IDENTIKIT: Blind Guardian – ‘I guardiani del metal’

Pubblicato il 02/08/2004

INTRODUZIONE

I Blind Guardian sono un gruppo che piace. E piacciono per diversi motivi. Sono una delle poche band capaci di svestirsi del classico ‘Helloween sound’ e di forgiarne uno personale, ma non snaturato; piacciono per il loro non andare mai sopra le righe; piacciono perché dopo tanti anni sono sempre gli stessi quattro ragazzi a portare avanti un discorso iniziato assieme e che continua tutt’oggi. I Blind Guardian piacciono perché fanno un metal veramente valido. C’è voluto del tempo (leggi due album) per non essere la copia scolorita di “Walls Of Jericho” degli Helloween, ma poi quello che è nato è qualcosa, se non di unico, di certo importante. Il fuoco dei Blind Guardian ha alimentato per anni un sottobosco di band alle prime armi volenterose di suonare musica potente e melodica dall’animo metal al 100%. Il gruppo tedesco ha fatto da esempio, regalando una serie di ottimi album che hanno lasciato una striscia indelebile nella storia dell’heavy metal. I Blind Guardian sono un lampante esempio di quanto (dall’heavy classico al black metal) il mondo ideato dal celebre Tolkien sia penetrato nella fantasia e forse nel DNA di un genere musicale così refrattario a far propria un’icona tratta dal mondo ‘esterno’. Ma forse i Blind Guardian piacciono tanto perché grazie alla loro musica ci è ancora permesso sognare un mondo diverso, regolato dalle stesse leggi che sopravvivono nel nostro, ma in maniera meno corrotta.

BIOGRAFIA

Non ci sono poemi da narrare nel descrivere il percorso quasi ventennale intrapreso dai quattro ragazzi provenienti dalla zona di Krefeld, Germania. All’epoca dei loro esordi forse erano in pochi quelli che avrebbero scommesso qualche vecchia lira su questi quattro giovani metal kid, forse un po’ troppo preoccupati di tributare i loro connazionali Helloween che cercare una propria via maestra. E così, dopo i già dimenticati “Battalions Of Fear” e “Follow The Blind”, la band tedesca trova una propria identità: un’identità che in poco tempo sarà capace di plasmare una parte della futura scena metal. Due capolavori di energia ed emozioni come “Tales From The Twilight World” ed il tanto, giustamente, acclamato “Somewhere Far Beyond”, non sono ancora tramontati nei cuori di molte persone appassionate di metal volto a 360 gradi. Forse sono un po’ più aggressivi di tanti altri, forse sono anche meno perfetti di tanti altri, ma sicuramente i Blind Guardian sono più originali di moltissime altre band e grazie ai loro cori carichi di adrenalina, quel tocco malinconico e maestoso a canzoni nate appositamente per descrivere storie che si svolgono in posti incantevoli, i quattro tedeschi sono riusciti a lasciare dietro di sé un segno permanente. Dopo il live celebrativo “Tokyo Tales” arriva il cd della consacrazione ai massimi livelli ed i Blind Guardian passano nell’era della maturità artistica. Forse questa crescita, come tutte del resto, toglie un po’ di spontaneità ed ardore al metal dei Blind Guardian, ma gli artisti crescono e la musica in questo caso li segue di pari passo. Dopo “The Forgotten Tales”, un titolo che suona già da condanna, la musica dei tedeschi si addentra ancora di più nei confini del mondo tolkieniano di “Nightfall In Middle-Earth”, un album sognante, ma non adatto a tutti i fan perché non tutti sono in grado di sognare. Dopo questo album accade qualcosa di strano, una pausa assai prolungata, cosa, questa, avvenuta in passato assai di rado essendo stati i Blind Guardian abbastanza regolari nelle uscite. Da questo parto nasce un topolino, però, “A Night At The Opera”, un buon album che gode di una ottima produzione ma che sembra aver smarrito l’animo e non è in grado di incidere il suo nome nella lista dei dischi che hanno fatto la storia del metal. Appunto rimandato? Speriamo, tanto adesso puntare sui Blind Guardian lascia persino un segno amaro e senza brivido, perché la giocata è sempre vincente.

