A cura di Federico Orano
Si respira aria di novità in casa Secret Sphere con l’imminente nuova release che prenderà il nome di “Lifeblood”. L’attenzione dei fan più datati è tornata alle stelle appena si è sparsa la voce del ritorno al microfono dello storico cantante Roberto Messina – che ha militato nella band dai tempi dell’esordio (correva l’anno 1997, con la pubblicazione di “Mistress Of The Shadowlight”) fino al 2012. Per ben otto anni c’è stato Michele Luppi a prendersi cura di tutte le voci all’interno delle tre release pubblicate successivamente (se si considera anche il rifacimento dello storico “A Time Never Come”); una parentesi che ha visto il quintetto piemontese andare alla ricerca di sonorità maggiormente delicate con suoni più rock e progressivi. Ora il gruppo alessandrino, capitanato dal mastermind e chitarrista Aldo Lonobile, è pronto a riprendere, almeno in parte, quei binari powereggianti che loro stessi hanno contribuito a creare negli anni, trovando subito la consacrazione grazie a quel indimenticato capolavoro di power metal sinfonico che risponde al nome di “A Time Never Come”. Il lavoro che andiamo ad analizzare con questo track-by-track ci mostra una band ormai consapevole dei propri mezzi e capace di spaziare all’interno di svariate influenze, forte di un’esperienza oramai più che ventennale durante la quale non ha mai smesso di osare!
Roberto Messina – Voce
Aldo Lonobile – Chitarra
Andrea Buratto – Basso
Gabriele Ciaccia – Tastiere
Marco Lazzarini – Batteria
LIFEBLOOD
Data di uscita: 12 Marzo 2021
Casa discografica: Frontiers Records
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01. SHAPING REALITY (2:23)
Un’introduzione orchestrale, malinconica e dal pathos crescente, con spazio agli strumenti ad arco che hanno il compito di aprire le danze con sinfonie classiche. Ben presto le tastiere crescono di volume e profondità, aiutate da cori evocativi che avvolgono l’ascoltatore in un incedere ideale per alzare il livello di suspense.
02. LIFEBLOOD (5:31)
La titletrack ha il compito di rompere l’attesa e di esplodere dalle casse, riportando subito Roberto Messina al suo posto. Si tratta di un pezzo deflagrante, nel classico stile Secret Sphere, che al suo interno presenta decisi e repentini cambi di tempo, con riff stoppati che si aprono a passaggi più sinfonici. Il lavoro sulle linee vocali è sempre ricercato, con melodie variegate che portano ad un chorus davvero portentoso; sarà d’obbligo spararselo a tutto volume facendo vibrare i muri della stanza. A tratti le orchestrazioni sono imponenti, meno sinfoniche ma più prettamente ‘orchestrali’, appunto. Con “Lifeblood” la band alessandrina si specchia ritrovando lo spirito vincente del passato, purtroppo sparito negli ultimi tempi.
03. THE END OF AN EGO (3:44)
Aldo Lonobile abbraccia la sua chitarra aprendo il brano con riff di carattere, ben accompagnati da arrangiamenti sinfonici e pomposi, i quali ben presto lasciano spazio a ritmi più lenti e ragionati. Dopo una partenza corposa ed esaltante il pezzo cambia veste, incamminandosi verso territori progressivi. “The End Of An Ego” è sicuramente una composizione coraggiosa, nonchè tra le più intricate all’interno della discografia della band. Una canzone che necessiterà inevitabilmente diversi ascolti prima di essere assimilata, non tanto per la sua complessità sonora quanto più per una evidente ricercatezza nelle linee vocali.
04. LIFE SURVIVORS (4:02)
È Gabriele Ciaccia dietro ai suoi tasti d’avorio ad imprimere la propria impronta a “Life Survivors”: il lato progressivo che ha sempre contraddistinto la band piemontese qui si esalta sulle note eleganti e raffinate di un brano accattivante, dove gioca un ruolo fondamentale l’approccio teatrale – a cui ci aveva abbondantemente abituati in passato – del cantato di Roberto, ben supportato da tappeti di tastiere che si muovono con dinamicità accompagnandoci per mano fino ad un ritornello pregevole. Gli arrangiamenti sono imponenti e sembra evidente qui lo zampino di Antonio Agate, ex tastierista della band che ha sempre continuato a supportare i suoi compagni in fase di songwriting.
05. ALIVE (4:51)
Si torna a pestare forte sull’acceleratore: Marco Lazzarini alla batteria batte come un forsennato ed i suoi compagni gli corrono dietro senza mai perdere un colpo. Una power song magistrale che corre rapida senza concedere alcuna sosta: “Alive” sarà in grado di ammaliare ogni seguace della band piemontese (nonché molti appassionati di queste sonorità) grazie ad un ritornello spettacolare, in grado di imprimersi in testa già dal primo ascolto. Trovano spazio anche le tastiere di Gabriele Ciaccia per un breve assolo che apre la via alle sei corde di Aldo, il quale prende il proscenio con autorevolezza. Roberto Messina in questi brani è a suo agio: lo dimostra alzando i toni e concludendo con le marce alte. Un pezzo sublime che ci riconsegna i cari e vecchi Secret Sphere al loro meglio.
