INFERNO FESTIVAL 2006: il ritorno degli Emperor!

Pubblicato il 17/05/2006

INTRODUZIONE

A cura di Claudio Giuliani
 
Il miglior festival di metallo estremo indoor del mondo è sicuramente questo Inferno Festival, giunto, nel 2006, alla settima edizione. Il bill della manifestazione è quest’anno sicuramente dominato dalla presenza degli Emperor, che tornano ad un full live set dopo ben sei anni dal loro split. Proprio i norvegesi sono quelli che hanno attirato fan da tutto il mondo qui ad Oslo. Non c’è che dire, il loro ritorno, anche se solamente in sede live (e forse è meglio cosi), è il vero e proprio evento metal dell’anno. Ma non mancano anche altre band di spessore, fra cui i mitici Cathedral ed i Bolt Thrower, che hanno calcato il suolo norvegese per la prima volta. Delle trenta band che si sono esibite al festival, circa il 70% suonava black metal. Non c’è niente da fare, il death metal in Norvegia non va tanto e tutti quelli che si sono scatenati quando sul palco c’erano i Dismember, o i Bolt Thrower, o gli Usurper, ma anche quando hanno chiuso il festival i Cathedral, erano per la maggior parte stranieri. Tantissimi questi ultimi. Il festival, organizzato perfettamente, ha accolto metalhead da tutte le parti del mondo, senza esclusione alcuna. La cosa bella è che in un hotel c’erano praticamente solo metallari: nello stesso era anche stata installata la base organizzativa del festival e anche molte band hanno alloggiato lì. Gli Emperor, per esempio, o i Cathedral. O gli Usurper, che, in pratica, hanno parlato e bevuto con tutti i fan alloggiati nell’albergo. Venendo al locale vero e proprio, bisogna ammettere come questo si presti benissimo a simili eventi. Il palco più piccolo, denominato “Jhon Dee”, è situato in un piccolo pub, in realtà, nel quale ci si può sedere e bere. I suoni qui sotto (ci si trova al piano terra) sono anche ottimi. Veramente nulla da eccepire. Poi si sale e si arriva nella hall vera e propria, la Rockfeller Hall, capace di contenere almeno millecinquecento persone su tre livelli. Infatti, è possibile salire al primo piano e gustarsi il concerto da seduti e si può salire ulteriormente per vedere ilconcerto di lato. Tutto perfetto quindi, suoni ottimi e potenti per tutte le band e puntualità che ha rasentato la perfezione.

13 APRILE

IMBALANCE
 
Tocca ai norvegesi Imbalance aprire l’Inferno festival 2006. Mezz’ora di thrash death metal molto potente. Gli ottimi suoni del palco Jhon Dee favoriscono la proposta del quartetto, che non manca di coinvolgere i presenti, scatenando un headbanging fra coloro che, assetati di musica, assediano il piccolo stage. Una prova onesta per una band tutto sommato sufficiente.
 
 
SAHG
 
La band norvegese, che fra poco rilascerà il suo primo album chiamato “Sahg I”, ha già un buon seguito qui in terra madre e ha all’attivo diversi concerti. La loro (bellissima) musica è un concentrato di stoner rock e doom. Tutto ovviamente con ritmi lenti, su cui spicca la bellissima voce del cantante. Una band che farà parlare di sé inevitabilmente: a testimonianza di ciò lo stage preso d’assalto durante la loro prova. Da seguire con attenzione.
 
 
KEEP OF KALESSIN
 
L’apertura del Rockfeller Stage tocca ai quattro norvegesi che riempiono immediatamente la grande sala. Un’intro da brividi accoglie i cinque musicisti che partono subito con “The Black Uncharted”, terzo brano del loro nuovo album “Armada”, fuori da pochi giorni. Dallo stesso album sono state estratte la bella “Crown Of Kings” e la title track. I suoni della band sono buoni ed anche la potenza sprigionata in sede live. Il batterista picchia veloce e la folla accoglie calorosamente la sua esibizione. Il black metal dei nostri, risente però troppo dei suoni degli ultimi Mayhem ed in alcune parti sono troppe le similitudini che rimandano immediatamente ad un album immortale come “De Mystheris…”. Buona comunque la performance, chiusa con la bellissima “Come Damnation”. La band manca di originalità, ma di questi tempi si può anche soprassedere.
 
 
 
NIGHTRAGE
 
C’era grande attesa per vedere quale singer avrebbe calcato il palco con questa band greco-svedese. Alla comparsa di un baldo giovane rasato, molta è stata la delusione fra il pubblico. I pezzi ci sono, le ritmiche sono coinvolgenti, ma l’anonima voce del nuovo cantante non fa decollare le composizioni della band. Il brano d’apertura è stato come prevedibile il veloce “Being Nothing”, tratto dall’ultimo, bello, “Descent Into Chaos”. Dall’ultimo CD sono state proposte anche “Frozen”, “Phantasma”, “Poems” ed “Omen”. Convincente anche “The Tremor”, estratta dal debutto “Sweet Vengeance”. Peccato… buone musiche, ma con Tompa sarebbe stata tutta un’altra cosa.
 
 
 
KHOLD
 
La Rockfeller hall si riempie, ed è segno che qualcosa di grosso sta per accadere. Salgono sul palco i quattro norvegesi, con un make up originale, e sulle note di “Krek”, opener dell’ultimo album, comincia l’headbanging sfrenato sul loro black metal cadenzato ma potentissimo. Il basso è in primo piano e si sente benissimo, questo trademark della band piace tantissimo alla folla che si dimena forsennatamente sulle ritmiche. Si prosegue per un’ora con pezzi estratti da tutti i lavori della band: la gente strilla a squarciagola i testi norvegesi delle canzoni ed il coinvolgimento è alle stelle. I Khold dal vivo rendono di più che in studio e l’audience va in visibilio. “Krek”, “Blod Og Blek”, “Innestengt I Eikekiste” e “Byrde” i pezzi migliori della loro setlist. Veramente un’ottima prova… e l’applauso del pubblico alla fine del concerto ne è la miglior testimonianza. Convincenti.
 
 
CARPATHIAN FOREST
 
I veri headliner della serata sono sicuramente Nattefrost e compagni. Solo loro (insieme ai Khold) riescono a catturare completamente la folla, facendo roteare le teste dei fan assiepati in prima linea. La song d’apertura è, a sorpresa, “Suicide song” e questo già potrebbe dire tutto. La setlist del concerto è molto varia e pesca numerosi brani dal primo album. Ma i pezzi che riscuotono maggior successo sono i classici recenti: sotto le note di “Knokkelmann” o “Mask Of The Slave” la gente si scatena, ma l’apice viene toccato quando viene riproposta “He’s Turning Blue”. Qui l’headbanging è ai massimi livelli. Il pubblico norvegese è molto statico e quei pochi che si agitano, scatenandosi sulle note delle ottime thrash-black song dei cinque, sono stranieri. L’impatto live della band è comunque devastante e la gente alla fine si lamenta solo del poco tempo (poco meno di un’ora) concessole. Una prova tuttavia convincente, per una band che in sede live trasmette sicuramente il meglio di sé.
 
 
 
USURPER
 
Headliner della serata sono i cinque americani degli Usurper. La band è veterana della scena death-thrash della sua nazione e ha alle spalle ben sette album. Di certo tutti i membri del complesso sono di una disponibilità invidiabile e, ovviamente, grandissimi bevitori di birra (cominciavano a bere fin dal mattino in hotel e finivano a tarda notte). Il leader inoltre ci ha confidato che la Norvegia è la nazione dove vendono di più: questo spiega il perché della loro posizione in scaletta, la più importante. La prova dei nostri baldi giovani (giovani mica tanto) è stata ottima: il loro death-thrash dal vivo spacca di brutto, peccato però che la sala si svuoti con il passare del tempo. La stanchezza è tanta e all’una di notte, dopo sette ore di show, la gente prende la via di casa, trascurando gli americani. Che però – bisogna riconoscerlo – fanno la loro figura! Riff di chitarra taglienti e ritmiche ben portate assicurerebbero un buon coinvolgimento, il quale però latita. La gente acclama subito la loro hit sog “Kill For Metal”, tratta dal loro ultimo album “Cryptobeast”, song durante la quale il cantante non manca di cedere il microfono ai fan. “Bones Of My Enemies” e “Reptilian”, ma anche la stessa “Cryptobeast”, sono però gli episodi più coinvolgenti della setlist. Alla fine tornano persino per il bis e concedono altre due canzoni quando sono le due passate e la Rockfeller Hall si è completamente svuotata! Finisce la prima giornata, il black metal l’ha fatta da padrone, e sarà sempre cosi qui al festival.
 