BATTALION OF FEARS

BLIND GUARDIAN - Battalions Of Fear
Ecco il primo tassello verso la celebrità dei tedeschi Blind Guardian. Il gruppo è un’icona della scena metal mondiale, qui non ci piove, ma non tutti li hanno seguiti dall’inizio o non tutti credevano in una loro futura evoluzione così positiva. “Battalions Of Fear” è stato registrato ai Karo Studio di Münster, in Germania ovviamente, sul finire del 1987. L’album è stato realizzato a inizio 1989, e dal 1991 esce tramite Virgin Records. L’opener è “Majesty”, il primo monumento eretto dal quartetto teutonico di Krefeld in cui lo stile della band si fa subito inconfondibile ed insostituibile e, sebbene il sound sia ancora in fieri, già vi si riconosce quel che caratterizzerà le successive release della band. “Battalions Of Fear” è figlio degli anni ’80 e si sente, ma soprattutto è il primogenito misconosciuto di quel “Walls Of Jerico” dei maestri e connazionali Helloween. La produzione di “Battalions Of Fear” è snella, pulita anche se l’energia non è così elevata per essere un album speed metal – genere da cui discende, con alcune sostanziali differenze, il power metal odierno. Ma quella di ‘power metal’ è un’etichetta che però è sempre stata stretta ai quattro alfieri di Krefeld, gente a cui non piace la facile classificazione. “Majesty” è per l’appunto un brano maestoso, con un robusto coro anche se la durata della canzone è forse eccessiva. Questa canzone, come altre in questo album, è ispirata ai racconti dello scrittore fantasy J.J.R. Tolkien, in un periodo non troppo inflazionato da simili influenze nonostante l’opera di questo autore abbia avuto una profonda diffusione nel mondo Occidentale della seconda metà del XX secolo. “Wizard’s Crown” è un brano discreto che contiene un assolo di chitarra piuttosto sinistro, ma la vera scarica di adrenalina arriva con l’ottima “Run For The Night”, accostabile a brani come “Heavy Metal (Is The Law)” degli Helloween per velocità ed energia. Apprezzabile anche la titletrack anche se, in certi passaggi, si rivela piuttosto elementare come canzone. In definitiva i Blind Guardian lasciano intravedere qualcosa di buono già all’esordio, ma sono un gruppo ancora da svezzare e non si stagliano molto al di sopra della media del tempo. Il bello deve ancora cominciare…

