HOUR OF PENANCE: il nuovo “Regicide” traccia per traccia!

Pubblicato il 14/04/2014

A cura di Giacomo Slongo

L’attesa è quasi terminata. Tra poco meno di un mese i death metaller nostrani Hour Of Penance pubblicheranno il loro nuovo, attesissimo capitolo discografico e Metalitalia.com, grazie alla collaborazione di Prosthetic Records, è qui per presentarvi un’anteprima/track-by-track del suddetto lavoro, “Regicide”. L’album ha tutte le carte in regola per proiettare il nome del gruppo capitolino ancora più in alto nella classifica di “quelli che contano” in ambito death metal, riprendendo il discorso interrotto due anni fa da “Sedition” e corroborandone ulteriormente lo stile. Tante le novità espresse sul campo, da una sezione ritmica completamente rinnovata e che oggi vanta la presenza di Marco “Cinghio” Mastrobuono al basso (Buffalo Grillz, The Orange Man Theory) e di James Payne alla batteria (Hiss From The Moat), all’ispessimento generale del suono, pensato apposta per la dimensione live e ricco di parti da puro headbanging. Non volendo anticipare troppo, vi lasciamo al nostro breve resoconto dei brani, affiancati dai commenti di Giulio Moschini e Paolo Pieri, incaricati di sviscerare aneddoti sulla componente musicale e lirica dell’opera. Buona lettura!

Ricordiamo che gli Hour Of Penance suoneranno al Metalitalia.com Festival 2014 in programma per sabato 17 maggio al Live Music Club di Trezzo sull’Adda, evento in occasione del quale la band presenterà ufficialmente il nuovo album. Info e biglietti su www.metalitalia-festival.com.

hour of penance - regicide - 2014

HOUR OF PENANCE
Paolo Pieri – chitarra, voce
Giulio Moschini – chitarra
James Payne – batteria
Marco Mastrobuono – basso

REGICIDE
Data di uscita: 12 maggio 2014
Etichetta: Prosthetic Records
Sito Ufficiale
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01. Through The Triumphal Arch (00:55)

Giulio: “E’ un’intro strumentale dai toni marziali, nata dal nulla un giorno mentre stavo provando dei nuovi plugin con il programma con cui registro le pre-produzioni e completata da Paolo che ne capisce molto più di me in materia. E’ incredibile quello che oggi si può fare in poco tempo grazie alla tecnologia. Tutto quello che sentirete su questa traccia è digitale, chitarre a parte. Ci è sembrata un’ottima apripista per il disco e abbiamo deciso di inserirla nella tracklist finale. Tengo a precisare che in realtà questa volta non abbiamo scartato nessun materiale: le quattordici tracce che compongono “Regicide” (quattordici sono le tracce per chi ha pre-ordinato il disco in versione limitata, undici per la versione normale, mentre le tre tracce in più dell’edizione limitata saranno comunque disponibili online su Itunes, Amazon e Spotify) sono effettivamente le canzoni che abbiamo scritto per questo disco. Non ci sono pezzi recuperati da vecchie sessioni, si tratta esclusivamente di materiale nuovo, scritto tra dicembre 2012 e settembre 2013″.

Cori, percussioni e campionamenti si propagano nell’aria per circa un minuto, intro perfetta per calarsi nel mood solenne dell’opera.

02. Reforging The Crowns (03:29)

Paolo: “Il pezzo di apertura è forse il più rappresentativo delle tematiche di questo disco, dato che questo testo come tutti gli altri ha due livelli di lettura, uno più immediato e diretto e uno più sottile e articolato. E’ metafora della battaglia contro le parti dell’animo umano e delle idee acquisite nel tempo che tendono a ingabbiarci in un’identità limitata e che finiscono per definirci, togliendoci la possibilità di esprimere ciò che siamo. L’autorità, la religione, il sistema sociale ed educativo, tutte queste cose ci condizionano fino a renderci schiavi dei dogmi che diventano parte fondamentale della nostra psiche. Bisogna quindi togliere le corone a questi “re” interiori e diventare nuovamente padroni di noi stessi”.

Giulio: “E’ la prima canzone scritta per questo disco e anche tra le più riuscite, a mio parere. Un pezzo assolutamente epico, leggermente più melodico e oscuro degli altri. La demo e il risultato su disco sono diversissime: Paolo ha fatto un ottimo lavoro con le linee vocali, inserendo anche cori di voci pulite e James a sua volta ha fatto un gran lavoro con le parti di batteria. E’ una traccia molto varia, che dà subito un’idea di come “Regicide” sia un lavoro molto diverso dai nostri precedenti dischi. Abbiamo girato anche un video per “Reforging The Crown” che uscirà a breve”.