14 APRILE

SYSTEM OBSCURE
 
Tocca ai System Obscure aprire la seconda giornata del festival sul palco principale. Una band nuova nella cui line up spicca la presenza di Tony Laureano (ex drummer di Angelcorpse e Nile), che ora si cimenta anche nel black metal. La loro proposta musicale (non hanno ancora rilasciato nessun CD) è un black metal farcito di tastiere futuristiche, sparato a velocità folli. Il suono non era un granché ma neanche la proposta musicale del combo, che è filata via senza che nessuno si esaltasse più di tanto. Da segnalare soltanto la capigliatura del cantante, veramente di alto livello!
 
 
SUSPERIA
 
La boy band norvegese non ha le idee chiare. Partiti come un combo black dalle forti venature thrash, hanno cambiato il proprio stile in funzione di quello che forse trovava miglior riscontro sul mercato. Ora il gruppo  (che, peraltro, ha trovato seguito fra i norvegesi presenti, molto legati alle formazioni connazionali) agisce come una vera e propria band di rockstar, con la voce potente del cantante che condisce canzoncine che con il metal estremo hanno poco a che fare. Ritmiche thrash con un cantato pulito e melodico generano un mix per chi scrive difficile da digerire… ma che evidentemente piace. I vecchi (e buoni) Susperia sono andati, ora ci sono questi, che puntano a diventare la next big thing. Senza speranza, per il sottoscritto.
 
 
DISMEMBER
 
Il vecchio Euronymous li definiva (insieme agli Entombed) live metal. Basterebbe aggiungere la parola death alla definizione e saremmo a posto. Death metal granitico, con i fantastici suoni che conosciamo, con le chitarre più taglienti del genere e il minimalista ma potentissimo drumming di Fred Estby… unitamente alla voce di Matt Karki. Questa la ricetta di una prestazione di prim’ordine… un’ora di puro death metal. “Casket Garden”, “Where Ironcrosses Grow”, “Skin Her Alive” e “Dreaming In Red” le hit del concerto. Potentissime, hanno scatenato un headbanging sfrenato per una band che esprime sul palco il meglio di sé e che, dal piacere e dal divertimento di suonare dei suoi membri, veramente palpabile in sede live, trae la sua carica bestiale. La performance ha esaltato i pochi devoti del death metal presenti ma è riuscita anche a radunare la folla delle grandi occasioni nella sala principale della Rockfeller Hall. Devastanti.
 
 
 
 
BORKNAGAR
 
Pienone nella sala principale per questa band che ha fornito una prova eccellente. Il suonare di fronte ad un così folto pubblico deve aver probabilmente caricato i Borknagar: il sestetto norvegese ha infatti aperto con “The Genuine Pulse”, dal penultimo album “Empiricism”, un concerto che ha catturato l’audience come mai prima d’ora. La band ha trascurato l’ultimo album, l’ottimo, per chi scrive, “Epic”, dal quale ha estratto la bella “Future Reminescence” e niente più. Il concerto è quindi proseguito con la bellissima “Gods Of My world” e con “The Black Canvas”, per poi riscoprire il bellissimo “The Olden Domain”, con “The Eye Of Odin”. L’apice dello show è però stato raggiunto con “Ad Noctum” e con “Oceans Rise”, dal fantastico album “The Archaic Course”. La band ha fornito una grande prova perché grande è la qualità dei musicisti coinvolti, fra cui spicca il bassista K. Kie Lie, un autentico mostro (suona senza tasti sul basso). Anche Vintersorg ha fornito un’ottima prestazione, dimostrandosi singer comleto e poliedrico. Ha interpretato tutte le canzoni della discografia della band norvegese senza far rimpiangere i suoi (illustrissimi) predecessori. Unico appunto, l’abbigliamento un po’ da rockstar che ha rimandato ai Susperia. Ma qui, fortunatamente, a livello musicale si faceva sul serio.
 
 
 
EMPEROR
 
L’attesa era quella del grande evento. Gente accalcata sulle transenne in attesa del concerto dell’anno in ambito metal: gli Emperor che, riformatisi, esordiscono di nuovo in sede live di fronte al pubblico di Oslo. Quando si apre il tendone troviamo i cinque (oltre a Trym, Samoth e Ihsahn, c’erano Charmand Grimolochs dei Tartaros alle tastiere più il cantante degli Zyklon al basso) immobili sulle note dell’intro di “In The Nightside Eclipse”. Tutti sanno quello che sta per accadere. All’improvviso si accendono quattro fuochi e parte “Into The Infinity Of Thoughts”, accolta da una folla in delirio. I suoni sono perfetti, potenti, la malignità della canzone annichilisce il pubblico. La song sfuma sulle note di “Cosmic Keys To My Creation & Times”, altra song memorabile estratta dallo storico split con gli Enslaved. La band ha voglia di suonare e non lesina energie mentre i suoi fan si accalcano nelle prime file costringendo la sicurezza a portare aiuto, cosa mai vista fino ad ora in questa edizione del festival. La scaletta del gruppo rasenta la perfezione, incentrandosi prevalentemente su “Anthems…” e sul succitato “In The Nightside Eclipse”. “The Loss And Curse Of Reverence” arriva immediatamente dopo la bella “An Elegy of Icarus”, ma viene riproposta dal vivo anche la fantastica “The Majesty Of The Nightsky”, che delizia più che mai i presenti in quanto, per ammissione dello stesso Ishan, non veniva suonata da diversi anni in sede live. Il coro finale di “Thus Spake The Night Spirit” viene cantato a squarciagola dei presenti, prima di arrivare alla fine con “Inno a Satana” e con “In the Wordless Chambers”, unica canzone estratta dall’album “Prometheus”. Buono anche l’impatto di quest’ultima song, che la gente ha dimostrato di gradire, anche se, obiettivamente, non regge il confronto con il materiale più datato della band norvegese. Lo show dunque finisce, e gli Emperor se ne vanno. Ma il bis finale ci propone quello che tutti aspettavano. “I Am The Black Wizards” e “Ye Entraceperium”, eseguite in maniera prfetta, scrivevano la parola ‘fine’ su uno show che ha mandato in estasi la maggior parte dei presenti. Per chi scrive, si è trattato della seconda volta, a distanza di anni. Per coloro che erano alla prima volta, gli unici commenti erano il silenzio, la contemplazione, il rapimento dei sensi. Aggiungere qualsiasi altra parola sminuirebbe l’entità vista all’opera sul palco. E’ un’esperienza da vivere, quindi appuntamento al Wacken Open Air: il black metal definitivo è tornato.
 
 
 

15 APRILE

THE LEGION
 
La black metal band svedese fondata dal drummer dei Marduk Emil Dragutinovic ha proposto una mezz’ora di black metal veloce, proprio sulla falsariga della formazione guidata da Morgan Hakansson. Sono stati estratti brani da entrambi i lavori pubblicati: maggiormente death e più efficaci (ma anche più belli) i pezzi del primo album, ma buoni anche gli estratti dall’ultimo “Revocation”, “Horror Vacui” su tutte. Onesti mestieranti del black metal veloce, ma niente di più.
 
