Regno Unito: la Barclays fuori dagli sponsor dei festival dopo le proteste

Pubblicato il 15/06/2024

La Barclays ha annunciato la sospensione delle sponsorizzazioni ai festival di Live Nation previsti nel Regno Unito.

La decisione fa seguito alla rinuncia a suonare a vari festival come il Download, il Latitude o il Festival dell’Isola di Wight da parte di gruppi come ENTER SHIKARI, SPEED, PEST CONTROL, DYING WISH, ZULU e molti altri, proprio per via della presenza della nota banca britannica tra gli sponsor.

L’accusa mossa dai gruppi alla Barclays è quella di lavorare con società che forniscono armamenti a Israele nella guerra in corso nella striscia di Gaza.

Bands Boycott Barclays, uno dei principali gruppi di protesta, dichiara:

“E’ una vittoria per il movimento BDS (Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni). Come musicisti eravamo inorriditi dalla presenza della Barclays come sponsor dei festival, vista la loro complicità nel genocidio a Gaza attraverso investimenti e prestiti a società produttrici di armi che stanno rifornendo l’esercito israeliano. Centinaia di artisti si sono uniti questa estate per ribadire che tutto ciò è moralmente inaccettabile e siamo contenti che la nostra voce sia stata ascoltata. La nostra richiesta alla Barclays è chiara: disinvestire dal genocidio o ci saranno altre azioni di boicottaggio”.

La Barclays ha dichiarato:

“E’ stato chiesto alla Barclays di sospendere la partecipazione ai restanti festival di Live Nation previsti nel 2024 e abbiamo accettato. I clienti Barclays che possiedono biglietti per questi festival non sono interessati da questo cambio e i loro biglietti rimangono validi. L’obiettivo dei manifestanti è quello di far sì che la Barclays smetta di lavorare con le società che operano nel campo della difesa, un settore in cui rimaniamo impegnati come parte essenziale per mantenere al sicuro questo Paese e i nostri alleati.
Hanno fatto ricorso all’intimidazione del nostro personale, a ripetuti atti vandalici nei confronti delle nostre filiali e a molestie online. L’unica cosa che riuscirà a ottenere questo piccolo gruppo di attivisti è indebolire il sostegno essenziale agli eventi culturali di cui godono milioni di persone. È tempo che i leader della politica, degli affari, del mondo accademico e delle arti si uniscano contro tutto ciò”.

 

 

 
 
 
 
 
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