OGGETTI SMARRITI: 10 album per riscoprire l’epic metal degli anni Duemila

Pubblicato il 09/11/2020

A cura di Giovanni Mascherpa

Musica ‘antica’ per antonomasia, l’epic metal è settore che amplifica al massimo suggestioni eroiche, mitologiche, storiche, secondo uno stile enfatico e drammatico che solo una sparuta minoranza di musicisti, da quanto esiste l’heavy metal, ha il vivo desiderio di portare avanti. Ci vuole convinzione – e tanta – per suonare qualcosa che nei suoi caratteri fondamentali è considerato immutabile, materia sacra non suscettibile di drastiche modifiche. Caduto in disgrazia, ma oggetto di culto per pochi appassionati nel mondo durante gli anni ‘90, con gli anni 2000 la fiamma dell’epic metal è tornata ad ardere. In pochi, ben selezionati, bracieri, ma non vi è dubbio alcuno che la riscoperta del metallo classico abbia dato una buona spinta anche ai figliocci di Manowar, Manilla Road e Warlord. Eccoci allora che, immersi in un fosco autunno, più grigio del solito per motivazioni che poco hanno a che vedere col clima, a poco più di due anni dalla morte di quell’icona del genere – meglio, del metal tutto – a nome Mark ‘The Shark’ Shelton, siamo andati a rispolverare una manciata di album che negli anni 2000 hanno riportato in auge l’epos in musica. La lista non vuole essere assolutamente esaustiva né stilare una classifica di merito, solo dare uno sguardo, fra il nostalgico e l’appassionato, a quanto gli ultimi vent’anni ci hanno detto per chi sguazza nella Storia, nel Mito e nella letteratura fantasy/eroica…

DOOMSWORD – “Resound The Horn” (Dragonheart Records)


“Tre anni di lunga attesa non sono pochi, ma di fronte alla maestosità di questo nuovo “Resound The Horn” il tempo diventa un qualcosa di totalmente relativo!” (CONTINUA)

WOTAN – “Carmina Barbarica” (Eat Metal Records)


“Quel primo scorcio del terzo millennio dove si va a collocare “Carmina Barbarica” (2004) fu un periodo di straordinario fermento per sonorità epic metal”. (CONTINUA)

MANILLA ROAD – “Voyager” (My Graveyard Productions)

“Siamo franchi, un disco come “Atlantis Rising” non rendeva affatto onore allo storico nome dei Manilla Road, ma ci mostrava una band stanca, poco ispirata e lontana dall’epic metal che abbiamo imparato ad amare su capolavori come “Crystal Logic””. (CONTINUA)

BATTLEROAR – “To Death And Beyond…” (Cruz Del Sur Music)

“Terzo-full length all’insegna del metal classico più epico per gli italo-greci Battleroar, band che piano piano sta crescendo sia in termini di consensi che dal punto di vista musicale”. (CONTINUA)

ASSEDIUM – “Fighting For The Flame” (My Graveyard Productions)

“Era atteso il secondo album dei milanesi Assedium, soprattutto dopo le buone parole spese sul loro conto da critica e pubblico all’indomani dell’uscita di “Rise Of The Warlords”, il loro debutto di due anni fa”. (CONTINUA)

DARK QUARTERER – “Symbols” (My Graveyard Productions)

“I Dark Quarterer ritornano a sei anni di distanza da “Violence” con un disco da incoronare come punta di diamante della loro discografia”. (CONTINUA)

SLOUGH FEG – “Ape Uprising” (Cruz Del Sur Music)

Mike Scalzi è un grande. E’ un grande perché nell’arco di quasi vent’anni ha composto sette dischi fregandosene “altamente del loro appeal commerciale”. (CONTINUA)

WHILE HEAVEN WEPT – “Vast Oceans Lachrymose” (Cruz Del Sur Music)

“Ci sono voluti ben sei anni ma alla fine Tom Phillips e i suoi While Heaven Wept ce l’hanno fatta!”. (CONTINUA)

ADRAMELCH – “Opus” (Pure Prog Records)

“Sapere che gli Adramelch con quest’album si congedano definitivamente ha il sapore amaro dell’occasione sprecata”. (CONTINUA)

ETERNAL CHAMPION – “The Armor Of Ire” (No Remorse Records)

““The Armor Of Ire” degli Eternal Champion è uno di quei dischi con i quali si entra in confidenza, in sintonia, in poco più di un battito di ciglia”. (CONTINUA)

 

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