 
DISIPLIN
 
Aprono la giornata sul palco principale i Disiplin, band italo-norvegese. La proposta del combo è un black non velocissimo e soprattutto non troppo rozzo, ma comunque d’impatto e con forti influenze thrash. Il sound è ben prodotto ma, allo stesso tempo, strizza l’occhio al vecchio raw black metal. I nostri hanno proposto brani da entrambi gli album pubblicati, toccando l’apice con l’esecuzione della thrashy “Orthodox Devil Worship”. C’è però da dire che, nei pezzi veloci, il batterista, il nostrano percussionista dei Fog, ha arrancato un po’. Una prova tuttavia molto seguita dalla folla della Rockfeller hall, avida di black metal.
 
 
MYRKSKOG
 
Il death metal del combo norvegese non attecchisce in Norvegia. Se il primo album era più coinvolgente per via delle numerose partiture black metal, oggi i tre norvegesi sembrano una copia dei Morbid Angel e, soprattutto, degli Hate Eternal. Canzoni che filano via tutte uguali con i tempi di batteria velocissimi e la voce cavernosa del singer. Oltretutto il death metal, proprio come genere, non ha seguito da queste parti, potete quindi ben comprendere il risultato finale della live performance dei nostri. Una band che ha perso la propria personalità rispetto agli esordi: brava tecnicamente, ma la cui proposta non regge il confronto con quella di chi di death metal ci vive da anni.
 
 
FACE DOWN
 
Tornato alla base dopo l’esperienza con i The Haunted, Marko Aro ha ripreso a devastare i palchi europei con questa band che ha tutte le carte in regola per scatenare un feroce headbanging. E anche qui, nella sala Jhon Dee, ha amntenuto le promesse. La band ha di recente ulteriormente virato verso lidi thrash, anche se è rimasto nelle loro composizioni quel tocco hardcore che dal vivo produce sfracelli. Nel festival del black metal, una mezz’ora di puro massacro nel pit ci voleva proprio. Ottima prova dei quattro svedesi di Stoccolma.
 
 
WITCHCRAFT
 
Be’, quando sul palco principale si susseguono artisti come Myrkskog, Disiplin (solo per restare al sabato, ma ne ce sarebbero molti altri), e questa band riesce comunque a fare il pienone sul palco del Jhon Dee, allora significa che merita attenzione. Se poi consideriamo che sua maestà Lee Dorrian ed anche il suo bassista hanno assistito alla prova dei Witchcraft fino a dieci minuti prima di iniziare il proprio show con i Cathedral, allora si capisce che questi ragazzi hanno stoffa. Un tuffo negli anni Settanta. Black Sabbath, Led Zeppelin e Pentagram, queste le influenze della band, che trovano riscontro nei bellissimi brani, tutti estratti dai loro due lavori. Entusiasmo alle stelle per una formazione che ha stra-convinto e, per quaranta minuti abbondanti, ha fatto dimenticare black metal, death metal e quant’altro. Tutto nacque qui, d’altronde.
 
 
 
BOLT THROWER
 
La prima volta degli inglesi in Norvegia si tramuta in trionfo. Il tripudio riservato alla band è stato di quelli che non si dimenticano. L’inizio dello show ha lasciato subito il segno: “At First Light”, seguita da “Entreched”… un uno-due micidiale che ha scatenato i presenti. In Italia il pit sarebbe stato assolutamente devastante, qui la gente gradisce ma non si muove più di tanto, tranne gli stranieri. Comunque, il quintetto ha poi sciorinato i classici del repertorio: la richiestissima “Cenotaph”, seguita da “The IVth crusade”, “For Victory” – il cui break centrale ha mandato in estasi i fan – e la stupenda “Mercenary”. Quaranta minuti di concerto appena, salvo poi tornare sullo stage per il bis finale con “The Cannon Fades”, estratta dall’ultimo, ottimo, “Those Once Loyal”. Gli inglesi hanno avuto dei suoni perfetti, su tutti la chitarra che scolpiva riff coadiuvata da un drumming di una incisività martellante. Potenza pura… e poi tutti al bar a bere birra con Karl Willets, disponibilissimo.
 
 
 
 
MARDUK
 
Risorti a nuova vita dopo il cambio del vocalist, gli svedesi, alfieri del black metal tutto blast beat, hanno fornito la solita, buona prova. Tutti conoscono la potenza che sprigiona la band in sede live: la setlist questa volta ha proposto anche vecchi brani come “Wolves” e “The Black”, mentre dall’ultimo lavoro sono state eseguite “Seven Angels Seven Trumpets”, “The Hangman of Prague” (brano d’apertura) e “Throne Of Rats”. Perfette le esecuzioni di “Slay The Nazarene”, da “Nightwing” e di “Panzer Division Marduk”, mentre, ahinoi, sono mancate canzoni da “Heaven Shall Burn…” e dal classico “Opus Nocturne”, il masterpiece della band, per quanto ci riguarda.
 
 
 
CATHEDRAL
 
I dominatori della giornata assieme ai Bolt Thrower. Un Lee Dorrian in gran forma ha tenuto il palco per un’ora e venti minuti proponendo i classici della band, una vera istituzione in ambito doom. Due brani estratti da “Forest of Equilibrium”, il capolavoro della band, ma ottime anche le esecuzioni live dei pezzi dal nuovo, bellissimo album. “The Tree Of Lifes And Death”, la lunghissima “The Garden” (comunque tagliata) e poi ancora le fantastiche “North Berwick Witch Trials” e “Corpsecycle”, vero inno della serata grazie al suo coro cantato a squarciagola dai presenti. Le prime file del pit erano preda dei fan incalliti della band, tra cui molti inglesi e anche molta gente in età avanzata, a testimoniare l’importanza storica dei quattro. Il loro groove è un elemento che dal vivo viene accentuato ancora di più rispetto agli studio album: ottimo in tal senso il lavoro del chitarrista, sulle cui note l’ex Napalm Death Dorrian si dimena usando alla perfezione tutto il suo corpo. Veramente una gran prova per questa band, che ha fatto proseliti: da headliner, ha chiuso l’edizione del festival e ha esaltato sia i supporter che i numerosissimi black metaller norvegesi, i quali hanno avuto modo di gustarsi un pezzo di storia del metal.
 
 

EMPEROR: LA CONFERENZA STAMPA

 
Il giorno dopo la gente ancora deve realizzare l’accaduto. E forse non è detto che lo realizzerà tanto presto. Gli Emperor hanno tenuto uno show assolutamente strabiliante, che ha annichilito i più e li ha eretti d’ufficio trionfatori dell’Inferno Festival 2006. Il silenzio, quel vuoto di parole alla fine del concerto dei norvegesi vale più di tutti gli aggettivi che non renderebbero pienamente la descrizione di quell’amalgama di suoni che riesce a rapire i sensi dei presenti. Una conferenza stampa con i tre al completo, con tanto di introspezione, chiarisce il futuro degli Emperor e svela qualche dettaglio in più sul passato, visto ora con un occhio diverso e quindi magari ancora più obiettivo. La parola quindi ai tre imperatori nel loro “into the infinity of thoughts”.
 
 

 
 
 
IL PRESENTE
 
 
ALLORA, COM’È STATO IL RITROVARSI ON STAGE?
Ihsahn: “E’ stato un grande piacere, eravamo veramente contenti di essere sul palco. Abbiamo avuto un grande responso dalla folla, ci teniamo quindi a ringraziare tutti quelli che hanno partecipato, sappiamo che provenivano da tutte le parti del mondo. Grazie veramente”.
 
 
CIRCA UN ANNO FA AVEVATE GIÀ SUONATO TRE CANZONI ALLA FESTA PER L’ANNIVERSARIO DI SCREAM MAGAZINE, IERI È STATO DIVERSO? AVETE PROVATO QUALCOSA DI DIVERSO PER QUESTO SHOW INTERO? Ihsahn: “Personalmente è stato molto più soddisfacente, lì abbiamo suonato solo tre canzoni”.
Samoth: “Sì, avevamo finito prima ancora di cominciare (risate, ndR)!”.
 