Battezzata da un riff tecnico, thrashy e facilmente memorizzabile, “Reforging The Crowns” è la tipica opener a cui gli Hour Of Penance ci hanno abituato negli anni. Il brano mette in luce alcuni degli ingredienti principali del nuovo platter, come cambi di tempo più frequenti, sezioni sfacciatamente vecchia scuola e cori liturgici ad accompagnare il growling di Paolo Pieri, il tutto racchiuso in suoni molto naturali, figli delle grandi produzioni death metal anni ’90. “Regicide” si apre insomma nel migliore dei modi, con una delle sue tracce più epiche e melodiche.

03. Desecrated Souls (03:40)

Paolo: “Anche di questa canzone possono darsi due letture diverse: a un primo livello sembra parlare di un rito di reincarnazione dell’anima di un re in un cadavere, mentre in realtà anche qua si parla del percorso alchemico di distruzione e ricostruzione, l’abbandono di un’identità infeconda per raggiungere uno stato di crescita e guarigione dell’anima”.

Giulio: “E’ uno dei pezzi più impegnativi dal punto di vista tecnico del disco (a questo indirizzo trovate un video play-through uscito qualche giorno fa). E’ una canzone molto varia: se è vero che i blast-beat non mancano mai, anche qui il brano rallenta in un’apertura molto più epica e melodica verso la fine. Una delle caratteristiche di questo disco è che nonostante sia estremamente complesso e magari non immediato come “Sedition”, ogni canzone ha delle parti che facilmente entreranno nella testa dell’ascoltatore”.

Con “Desecrated Souls” i ritmi si intensificano e la band comincia a premere il piede sull’acceleratore, sebbene a farla da padrone sia ancora una volta il groove. Il brano parte come up-tempo incalzantissimo – giocato sulla combinazione di metriche vocali assassine e riff taglienti – salvo poi sfociare in un poderoso rallentamento, dove cori di sottofondo accentuano il cantato declamatorio di Paolo Pieri. Appare evidente la volontà di allontanarsi da certe esasperazioni del passato, tessendo trame più orecchiabili e calcando maggiormente la mano sulla componente “classica” del sound.

04. Resurgence Of The Empire (04:41)

Paolo: “Questo pezzo può definirsi politico, dato che fuor di metafora si parla dell’Italia e della sua situazione di crisi, dovuta in buona parte alla mentalità cattolica che ha permeato per secoli e permea tuttora certi aspetti della nostra cultura e del nostro modo di pensare a livello molto più profondo di quanto possa apparire. E’ un invito a riscoprire quel patriottismo sano che a noi italiani è sconosciuto e che è il motore di ogni nazione che vuole crescere e concedere benessere ai propri cittadini”.

Giulio: “E’ stata la terza canzone che ho scritto per questo disco. Un pezzo assolutamente “atmosferico”, dove delle parti lente e cadenzate si alternano a dei blast-beat molto veloci. Le chitarre con degli effetti di delay creano una melodia epica e oscura allo stesso tempo. In sede di registrazione (per errore o per caso) ad un certo punto abbiamo lasciato soltanto una chitarra, dando completamente spazio al basso. Ci è piaciuto il risultato e abbiamo deciso di tenere quella parte, che poi esplode in un tappeto di quattro chitarre ritmiche e di cori. E’ diventata in assoluto una delle sezioni che preferisco del disco. Per chi non avesse avuto modo di vedere il lyric video, ecco il link“.

Il primo “singolo” (da cui è stato tratto un lyric video qualche settimana fa) è anche uno degli episodi più caratteristici del disco. “Resurgence Of The Empire” presenta infatti un andamento molto frastagliato, alternando stridenti melodie chitarristiche, stop-‘n-go al cardiopalma e parentesi trionfali non troppo distanti da quelle impiegate dagli ultimi Behemoth. Occhi puntati sulla sezione ritmica, con il basso terremotante e perfettamente distinguibile di Marco Mastrobuono che assieme alla batteria di James Payne forma il vero asso nella manica degli Hour Of Penance 2014.

05. Spears Of Sacred Doom (03:22)

Paolo: “Le lance della sacra condanna simbolizzano la necessità della distruzione e purificazione per permettere la rinascita. Anche questo è un concetto tipico dell’esoterismo alchemico, che possiamo applicare a noi stessi e al bisogno di distruggere le barriere interiori per trovare la nostra reale identità”.

Giulio: “E’ una canzone molto immediata, puramente in stile Hour Of Penance, sono sicuro che a molti ricorderà lo stile di “The Vile Conception”. Una spaccaossa”.

