KILLING TOUCH: studio report

Pubblicato il 05/04/2009

UNA BREVE INTRODUZIONE…

Studio report e intervista a cura di Alessandro Corno
 
Foto di Enzo Mazzeo
 
 
 
 
E’ aprile dello scorso anno quando Michele Luppi, cantante dei Vision Divine, annuncia la sua dipartita dalla band. Iniziano a girare parecchie voci sul perché di una tale decisione, arrivata quando la band era ormai lanciata a tutta velocità, e su chi avrebbe preso il suo posto dietro al microfono. Un mese dopo arriva la notizia che Fabio Lione, già co-fondatore del gruppo e noto cantante dei Rhapsody, è il nuovo frontman e la band inizia a lavorare al suo nuovo disco “9° West Of The Moon” che uscirà nell’autunno del 2008. Sull’altro versante Michele avvia un nuovo gruppo metal reclutando alla chitarra Michele “Dr. Viossy” Vioni e al basso Giorgio “JT” Terenziani, entrambi già suoi compagni di squadra nei Mr. Pig, una delle più rinomate hard rock cover band del panorama italiano. La formazione si completa con l’innesto di due giovani talentuosi ragazzi poco più che ventenni: Davide Montorsi alla chitarra e Paolo “Dimitri” Caridi alla batteria. Inizia una lunga fase di songwriting a cui segue un’ancor più laboriosa fase di autoproduzione alla quale la neonata band dedica diversi mesi di lavoro. Nasce così il debut album “One Of A Kind”., nei negozi da fine aprile 2009 su Scarlet Records. Metalitalia.com ha avuto il piacere di ascoltare il lavoro in anteprima direttamente nello studio personale di Michele e di fare una bella chiacchierata con i cinque membri del gruppo. La nascita della band, del suo primo disco, le prossime mosse, i motivi che hanno portato Michele a separarsi dai Vision Divine e, ovviamente, “One Of A Kind” traccia per traccia all’interno delle prossime pagine di questo studio report in anteprima esclusiva per il web. Buona lettura!

‘ONE OF A KIND’ TRACCIA PER TRACCIA

 
 
 
 
 
“THE TOUCH”: ‘One Of A Kind’ si apre con un pezzo abbastanza articolato, dinamico,  con vari passaggi che sfociano anche in parti parecchio tirate con un’ottimo lavoro svolto dalla sezione ritmica. Da subito evidente la produzione cristallina con una cura eccezionale della voce, delle backing vocals, degli inserti pianistici che caratterizzano gran parte del disco e dei cori incrociati. Michele, autore di una prestazione eccezionale, gioca parecchio su tonalità alte. Si sente sia l’anima hard rock del gruppo nello stacco piano-voce centrale che lo stile più classicamente power-prog derivato dai Vision Divine. Il finale lascia spazio a virtuosismi chitarristici sostenuti da una decisa accelerazione.
Michele: “E’ il pezzo che in sei minuti racchiude tutta l’essenza del disco, c’è la parte veloce, lo stacco, il pianoforte… è il pezzo secondo noi più forte e che, dal punto di vista del concept, presenta il personaggio”.

“BLACK ICE”: un breve intermezzo acustico.
Michele: “E’ l’intro a ‘Wheel Of Fortune’. Il titolo è preso dal libro e non dal disco degli AC/DC (risate, ndR)”.
Viossy: “Il tema musicale viene ripreso sia nel brano successivo che in ‘Justify’”.

“WHEEL OF FORTUNE”: brano dal riff più secco e dalle melodie tutt’altro che scontate con Michele che si muove ancora su tonalità decisamente alte. Buono il ritornello dal taglio hard rock così come il break melodico centrale e i velocissimi assoli di chitarra e tastiera dove ancora si nota l’eredità dei Vision Divine.
Michele: “E’ un pezzo che avevo scritto per ‘The 25th Hour’ dei Vision Divine. Abbiamo tenuto il pre-chorus e il ritornello, la strofa invece è differente. Qui troviamo Oleg Smirnoff (ex-Vision Divine, ndR) alle tastiere”.