DA QUANTO TEMPO AVEVATE COMINCIATO A RIPROVARE IN VISTA DI QUESTI APPUNTAMENTI LIVE?
Samoth: “Abbiamo iniziato all’inizio di quest’anno”.
Ihsahn: “Sì, ma molto lentamente, con tutta calma”.
 
 
E QUANTE PROVE AVETE EFFETTUATO QUESTA SETTIMANA?
Trym: “Tre volte”.
 
 
VI È PIACIUTO STARE ON STAGE?
Ihsahn: “Sì, ci è piaciuto, sappiamo di fare pochi concerti, quindi ci siamo concentrati per bene su questo aspetto della band e quindi è stato tutto più semplice”.
 
 
A PROPOSITO DELLA SETLIST, PERSONALMENTE L’HO TROVATA BEN BILANCIATA, RICCA DI QUELLO CHE LA GENTE VOLEVA VERAMENTE ASCOLTARE. COME L’AVETE CONCEPITA?
Samoth: “E’ stato un mix di quello che ci piace suonare e di quello che la gente vuole sentire. Bisogna trovare il giusto bilanciamento quando si prepara una setlist”.
 
 
PER LA PRIMA VOLTA LA GENTE HA POTUTO ASCOLTARE UNA SONG ESTRATTA DA “PROMETHEUS” LIVE (“IN THE WORDLESS CHAMBER”), È STATO SPECIALE?
Ihsahn: “Sì, come hai ricordato non abbiamo mai suonato materiale live da ‘Prometheus’, è stato piacevole”.
 
 
A PROPOSITO DEL RITORNO SUL PALCO, C’È STATA QUALCHE DIFFICOLTÀ?
Ihsahn: “Be’, qui avevamo già suonato nel 2000: all’inizio pensavo di essere più nervoso, ma poi con il passare del tempo tutto è divenuto più facile. E’ stato quasi come ritrovarsi nel nostro ultimo tour nel 1999. Tutti eravamo ben concentrati su questo show. E’ stato facile”.
 
 
UNA DOMANDA PER I DUE MEMBRI DEGLI ZYKLON: PER VOI È STATO UN LIVE SHOW COME GLI ALTRI O DECISAMENTE QUALCOSA DI SPECIALE?
Samoth: “E’ stato decisamente qualcosa di speciale, assolutamente non come un classico Zyklon show. E’ stato un concerto assai più grande, con una setlist più lunga, delle aspettative molto più grandi da parte dei fan”.
Trym: “Definitely something special!”.
 
 
QUANDO AVETE COMINCIATO A PARLARE DI UNA REUNION?
Ihsahn: “Circa due anni fa abbiamo iniziato a parlarne… parlavamo di suonare qualche data insieme se non ricordo male”.
 
 
LA DOMANDA RIMANE: PERCHÉ ORA?
Samoth: “Perché no?”.
Ihsahn: “La cosa si è sviluppata molto lentamente, ne abbiamo parlato ma il tutto non si è concretizzato finché non siamo stati pronti. Tutti sappiamo che ci sono delle tristi reunion e delle cool reunion… be’, noi volevamo essere parte di questa ultima categoria”.
 
 
UNA DOMANDA UN PO’ SCOMODA, MA MOLTI SI CHIEDONO SE CI SONO DELLE RAGIONI COMMERCIALI DIETRO QUESTO COME BACK…
Ihsahn: “Non abbiamo fondato gli Emperor per i soldi, il nostro ritorno è dovuto alla voglia di suonare ancora insieme e di far fronte alla domanda pubblica dei nostri fan”.
 
 
ED ORA COME VI REGOLERETE? LA DOMANDA PER I VOSTRI SHOW È OVVIAMENTE GIGANTESCA…
Ihsahn: “Siamo contenti di quello che abbiamo fatto fino ad ora e non vogliamo fare niente di cui pentirci poi, quindi per ora stiamo bene così”.
 
 
IL FUTURO
 
 
SUBITO UNA RISPOSTA ALLA DOMANDA CHE TUTTI SI PONGONO: CI SARÀ UN ALTRO CD DEGLI EMPEROR?
Trym: “No!”
Samoth: “Yes (risate, ndR)!”.
Ihsahn: “So bene che avevo detto che non ci sarebbe stato un altro live show degli Emperor ed invece eccoci qui il giorno dopo, quindi mai dire mai. Comunque adesso non sappiamo quello che accadrà, ma per fare un altro album dovremmo sentirci veramente forti, per scrivere del buon materiale. Per ora siamo contenti di essere di nuovo insieme e di quel che stiamo facendo. Noi siamo stati sempre una band ‘no compromise’, non abbiamo fatto mai nulla per compiacere l’opinione pubblica o per fattori commerciali. E anche per questo siamo contenti della posizione che abbiamo”.
 
 
QUANDO VI SIETE SCIOLTI, STAVATE PER DIVENTARE UNA GRANDE BAND. L’IMPORTANZA ED IL PENSIERO DELL’OPINIONE PUBBLICA VI HA INFLUENZATO IN PASSATO O VI INFLUENZA ORA?
Ihsahn: “No! Apprezziamo l’entusiasmo se questo è il messaggio che ci arriva. Ma per il resto non scendiamo a compromessi, è stato sempre così”.
 
 
IL PASSATO
 
 
COME È NATO IL PROGETTO EMPEROR?
Samoth: “E’ stata una mia idea, credo corresse l’anno 1991, volevo suonare qualcosa di più estremo rispetto al death metal tecnico che suonavo con i Thou Shalt Suffer. Volevo suonare qualcosa di più puro, sulla scia dei Celtic Frost. Inizialmente Emperor era inteso come una side project band ma poi le cose si sono evolute in maniera diversa”.
Ihsahn: “Io e Samoth abbiamo iniziato a suonare insieme quando avevamo tredici anni, suonando heavy metal, poi andando sul thrash e poi sul death metal con i Thou Shalt Suffer e poi con gli Emperor”.
 
 
ANALIZZIAMO ORA LA VOSTRA DISCOGRAFIA, ANNI DOPO. PARIAMO DAL DEMO “WRATH OF THE TYRANT”, È STATA LA PRIMA COSA CHE AVETE TIRATO FUORI…
Ihsahn: “Registrammo il demo con un otto tracce”.
Samoth: “Quattro!”.
Ihsahn: “Sì, esatto, scusami (risate, ndR)! Con un quattro tracce di cui una traccia per la batteria, una per il basso, una per la chitarra, mentre le voci sono state registrate tutte live in una sola volta, con tre persone intorno a noi che reggevano dei microfoni. Quante risate. C’è un po’ di magia in quel demo, nonostante il suono non sia molto buono”.
 
 
E SUBITO DOPO AVETE REALIZZATO UN FULL-LENGTH ALBUM… MOLTO PRESTO RISPETTO AD ALTRE BAND. A VOI È CAPITATA SUBITO L’OPPORTUNITÀ DI FIRMARE UN CONTRATTO…
Ihsahn: “A quel tempo eravamo una delle prime band ad aver firmato con la Candlelight, per il CD split con gli Enslaved. All’epoca eravamo già contenti del fatto di riuscire a registrare un CD: noi eravamo nel circuito del tape trading, quello di registrare lo split fu un bel traguardo. Secondo me non fu affrettato, tutto avvenne gradualmente. Facevamo circolare dei demo all’epoca e poi vendemmo un migliaio di copie con il lavoro dei Thou Shalt Suffer. Credo quindi che all’epoca non facemmo un passo più lungo di quello che potevamo permetterci”.
 
 
A PROPOSITO DELLO SPLIT CON GLI ENSLAVED, COME NACQUE LA COSA? ERAVATE IN CONTATTO CON LORO OPPURE FU L’ETICHETTA AD “ORDINARE” QUELLO SPLIT CD?
Ihsahn: “Conoscevamo Ivan e Bjorn da quando avevamo tredici anni… una volta facemmo ubriacare Samoth, lui aveva solo dodici anni (risate generali, ndR)! Ci conoscevamo tutti fra musicisti: noi, gli Immortal, gli Old Funeral…”.
 