“Spears Of Sacred Doom” ricorda per certi versi “Desecrated Souls”, anche se in una veste più furiosa e brutale. La partenza è assolutamente devastante, ma basta poco prima che un riff ultra-catchy stemperi l’assalto in blast-beat della batteria, legandosi all’ennesimo, ottimo assolo partorito dalla sei corde di Giulio Moschini. Non si contano i cambi di tempo, così come le finezze dispensate da James Payne, sempre più protagonista del disco grazie al suo fluidissimo drumming.

06. Sealed Into Ecstasy (03:45) 

Paolo: “In questo pezzo si riprendono molte idee tipiche della gnosi e di molte dottrine orientali, il mondo come illusione, l’ascesa al nirvana e il riconoscimento che il pensiero non è reale ma è solo la nostra percezione della realtà e come tale può essere controllato e modificato tramite la meditazione anche da un punto di vista neurochimico”.

Giulio: “E’ stata scritta per ultima poco prima dell’entrata in studio. Un’intro con dei cori campionati da una messa funge da preambolo per una melodia di chitarra che si ripete più volte durante la canzone. Dal punto di vista tecnico è stata una canzone molto impegnativa da registrare, c’è un lavoro di mano destra (senza voler fare doppi sensi) veramente difficile per la chitarra. Non eravamo sicurissimi sulla riuscita di questo pezzo perché stilisticamente ci sembrava diversa dalle altre, ma una volta registrata ci ha fatto cambiare completamente idea. E’ una delle mie preferite del disco. “Regicide” è un’opera molto varia e ogni pezzo può sembrare un episodio a sè stante, ma basta un ascolto più profondo per scoprire che in realtà sono tutti coerenti tra di loro”.

Canti gregoriani sfociano in un riff roccioso che farà la gioia di tutti gli appassionati di headbanging. Partendo da questi binari, “Sealed Into Ecstasy” si evolve in una riuscitissima concatenazione di up- e mid-tempo, scandita da ficcanti trame chitarristiche e marchiata a fuoco da uno degli assoli migliori del disco. A costo di ripeterci, ci teniamo a sottolineare come il brano sembri pensato apposta per la sfera live, con sezioni tanto brutali quanto di facile presa.

07. Redeemer Of Atrocity (04:01)

Paolo: “Questo è il testo più classicamente death metal di “Regicide” ed è un attacco al clero come istituzione e all’evangelizzazione forzata. La Chiesa continua la sua opera di propaganda cercando nuovi proseliti nelle aree del Terzo Mondo, ma queste intromissioni stanno portando forti attriti in quelle comunità che spesso sfociano in massacri e odio religioso”.

Giulio: “Registrare questo pezzo è stata una vera scommessa. Ho preso vaffanculo a destra e a sinistra, sopratutto da James, ma alla fine la canzone è riuscita al 100%. E’ la più veloce di “Regicide”: c’è un blast-beat molto lungo a 280 bpm e chi suona la batteria sa che è molto impegnativo arrivare e poter suonare correttamente a quella velocità. Tanto di cappello al ragazzo. Nonostante la velocità e la violenza del pezzo, anche qui non mancano intervalli melodici e parti cadenzate che rendono l’atmosfera molto oscura”.

Traccia violentissima che mira a falciare tutto ciò che le si para di fronte. L’epicità dei brani precedenti qui non trova spazio, mentre spaventose scariche di blast-beat esplodono in tutta la loro potenza accompagnate da blasfeme melodie chitarristiche. I fantasmi di Angelcorpse e Morbid Angel aleggiano più che mai nell’aria, tradotti in una pletora di riff “terra terra” e in una sezione centrale ferocissima, 100% old-school. Senza dubbio siamo di fronte all’episodio più estremo del lotto, oltre che ad uno dei più serrati del repertorio della band.

08. Regicide (03:25)

Paolo: “La title-track è un inno alla ricerca della verità e dell’illuminazione, tramite l’uccisione del re come simbolo di quel potere dogmatico che accettiamo in maniere acritica solo perché giustificato dalla tradizione, dalle regole sociali di un determinato luogo o periodo storico o da un’autorità superiore, che sia religiosa o statale”.

Giulio: “In ordine cronologico è stata registrata come terza canzone. Si tratta di un mid-tempo molto cadenzato e stilisticamente è decisamente diversa dal nostro precedente materiale. Probabilmente si accosta all’esperimento abbastanza riuscito che fu “Apotheosis” di “Paradogma”, anche se quella fu concepita più come un’outro del disco che come vera e propria canzone. Anche questo pezzo ha molta atmosfera grazie all’inserto di diversi synth e ai cori di Paolo. Sul ritornello, chiamiamolo così, anziché suonare un blast-beat alternato classico James è riuscito a sconvolgere la ritmica, spostando gli accenti su un secondo rullante. Abbiamo già suonato questo pezzo dal vivo durante il tour in Asia e Australia e devo dire che è stato apprezzato molto”.

