A cura di Sara Sostini
Colori plumbei, acque agitate, orizzonti lividi, abissi inesplorati, salsedine: lo scenario marino è da sempre teatro perfetto per rappresentare il lato più tragico dell’essere umano, specie se in rapporto con elementi naturali non controllabili o domabili. La distesa d’acqua senza limiti e l’aria salmastra hanno infatti ispirato generazioni di avventurieri, esplorazioni, letteratura e – nel nostro caso – anche musica pesantissima.
Gli Ahab sono il gruppo che più di altri nel corso della propria carriera ha fuso in maniera inscindibile le profondità del doom con le tematiche nautiche e letterarie: partendo da “The Call Of The Wretched Sea”, ruvido e drammatico come le sartie del Pequod lanciato alla caccia di Moby Dick, passando per il dramma della baleniera Essex nel magnifico “The Divinity Of Oceans”, Daniel Droste, Christian Hector e compagni di bordo hanno saputo nel corso degli anni dipingere in musica grandi classici letterari del genere, arricchendo man mano il proprio sound di elementi progressivi, come successo per “The Giant”, ispirato al racconto di Poe “Storia di Arthur Gordon Pym” e psichedelici, con il più recente “The Boats Of The Glen Carrig”.
Partendo infatti dalla notizia di un loro nuovo album dopo otto lunghi anni, “The Coral Tombs” (in uscita nelle prime settimane di gennaio 2023 e basato su – finalmente – “Ventimila Leghe Sotto I Mari” di Jules Verne), ci siamo messi a scavare di nuovo nei nostri archivi alla ricerca di una selezione di album capaci di rappresentare il mare con toni e sfumature simili a quella del gruppo tedesco, o che comunque potessero costituire un valido diversivo per gli ascoltatori in queste settimane d’attesa. Nella nostra cernita abbiamo ‘limitato’ coscientemente l’estensione tentacolare dell’influenza di H. P. Lovecraft nel nostro genere preferito, perchè da sola meriterebbe uno speciale a parte (e chissà che prima o poi non veda la luce), oltre ad aver circoscritto il bacino di ‘pesca’ a gruppi o album appartenenti alle propaggini più estreme del metal. Ne abbiamo quindi selezionati dieci particolarmente rappresentativi, per sonorità e tematiche, tra quelli a noi più cari e che anche a distanza di anni hanno un posto stabile nei nostri ascolti, ma la lista potrebbe essere più ampia; vi invitiamo infatti ad arricchire l’elenco con i vostri suggerimenti nei commenti. Ahoy e buona lettura!
EMPYRIUM – The Turn Of The Tides (Prophecy Productions, 2014)
L’attesa è stata troppo lunga per tutti perché dodici anni rappresentano un’eternità nella carriera di una band, dato che l’indimenticato “Weiland” uscì nel 2002 e a distanza di così tanto tempo il nuovo “The Turn Of The Tides” fortunatamente ne conserva per certi versi il mood delicato, romantico e decadente. (CONTINUA)
GIANT SQUID – Cenotes (Translation Loss, 2012)
Sfuggenti ma immancabili, i Giant Squid, band post-metal di San Francisco di una razza tutta a sè. (CONTINUA)
MARNERO – La Malora (Escape From Today Records, 2016)
Un lavoro che si stacca e si riallaccia contemporaneamente al precedente “Il Sopravvissuto”, raccontando una storia che è la stessa eppure ne è un’altra. (CONTINUA)
MASTODON – Leviathan (Relapse Records, 2004)
Un disco che merita attenzione e dedizione non solo perchè intrinsecamente bello, ma piuttosto perchè spassionatamente, ontologicamente, metal. (CONTINUA)
NOVEMBRE – Dreams D’Azur (Century Media Records, 2002)
Per far sì che ogni loro fan avesse modo di ascoltare questo loro primo vagito (la versione originale esaurì quasi subito), i Novembre hanno deciso la scorsa estate di riregistrare completamente tutti i brani, donandogli una produzione più pulita e al passo coi tempi. (CONTINUA)
SLOW – V – Oceans (Audioglobe, 2018)
Se vi sentite tristi o giù di morale, state alla larga da questo disco. Se invece le sonorità più cupe e dolenti dello spettro metal sono il vostro pane quotidiano, “V – Oceans” potrebbe rivelarsi un’ottima compagnia per i mesi a venire. (CONTINUA)
SQUALUS – The Great Fish (Translation Loss, 2017)
Gli Squalus, infatti, non sono altro che la nuova incarnazione degli ottimi Giant Squid, formazione autrice di un originale sludge-doom-post metal di stampo progressivo e caratterizzato dall’uso atipico di un violoncello. (CONTINUA)
SULPHUR AEON – Swallowed By The Ocean Tide (F.D.A. Records, 2013)
Le vie del metal estremo possono essere infinite. I Nostri non lo dicono, ma lo dimostrano con la loro musica, avvolgendoci con un album sì aggressivo, ma anche altamente mistico, nel quale vengono continuamente evocati mondi e creature lovecraftiane. (CONTINUA)
THE GREAT OLD ONES – Tekeli-li (Les Acteurs de l’Ombre Productions, 2014)
Guardare a certo passato per scoprire il futuro. È questa la missione dei The Great Old Ones, mirabile creatura fuori dal tempo proveniente da Bordeaux. I Nostri giungono al secondo lavoro sulla lunga distanza con “Tekeli-Li”, sei tracce che sintetizzano gli sviluppi più recenti del suono black metal in un distillato dall’alto tasso emotivo. (CONTINUA)
THE OCEAN – Pelagial (Metal Blade Records, 2013)
Dopo aver dato libero sfogo all’ambizioso progetto rappresentato dalla doppietta “Anthropocentric”/”Heliocentric” e dopo le travagliate vicissitudini della salute del frontman Loïc Rossetti, Robin Staps torna a cimentarsi in un album unico e assolutamente compatto, forse il più canonico in assoluto… (CONTINUA)