A cura di Marco Gallarati
Commenti Infernal Poetry di Daniele Galassi
Il 2013 si aprirà certamente bene per il metallo italiano: tornano infatti in pista, il 14 gennaio prossimo, i marchigiani Infernal Poetry con il nuovo lavoro a titolo “Paraphiliac”. La formazione anconetana è assente dai mercati nazionali e internazionali da quasi 4 anni, da quando “Nervous System Failure” arrivò a sconvolgere le attese tramite una versione estremamente psicotica del cosiddetto schizo metal della band, già in parte inaugurato nel secondo capitolo della Poesia Infernale, “Beholding The Unpure”. Questo nuovo album, come potete vedere dalla copertina qui sotto, non perde un centesimo della disturbanza insita nel combo, anzi ne acuisce alcuni tratti pur smorzandone altri, risultando in questo modo un platter maturo e ‘per adulti’; tanto da farsi venire, come prima impressione, l’idea che in “Paraphiliac” siano state miscelate le migliori caratteristiche dei due dischi precedenti per fornire al tutto una profondità e una direzione più definite, utili a delineare in toto e meglio l’entità Infernal Poetry. Dopo appena una piccolissima manciata di ascolti, ecco quali sono le nostre impressioni sull’album, accompagnate dalle pungenti e rapide descrizioni del chitarrista, leader e portavoce della band, Daniele Galassi. A voi!
INFERNAL POETRY
Paolo Ojetti – voce
Daniele Galassi – chitarra
Christian Morbidoni – chitarra
Alessandro Infusini – basso
Alessandro Vagnoni – batteria
PARAPHILIAC
Data d’uscita: 14 gennaio 2013
Etichetta: Bakerteam Records
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01. PRELIMINARIES (1.09)
Daniele: “Clangori, voci, rumori… Un’intro dove la ruggine si prepara a infettare carni e a corrodere ossa”.
“Paraphiliac”, giusto per rimarcare subito le disturbanze riassunte dal titolo, si apre con “Preliminaries”, un’introduzione eroto-rumoristica di poco più di un minuto, in cui effetti da ‘attività paranormale’, voci appena accennate, sussurri inquietanti e rintocchi echeggianti si aprono la strada con un costante crescendo che sfocia poi nel primo vero brano del lavoro.
02. STUMPS (3.20)
Daniele: “‘Stumps’ vuole dire ‘moncherini’. Il destino riservato ai girasoli, che vivono tutta la loro esistenza in funzione del Sole, per poi ritrovarsi bruciati a capo chino. Schiaffi in faccia a mano aperta per tutti. Una canzone in bilico tra eleganza e cafonaggine, che deflagra verso l’obliqua progressione armonica finale”.
L’apertura è quindi affidata a “Stumps”, pezzo che presenta immediatamente le caratteristiche salienti del nuovo disco degli Infernal Poetry, ovvero maggiore maturità, minore schizofrenia e un ragionato sguardo al passato di nome “Beholding The Unpure”: la canzone decolla con una prima parte diretta e urgente, con strofe urlate e un ritornello anthemico, baciati entrambi da un lavoro chitarristico melodico eccellente, a tratti ricordante i Dark Tranquillity più tecnici e incisivi. La seconda metà è invece quasi introspettiva e mette in mostra il buon gusto solistico di Alessandro Vagnoni alle pelli. Una partenza sicuramente positiva.
03. IN GLORIOUS ORGY (4.06)
Daniele: “Se si dovesse cercare l’essenza del monicker INFERNAL POETRY, la si troverebbe in questi quattro minuti. Marziali, sinistri, abrasivi, pornografici. A metà troviamo uno dei break melodici (a nostro parere) più belli della nostra discografia. La dimostrazione che non serve andare a 10.000 bpm per essere incisivi”.
Con “In Glorious Orgy” il platter prende definitivamente il volo, rivelando un brano fra i più maturi, compositivamente parlando, mai scritti dai Nostri. Il groove, l’ondeggiamento sbilenco delle sovrincisioni di chitarre, le voci abrasive e potenti, i giri melodici che pervadono il pezzo…tutto al posto giusto, fino ad arrivare ad un break di basso à la Cliff Burton e ad un assolo ispiratissimo ed emozionale che lascia stupiti per intensità. Le urla devastanti di Paolo ci portano al termine di un episodio fra i migliori del lotto, che personalmente troviamo, pur nella sua violenza, abbastanza orecchiabile.
04. HYPERTROPHIC JELLYFISH (4.26)
Daniele: “Una baraonda sonora, frenesia e schizofrenia all’ennesima potenza, con un refrain che riporta tutto in riga. Un lungo fade out di estrazione psichedelica che evoca (inequivocabilmente) feti di meduse immersi in un liquido amniotico multicolore… Ma che cazzo volete di più?”.
Si torna più sulle orme lasciate da “Nervous System Failure” con la quarta traccia, “Hypertrophic Jellyfish”, che esordisce con un’iniziale overdose di ritmi sincopati e partiture nevrotiche, che chi ormai conosce il combo marchigiano non potrà poi trovare così fuori di testa. L’attenzione negli arrangiamenti, soprattutto le track di chitarra, è curatissima e serviranno diversi ascolti per carpire meglio tutte le sfumature del pezzo. Pezzo che si chiude, per chi scrive, con il momento più intenso ed emozionante dell’album, un fade-out malinconico e sognante che rivela (o no?) una lievissima influenza post-qualcosa. Gran canzone, insomma.
