Le Introspettive di Metalitalia.com – CRIPPLE BASTARDS

Pubblicato il 05/02/2018

I Cripple Bastards nel 2018 festeggiano il trentesimo anno di attività. In concomitanza con l’uscita di “The Outside World”, box set che contiene tutti i singoli e i brani non inclusi nei full-length registrati dalla storica grindcore band italiana (362 tracce!), il leader Giulio The Bastard esamina la discografia “ufficiale” stilando per noi una sua personale classifica di gradimento.

Avviamo con i Cripple Bastards la nostra nuova rubrica “Le Introspettive”, nella quale i gruppi vengono chiamati ad ordinare i loro album dal meno al più riuscito, commentando ogni posizione.

Immagino che nel creare una classifica di questo tipo quasi tutti aprano con il classico “é veramente difficile fare una graduatoria perché ognuno di questi dischi per me rappresenta…” e così via. É inevitabile anche per il sottoscritto, considerato il fatto che i 6 album dei Cripple Bastards sono stati realizzati in un arco di tempo di più di 20 anni, e quindi ciascuno coincide con un periodo di vita particolare, ricordi, aneddoti.  Quindi cerco di tirare giù una scaletta basandomi più su un giudizio tecnico personale e aggiungendo qualche storia. – Giulio The Bastard

6. FRAMMENTI DI VITA (F.O.A.D. Records, 2011)
In fondo alla lista semplicemente perché é un disco di cover e solo due pezzi nostri. In definitiva riuscito bene, registrazione abbastanza compatta e selezione dei brani che spazia dal metal/thrash all’hardcore. Tra tutte sono contento di come sono venute le cover di Negazione (una bella sfida cantarla il più in linea possibile con lo stile del mitico Zazzo), Upset Noise, Declino, Nerorgasmo, Necrodeath, Bulldozer. Un po’ meno la cover Jester Beast (col senno di poi l’avrei voluta cantare in un altro modo) e Schizo perché mi sembra che il riff portante non sia stato riprodotto con le note giuste. Aneddoto: avevamo prenotato uno studio della madonna per fare la batteria e Al Mazzotti quella mattina non si è presentato. Dopo esserci presi una scarica di nomi dal proprietari,o che fortunatamente non ci ha fatto pagare per il danno, abbiamo riorganizzato la session in un altro studio rimediato all’ultimo istante. Mi sembra che avessimo 4-5 ore contate per fare la batteria di tutto il disco. Al si è fatto prendere una quindicina di birre al discount e si è sparato tutta la registrazione dritto senza soste scolandosi una bottiglia ad ogni break tra un pezzo e l’altro come se fosse il suo carburante. Spettacolo!

5. DESPERATELY INSENSITIVE (Deathvomit Records, 2003)
Realizzato in una fase molto transitoria e in crescita per i CB di allora, con una produzione che oggi mi suona un po’ troppo sterile e leggera rispetto a come eravamo. Si parla dei CB post-“Misantropo” di primi 2000: questo è il primo full-length del periodo che segue la dipartita di Alberto the Crippler con l’inserimento di Al Mazzotti alla batteria e Der Kommissar alla chitarra, formazione poi durata per circa 15 anni. L’album ripropone alcuni classici ri-registrati (“Being Ripped Off”, “I Hate Her”, “Get Out and Bite Them”, “Jurisdictions”) e svariati nuovi. Su tutti, tre brani a cui sono estremamente legato: “Odio a Prima Vista”, “Partner della Convenienza” e “Desperately Insensitive”. Questo è l’ultimo lavoro CB con quasi tutti pezzi composti da me sia a livello di testi che di riff (ovviamente poi riarrangiati con un lavoro di squadra), tranne “Fear in the Squats of the Dead” la cui musica é stata composta da Der Kommissar. Paragonato ad alcune uscite grind di quel periodo – specie quelle che venivano fuori dallo studio di Mieszko/Nasum – si poteva fare di meglio a livello di registrazione. Peccato perché, come dicevo, contiene diversi pezzi che mi stanno a cuore.

4. YOUR LIES IN CHECK (E.U. ’91 Produzioni, 1996)
Il nostro primo disco a lunga durata, realizzato con difficoltà enormi. Siamo nel 1995. Con i pochi fondi racimolati tramite qualche concerto e vendendo le copie dei precedenti singoli, abbiamo deciso di imbatterci in questa impresa, con alle spalle pochissima esperienza studio. La line-up di allora vedeva me e Alberto the Crippler come colonne portanti e il batterista Michele Hoffman che aveva da poco deciso di andarsene, promettendo però di registrare quest’ultima fatica. Al basso un ragazzo brasiliano, Eduardo, che avevamo conosciuto all’El Paso di Torino e che da un po’ usciva con noi. L’album è stato registrato in modo discontinuo in un arco di tempo troppo lungo, e infatti ad un attento ascolto si percepiscono variazioni di produzione tra i brani. Per qualche motivo Alberto The Crippler aveva deciso di ridurre drasticamente la mole di distorsione passando ad un unico pedale dritto nell’ampli, scelta provvisoria, tant’è che negli anni successivi tornerà poi al suo classico suono “a strati” con l’uso di una serie sconfinata di effetti. Anche il basso era totalmente pulito. Soluzioni abbastanza insolite per un disco grindcore che così pur essendo velocissimo ed esasperato al massimo assume un’atmosfera paradossale, a tratti quasi rock (parlo della produzione ovviamente). Contiene 69 brani tra cui una miriade di cavalli di battaglia che ancora oggi suoniamo dal vivo. Quasi nulla di inedito perché buona parte erano già usciti in versione più grezza sui precedenti 7″ e demo. Probabilmente se fosse stato fatto da una formazione più unita in un arco di tempo meno esteso e con mezzi diversi, sarebbe uscito meglio.