“MIMICKING DEATH”: mid tempo con un bel tiro sostenuto da un riff di stampo hard rock che dona al brano un’attitudine live maggiore rispetto a quanto finora sentito. Presente anche qui un break centrale abbastanza efficace come melodie. È evidente che il gruppo punta su brani nei quali non si respira la stessa aria dall’inizio alla fine e infatti sono diversi i punti di discontinuità che rendono varie le composizioni.
JT: “Questo pezzo dal vivo tirerà giù i muri. Il basso su disco è stato suonato da Andrea ‘Tower’ Torricini (ex-Vision Divine, ndR)”.

“THE DANGER ZONE”: una partenza in doppia cassa apre un brano vario e generalmente più incline al power, sebbene anche qui non manchino influenze di hard rock melodico come nello stacco piano-voce dove è in grande evidenza la linea vocale. La seconda parte del pezzo  è più tranquilla e più focalizzata sulle voci.
Michele: “E’ l’unico pezzo, diciamo, ‘power’ del disco e contiene diverse parti, come se fossero quattro pezzi in uno”.

“ONE OF A KIND”: la matrice hard rock torna a farsi sentire maggiormente su questo brano dai toni più rilassati, anche se i suoni sono sempre decisamente pieni e potenti (almeno sull’impianto dello studio… sparato a novanta decibel per tutta la durata del disco). Il pezzo, e sopratutto il suo bel ritornello, è molto melodico ma non per questo scontato o catchy. In realtà è tutto il disco, o quasi, a mantenere una certa distanza da soluzioni eccessivamente orecchiabili. Notevole il solo di chitarra posto in chiusura.
JT: “E’ un brano che noi consideriamo lento ma è comunque molto ritmico e contiene l’assolo più lungo del disco”.

“TOMMY’S CANE”: brano sostenuto da un riff aggressivo, quasi thrashy e a tratti prog, è forse il pezzo meno di presa tra quelli fin qui ascoltati. Anche in questo caso troviamo però una parte conclusiva dalle melodie un po’ più accattivanti con Michele che raggiunge ancora una volta vette altissime.
Michele: “Ho scritto questo pezzo con Federico Puleri (chitarista dei Vision Divine, ndR)”.
Viossy: “Qui si parla del bastone di Tommy, a cui deve ricorrere dopo l’incidente, e delle riflessioni che il ragazzo fa sulla sua vita”.

“STILL WALKING”: è un lungo intermezzo pianistico che si distacca decisamente rispetto a tutto il resto, tanto che a questo primo e veloce ascolto appare una soluzione tantino forzata proprio in virtù della sua non breve durata. Ovviamente in grande risalto la tecnica e il gusto di Michele come tastierista che in questo caso utilizza un pianoforte vero e lo si sente anche dal rumore del pedale.
Michele: “Questo brano è una mia improvvisazione al pianoforte che serve a staccare e richiamare l’attenzione dell’ascoltatore dopo quaranta minuti di musica. E’ un pezzo ‘da viaggio’”.

“WALLS OF SYMPATHY”: è un pezzo parecchio articolato e probabilmente proprio per questo è anche l’episodio che al primo ascolto colpisce di meno. Il suo stile heavy-prog con ritmiche terzinate e dal guitar work a tratti decisamente duro mette in evidenza le doti tecniche del quintetto ma sembra mancare di un ritornello realmente efficace. Sicuramente da valutare con più ascolti.
Michele: “E’ forse il brano più articolato ma con un buon potenziale live”.

“FALLING AWAY”: al contrario della precedente, questa canzone è invece un potenziale singolo, forse l’unico brano del lavoro che possiamo definire ‘catchy’ in virtù di un chorus arioso decisamente di presa e un taglio più incline all’hard rock melodico/AOR. Gli arrangiamenti, tutt’altro che scarni, donano comunque al sound del brano una certa ricchezza.
Michele: “E’ il brano più AOR. Anche nei dischi dei Vision Divine c’erano brani come questo, come ad esempio ‘Version Of The Same’, ‘Land Of Fear’ o ‘The Daemon You Hide’”.