 
PENSATE CHE QUESTO FATTO DI ESSERE COSÌ LEGATI COME BAND SIA UNO DEI SEGRETI DELLA SCENA NORWEGIAN BLACK METAL?
Samoth: “Sì, è questo!”.
Ihsahn: “Non c’era un vero segreto dietro al norwegian black metal. All’epoca per noi fu molto semplice, noi non avevamo niente da copiare, perché all’epoca non c’era nulla da copiare. Volevamo soltanto fare del nostro meglio, questa era la nostra ispirazione. Abbiamo seguito l’istinto, penso che molte di quelle band nostre contemporanee abbiano fatto come noi, seguendo l’istinto. Anche noi però abbiamo avuto le nostre influenze, chiaramente. Siamo cresciuti ascoltando Dio, Twisted Sister, Iron Maiden, Wasp, Judas Priest…”.
 
 
POI VENNE “IN THE NIGHTSIDE ECLIPSE”. QUANDO USCÌ SI TRATTAVA DI QUALCOSA DI DIFFERENTE E SCAVÒ UN SOLCO FRA VOI E LE ALTRE BAND. NOTASTE QUESTO ALL’EPOCA?
Ihsahn: “Non a quel tempo. Ma successivamente ci rendemmo conto dell’importanza delle tastiere nel nostro sound, ad esempio. Noi usavamo delle ‘happy keyboards’ nei Thou Shalt Suffer, ma negli Emperor erano totalmente diverse e questo contribuì a differenziarci dagli altri”.
 
 
QUANDO USCÌ, “IN THE NIGHTSIDE ECLIPSE” EBBE UN GRANDE IMPATTO SULLA STAMPA, CI FURONO POI DEI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ PER LA BAND, NON TUTTI VOI ERAVATE NELLA CONDIZIONE DI SUONARE (IN MERITO ALL’INCARCERAZIONE DI SAMOTH)…
(Samoth e gli altri ridono, ndR)
Ihsahn: “Non abbiamo mai visto questo evento come un problema per la band”.
Samoth: “Anzi, io direi che ha dato forza alla band, ci ha costretti a lavorare ancor più duramente”.
Ihsahn: “Sì, esattamente. E’ stato un altro grande passo, ci ha complicato le cose e ci ha generato tanta rabbia, rabbia che poi abbiamo riversato su ‘Anthems…’, che è decisamente il nostro album più aggressivo”.
 
 
UNA DOMANDA PER TRYM: COME SEI ENTRATO NEGLI EMPEROR?
Trym: “Ihsahn mi ha chiamato – avevo da poco lasciato gli Enslaved dopo un tour in USA e nel Messico – e mi dice: ‘Ti va di suonare la batteria oggi?'”.
Samoth: “Oggi? Ora (risate, ndR)!”.
Trym: “Sì! Io già conoscevo i ragazzi da tempo e quindi sono stato contento di entrare nella band e suonare quel tipo di musica. Tutti eravamo sullo stesso livello quindi in definitiva è stata una buona decisione quella di entrare nella band”.
 
 
POI VENNE “ANTHEMS TO THE WELKIN AT DUSK”…
Ihsahn: “Credo che abbiamo trovato la nostra espressione musicale su ‘Anthems…’, ci fu un nuovo sviluppo per il processo di registrazione dell’album. Penso che ‘Anthems…’ dimostri che noi all’epoca diventammo una vera band sia a livello lirico che musicale”.
 
 
IL PASSO SUCCESSIVO NELLA VOSTRA CARRIERA FU UN CAMBIAMENTO DI STILE, FORSE SAMOTH PUÒ SPIEGARCELO. COSA È ACCADUTO CON “IX EQUILIBRIUM”?
Samoth: “Beh, fu una svolta progressiva. Aggiungemmo elementi nuovi al nostro sound, soprattutto di stampo death metal… all’epoca andava molto. Fu l’ennesimo passo in avanti”.
 
 
MA A PROPOSITO DI QUESTO CAMBIO DI STILE, AVESTE DISCUSSIONI PER PIANIFICARLO OPPURE AVVENNE NATURALMENTE?
Samoth: “Tutto naturalmente”.
Ihsahn: “‘IX Equilibrium” era molto duro, ed anche profondo in una certa maniera. Non fu pianificato per essere così, è stato l’ennesimo passo in avanti per la band. L’album suonava molto più live”.
 
 
LAVORASTE INSIEME ALL’ALBUM?
Samoth: “Sì”.
 
 
DI LÌ IN POI LE COSE CAMBIANO ANCORA CON “PROMETHEUS”, COMPOSTO INTERAMENTE DA IHSAHN…
Ihsahn: “Dopo ‘IX Equilibrium’ realizzammo che i nostri percorsi musicali stavano andando in due direzioni diverse. Prima ancora di iniziare la registrazione dell’album decidemmo che sarebbe stato la fine degli Emperor”.
Samoth:” All’epoca iniziai a lavorare sul primo album degli Zyklon, ed ero più concentrato su quell’album rispetto agli Emperor. Con gli Zyklon noi volevamo suonare metal estremo e suonare soprattuto live”.
Ihsahn: “Io invece ero più concentrato sulla vena progressive in studio mentre loro volevano roba più aggressiva, principalmente musica più adatta ad essere proposta in sede live”.
 
 
PECCATUM DIVENTÒ L’ALTERNATIVA AGLI EMPEROR?
Ihsahn: “Il mio lavoro con Peccatum è stato un’ulteriore dimostrazione del mio modo di pensare musicalmente. Quello che mi ha portato lì è giusto la mia passione per la musica. Sono stato un privilegiato per il fatto di stare nel mondo della musica. Con quel progetto poi potevo realizzare delle composizioni complicate, con tastiere diverse”.
 
 
PARLANDO DI COMPOSIZIONI DIFFICILI, “PROMETHEUS” È UN ALBUM PER ME SOTTOVALUTATO, È MOLTO COMPLICATO MA È ANCORA MOLTO EMPEROR. COSA NE PENSAVATE DOPO AVERLO FINITO, PENSANDO ANCHE AL MATERIALE COMPOSTO IN PRECEDENZA?
Ihsahn: “Per me l’album è stato il passo successivo, il più naturale. Però credo che sia naturale che la gente abbia avuto difficoltà ad immergersi dentro quel lavoro: l’album è molto complesso e riflette gli Emperor di allora”.
 
 
LE VOSTRE CARRIERE PROSEGUIRONO IN MODI DIVERSI: CON I PECCATUM PER IHSAHN MENTRE GLI ALTRI ANDARONO AVANTI CON GLI ZYKLON. ADESSO, IHSAHN, CON IL TUO ALBUM SOLISTA “THE ADVERSARY” TROVIAMO UN PO’ DI “PROMETHEUS” MA ANCHE UN PO’ DI EMPEROR…
Ihsahn: “E’ la continuazione del mio cammino musicale. Ovviamente è influenzato dal lavoro degli Emperor e dalle metal band che io ascolto. Non è altro che la materializzazione dei feeling nostalgici che ho nella mia mente. Non sto cercando di creare un qualcosa di totalmente nuovo, ma di rimanere negli stretti dettami di un heavy metal album”.
 
 
SAMOTH, NEL NUOVO ALBUM DEGLI ZYKLON, MOLTA GENTE TROVA MOLTI ELEMENTI EMPEROR. CHE NE PENSI?
Samoth: “Sì, è un po’ più Emperor, più complicato rispetto ai primi, ci sono elementi più complessi”.
Trym: “Il nuovo album degli Zyklon è un po’ più epico, ma non è tanto distante dalle classiche composizioni della nostra band”.
Ihsahn: “Ci sono molte differenze fra il mio solo album e il loro album. Comunque siamo molto contenti di quello che stiamo facendo entrambi. Siamo contenti di essere qui per divertirci con la nostra roba vecchia. E tutto questo grazie a tutti i nostri fan, che ringraziamo ancora. Grazie!”.