06. AGAINST ALL THE ODDS (4:09)
Si torna a viaggiare attraverso sonorità maggiormente introverse veleggiando sulle note di “Against All The Odds”, midtempo melodico che punta molto su linee vocali soavi ben studiate ed elaborate. Alcuni cori accompagnano l’ugola di Roberto, che per l’occasione compone ed esegue un refrain sfrontato, che indubbiamente prende ispirazione più dal mondo hard rock ed hair metal che dal power più classico. Notevole lo stacchetto di stampo jazz-progressivo precedente il ritornello finale, capace di mettere in mostra tutto l’estro della band. Viste le sonorità rockeggianti qui trattate, la sensazione è che il brano in questione si sarebbe adattato alla perfezione anche alla voce ed all’interpretazione di Michele Luppi.
07. THANK YOU (4:37)
Possente e corposo, “Thank You” si erge sui riff portentosi coadiuvati da tastiere dai suoni orchestrali sprigionando una potenza non indifferente, esaltata dalle note di basso di Andrea Buratto. Un altro momento esuberante del disco che ci riporta un po’ indietro nel tempo fino al sound di “Scent Of Human Desire”, terzo lavoro della band, controverso ma eccitante e ricco di molteplici influenze. Il frontman alessandrino ha riservato per questo brano un ritornello di grande spessore, che esplode con irriverenza piazzandosi facilmente in testa. Canzone forse atipica e probabilmente difficilmente inquadrabile all’interno di un genere, ma sicuramente divertente, nel complesso piacevole ed in grado di crescere con gli ascolti.
08. THE VIOLENT ONES (4:02)
Da un pezzo che prende il nome di “The Violent Ones” non potevamo certo aspettarci una ballata: scariche di adrenalina esplodono qua e là spinte dalle sei corde di un ispirato Lonobile alternandosi ad aperture melodiche orecchiabili e facilmente apprezzabili. Nella fase centrale, chitarre e tastiere si scambiano ancora il timone del comando con enorme maestria (omaggiando quasi gli amici DGM) mostrando una crescita, soprattutto in termini di personalità, da parte del giovane tastierista Gabriele Ciaccia. Roberto mette mano alla manopola ed alza i decibel del suo cantato per raggiungere note piuttosto alte.
09. SOLITARY FIGHT (6:02)
Un’abbuffata di power metal melodico come ai vecchi tempi è ciò a cui si va incontro con le sonorità trascinanti ed inarrestabili di “Solitary Fight”. La partenza è un turbine sonoro ed i ritmi sono elevati, spinti da una sezione ritmica incalzante. Messina parte carico incalzando la dose e, dopo un refrain più ragionato, esplode in un chorus che farà canticchiare più di qualche ascoltatore. La parte strumentale centrale, vivace ed efficace, vede tutti protagonisti, a testimonianza dall’ottima coesione tra i componenti della band.
10. SKYWARDS (3:56)
L’immancabile ballata arriva puntuale con “Skywards”; chi conosce da tempo la band ha ben impresso in mente alcuni lenti leggendari, come ovviamente l’indimenticabile “The Mystery Of Love”. Inutili i paragoni, qui i Secret Sphere costruiscono un pezzo maturo, ricercato e malinconico che ha poco a che fare col passato. Una ballad acustica segnata ovviamente dall’ugola di Roberto che disegna melodie nostalgiche, tra le quali trova spazio anche una voce femminile con la quale duetta. Il breve assolo di Aldo è elegante e si muove con equilibrio, senza alterare l’atmosfera limpida e serena che avvolge il pezzo.
11. THE LIE WE LOVE (8:17)
Il brano più lungo della tracklist ha anche il compito di chiudere il disco. Piano e voce introducono un pezzo che poco più tardi esplode con riffoni pesanti e ritmi controllati, trasformandosi in un midtempo possente dove si muove con destrezza la voce squillante di Messina. “The Lie We Love” è una minisuite di classe in cui trovano spazio influenze progressive che potrebbero ricordare qualcosa dei Fates Warning, ma con un’evidente impronta sinfonica tipica dei Secret Sphere. Tanti elementi si amalgamano con sapienza all’interno di questa composizione, che potrebbe spiazzare al primo impatto, ma allo stesso tempo mette in mostra il coraggio di una band che non ha mai voluto ripetersi, dimostrando nella propria carriera di saper sperimentare con competenza. La chiusura è affidata ad un coretto frizzante sul quale si stampa ancora la voce di Roberto, che marchia profondamente e con personalità il finale dando il via ai titoli di coda.