MESSA: il nuovo album “The Spin” traccia per traccia!

Pubblicato il 17/03/2025

A cura di Giovanni Mascherpa

Un’ascesa inarrestabile e inaspettata, quella dei Messa: la formazione veneta è partita con il piede giusto nel 2016 con l’esordio discografico “Belfry” e da lì non si è più fermata, convincendo un pubblico esponenzialmente più ampio attraverso i successivi “Feast For Water” e soprattutto “Close”.
Quest’ultimo ha rappresentato la perfetta chiave di volta per aprirsi alla platea internazionale, forte di un crocevia stilistico originale, di canzoni eccellenti e una spiccata personalità. Portato quel disco in giro incessantemente in Europa e perfino negli Stati Uniti, i Messa sono alle prese con l’onore – e l’onere – di dare continuità a quanto di buono combinato finora, cercando allo stesso tempo di non ripetersi.
“The Spin” arriva quindi a noi carico di aspettative, rafforzate dalla firma per Metal Blade, una delle case discografiche più iconiche per chiunque ascolti metal. Sarebbe stato impensabile ipotizzare anche solo pochi anni fa che una proposta come quella dei Messa, così sfaccettata e non propriamente ‘classica’ per gli standard della label americana, sarebbe potuta approdare su una simile etichetta: potere della musica e del valore di un gruppo attualmente tra più importanti della nostra penisola, come testimoniano pure le date di supporto ad alcuni artisti nettamente più mainstream transitati in Italia di recente.

Veniamo allora a “The Spin”, che nasce secondo presupposti molto diversi da quelli di “Close” e va effettivamente a toccare corde sonore significativamente differenti da quelle del predecessore.
Atmosfere sinuose e dolcemente dark prendono possesso delle canzoni, emanando un feeling figlio del gothic rock anni ’80 e di tutte le sue ramificazioni. Ciò, paradossalmente, avvicina più che mai la formazione, almeno come iniziale percezione, al filone dell’hard rock/doom con voce femminile – od occult rock che dir si voglia – proprio per il feeling notturno, sottilmente cupo, nel quale l’intero “The Spin” pare essere avvolto.
Nonostante la forte eterogeneità che si respira anche in tracklist, l’insieme è più compatto e meno frastagliato rispetto alle passate uscite della band. Negli arrangiamenti e nelle strutture si percepisce la volontà di un impatto lievemente più netto, urgente, anche se con il passare delle canzoni il tocco più astratto e sperimentale riemerge e dona caratteristiche uniche alla musica.
Manca ancora qualche settimana all’uscita ufficiale di “The Spin”, per colmare almeno in parte l’attesa cerchiamo di darvi allora le prime impressioni su come suonano le sette tracce che lo compongono.

MESSA

Sara – voce
Marco – chitarra/basso
Alberto – chitarra
Rocco – batteria

THE SPIN
Data di uscita: 11/04/2025
Etichetta: Metal Blade
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01. Void Meridian (04:29)
Brano cangiante e dai tratti almeno parzialmente sfuggenti, l’opener. Cupi sintetizzatori si annodano a un delicato arpeggio, dando quindi il benvenuto alla cristallina voce di Sara.
Un andamento cullante, rotto da un primo stacco di batteria e un basso dal suono grosso e ‘ingombrante’, che va a introdurre un andamento incalzante non lontano da certo post-punk molto sostenuto: un tema ricorrente nel disco e uno degli elementi da gothic rock/darkwave ispiratori dei contenuti di “The Spin”.
All’altezza del ritornello il pezzo muta completamente faccia, si rilassa, strumenti e voci virano alla lucentezza. Un assolo veemente e sempre più brioso riporta su territori di puro heavy metal, mentre cresce di intensità anche la batteria, prima di ridare a Sara e alla sua vocalità piena di trasporto il compiuto di chiudere il cerchio, un po’ il serpente in copertina.

02. At Races (06:00)
Il primo singolo dell’album, fatto uscire assieme a un video ‘da viaggio’ che vede la motociclista Sara e il resto della band esplorare vari luoghi iconici dell’Est Europa. Un groove avvincente ci trasporta immediatamente nel vivo dell’azione, energia e gentilezza, finezza e irruenza si miscelano in un crescendo quasi epicheggiante.
I Messa mettono volentieri i panni della formazione heavy metal, alla loro maniera, giocando con la melodia e la voce di Sara per far sempre emergere la propria caratteristica personalità.
A circa metà l’atmosfera muta radicalmente, ci si abbandona alla soavità, i tempi si dilatano, perdendosi in un sospirante sogno. Se ne riemerge ispessendo nuovamente le chitarre e c’è ancora un bell’assolo avvolgente e carico di pathos a segnare la seconda parte della traccia. Il clima si intorbida, si fa più tormentato e pure la voce sale di energia, fino a riconnettersi con il tema iniziale per un’ultima cavalcata.