“JUSTIFY”: i ritmi rallentano per un pezzo tecnicamente raffinato e ritmicamente abbastanza complesso che sfocia quasi nel prog rock. Decisamente delicato nelle sue melodie vocali accompagnate anche dalle tastiere in secondo piano.
Viossy: “Riprende il tema musicale di ‘Black Ice’. Possiamo considerarlo un ‘lento funk’”.
Michele: “E’ come se i Meshuggah suonassero alla Toto. Come tutto il resto del disco, contiene anche dei messaggi nascosti. Ad esempio io sono nato il 7 aprile del 1974, l’edizione giapponese del disco dura 74 minuti e questo pezzo è in 7/4…”.

“THY WILL BE DONE”: un riffone pesantissimo è forse la caratteristica che più colpisce di questo pezzo. Le atmosfere sono cupe, nere, rafforzate anche da effetti vocali quasi ‘diabolici’. Il brano è articolato in una prima parte decisamente pesante, una parte centrale più distensiva e un ritorno delle ritmiche massicce nel finale. Anche in questo caso il ritornello è caratterizzato da linee tutt’altro che ruffiane o sempliciotte, decisamente adatte al finale drammatico del lavoro con lo scoppio della bomba che segna l’inizio della guerra nucleare.
JT: “E’ il pezzo più pesante, il più metal e chiude il lavoro anche dal punto di vista del concept”.

In definitiva ci troviamo di fronte ad un disco complessivamente positivo sia in termini di idee che come esecuzione tecnica, ricco di particolari, a tratti decisamente articolato e proprio per questo difficilmente inquadrabile in tutte le sue sfaccettature con un solo ascolto e senza il supporto del booklet. Il notevole minutaggio e qualche brano dalle strutture e dalle melodie meno accessibili sono invece gli elementi che potrebbero appesantire un tantino il tutto oppure, al contrario rendere l’album più longevo. Tutti aspetti che valuteremo più approfonditamente in sede di recensione.

 
 
Visita la pagina MySpace della band per ascoltare in anteprima “The Touch” e “Still Walking“.

INTERVISTA CON LA BAND

 

 

 
 
 
 
BENE RAGAZZI, VOLETE INIZIARE CON L’INTRODURCI COME E’ NATA LA BAND?
Michele: “Vedi, io in realtà già lasciai i Vision Divine quando sentii la versione finale di ‘The 25th Hour’. Uscii dalla band per circa una settimana in quanto mi sentii violentato dal fatto che nel missaggio era stato fatto un errore evidentissimo: la voce era troppo bassa di volume. Fortunatamente la stampa accolse molto bene il disco e fui convinto da diverse parti a rientrare e a portare pazienza. Peccato, perché le potenzialità di ‘The 25th Hour’ erano davvero tante. Prima ancora che ufficializzassi la mia uscita dalla band, avevo già l’idea di fondarne un’altra. Chiamai subito Viossy e JT. Loro suonano con me anche nei Mr. Pig ma questo non ha niente a che vedere coi Killing Touch. Davide e Paolo sono invece due ragazzi molto giovani e pieni di talento che, oltre ad essere come noi altri dei musicisti professionisti, sono in linea con noi come pensiero e obiettivi. Mi sono quindi detto: ‘Perché non provare a scrivere qualcosa insieme?’ Ed ecco il risultato”.

I KILLING TOUCH NON SONO QUINDI IL TUO PROGETTO PERSONALE?
Michele: “No. La mia intenzione è stata da subito quella di creare un gruppo dove non ci fosse una finta democrazia… qui si cerca di fare in modo che le qualità di ognuno vengano valorizzate, messe al servizio degli altri senza essere sacrificate. Poi è ovvio che, essendo io quello con più esperienza, su ‘One Of A Kind’ ho composto io la maggior parte dei pezzi, ma ti dico che se per il prossimo disco, ad esempio, Viossy mi arriva con dieci pezzi eccezionali, allora metteremo quei dieci”.

PARLIAMO DUNQUE DEL VOSTRO DEBUTTO “ONE OF A KIND”. QUALI FONTI D’ISPIRAZIONE HANNO GUIDATO QUESTO DISCO?
Viossy: “Le  influenze sono talmente varie che non saprei da che parte iniziare…”.
JT: “Ognuno di noi ascolta musica differente, dall’hard rock al prog, al power, al black metal all’AOR… è difficile dire da cosa abbiamo preso spunto. C’è sicuramente un background hard rock nella cura delle melodie vocali, delle chitarre e degli arrangiamenti ma poi, come dicevo, entrano in gioco anche molti altri stili come il prog, il power ecc.”.
Michele: “Ragazzi, non crediate che io sia pieno di dischi AOR o hard rock a casa solo perché l’ho suonato… ho sentito pochissimo AOR. Se fai uno spartito delle mie parti vocali, vedrai che sono più simili a Jamiroquai che ai Dream Theater… anche se non ascolto nemmeno Jamiroquai…”.