FOLLOW THE BLIND

BLIND GUARDIAN - Follow The Blind
Seconda uscita discografica per i Blind Guardian che segna un lento, ma non decisivo, miglioramento su tutti i fronti. La produzione fa salti in avanti, è più ariosa e soprattutto regala più incisività alla band tedesca, ora molto più aggressiva rispetto al passato. Continua quella ricerca, già riscontrabile sin dal debut, di un sound peculiare ed un songwriting più personale e meno dipendente dagli stilemi speed in voga in quegli anni. L’influenza, talvolta ancora marcata, degli Helloween è sempre presente, ma un po’ meno palese perché ora i Blind Guardian si affidano maggiormente all’uso di cori sempre molto ben studiati e realizzati, un sicuro punto di forza della band nel prosieguo della sua scalata alla vetta del metal; emblematica di tale osservazione è la bellissima opener “Banish From Sanctuary”, brano molto caro alla band anche a diversi anni di distanza della sua realizzazione. La voce di Hansi comincia ad essere un punto di forza della band, a dispetto di tutti i suoi detrattori che lo considerano poco adatto e dal timbro troppo sporco per il genere. Certo, non si tratta di Kiske, ma contrapposizioni e preferenze hanno sempre diviso il pubblico metal… basti pensare a Dickinson e Di Anno. La differenza è che Hansi è sempre stata una bandiera dei Blind Guardian e, negli anni, ha anche saputo migliorarsi. In questa sede abbiamo a che fare con una discreta prestazione canora anche se non memorabile e piuttosto grezza, ma i Blind Guardian iniziano a piacere per l’immediatezza delle facili melodie e per quella carica di energia alla quale contribuisce anche il cantato del vocalist e bassista. La titletrack è una buona song e dimostra una qualità importante della band: la destrezza nel sfornare buoni giri acustici di chitarra. I Blind Guardian nel corso degli anni incrementeranno questo aspetto della loro musica raggiungendo livelli altissimi ed eccellenti. Iniziano dunque a caratterizzarsi i quattro tedeschi, sempre più sicuri dei propri mezzi. Il top compositivo arriva con “Valhalla”, canzone dal titolo scontato ma, forse, per i Germani non è così scontato quanto sembra. Il brano possiede una carica impressionante, qui davvero i Blind Guardian sembrano dei guerrieri guidati dal furore dei guerrieri immortali del Valhalla. Il cd si conclude con l’incomprensibile cover della celebre “Barbara Ann”. I miglioramenti ci sono, la band sta però ancora covando il grande, grandissimo salto di qualità per la consacrazione definitiva.

TALES FROM THE TWILIGHT WORLD

BLIND GUARDIAN - Tales From The Twilight World
Con questo capolavoro della musica metal si può dire a ragione che siano nati i Blind Guardian, con il loro unico ed inconfondibile stile. La produzione è più pesante rispetto al passato, meno patinata forse, ma dall’impatto maggiore e già questo è un segno; un segno che preannuncia la calata di una musica veramente d’impatto. “Traveler In Time” è una delle tante colonne portanti di questa opera d’arte. Bravi i Blind Guardian a creare con le loro musiche e le loro storie un percorso fantastico in compagnia di strani esseri, di sentimenti veri, di paesaggi sognanti. Superlativi nella breve “Lord Of The Rings” a cogliere, con un semplice arpeggio, tutta la magia di un colossal della letteratura contemporanea, splendidi nell’animare con forti emozioni due perle quali “Welcome To Dying” e “Good Bye My Friend”, capitoli esaltanti e potenti di questo meraviglioso cd. “Tales From The Twilight World” è una rivelazione, qui ci troviamo di fronte ad un gruppo che mostra le sue carte, le sue potenzialità e forse il prodotto più spontaneo della sua intera carriera musicale. Altro punto da sottolineare: lo strepitoso uso di cori potenti all’interno di quasi tutte le tracce, che fanno di questo cd quasi un unicum per il fatto di contenerne così tanti e così ben congegnati. La voce del cantante, croce e delizia del pubblico, è almeno giusta per questo tipo di release per la sua malleabilità pervasa da un fondo di autenticità che qui proprio non guasta. Da incorniciare i ricami di chitarra di Andre Olbrich che, insieme alla spalla Siepen, forma un duo destinato a scrivere una pagina importante all’interno della scena metal. Intelligente, infine, l’opera del batterista, capace di esaltare la dinamicità dei pezzi grazie ai perfetti cambi di ritmo che fanno aumentare l’adrenalina generale. Epiche gesta di eroi passati fanno da sfondo a questa colonna sonora pesante, veloce, ma anche così tanto malinconica e velatamente triste. I Blind Guardian non regalano gioia di seconda mano con i loro brani, altri sono i sentimenti che dimorano nelle loro canzoni, che per prima cosa rimangono costituite da metal possente e da melodie sognanti. Un paio di canzoni non sono all’altezza delle altre, sono forse il retaggio dello stile della band abbandonato sul cd precedente, ma quando nel finale inizia “The Last candle” allora finalmente si rimane estasiati… perché stavolta si ha la fortuna di avere tutto quello che si desidera da un unico cd.

