo sfogo del protagonista, con la frase che si è ripetuto continuamente durante la sua prigionia, prima di riuscire ad evadere: “La tua caduta arriverà!”.
Dantès è furioso e la sua ira si tramuta in musica con un pezzo vigoroso: riff stoppati e accelerazioni trovano lo sfogo principale correndo rapidi sul ritornello, dove la doppia cassa procede fulminea mentre il cantante Stefano alza i decibel per spingere su note elevate. Il cambio di ritmo durante il refrain è esaltante, con le due chitarre che si intrecciano durante una fase centrale ispirata.

7. Nest Of Stone (4:25)
Una ballata malinconica ed elegante, caratterizzata da un gran pathos. Arpeggi di chitarra e pianoforte accompagnano le linee vocali intense e ricercate di Stefano Sbrignadello, che qui dimostra tutta la propria teatralità andando ad interpretare al meglio le emozioni del protagonista.
L’assolo di chitarra elettrica è breve ma di classe, opera di Manuel Menin, ed i cori diventano più possenti fino alle note finali, dove il pianoforte riprende il proscenio. Un brano emozionante e davvero riuscito. Qui i Great Master esplorano sonorità nuove con ottimi risultati, ed il video che la band ha pubblicato – ambientato alla Villa Valmarana di Mira (VE) – è certamente il complemento visuale ideale per una canzone simile.

8. My Name (5:25)
Le identità che Dantes utilizza per compiere la sua vendetta sono descritte in “My Name”. Abbiamo ancora un utilizzo importante di cori anche durante la strofa, e poi l’ugola di Stefano ad elevarsi con estremo vigore. I riff di chitarra fanno agitare la testa durante la fase centrale, con un’incedere che tra cori e orchestrazioni appassiona prima del gran finale molto rhapsodiano.

9. Man From The East (4:50)
Dantès viaggia in Oriente e si ferma lì diversi anni per imparare ed affinare alcune tecniche della cultura orientale, come parte del suo piano di vendetta.
Il tastierista Giorgio Peccenini si occupa del songwriting, arrangiando il brano con qualche influenza orientaleggiante. I cori sono scoppiettanti e scorrono via con i ritmi serrati di un brano dove Stefano può mostrare tutta la raffinatezza del proprio cantato.
Jahn Carlini scalda il motore della propria chitarra alternandosi a Giorgio, che si avventura in un breve assolo di tastiere. Un pezzo che già dal primo ascolto riesce a colpire proprio grazie ad un ritornello elegante e appassionante.

10. The Weak Point (4:37)
Ritmi serrati, con la batteria che batte forte e le tastiere che viaggiano leste, per un uptempo che non ha intenzione di risparmiarsi. Gli immancabili cori fanno il loro ingresso nel pre-ritornello, mentre un assolo di clavicembalo esplode durante il break centrale. Assolo che, ci racconta la band tra i vari aneddoti durante la sessione d’ascolto, fu perso durante la fase di mixaggio ma prontamente recuperato ed inserito, andando ad arricchire la parte strumentale, quando la band durante l’ascolto si è accorta che mancava qualcosa.

11. Final Revenge (4:37)
Altro pezzo sparato a tutta velocità, ma visto il titolo era facile immaginarselo.
E’ la vendetta finale per il Conte di Montecristo che prepara l’atto conclusivo del suo piano: cori possenti, ritmi serrati con la batteria dinamica di Simone Morettin a battere forsennatamente e assoli di chitarra di stampo neoclassico che scorrono rapidi, aprendo la via ai tasti d’avorio spinti dalle dita sapienti di Giorgio Peccenini, impacchettando così una parte strumentale davvero notevole – a dire il vero, forse la migliore dell’intero disco – prima di rituffarsi di nuovo sul ritornello conclusivo.

12. On October 5th (Wait And Hope) (6:52)
Di questo brano rimane particolarmente impresso un riff che ci ricorda qualcosa degli Stratovarius dell’era “Episode” ed un drumming che corre senza soste, con la doppia cassa galoppante che viaggia decisa fino al ritornello. Il basso di Massimo David si fa sentire durante il passaggio finale assieme ad un flauto, prima che una parte conclusiva altamente corale faccia partire i titoli di coda del concept.

13. Montecristo (4:20)
Paradossalmente, quello eponimo è l’unico brano che non fa parte del concept nel vero senso della parola: la title-track è infatti un pezzo introspettivo che la band ha voluto inserire facendo una riflessione su come non ci sia un risvolto positivo alla fine della storia, una vendetta che travolge tutti.
Cori barocchi sono i protagonisti principali di un pezzo che non accelera mai con decisione, ma rimane costantemente su ritmi medi circondandosi da orchestrazioni piuttosto imponenti ad accompagnare le chitarre.
Anche durante il refrain Stefano è accompagnato da altre voci, ottenendo un buon impatto finale.
“Montecristo” è anche il primo singolo reso disponibile dalla band, presentato da un lyric video.

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