E COSA ASCOLTI ALLORA? (risate, ndR)
“Mi piacciono molto gli artisti che curano i dettagli in maniera maniacale. Ad esempio mi piace la batteria dei Dream Theater, anche la chitarra ma non il basso… A me piace non tanto un gruppo ma un singolo elemento, così come sono più portato ad apprezzare quell’attore in quel film piuttosto che il film intero”.

COME SONO NATI I DODICI PEZZI CHE COMPONGONO “ONE OF A KIND”?
JT: “Non abbiamo seguito nessuna strada predefinita, nulla di pianificato a tavolino”.
Michele: “Guarda, ci sono pezzi che ho scritto in macchina… io non compongo mai suonando gli strumenti perché se ci pensi sono un limite. E’ come limitarti ad esprimere i tuoi pensieri a ventun lettere… In altri casi invece ho chiesto a loro di mandarmi dei pezzi e da alcuni riff ho preso spunto. Pensa che da un riff di Viossy, inizialmente messo in un contesto che non funzionava, è nato poi tutto il primo brano ‘The Touch'”.

MICHELE, TU HAI CURATO ANCHE LA PRODUZIONE DI “ONE OF A KIND”. VUOI SPIEGARCI COME HAI IMPOSTATO IL LAVORO?
Michele: “Per questo disco abbiamo scelto un tipo di produzione alla Dream Theater che consentisse di poterlo ascoltare a qualsiasi volume e su qualsiasi tipo di riproduttore. Questo a differenza della maggior parte dei dischi metal, che sono invece molto compressi e sono meno adatti ad un ascolto ad alto volume. ‘One Of A Kind’ puoi ascoltarlo ad altissimo volume e, come hai avuto modo di provare tu stesso poco fa, non ti dà nessun fastidio. Abbiamo effettuato una ricerca estenuante sullo strumento vero, le cui armoniche sono profondamente diverse da quello finto. Ogni strumento che senti su ‘One Of A Kind’ è vero, suonato, senza trigger o parti campionate, e questo rende sicuramente originale il sound del lavoro”.
Viossy: “Sì, qui tutto è curato al millimetro, nulla di finto. Ad esempio, pensa che per ogni linea di basso definitiva ci sono volute circa trentacinque ore… è da aprile che ci lavoriamo”.
JT: “Nulla è stato fatto a caso, ‘One Of A Kind’ è un disco di ricerca sia per quanto riguarda i suoni che per quanto riguarda l’esecuzione. Se hai dei suoni veri non puoi barare, devi suonare bene perché gli errori si sentono”.

MICHELE, AVETE REGISTRATO TUTTO QUI, NEL TUO STUDIO?
Michele: “No, le parti di batteria sono state registrate in uno studio a Bologna. Qui abbiamo registrato tastiere, chitarre, voce, e bassi, mentre il pianoforte a casa mia, dove sto trasferendo tutto il materiale per il mio nuovo studio. Abbiamo poi effettuato il missaggio a Bologna e invece parte del mastering l’abbiamo curata di nuovo noi”.
JT: “Anche per il mastering abbiamo deciso di fare tutto pezzo per pezzo, perché ogni canzone ha la sua atmosfera, la sua quantità di cori, i suoi strumenti. Non abbiamo voluto dunque usare nessun pre-set proprio per valorizzare l’identità di ogni brano”.
Michele: “Tutto il lavoro che c’è sotto a ‘One Of A Kind’ ci sarebbe costato 300.000 euro se lo avessimo fatto fare ad un produttore esterno in un altro studio…”

IL FATTO DI AVER CURATO TUTTO VOI E DI AVER LAVORATO IN UN VOSTRO SPAZIO VI HA IN QUALCHE MODO SOLLEVATO DA EVENTUALI PRESSIONI ESTERNE?
JT: “Insomma, è vero che puoi fare quello che vuoi ma hai anche la responsabilità del risultato finale”.
Viossy: “Hai le tue pressioni, che sono anche peggio!”.
Michele: “E’ meglio avere qualcuno a cui rompere il cazzo e a cui dar la colpa, piuttosto che essere tu quel qualcuno! (risate, ndR)”.