05. EVERYTHING MEANS ‘I’ (4.00)
Daniele: “Un inno a Saturno. Si torna su territori cadenzati ma con più groove, con un riffing oscuro e martellante, una voce sui registri bassi che esplode in un chorus ultra-abrasivo studiato per essere cantato anche sotto la doccia (un attimo prima che il serial killer di turno vi apra in due!)”.
“Everything Means ‘I'” è un pezzo che unisce, nello schizo metal degli Infernal Poetry, una violenza tipicamente hardcore-death metal a riff ondeggianti e groovy su cui si stagliano imperiose le grida di Paolo Ojetti e una serie di linee melodiche di chitarra (dal vago flavour Nileiano) più ariose che donano un po’ di respiro all’ascoltatore. Nella parte centrale, ancora follia, basso pulsante e urla hardcore per poi tornare su binari noti e chiudere di forza un’altra traccia meritoria. Metà disco e finora davvero nessun calo, né passi falsi per Daniele Galassi e compari.
06. BARF TOGETHER (4.21)
Daniele: “Il brano più complesso del lotto. I fan di vecchia data si divertiranno, perché ci ritroveranno di tutto: frenesia, schizofrenia, drumming assassino, melodia, beat. E il refrain più bello del platter. Ostico ma molto gratificante”.
La pazzia si re-impossessa momentaneamente ma completamente degli Infernal Poetry, che all’urlo di ‘vomitiamo insieme!’ e ‘nausea!’ ci massacrano i neuroni con questa assurda “Barf Together”, dove tutto cambia e muta nel giro di pochi secondi. Ciò fino ad un bello stacco ipnotico-psichedelico a centro canzone, con assoli languidi e voci filtrate che anticipano un’altra coppia di parti solistiche di buon gusto; e poi ancora spazio al drummer, su di giri in questo brano, fino al crescendo terrificante, tra accenni doomy e grind, che porta alla sboccata finale. Ci si diverte un casino.
07. CARTILAGES (3.49)
Daniele: “Se fino ad ora abbiamo avuto a che fare con carni e ossa, adesso parliamo di cartilagini. Tritume, melodia, voci lacerate e laceranti. E un fade out pregno di struggente decadenza”.
L’inizio di “Cartilages” è disturbante, con un basso penetrante che pulsa su distorsioni acide di chitarra. La pressione sulle tempie è sempre parecchia, così come la frenesia nel voler colpire e affondare l’ascoltatore con la più verace imprevedibilità. In questa canzone, il bilanciamento tra schizofrenia e parti più ‘accessibili’ è ottimo e prende forma in un’altra chiusura di brano più lenta, emotiva e ipnotica, con un apprezzabile sfumato melodico.
08. THE COPY/PASTE SYNDROME (3.43)
Daniele: “Mancava da tanto, alla fine è tornato: un terzinato sui denti. Tornano anche i cari vecchi rantoli agonizzanti che tanto fanno incazzare i puristi. Un pezzo killer”.
Ecco probabilmente, assieme a “In Glorious Orgy”, l’episodio più catchy del lavoro, caratterizzato da un ritornello immediatamente stampabile nella matrice cranica del vostro cervello e dalle ‘solite’ strofe feroci e urticanti. La forma-canzone prende vita poi in un break schizoide e ansimante che mette in risalto la sezione ritmica e l’eclettismo vocale di Ojetti. Si ritorna a picchiare diretti per il congedo del brano, che si distorce fino alla fine lasciando posto al momento più deviato di “Paraphiliac”.
09. THE MISS TREATED (3.04)
Daniele: “Siamo stati ingaggiati da un noto produttore di snuff movies per scrivere la colonna sonora di un film ad alto contenuto erotico. Questa è stata la nostra proposta”.
Fin dal gioco di parole del titolo e dall’incipit con ritmiche da valzer, è possibile intuire come “The Miss Treated” vada ad occupare una posizione di disturbo nella tracklist del disco, una quasi-strumentale carica di divergenze e follie, che pare estratta da una jam improvvisata tra System Of A Down e Machine Head. Effetti e filtri vocali si rifanno alla perversione del titolo del lavoro, per un intermezzo lungo che non stona in confronto al restante materiale, ma che chiaramente è da valutare con maggiore goliardia.
10. PARAPHILIAS (4.26)
Daniele: “Dicevamo che non serve andare a 10.000 bpm. Ma nessuno ce lo vieta. Ed eccoci al brano più ferale, dove la melodia fa capo tra un blastbeat e l’altro, colorando i tetri refrain e il lungo sinistro finale. E il cerchio si chiude”.
La chiusura di “Paraphiliac” è affidata alla title-track al plurale “Paraphilias”, che riprende un po’ i connotati dei primi brani del platter, a metà strada tra il delirio puro di “Nervous System Failure” e gli ammiccamenti più ragionati di “Beholding The Unpure”. Le voci sono costantemente urlate, eppure mantengono alto il livello di anthemismo presente nel brano, che coinvolge per la sua immediata ricezione. Linee melodiche ancora una volta epiche e ridondanti colorano l’ennesimo afflato finale, che sfuma rapidamente in un silenzio davvero stranito, dopo tutto il clangore emanato dai nuovi Infernal Poetry, più potenti e consapevoli che mai.
Vedremo, all’alba di ascolti approfonditi, cosa ne ricaveremo in sede di recensione.