SOMEWHERE FAR BEYOND

BLIND GUARDIAN - Somewhere Far Beyond
“Somewhere Far Beyond” da molti, come pure dal sottoscritto, è considerato il capolavoro dei Blind Guardian, un capolavoro che riesce a svettare su altri album comunque di livello incredibilmente alto. Il ‘Blind Guardian style’ qui viene perfezionato e sublimato, le parti acustiche della band diventano indimenticabili e alcune canzoni meritano di essere inserite nell’album dei the best del metal. L’album si apre con un breve arpeggio mozzafiato seguito e squartato da una ritmica devastante cui segue un assolo fantastico che ha la forza di far aprire gli occhi su un panorama sconfinato di emozioni. Le copertine degli album dei Blind Guardian sono sempre una finestra sul contenuto del cd e anche il titolo lo è: “Somewhere Far Beyond” è veramente un viaggio in un mondo remoto, fantastico in cui regna la magia, è vero, ma sempre si tratta di un mondo che potrebbe essere il nostro in una remota età, per questo un libro come “Il Signore Degli Anelli”, al quale i nostri si ispirano per l’ennesima volta, può ben fare da riferimento alla musica della band tedesca. “Time What Is Time” finisce con un bellissimo coro epico e subito arriva un altro must della band: “Journey Through The Dark”, capitolo potente e devastante dal tocco geniale. Gli incalliti giocatori di D&D troveranno la giusta ispirazione per le loro avventure ascoltando le ballad metal dei Blind Guardian, che si avvalgono di parecchi guest per i cori, le parti di pianoforte, quelle delle cornamuse; c’è anche il solito Kai Hansen che presenzia con la sua chitarra in “The Quest For Tanelorn”, uno dei brani più ‘fantasy’ mai composti dalla band. Il buon Kai era anche presente, in qualità di cantante, anche sull’album precedente: una presenza che aggiunge un bel tocco ad un gruppo che però non è più schiavo della dipendenza da primi Helloween (a parte ancora qualche assolo), ma ormai autonomo e anzi traino per un grande numero di nuove band. Tra i gioielli – tanti – da ricordare non può non essere menzionata la titletrack che sublima nel finale l’album, ma forse il culmine si raggiunge con la doppia parte di “The Bard’s Song”, la prima acustica e la seconda metal. Chi di voi, conoscendo e amando la band, non ha cantato all’infinito questo brano memorabile assieme a Hansi e soci? Magari proprio grazie a questo brano, metà acustico e metà no, molti di voi si sono avvicinati per la prima volta alla band. Ascoltatelo centinaia di volte e vedrete che avrete ancora voglia di risentirlo… Uno dei migliori album mai usciti.

TOKYO TALES

BLIND GUARDIAN - Tokyo Tales
Come accade per tutte le grandi band, solitamente, è giunto il tempo per il live celebrativo, quel che serve a dimostrare a tutti gli scettici che i Blind Guardian se la sanno cavare anche dal vivo. A prescindere dai discorsi, seppur importanti, relativi alle manipolazioni delle registrazioni live, alle posteriori sovraincisioni (e chi ha fantasia si sfoghi pure), resta il fatto che in questa sede bisogna recensire quello che si può ascoltare sul cd. Amati oppure odiati dal vivo, specie per le contestate prestazioni del cantante non sempre all’altezza, i Blind Guardian in questo spettacolo tutto dedicato agli infervorati fan nipponici regalano una prova molto convincente. Innanzitutto sono una band che sa quali sono i propri cavalli di battaglia, capacità di considerazione che non tutti possiedono: ecco così che i migliori brani, eccetto “The Last Candle”, sono qui raggruppati e suonati con energia. Ci sono davvero tutti, da quelli degli esordi ai capolavori dell’ultimo “Somewhere From Beyond”. Va sottolineato come anche il precipuo sound della band resti inalterato, cosa che costituisce forse il miglior risultato raggiunto da una band che si esibisce sul palco. Dopo l’ascolto del cd viene voglia di incontrare il gruppo dal vivo e rivivere stavolta in prima persona le sensazioni eccitanti lasciate da questa abbondante ora di concerto. Conoscendo la pazzia dei nipponici per il metal, non sembra irreale il boato di un pubblico così fortemente partecipe a quasi tutte le canzoni… inutile sottolineare che i cori dei teutonici vengono amplificati proprio dalla caldissima audience. Una bella festa, una bella prova che i Blind Guardian ci sono e sono genuini. Sempre e comunque grandi.