BE’, NEL VOSTRO CASO MI SEMBRA CHE SIATE PIU’ CHE SODDISFATTI DEL RISULTATO…
Michele: “Alla grande!”.

VOLETE PARLARCI DUNQUE DEL CONCEPT DI “ONE OF A KIND”?
Viossy: “Non so se conosci la storia di ‘La Zona Morta’ di Stephen King… Narra di Johnny, che nel nostro disco è Tommy (abbiamo dovuto cambiare i nomi per motivi legali), il quale  fa un incidente e rimane in coma per 5-6 anni. Al suo risveglio scopre di avere un potere, ossia che toccando le persone riesce a vederne il passato, il presente e il futuro. Inizialmente il ragazzo ha paura di questa cosa, poi con il passare del tempo inizia ad utilizzare questo potere in senso positivo per risolvere ad esempio casi di omicidi, salvare la vita ad alcune persone e altre cose del genere. Un giorno però stringe la mano ad un politico e vede che nel futuro diventerà Presidente degli Stati Uniti e scatenerà una guerra nucleare. Nel libro il ragazzo riesce ad impedire tutto questo…”.

GRAZIE, ORA NON LEGGERO’ MAI IL LIBRO (risate, ndR)
Viossy: “…sì, sì, ma nel nostro disco il finale è differente e lo scoppio della bomba che si sente in chiusura è l’inizio della catastrofe”.
JT: “Abbiamo cercato di attualizzare la storia, che nel libro è ambientata negli anni ’70, e di renderla nostra, anche perché sono argomenti che interessano tutti noi”.
Michele: “Con questo concept parliamo dei conflitti tra opposti come bene e male, o religione e scienza. Prendiamo in analisi anche la questione delle responsabilità individuali che alla fine riguardano anche noi musicisti. Ogni musicista che senta determinate cose ha infatti la responsabilità di trasmetterle agli altri. Secondo me ha il dovere di educare il prossimo all’ascolto, proprio come un cuoco dovrebbe educare nel mangiare”.

GLI INTERMEZZI CHE AVETE INSERITO NEI BRANI IMMAGINO SIANO IN LINEA COL CONCEPT…

JT: “Sì, tutti gli intermezzi che senti alla fine o in mezzo ai brani nascono proprio dall’idea di dare anche un’immagine visiva  a chi ascolta di come si sta sviluppando la storia”.
Michele: “Il fatto di aggiungere degli intermezzi è anche legato ad un discorso di attenzione. Proprio come in un film, è necessario dare all’ascoltatore alcuni momenti di distensione, dove poter respirare per poi essere in grado di godersi al meglio il resto”.

COSA POTETE INVECE DIRCI RIGUARDO ALL’ARTWORK?
Michele: “Avremo un booklet di ben ventiquattro pagine e ogni brano avrà delle foto a tema. La copertina  invece è ricca di significati così come il disco. Inizialmente doveva essere un altro disegno che però abbiamo deciso di tenere per il secondo album”.

AVETE GIA’ IN PROGRAMMA UN SECONDO ALBUM?
Michele: “Non proprio i pezzi, ma la linea sì…”.

CIOE’?
Michele: “Eeeh, calma un attimo…”.(risate, ndR)
JT: “E’ una cosa naturale, nel senso che avendo noi creato un nostro ‘mondo sonoro’ abbiamo già voglia di andare avanti”.

Michele: “Anche perché adesso ci metteremmo la metà, avendo già affrontato una volta tutto il discorso della produzione”.
Viossy: “Sì, sì… poi alla fine fai così, fai cosà… e ci mettiamo ancora lo stesso tempo”. (risate, ndR)

TORNANDO A “ONE OF A KIND”, QUALI SONO DUNQUE LE VOSTRE ASPETTATIVE PER QUESTO PRIMO LAVORO?
Michele: “Io dubito che questo disco possa andare male in termini diapprezzamento, ma in ogni caso artisticamente c’è molta soddisfazione. Onestamente se anche per questo lavoro dovesse arrivare una recensione con un bel 5 su 10, non me ne fregherebbe niente. In passato – non per quanto riguarda i Vision Divine, intendiamoci – forse mi sarei preoccupato del fatto che il recensore potesse accorgersi che qualcosa era stato fatto approssimativamente, ma con questo disco non è così. Quando sei quasi completamente convinto (convinto al 100% non lo sei mai) di un lavoro, allora dei giudizi e dell’aspetto commerciale te ne freghi. E’ la valenza artistica che conta”.