GORGOROTH: QUATTRO CHIACCHIERE CON INFERNUS…

 
Prima che la seconda giornata dell’Inferno Festival avesse inizio, abbiamo presenziato alla prelistening del nuovo album dei norvegesi Gorgoroth. “Ad Majorem Sathanas Gloriam”, questo il titolo del nuovo album, suona eccezionalmente bene. Ennesima prova di come il black metal norvegese goda di ottime salute. Le band-chiave hanno rilasciato (o rilasceranno nel corso dell’anno) degli ottimi album, specie Satyricon e Darkthrone nonché Keep Of Kalessin. A questi si aggiunge anche l’ottimo album dei Vreid (anch’esso molto valido), quindi non potevano non mancare anche loro, i Gorgoroth, band storica che non pochi problemi ha avuto con il suo black metal. Infernus, incontrato durante la listening session, ha risposto (molto brevemente) a qualche nostra domanda.
 
 
 
PARTIAMO DAL NUOVO ALBUM, ANCHE SE PRIVO DI MIXAGGIO, MUSICALMENTE SUONA MOLTO BENE, QUANDO SARÀ DISPONIBILE?
“Sarà rilasciato il 19 giugno”.
 
 
PER QUANTO RIGUARDA IL TITOLO SIETE DI NUOVO TORNATI AL LATINO, “AD MAJOREM SATHANAS GLORIAM”. COME MAI QUESTA SCELTA?
“Be’, il titolo dell’album fa capire che chiaramente siamo dei servitori di Satana nella metal music, rende inoltre bene l’idea che l’album è un onore a Satana”.
 
 
E LA SCELTA DI TORNARE AL LATINO PENSI CHE SIA UNA VIA PER ANDARE CONTRO LA CHIESA?
“No, non c’è questo significato dietro la nostra scelta, è più che altro una ragione estetica”.
 
 
IL NUOVO ALBUM SI ASSESTA MUSICALMENTE SUI CLASSICI OTTIMI LIVELLI DELLE COMPOSIZIONI DELLA BAND… E COSA CI DICI A LIVELLO LIRICO? AVETE TRATTATO LE SOLITE TEMATICHE?
“Non posso dirti nulla al riguardo. E’ il cantante che scrive i testi e non posso parlare a suo nome, quindi”.
 
 
AVETE AVUTO DIFFICOLTÀ NELLE REGISTRAZIONI DELL’ALBUM O NEL PROCESSO DI SCRITTURA DELLE CANZONI PER VIA DI ALCUNI “PROBLEMI” CON LA GIUSTIZIA (IL CANTANTE È USCITO DA POCO DI GALERA)?
“No, dopo il rilascio del cantante abbiamo lavorato duramente sul nuovo album, quindi l’influenza di questi problemi è stata minima”.
 
 
PER QUALE ETICHETTA USCIRÀ?
“Regain Records”.
 
 
COME VI TROVATE CON QUESTA LABEL?
“Abbiamo firmato un anno fa, non sapevamo come lavoravano. La firma del contratto stata quindi data un po’ al buio. Ora posso dirti che ci piace come lavorano ed abbiamo un ottimo rapporto comunicativo, quindi le cose vanno bene”.
 
 
LA VOSTRA EX LABEL, LA SEASON OF MIST HA DA POCO RILASCIATO LE RE-RELEASE DEI VOSTRI VECCHI ALBUM, HAI DA DIRE QUALCOSA AL RIGUARDO?
“Sono pubblicazioni ufficiali, quindi tutto ok”.
 
 
CI SARÀ UN TOUR CHE SEGUIRÀ IL NUOVO ALBUM?
“Non lo sappiamo ancora”.
 
 
QUAL È IL TUO PUNTO DI VISTA SULLA CONFERENZA CHE MEDIA, ARTISTI ED ETICHETTE HANNO ORGANIZZATO IN QUESTI GIORNI IN MERITO ALLA PROMOZIONE DELLE BAND NORVEGESI AD ALTO LIVELLO? SI CERCA DI FAR DIVENTARE UNA BAND DI QUESTA TERRA UN ACT INTERNAZIONALE.
“Io neanche sapevo di questa conferenza, comunque anche se io sono coinvolto come musicista nella scena norvegese non mi sento parte di quest’ultima. Ho il mio pensiero e vado avanti con questo . Noi come band non ci sentiamo parte di una comunità norvegese, siamo solamente coinvolti nella musica e nel satanismo. Non ce ne frega nulla della scena norvegese. E non le auguriamo neanche buona fortuna”.
 
 
QUINDI NON HAI BISOGNO DI UNA BAND PER LA NORVEGIA CHE VENDA UN SACCO DI COPIE IN GIRO PER IL MONDO, COME INVECE SI STA CERCANDO DI FARE…
“Forse sì, forse no… non me ne frega nulla”.
 
 
COSA PENSI DELL’INTERESSE CHE C’È ANCORA ADESSO PER IL TUO GENERE DI MUSICA? L’ENTUSIASMO CON CUI MOLTI FAN ANCORA SONO DEVOTI AL VOSTRO GENERE DI MUSICA CHE ORAMAI È VECCHIO DI ANNI …È UN BEL TRAGUARDO, NON TROVI?
“Non mi sono mai considerato una parte del movimento underground, siamo cresciuti con la capacità di non vivere al di fuori di quello che ci piace di più, suonare, e diffondere il verbo di Satana nel mondo di oggi, I think that is good! Questo è quanto”.
 
 
E DEL PROGETTO ORCUSTUS (SIDE PROJECT NORVEGESE) COSA CI DICI? QUALCHE NOVITÀ?
“Stiamo cercando di programmare una sessione in studio per questa estate, ci stiamo provando, non sappiamo ancora se sarà possibile. Ne abbiamo parlato proprio ieri, cercheremo di entrare in studio prima di Natale per fare qualcosa”.
 
 
USCIRÀ PER SOUTHERN LORD SE NON VADO ERRATO, HAI AVUTO MODO DI ASCOLTARE LE ALTRE PRODUZIONI DELL’ETICHETTA?
“Sì, l’etichetta è giusta, ma non ho mai sentito nessuno della loro produzione però so che lavorano bene”.
 
 
COSA TI ASPETTI DAGLI ORCUSTUS?
“Di fare della buona musica. Non ho particolari traguardi”.
 
 
OVVIAMENTE I GORGOROTH SONO LA TUA MAIN BAND, MA GLI ORCUSTUS COME DOBBIAMO INQUADRARLI? COME UN SIDE PROJECT?
“No, è una full time band. Io suono il basso, ma non mi occupa mai tanto tempo come per i Gorgoroth, lì voglio solo partecipare a qualche registrazione”.
 
 
AVETE SUONATO A ROMA QUALCHE MESE FA, COSA PENSI DEL PUBBLICO ITALIANO E DEL SUO COMPORTAMENTO NEI CONCERTI, MOLTO PIÙ PASSIONALE RISPETTO ALLA FOLLA NORVEGESE?
“Non mi è piaciuto il comportamento del pubblico a Roma (concerto breve per via del divieto non rispettato di fare foto alla band durante il concerto, ndR), noi abbiamo regole molto ferree per quanto riguarda le foto e i filmati dal vivo, quindi quella è stata una brutta esperienza. Però sono stato a Roma come studente e posso dirti che la parte storica mi è piaciuta molto. La parte metal meno”.
 
 
QUANDO SUONATE DAL VIVO TI INFLUENZA IL COMPORTAMENTO CHE ADOTTA LA FOLLA… SE PARTECIPA O MENO, SE FA HEADBANGING, ECCETERA… ?
“Quando suono dal vivo non chiedo nessun headbanging e niente altro. Non posso descriverti quello che provo, è un atmosfera mistica, indescrivibile, non posso spiegarlo con le parole, è una cosa che si sente dentro, quindi quello che avviene nel pit non mi interessa proprio”.