IMAGINATIONS FROM THE OTHER SIDE

BLIND GUARDIAN - Imaginations From The Other Side
Dopo i primi due album, “Tales From The Twilight World” aveva inaugurato lo stile assolutamente peculiare e di altissimo livello dei Blind Guardian, mentre “Somewhere Far Beyond” aveva consacrato definitivamente la band. Ora “Imaginations From The Other Side” rigenera i Blind Guardian e li catapulta in una nuova era della loro carriera: meno energica, ma più raffinata. Chi non è rimasto leggermente spiazzato la prima volta che ha avuto modo di ascoltare questo cd? La band tedesca sfodera stavolta un album registrato egregiamente, ma anche il sound cambia leggermente. Non si tratta di quello delle chitarre per fortuna, sempre riconoscibili al primissimo istante anche se non più graffianti come un tempo; esse macinano un volume sonoro più ampio e cristallino, ma sembra siano messe un po’ in secondo piano. Cambia la produzione, in meglio, ma soprattutto cambiano alcune scelte: ora i Blind Guardian devono essere un gruppo che si lasci ascoltare maggiormente che in passato, e quindi si cerca di riequilibrare le forze interne dei vari strumenti dando più importanza alla voce e alle melodie dell’insieme. I suoni non sono più secchi come una volta e questo aiuta a creare un’atmosfera un po’ da sogno. A trascinarci in un sonno fantastico è la titletrack, così complessa e ricca da riuscire a sostenere da sola un album intero. Sintomatico che sia questa la canzone che dà il nome all’album: un brano ricco d’atmosfera, di tante atmosfere diverse perché in questo sogno si può ritrovare un po’ di tutto. Ecco dunque che anche la ormai classica ‘atmosfera tolkieniana’ della band svanisce: ora è l’intera tradizione favolistica ad essere narrata. La successiva “I’m Alive” è il brano giusto per destare tutti da quel magnifico sogno, mentre l’acustica “A Past And Future Secret” ci propone un assaggio dei tempi medievali, addolciti dalle ballate raccontate nelle corti dei sovrani. Il brano è la dimostrazione di come i Blind Guardian migliorino di album in album e aumentino le parti acustiche di chitarra, vera marcia in più nei confronti delle band power metal di tutto il globo. La semiacustica “Mordred’s Song” è un altro bellissimo brano, un po’ triste, un po’ arrabbiato e un po’ tragico, di certo riflesso perfetto del testo che interpreta. Ci sono alcuni brani un po’ sottotono, tenuti in piedi da magistrali ritornelli, ma dai Blind Guardian è lecito aspettarsi sempre qualcosa di indimenticabile. Indimenticabile infatti è la sinistra “Bright Eyes”, brano concepito in maniera eccelsa e colonna portante di questo album assieme alla titletrack. Questo libro di favole si conclude con un brano che, se non superlativo, è appropriato per voltare l’ultima pagina e mettere la parola ‘fine’ a questa lettura fatta di estatiche quanto, a volte, inquietanti sensazioni. La nuova veste dei Blind Guardian, al pari della vecchia, è regale.