REALIZZERETE ANCHE UN VIDEOCLIP PROMOZIONALE?
JT: “Sì, ma non sappiamo ancora per quale pezzo. Sicuramente però faremo un video dallo studio per ‘The Touch’ da mettere sulla nostra pagina MySpace”.

A LIVELLO DI DATE DAL VIVO AVETE GIA’ PROGRAMMATO QUALCOSA?
JT: “Il 16 maggio ci sarà il concerto per la presentazione ufficiale del lavoro al Tempo Rock di Gualtieri (RE). Poi sicuramente ci saranno altre date estive che non abbiamo ancora fissato ufficialmente. Da settembre in poi ci saranno diversi show, soprattutto al nord. Per l’estero stiamo valutando un buon contatto per delle date in Inghilterra e Spagna ma vorremmo in ogni caso evitare di agganciarci a qualche tour grosso come gruppo spalla. Forse è un po’ presuntuoso ma ci terremmo a suonare da headliner anche se di fronte a meno gente”.

PROPORRETE SOLO PEZZI DA “ONE OF A KIND” O ANCHE I BRANI DEI VISION DIVINE CHE PORTANO LA FIRMA DI MICHELE?
Michele: “Ci saranno anche pezzi dei Vision Divine. Non saranno ad ogni concerto gli stessi ma li faremo ruotare. Sceglieremo ogni volta tra una decina di brani”.

INTENDETE RIADATTARE I BRANI DEI VISION DIVINE O LI RIPROPORRETE IN MANIERA FEDELE ALL’ORIGINALE?
Michele: “Guarda, l’unica cosa saranno le tastiere, per le quali mi limiterò a suonare le parti strettamente fondamentali. Per il resto rimarranno fedeli all’originale”.

E SE VI CAPITASSE DI SUONARE CON I VISION DIVINE?
Michele: “Nessun problema”.

MICHELE, SAI CHE NON PUOI SCAPPARE A QUANTO TI STO PER CHIEDERE CIRCA I VISION DIVINE… VUOI RACCONTARCI COSA E’ SUCCESSO CON IL TUO EX-GRUPPO?
Michele: “E’ stata una cosa davvero assurda, nel senso che appena ci siamo lasciati l’aria che tirava era: ‘Se poi hai bisogno ci sentiamo’ eccetera, eccetera. Poi è successo quello che è successo e ho fatto una promessa: io preferisco far parlare la musica. D’altra parte mi rendo conto che non dire niente potrebbe dare l’impressione che io abbia qualcosa da nascondere. Non è affatto così. Vado fiero di tutto quello che ho fatto con loro e il mio ‘rompere le scatole’ era finalizzato solamente ad una migliore proposta musicale. Se devi fare un disco lo devi fare al massimo. Se devi fare un concerto, i pezzi li devi sapere… Io ho solo cercato di portare la mia esperienza al servizio di tutti; alcuni hanno gradito, altri si sono sentiti ingiustamente minacciati”.

QUINDI QUAL E’ STATO IL MOTIVO PRINCIPALE DELLA TUA DIPARTITA?
Michele: “Dopo le due tournée in Asia e Sud America ho saputo per vie traverse che Olaf stava già prendendo contatti con ‘altra gente’, quindi ho salutato tutti e mi sono organizzato per avviare la mia band. Tutto qui”.