ENSLAVED: QUATTRO CHIACCHIERE CON GRUTLE…

 
Il bello dei pub norvegesi come quello del Rock In (uno di quelli più in voga) è che puoi sorseggiare tranquillamente la tua birra (neanche troppo cara) e vedere entrare e bere bei pezzi della scena metal. Puoi quindi vedere Fenriz che tracanna birra, Infernus dei Gorgoroth che beve pure lui, oppure incontrare il vikingo Grutle Kjellson, mastermind degli Enslaved, alticcio già dal primo pomeriggio. Tra una birra e l’altra gli abbiamo fatto qualche domanda sia sul futuro – visto che il nuovo, bellissimo, album “Ruun” è alle porte – sia sul passato, in merito alla svolta stilistica della band. Usciamo dal pub e andiamo a fare l’intervista per strada, mentre Grutle fuma una sigaretta…
 
 
 
GRUTLE, LA NORVEGIA È TROPPO FREDDA!
“Fredda? Attualmente qui fa caldo!”.
 
 
PARTIAMO DAL PRESENTE. “RUUN” E’ ALLE PORTE, SUONA IN MANIERA FANTASTICA: DICCI LA TUA, OVVIAMENTE…
“Ovviamente è un buon album (ride, ndR). Questa volta sono soddisfatto per la produzione. Nei precedenti album era difficile separare in studio il suono del basso da quello delle chitarre, per una questione di frequenze. Questa volta, invece, si possono udire separatamente tutti gli strumenti. Abbiamo accordato più basse le chitarre ed ora suonano molto pulite. Merito anche dello studio : avevamo un’ottima scelta fra bassi e chitarre”.
 
 
IL PRODUTTORE HA AVUTO UNA QUALCHE INFLUENZA NEL MAKING UP DELL’ALBUM?
“L’album è stato prodotto da noi stessi. E questo suono è frutto nostro”.
 
 
COSA PENSI DEL SEMINARIO CHE SI SVOLGE IN QUESTI GIORNI AD OSLO IN MERITO A “COME PORTARE LA SCENA NORVEGESE AD UN ALTRO LIVELLO. COME TIRARE FUORI DALLA NORVEGIA I NUOVI SLAYER?”
“Bah, secondo me questa è tutta una roba di etichette. Personalmente non sono interessato, abbiamo sempre fatto musica per noi stessi e non per il mercato, anche perché noi cerchiamo di suonare la nostra musica preferita”.
 
 
NON HAI LA NECESSITÀ QUINDI DI AVERE, COME MUSICISTA NORVEGESE, UNA BAND QUI IN NORVEGIA CHE VENDA TANTE COPIE E CHE DIVENTI FAMOSA A LIVELLO MONDIALE?
“Be’, se riuscissimo a vendere tanto quanto una band di livello mondiale sarebbe bello, anche perché noi abbiamo tutti un lavoro, non viviamo di musica”.
 
 
QUAL È IL TUO LAVORO?
“Non posso avere un lavoro regolare perché comunque la band porta via del tempo, quindi lavoro part-time come postino (tutti alle poste, in Norvegia, ndR). Con la band non guadagniamo tanto, magari nei tour c’è qualche entrata in più”.
 
 
A PROPOSITO DI TOUR, CE NE SARÀ UNO PER “RUUN “?
“Sì, saremo in tour in Europa, credo per settembre-ottobre, lo stiamo pianificando in questo periodo”.
 
 
PASSERETE PER L’ITALIA?
“Non mi occupo più direttamente della scelta dei posti e delle date, una volta era così ma ora abbiamo chi lo fa per noi. We just play now (ride, ndR)!”.
 
 
PARLIAMO ORA DELLA VOSTRA MUSICA, C’È STATO OVVIAMENTE UN CAMBIO DI STILE. AVETE ASCOLTATO QUALCOSA IN PARTICOLARE PER ARRIVARE A CIÒ OPPURE IL PASSAGGIO ALLA “NEW ERA ENSLAVED”, SE POSSIAMO DEFINIRLA COSI, È AVVENUTO IN MANIERA DEL TUTTO NATURALE?
“Be’, non parlerei proprio di new era, il nostro cambio di stile, il nostro progresso musicale è avvenuto naturalmente, inconsciamente direi. Nessuno aveva pianificato questo. Indubbiamente i miei ascolti come King Crimson, vecchi Genesis, o Pink Floyd hanno agito nel mio inconscio. Succede tutto all’improvviso, ad un tratto, specie negli arrangiamenti, trovi le vie dei tuoi gusti musicali”.
 
 
HAI UN ALBUM PREFERITO DI QUESTA NUOVA ERA?
“(ride, ndR) Uhm, ripensando alla nostra discografia, non mi piace ‘Momunemsion’. Mi piace ‘Isa’, mi piace ‘Mardraum’, non mi piace ‘Frost’ (coooomeeeee?, ndR), mi piace ‘Eld’ e non mi piace ‘Bloodheimn’”.
 
 
SECONDO LA MIA OPINIONE QUELL’ALBUM (“BLOODHEIMN”) È PRIVO DEL MARCHIO ENSLAVED, A DIFFERENZA DEGLI ALTRI…
“L’album ha buoni riff, musicalmente è fantastico, però il suono non è buono, gli arrangiamenti sono stati fatti in fretta. Quindi non stiamo stati capaci di trasformare delle buone idee in un buon album. Colpa della fretta”.
 
 
QUINDI TI SERVE TEMPO PER FARE UN BUON ALBUM?
“Sì, decisamente. Per questo ‘Ruun’ c’è stata la pre-produzione, abbiamo lavorato molto in studio e ci siamo presi tutto il tempo necessario. Tutto è stato fatto nei tempi giusti. Addirittura ci siamo presi il doppio del tempo rispetto agli altri album”.
 
 
PARLANDO DI VIKING METAL, ANCHE SE PROBABILMENTE NON TI PIACE QUESTA ETICHETTA, LA TUA BAND ERA INDUBBIAMENTE LA BAND SEMINALE DEL GENERE. CREDI CHE ORA CI SIA UNA BAND CHE VI ABBIA SOSTITUITO? VEDI NUOVI ENSLAVED IN GIRO?
“Non mi piacciono le etichette, ‘viking metal’ è solo una frase fine a se stessa. Quando noi abbiamo iniziato tutte le band erano black metal. Ricordo che all’epoca noi avemmo una discussione con Euronymous visto che eravamo amici. Parlavamo di cosa era black metal e cosa era death metal. Alla fine constatammo che black metal è ogni tipo di metal con liriche sataniche. Considerato che noi non avevamo idee sataniche noi non eravamo quindi una band black metal. Così la gente ci definì viking metal band. Ma è solo un’etichetta”.
 
 
PERCHÉ NON STATE SUONANDO ALL’INFERNO FESTIVAL QUEST’ANNO?
“Perché non abbiamo avuto un’offerta. Nessuno suona due volte di fila. L’organizzazione fa circolare le band, il prossimo anno dovremmo suonare”.
 
 
TI PIACE ANCORA SUONARE VECCHIE CANZONI DA ALBUM COME “FROST” O “ELD” DAL VIVO? RICORDO CHE UNA VOLTA A ROMA SUONASTE “SLAGET I SKOGEN BORTENFOR” CHE DURAVA BEN TREDICI MINUTI… “Sì, ci piace suonare vecchie canzoni. E ancora suoniamo quella canzone! Però l’abbiamo ridotta! È una canzone con il nostro trademark. Non la proviamo mai, mai prima del concerto. E’ molto semplice da suonare, una buona selezione di riff (riproduce i riff a voce, ndR), it’s a good song!”.
 