NIGHTFALL IN MIDDLE-EARTH

BLIND GUARDIAN - Nightfall In Middle Earth
Continua magicamente il momento di grazia dei quattro tedeschi innamorati delle saghe tolkeniane. Questo “Nightfall in Middle-Earth” è forse proprio l’opera che più di tutte le altre riesce a penetrare lo spirito dei racconti fantasy dello scrittore inglese; questo cd è un dipinto, è un racconto all’interno di questo mondo fantasioso. C’è la voce narrata fuori campo atta ad introdurre l’ascoltatore in un’altra dimensione, c’è la musica dei Blind Guardian eterea come mai prima e ci sono i racconti che vi faranno rivivere le avventure del mondo di Tolkien, dimensione sempre di più cara al quartetto teutonico. Questo cd è strutturato in modo tale da sembrare una storia raccontata e, tra un brano e l’altro, ci sono dei brevi intermezzi musicali o parlati che aiutano – e molto – a creare l’atmosfera della lettura di un antico manoscritto, un collante indispensabile per legare le verie parti di questo sontuoso album. Rispetto al precedente “Imaginations From The Other Side” questo cd è forse maggiormente immerso in una realtà remota, incantata; forse “Nightfall In Middle-Earth” è più sognante come album, più morbido, meno potente del suo predecessore, ma ha un’anima molto ben distinta e piacevole a guardarsi, ad ascoltarsi e che si rispecchia con le proprie emozioni. “Into The Storm”, “Nightfall” e “Blood Tears” fotografano a meraviglia il cuore di questa release. Ci sono sempre parti acustiche molto suggestive, mentre sono diminuite molte parti ritmiche metal, e il lavoro solista delle chitarre spesso è lasciato in disparte, in modo che il sound della band risulti molto etereo e meno potente. Forse in questa doppia scelta, stilistica e di produzione, va vista la vera novità del cd rispetto al passato; la canzone che ha inizialmente più presa è senza dubbio l’aggressiva “Mirror Mirror”, ma dopo più ascolti altri brani si rivelano i capolavori veri e propri del cd: parliamo di “Noldor (Dead WInter Reigns)”, e della struggente “The Eldar”. I testi e l’atmosfera di base creata stavolta dai Blind Guardian è piuttosto notturna e poco felice, una vera colonna sonora di una storia di avventure pericolose e dolorose. La prova del quartetto è impeccabile, ma è da sottolineare ancora una volta la capacità di stupire di Hansi, un cantante che non teme confronti quando si tratta di costruire una metrica favolosa su una base musicale non troppo facile da domare. I Blind Guardian continuano a far sognare i propri fan con un lavoro davvero ottimo che non teme paragoni con il tanto acclamato precedente “Imaginations From The Other Side”. Il nuovo album può piacere più del vecchio o viceversa… questione di gusti, di sensazioni, ma una cosa è sicura: dopo tanti album i Blind Guardian sono ancora splendidamente in forma e non sembrano voler smettere di cavalcare la loro vena che non sembra volerli far scendere dal picco compositivo da tempo raggiunto. Un gruppo che ha molto da dire e da insegnare: c’è da sperare che qualcuno inizi a raccogliere cotanta eredità. Insuperabili.