INTENDI CONTATTI CON ALTRI CANTANTI?
Michele: “Sì. Non lo ammetterà mai ma è così e io lo sapevo da mesi. Escludendo nel modo più assoluto Federico dalla ‘cospirazione’ di alcuni membri della band coi quali non legavo per niente, mi sono semplicemente ritrovato nelle condizioni di andarmene. Sono rimasto in contatto con chi veramente stimo e questo è quel che conta. Infatti Oleg Smirnoff, il Pule e il Tower (rispettivamente ex tastierista, attuale chitarrista ed ex bassista dei Vision Divine) sono presenti come ospiti su ‘One Of A Kind’. E’ stato quindi naturale dividersi ma non c’è mai stato astio tra le due parti o, se c’è stato, ognuno se l’è tenuto per sé. Io da parte mia non nutro alcun rancore per chi conta nella mia ex band anche se mi ha amareggiato molto leggere certe dichiarazioni del tutto false da parte di Olaf, in primis il fatto che dopo aver composto tre album ed aver curato totalmente la produzione delle voci mi abbia voluto dipingere come un ‘turnista’. A tale proposito ci sono bollettini SIAE che parlano chiaro. Ma è così difficile riconoscere il duro lavoro altrui? Che tristezza. Alla fine credo che entrambe le parti siano contente così. Io continuo ad andare fiero dei dischi che con loro ho fatto (e che ho, ripeto, composto) e ammetto che senza l’esperienza con i Vision Divine, non sarei mai potuto arrivare a fare l’album dei Killing Touch… Com’è altrettanto vero che forse senza di me non sarebbero arrivati al quarto album… Chi può dirlo in fondo? Quando nascono cose belle dovremmo tutti esserne contenti, no? Ora mi sento tranquillo in quanto con l’uscita di ‘One Of A Kind’ il nostro pubblico farà presto 2+2 e capirà chi scriveva cosa. Continuo a ripetermi che dovrebbe essere la musica a parlare… Spero solo che ora loro siano felici quanto me e che almeno conservino un bel ricordo delle cose belle che abbiamo avuto la fortuna di condividere. Auguro a tutti loro e a tutti gli altri ex membri tanta fortuna. Lo dico col cuore”.

A QUESTO PUNTO NON POSSO NON CHIEDERTI SE HAI SENTITO IL NUOVO DISCO DEI VISION DIVINE “9° WEST OF THE MOON”…
Michele: “Sì, certo…”

E CHE NE PENSI?
Michele: “E’ il disco che mi aspettavo da loro… Onestamente non mi piace e se ti dicessi il contrario per fare la parte del buono non sarei onesto. Quello che più mi ha deluso è il fatto che siano andati ad imitare altri gruppi come Nightwish o HIM, dopo che il sound degli ultimi tre album era considerato da tutti unico e vincente, forte dell’apporto di un songwriting a mio avviso sempre più maturo. È del tutto palese che sia stato fatto in quattro e quattr’otto. La produzione inoltre non giustifica i soldi spesi… Come ho già detto in altre occasioni, avevo coi Vision un accordo sin dai tempi di ‘The Perfect Machine’. Chiedevo un mese per registrare le voci, ovviamente qui nel mio studio e senza chiedere un soldo; non è tanto se consideri quante tracce io di norma registri. Hai presente il detto ‘Roma non è stata costruita in un giorno…’? Qui le voci sembrano registrate in una mezza giornata, la batteria è finta come una moneta da tre euro e, credimi, trovo assurdo che nel 2009 debba uscire un disco con un suono di pianoforte del genere. Sono cattivo? Non credo affatto. Sono certo che certe critiche servano solo per poter migliorare, e da insegnante quale sono sento un dovere morale anche verso il lavoro che fanno altri, in particolar modo per gente con la quale  ho avuto a che fare. Ho sempre creduto nella responsabilità che ogni artista ha nei confronti di se stesso e verso chi la musica andrà poi ad ascoltarla. Se hai rispetto per l’arte, non puoi fare le cose in questo modo ma ripeto, è un mio punto di vista.. Un disco è come un film, come un libro. Va curato, amato e sudato. Il successo che ne deriva poi è indipendente dal valore artistico che questo ‘prodotto’ ha… Auguro loro di vendere miliardi di copie, magari anche dei dischi vecchi… L’importante è continuare ad alimentare il movimento musicale, quello vero, non quella pena che vediamo in TV. Le motivazioni che dovrebbero spingere gli artisti veri sono altre e su questo spero saremo tutti d’accordo. Bada bene che questa è soltanto la mia opinione che non vale più di quella di chiunque altro”.

 
 

4 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.