 
SIETE CONSAPEVOLI DELL’IMPATTO CHE HA AVUTO IL VOSTRO SPLIT ALBUM CON GLI EMPEROR NELLA SCENA METAL ALL’EPOCA? QUELLO È PROPRIO “IL” MASTERPIECE, PER QUANTO MI RIGUARDA!
“Sì, decisamente, quello split è leggendario. Il vinile era molto costoso all’epoca, sebbene io sia un collezionista di vinili! Optammo quindi per questo CD diviso a metà. Leggendario”.

CARPATHIAN FOREST: QUATTRO CHIACCHIERE CON VRANGSINN…

 
L’importanza dei Carpathian Forest è nota a tutti. Black metal d’autore, norvegesi, ma capaci di devastare i palchi grazie a quella dose di rock and roll e punk che rende i loro pezzi eccezionali dal vivo, ancora di più che in studio. Il giorno dopo l’esibizione all’Inferno Festival abbiamo incontrato il bassista Vrangsinn che, come prima cosa, si fa notare per essere dimagrito tantissimo rispetto alle sue ultime esibizioni live. E’ ancora di dimensioni “importanti”, però si è dimostrato persona molto affabile e disponibile e, fra una birra e l’altra, ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda sulla band, sul movimento norvegese ed anche sul suo progetto personale, gli Hatepulse, band che non avrà futuro. Ecco il buon Vrangsinn ai microfoni di Metalitalia.com!
 
 
“FUCK YOU ALL” NUOVO DEVASTANTE ALBUM USCIRÀ FRA POCO. HO SENTITO ALCUNE VOCI IN MERITO A QUESTO ALBUM. PARE CHE INIZIALMENTE DOVESSE USCIRE COME SOLO PROJECT DI NATTEFROST, MA IL MATERIALE ERA COSÌ BUONO CHE AVETE DECISO DI RILASCIARLO COME CARPATHIAN FOREST: COSA CI DICI AL RIGUARDO?
“Naa, questo non è assolutamente vero, sono stati solo delle voci messe in giro”.
 
 
 
IN QUESTI GIORNI C’È UNA CONFERENZA ORGANIZZATA DAI PROMOTER NORVEGESI SUL TEMA “COME PORTARE LA SCENA NORVEGESE AD UN LIVELLO PIÙ ALTO”. COSA NE PENSI?
“Non sono coinvolto minimamente in questo, non mi interessa, quindi non ne ho idea”.
 
 
LORO CERCANO DI CAPIRE COME UNA BAND NORVEGESE POSSA EVOLVERSI IN UNA BAND MONDIALE, UNA CHE POSSA SEGUIRE LE ORME DEGLI SLAYER PER ESEMPIO.
“Io penso che il black metal dovrebbe rimanere underground, non credo che nessuno di noi aspiri a diventare una megastar internazionale”.
 
 
COME MUSICISTA NORVEGESE, SENTI LA NECESSITÀ DI FAR DIVENTARE LA TUA BAND UNA BAND TOP-SELLER ?
“No, non sento questa necessità”.
 
 
ABBIAMO VISTO LA TUA BAND DAL VIVO TANTE VOLTE, SUONATE MOLTO E VI PIACE SUONARE MOLTO DAL VIVO. QUANTO CONTA QUESTO PER VOI?
“La dimensione live è molto importante per noi. Anche ai fini promozionali. Se tu fai un buon show la gente compra il tuo album. E’ in definitiva un ottima maniera per raggiungere molte persone”.
 
 
RIGUARDO ALLO SHOW DI IERI ALL’INFERNO, SECONDO ME SIETE STATI I VERI HEADLINER DEL PRIMO GIORNO DEL FESTIVAL, IL PIT ERA PIENO PER VOI, MENTRE QUANDO HANNO INIZIATO GLI AMERICANI USURPER (IN SCALETTA DOPO I CARPATHIAN) LA SALA SI È SVUOTATA… COSA NE PENSI?
“Sì, abbiamo visto questo, be’, abbiamo suonato ieri il nostro primo show dopo otto mesi di inattività in sede live. E’ andato tutto ok”.
 
 
MOLTA GENTE SI È LAMENTATA DEL POCO TEMPO A VOSTRA DISPOSIZIONE.. MENO DI UN’ORA SE NON VADO ERRATO…
“Sì, dovevamo suonare per circa un’ora, ma abbiamo suonato di meno, credo perché abbiamo suonato le canzoni tutte in maniera veloce .. (ride, ndR)”.
 
 
OLTRETUTTO AVETE SUONATO SENZA NESSUN INTERMEZZO FRA UNA CANZONE E L’ALTRA, UNO SHOW D’IMPATTO DALL’INIZIO ALLA FINE..
“Sì, velocemente come detto.. dovevamo fare almeno altre due canzoni in più ma i suoni sul palco erano pessimi e non eravamo in grado di suonare di più. Non riuscivamo a sentirci l’un l’altro!”.
 
 
QUALI ERANO QUESTI ALTRI DUE BRANI DELLA SCALETTA?
“Una nuova canzone dal nuovo album ‘Fuck You All’ e ‘Bloodcleansing‘”.
 
 
QUELLA CHE AVETE DIFFUSO COME MP3 A FINI PROMOZIONALI?
“Sì! (‘Start Up The Incinerator’, pezzo che spacca!!! ndR)”.
 
 
NELLA VOSTRA MUSICA SI POSSONO TROVARE MOLTI ELEMENTI THRASH, ROCK E PUNK, COME CONFLUISCONO TUTTE QUESTE CARATTERISTICHE NELLE VOSTRE SONG? IL NUOVO ALBUM È PIENO DI QUESTE INFLUENZE.
“Credo che l’intero nuovo album è per certi versi un vero ritorno alle radici. C’è qualche parte di tastiera, ma veramente poca roba. Invece di aggiungere altri livelli di chitarre come molte band fanno quando registrano i loro album, noi abbiamo usato una linea di chitarra a destra, una a sinistra ed il basso nel mezzo. Questo per catturare l’old school feeling. Per questo il nuovo album suona molto come un ritorno negli anni ‘80, molto rock, thrash, punk”.
 
 
TI PIACE LA SCENA THRASH DEGLI ANNI ‘80?
“Yeah!”.
 
 
SCENA AMERICANA O EUROPEA?
“Non sono molto contento di quello che fanno gli americani (ride, ndR)”.
 
 
CHE DICI A PROPOSITO DEL TUO PROGETTO PARALLELO, GLI HATEPULSE?
“Rilasceremo un album in settembre, per la Sublime”.
 
 
UN FULL LENGTH ALBUM?
“Sì, sarà il primo e l’ultimo per questa band. Ci siamo sciolti!”.
 
 
DICCI TUTTO…
“Eh sì, abbiamo avuto qualche discussione, l’album era pronto da circa due anni, poi ci sono stati sempre dei ritardi, ora è finito, necessita solo di essere mixato. Suona molto bene, comunque ora non sono più molto amico col cantante (Kulde, ndR)”.
 
 
COME TI TROVI NEI CARPATHIAN FOREST? È MOLTO FAMOSA PER ESSERE LA BAND DI NATTEFROST, HAI IL TUO SPAZIO ALL’INTERNO DELLA BAND?
“Sì, credo che tutte le personalità dei membri abbiano il loro spazio all’interno della nostra band. Noi non abbiamo regole, andiamo sul palco e suoniamo. Non sappiamo mai quello che accade nei nostri show, saliamo sul palco e iniziamo a suonare, questo è quello che accade”.
 
 
C’È ARMONIA ALL’INTERNO DELLA BAND?
“Ieri noi avevamo una scaletta, ma di solito non è cosi. Siamo come una squadra di calcio senza schemi di solito. Discutiamo sul palco, ci chiediamo l’un l’altro quale song dobbiamo suonare, ma senza problemi, tanto possiamo scegliere fra ben quaranta canzoni!”.
 
 
NATTEFROST BEVE TANTISSIMO, MA LO FA PER SENTIRSI MEGLIO?
“Nattefrost adora il vino bianco, quello italiano. Comunque tutti adoriamo bere prima di un concerto, lui però adora il vino!”.

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