A NIGHT AT THE OPERA

BLIND GUARDIAN - A Night At The Opera
Tanto, troppo tempo era trascorso dall’ultimo full length album della band, e le aspettative crescevano dopo giorno. In questi anni ci hanno pensato i triestini Rhapsody ad offuscare la stella dimenticata dei Blind Guardian e la quasi contemporanea uscita dei nuovi rispettivi album ha scatenato più di qualche fan del power metal in paragoni infiniti. Indipendentemente da come si sia concluso il match tra queste due band portanti del movimento, resta il fatto che forse i Blind Guardian non si sono presentati all’appuntamento nella migliore delle condizioni. Non si fraintenda, questo “A Night At The Opera” è un’opera magna in tutti i sensi, ma i Blind Guardian non sono brillanti come il solito. A prescindere da una copertina brutta, dopo tanto tempo in cui erano stati fatti ottimi artwork, il combo tedesco è un po’ arruginito, non ruggisce come in passato, non crea un’atmosfera così densa come il precedente “Nightfall In Middle-Earth”. Non che si siano rammolliti, ma non tutte le scelte adottate per questo cd sembrano azzeccate. I cori, forse usati oltremisura e troppo spesso, hanno perso di molto il loro mordente ed è un peccato visto che in passato la band tedesca ci aveva abituati davvero troppo bene. Stavolta sono troppi, abbastanza allegri e mai energici, e alla lunga finiscono per stancare. Alcuni passaggi chitarristici sono sempre di alto livello, mancano forse alcuni assoli memorabili. Lo stile della band è sempre unico e le canzoni non si limitano alle solite e ormai noiose cavalcate così tanto care all’universo power, i brani sono sempre complessi, dinamici, alcuni di questi però sembrano privi di un acuto da favola. Alcuni brani non decollano, in altri invece abbiamo i soliti, grandi Blind Guardian, specie quando si decidono a sfoderare la loro arma migliore, con la quale in pochi possono sfidarli: l’uso delle parti acustiche. Magistrale la conclusiva “Frutto Del Buio”, dall’ispirazione mozzafiato, e poco importa se la pronuncia in italiano non è perfetta: la magia c’è tutta, e va applaudito lo sforzo della band nel cimentarsi con una lingua per loro inusuale, cosa non facile. Un ottimo album, in definitiva, ma cui manca qualcosa. Difficile dire se la band sia ad un punto di svolta e inizi piano piano a ridiscendere la vetta che aveva raggiunto… qui abbiamo qualche avvisaglia, ma non si può certo parlare di battuta d’arresto. Difficile però considerare questo album come la migliore prova della band.

LIVE

BLIND GUARDIAN - Live
In una discografia votata ad una progressione stilistica senza eguali nello scenario metal teutonico (a meno che non si vogliano tirare in ballo le discutibili divagazioni sinfoniche dei compatrioti Rage), un album in grado di catturare fedelmente l’impatto live della gloriosa band tedesca era il classico tassello mancante. La precedente testimonianza dal vivo, “Tokyo Tales”, del 1993, nonostante una scaletta già al tempo piena zeppa di classici, portava con sé quel carattere artificioso derivante da un mix zoppicante, che relegava in sottofondo il coinvolgimento del pubblico (per non parlare della proverbiale flemma dell’audience nipponica). Difetti che le moderne tecniche di registrazione e il surplus derivante dal “giocare in casa” (la vecchia Europa), sono solo uno sbiadito ricordo del tempo che fu. Un doppio cd composto da 22 brani per un totale di 133 minuti, che spazia in modo esauriente dall’esordio “Battalions Of Fear” fino all’ultimo “A Night At The Opera”. Quest’ ultimo ne esce ulteriormente rinvigorito, fugando quei dubbi sorti fra lo zoccolo duro dei fan in merito agli innesti sempre più massicci di elementi sinfonici ed operistici, a scapito dell’immediatezza e del proverbiale impatto frontale del combo di Krefeld. Da manuale la prova vocale di Hansi Kursch, lontano parente dello sbiadito vocalist visto all’opera con il progetto Demons And Wizards, e sezione ritmica sugli scudi per una serie di esecuzioni talmente precise da sollevare alcuni dubbi su eventuali ritocchi in studio (alcune fonti maligne parlano del coinvolgimento del virtuoso drummer Alex Holzwarth, ex Sieges Even e al soldo anche dei nostrani Rhapsody, nei brani tecnicamente più ostili, e non solo dunque nel semplice ruolo di guest musician, come riportato dalle note del booklet). Le registrazioni sono state effettuate in più sedi, fra Germania, Spagna ed Italia (“Welcome To Dying” proviene dalla recente data di Milano e il buffo “Buona Siera Milano!” di Hansi non lascia spazio a dubbi). Parlare di acquisto obbligato sa di scontato, io intanto corro ad ascoltare di nuovo “The Bard’s Song (In The Forest)”.

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