3. NERO IN METASTASI (Relapse Records, 2014)
Lo metto quasi a pari merito con “Variante alla Morte” e forse lo preferisco leggermente a livello di produzione, più aggressiva e nitida.. il motivo per cui va al terzo posto anziché al secondo lo spiegherò dopo. Un album frutto di una line-up stabile con alle spalle una grossa gavetta di live. Primo lavoro con inserimento di Wild Vitto come arrangiatore e seconda chitarra e anche primo full su Relapse. Strumenti registrati da Fredman in Svezia, voce al Toxic Basement a Milano, mix e mastering di nuovo in Svezia. Potente, aggressivo e con svariati brani che rendono bene anche live, come la opening track “Malato Terminale”, “Strage di Ostacoli”, “Nemico a Terra”, “Anima in Disgregazione”… e poi la lunghissima “Splendore e Tenebra” in chiusura, che era stato uno sbattimento enorme per quel che concerne la stesura e l’adattamento del testo sul brano. Riascoltandomelo suona ancora alla grande e rappresenta in pieno i CB dei 2010’s.

2. VARIANTE ALLA MORTE (FETO Records, 2008)
Scelgo di metterlo al secondo posto per una sottile preferenza personale dettata dal fatto che sono molto legato ad alcuni brani e testi, su tutti “Stupro e Addio”, “Allergie da Contatto”, “Karma del Riscatto”, “Gli Anni che non Ritornano”, “Lo Sfregio e le sue Ombre”, ecc. Per il resto a pari merito con “Nero in Metastasi”, sicuramente meno curato e più grezzo – ma in un senso positivo. Qui la produzione (Fredman, Svezia) è glaciale, pesantemente scandinava, e la scelta di accordatura ribassata la enfatizza; a tratti esce fin troppo soffocante e a muro in faccia… ma va proprio a gusto, per chi apprezza questo tipo di sonorità è forse il nostro album preferito. É interessante ascoltare il demo/pre-produzione realizzato in Italia (uscito da poco nel boxset “The Outside World”) perché mette in luce questi brani con un approccio più hardcore che permette di decifrarne la struttura più nel dettaglio. Anche questo é un’ottima espressione dei CB della “seconda line-up” 2000-2015 e un pezzo come “Stupro e Addio” credo meriti un suo posto nella storia dell’underground italiano. Curiosità: il testo di “Lo Sfregio e le Sue Ombre” è stato in parte scritto negli anni di “Misantropo…”.

1. MISANTROPO A SENSO UNICO (E.U. ’91 Produzioni, 2000)
Nel posto giusto al momento giusto, con lo spirito giusto e alle spalle un background scurissimo. “Misantropo a Senso Unico” rappresenta un periodo di svolta per me e chi era con me, ha in sé quell’alchimia strana e forse anche maledetta di quando stai facendo il disco della tua vita ma dentro senti che non hai obiettivi né tantomeno qualcosa da guadagnare o perdere. Sia Alberto The Crippler che l’allora batterista Walter avevano detto che se ne sarebbero andati finito il lavoro, quindi non avevo grandi aspettative su cosa sarebbe successo dopo. “Misantropo a Senso Unico” è stato registrato allo Studio Acqualuce di Alpignano a cavallo tra il 1999 e il 2000. Quasi tutti i brani sono stati composti da me (musica e testi) tranne qualche riff su “Il Tuo Amico Morto” scritto da Alberto. È da tanti considerato il nostro “Reign in Blood”; è il mio preferito (anche se non a lunga distanza dagli altri), perché mi ricorda l’ambiente in cui è stato concepito e la mentalità che lo ha ispirato, e da maniaco di tutto quello che è violento, negativo e osssessivo, posso assicurare che “Misantropo a Senso Unico” deriva da anni di tutto il peggio immaginabile. Musicalmente attinge molto dal primo hardcore/thrash italiano, in particolare gruppi come Kollettivo, Negazione, Impact, Nerorgasmo, Declino, Schizo. L’idea era di partire da quell’impronta e stile compositivo e spararlo oltre ogni limite di incazzatura e velocità. La produzione è cruda e sgraziata, ma riproduce in modo fedele come suonavamo allora in sala prove o dal vivo, infatti per un periodo di tempo il fonico che l’ha registrato ci faceva andare da lui in Acqualuce a provare, ci ascoltava e intanto si studiava come impostare i suoni dell’album. Tra le due versioni in circolazione preferisco leggermente il remix del Toxic Basement perché ci ha dato la possibilità di riportare alla luce alcuni dettagli che su quello originale erano un po’ affondati dalla massa di distorsione e grezzume. Aneddoto: svariati brani hanno come idea di partenza una cassetta di chitarra e voce che ho inciso nel 1987 con pezzi molto semplici e immediati; quando ho composto “Misantropo a Senso Unico” ho pensato di riesumare quella che poteva essere la genuinità dell’istinto di un tredicenne che prova a fare HC, perché più pura e carica di fantasia primordiale. Quindi una percentuale di quello che sentite lì sopra l’ho composto a 13 anni. Non ho pezzi preferiti perché mi piace tutto dall’inizio alla fine, è come un brano unico.

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