Giunge finalmente il momento della titletrack, brano che è un po’ la summa concettuale dell’intera opera. Riff granitici e carichi di groove, cambi di tempo, assoli, cori e perfino una breve parentesi in odore di black metal: “Regicide” ribadisce per l’ennesima volta il mix di modernità e tradizione portato avanti dagli Hour Of Penance, i quali sembra abbiano ormai trovato la loro dimensione ideale, tra Cannibal Corpse, Morbid Angel e Behemoth. Altra potenziale “hit” nei live set della band.

09. The Sun Worship (03:49)

Paolo: “E’ un riferimento ai culti solari precristiani, in particolare al culto del Sol Invictus dell’Antica Roma, mutuato dai culti solari orientali, in particolare quello siriaco. E’ visto qua in opposizione all’oscurantismo cristiano e alla sua visione negativa e pessimistica sull’uomo, un peccatore da punire in attesa della vita dopo la morte”.

Giulio: “Un’altra mazzata sui denti spezzata da un assolo molto lungo e melodico verso la metà del pezzo. Una delle canzoni più violente del disco”.

I ritmi tornano a farsi sostenuti con “The Sun Worship”, collezione di riff circolari, stop-‘n-go e blast-beat come se piovessero. Notevole il refrain, dove il sottofondo di chitarra ritmica è sconquassato dalla deflagrazione del cantato e dall’intensificarsi dei colpi di batteria. Nonostante la violenza spiccia di cui si fa portavoce, il brano non rinuncia ad un pizzico di epicità, come dimostrato dai rallentamenti evocativi che sovente si affacciano dal turbinio apocalittico sprigionato dai Nostri.

10. The Seas Of Light (04:49)

Paolo: “Anche qua si riprende la simbologia solare e la visione dell’uomo come essere alla ricerca della verità e della luce della conoscenza, sia tramite le pratiche alchemiche sia tramite il sacrificio metaforico del sé attraverso il fuoco della fornace, l’Athanor, utilizzata per purificare i metalli dalle scorie e dalle impurità. E’ un testo che parla della rinascita dalle ceneri, in riferimento anche all’Italia e alla situazione che sta vivendo”.

Giulio: “Come dicevo “Regicide” non è solo blast-beat, ‘The Seas Of Light” è infatti un altro episodio rallentato e cadenzato. Nonostante sia una canzone abbastanza diversa dalle precedenti, anche qui si respira la stessa atmosfera del resto del disco”.

“The Seas Of Light” è da annoverare tra gli episodi più solenni e riusciti del disco, aperto da uno spettacolare riff à la “Covenant” e giocato sulla continua alternanza di accelerazioni/decelerazioni. Un frullato a base di Morbid Angel e Behemoth assolutamente incontenibile, in cui forza bruta, melodia e groove vanno a braccetto per l’intera durata del brano e dove a farla da padrone sono ancora una volta i cambi di tempo, rifiniti con cura certosina dalle chitarre di Giulio Moschini e Paolo Pieri e dalle percussioni di James Payne. Ottimo l’assolo posto dopo il primo ritornello.

11. Theogony (03:57)

Paolo: “Il testo parla dell’uomo come essere divino, di qua appunto il riferimento alla teogonia non come nascita degli dei ma come creazione dell’essere umano. Come creatura dotata di libero arbitrio, nessuno sa a cosa porterà la presenza dell’uomo sulla Terra e nell’universo, se avrà conseguenze positive o negative, ma è innegabile che la mente umana quando portata sul giusto sentiero è in grado di realizzare ciò che si credeva solo prerogativa di Dio e della Natura, come la creazione della vita”.

Giulio: “Siamo alla conclusione (della versione standard del CD). ‘Theogony” è uno dei miei pezzi preferiti ed è già nella setlist live. Il riff iniziale è molto vecchia maniera, headbanging puro e il pezzo si giostra su diversi tempi e velocità. Una canzone molto immediata”.

“Regicide” si conclude all’insegna del massacro con “Theogony”, brano avaro di melodia e dai ritmi tesissimi. Di tutte le tracce incluse nella tracklist, questa è forse quella più legata al repertorio di “The Vile Conception”, sebbene non manchino alcuni degli elementi citati nel corso del track by track, vedasi parentesi groovy e classicheggianti su cui fare headbanging. Degna conclusione di un disco che si prefigura da subito tra i migliori in campo death metal (e non) di questo 2014.

hour of penance - band - 2014

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