03. Fire On The Roof (04:33)
Inizialmente sono qui protagonisti i sintetizzatori, che pur stando prevalentemente sullo sfondo danno un tocco particolare a una composizione più lineare e meno ramificata delle precedenti. Si tratta di un midtempo dall’andamento circolare, di impostazione piuttosto canonica, allineato sui binari di un doom metal settantiano/ottantiano sporcato di hard rock.
I riff sono pesanti e severi, in linea con quella di un disco del genere uscito, appunto, tra fine anni ’70 e prima metà anni ’80. Non fosse per la voce di Sara, leggiadra e setosa come d’abitudine, il tocco-Messa sarebbe qui decisamente più sfumato. Un breve strappo finale conferma quanto in “The Spin” la band voglia essere, almeno in parte, ‘semplicemente’ una formazione heavy metal, senza altri aggettivi più o meno indovinati ad etichettarla.

04. Immolation (04:47)
Da qui in avanti, ci pare che l’album cresca di tono, trovando una profondità di scrittura e interpretativa presente solo in parte nelle prime tre tracce. Nella prima metà di “Immolation” l’oscurità si fa elegantissima e profumata, lasciando Sara a cantare accompagnata semplicemente da un pianoforte e qualche flebile punteggiatura di sintetizzatore. Minuti dal fascino dolcemente notturno, emananti un feeling jazzato che i Messa, in qualche maniera, hanno sempre fatto percepire nei loro lavori.
Quando ricompare la componente metal, sboccia un bell’assolo e un fraseggio metallico che, per quanto i volumi ritornino ad essere vigorosi, rimane su registri abbastanza felpati.
La chiusura riprende i temi iniziali, fugacemente, facendo scemare l’enfasi chitarristica e riportandoci nelle distese atmosfere con cui il pezzo era cominciato.

05. The Dress (08:15)
Secondo singolo di “The Spin”, di tenore piuttosto difforme dal primo. L’attacco relativamente arrembante è ingannevole, perché la band quasi immediatamente cambia registro.
Ci si crogiola nell’astrattismo, la voce di Sara a dondolare sopra i sintetizzatori e un arpeggiato, prima di approdare a un frammento propriamente metal. Calma nelle strofe ed energica nel ritornello, la canzone, ammaliante nei suoi ripetitivi arpeggi, a un certo punto svolta verso qualcosa di ancora più setoso e impalpabile. Arriva un prolungato intermezzo di tromba, umorale e apparentemente slegato da quanto sentito un attimo prima. Qualcosa che sa di improvvisazione, con estemporanee incursioni di Sara a dare colore a questa fase.
D’effetto come tale sezione si tramuti progressivamente in una accelerazione tipicamente metallica, che si tronca di netto in corrispondenza dell’assolo. Tutte transizioni, quelle descritte, magari non apprezzabili pienamente al primo impatto, mentre una volta mandate a memoria prendono propriamente senso. Il finale è più lineare e orecchiabile, con la ripresa del ritornello come colpo di coda conclusivo.

06. Reveal (04:55)
Più serrata e incalzante, “Reveal” avrebbe potuto giocare a sua volta il ruolo di singolo, presentando alcuni stacchi concitati e pressanti che in sede live pensiamo possano rendere ancora meglio che su disco. Qua la sezione ritmica è corposa e massiccia, come del resto lo è il riffing, a trascinarci in un ritmo altalenante ma sempre dritto al punto. Pochi fronzoli, molta sostanza e gli stessi vocalizzi vanno verso una relativa aggressività, per quanto possa esserlo una simile voce femminile.
Questa volta non ci sono divagazioni o sperimentazioni fuori dal sentiero principale, si segnala un assolo ‘hendrixiano’, effettato e spiritato, mentre un turbine di hard rock metallizzato ci investe con tutta la sua fiammante energia.
Se il resto della tracklist ad alcuni potrebbe sembrare fin troppo ‘intellettuale’ e un po’ troppo controllato, in questo caso le coordinate sono sensibilmente differenti e votate a sonorità più istintive.

07. Thicker Blood (08:45)
Sentori di soundtrack aprono l’ultimo capitolo di “The Spin”. I sintetizzatori sfociano in un lento arpeggiato, infine arriva la voce di Sara; si parte lentamente e con molta calma, almeno il primo terzo di canzone scorre tra qualche breve incursione elettrica, per valorizzare il ritornello, e strofe al contrario molto tranquille e cristalline nell’interpretazione.
Quindi si sale di tono, in una progressione carica di pathos che si risolve in un denso midtempo; i toni della voce si fanno relativamente minacciosi, l’azione strumentale più vibrante ed è ancora la chitarra solista a impreziosire la trama, mentre si scivola in atmosfere più scenografiche e maestose. I volumi aumentano, l’atmosfera diventa sentitamente gotica, ricordando a tratti gli ultimi Tribulation, mentre sul finire alcune urla belluine acuiscono il senso di minaccia.
“Thicker Blood” è una composizione da assimilare per bene, difficili resti impressa ai primi approcci; una caratteristica comune un po’ a tutto l’album, del resto, motivo per cui “The Spin”, anche per lo stacco stilistico con il passato, potrebbe richiedere più di qualche (attento) ascolto per essere apprezzato.

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