A LIFE IN DEATH…
A cura di Luca Pessina
Non c’è due senza tre e non c’è tre senza quattro! Bentornati su Sectioning Death! Siamo molto felici di potervi presentare un nuovo tuffo nell’underground death metal, soprattutto perchè questa volta ben due delle tre band protagoniste della "puntata" provengono dal nostro Paese! Stiamo parlando dei romagnoli Suffer In Silence e dei campani Symbolyc, formazioni che rileggono con padronanza i dettami dei colossi death metal scandinavi, aggiungendo al tutto qualche altra spezia. Entrambi i loro ultimi album sono stati ben accolti su Metalitalia.com, quindi ci auguriamo che voi tutti riusciate a prestare loro un po’ di attenzione. A completare la "triade" arrivano invece dalla Finlandia – passando per la Svezia – i terremotanti Deathbound, terzetto death-grind che i fan di Rotten Sound e Nasum avranno probabilmente già sentito nominare almeno qualche volta. Con quattro full-length all’attivo, i nostri sono ormai una solida realtà e siamo contenti di poterli finalmente ospitare sulle nostre pagine con un’intervista. Buona lettura, dunque… e appuntamento a breve per un altro massacro!
N.B. Tutte le interviste saranno sempre disponibili anche nel nostro archivio interviste.
DEATHBOUND – LA CURA È L’INFERNO
A cura di Luca Pessina
Dopo aver recensito tutti gli album pubblicati sino a oggi, è finalmente giunto il momento di fare quattro chiacchiere con i Deathbound, ormai divenuti una solida realtà della scena death-grind scandinava. Spesso considerati i cugini dei più celebri Rotten Sound, i nostri hanno in verità sempre avuto un sound più vicino al death metal, la cui influenza è particolarmente evidente proprio su "Non Compos Mentis", ultimo parto del terzetto, uscito pochi mesi fa per Dynamic Arts. Il gruppo, tuttavia, non sembra affatto infastidito da certi paragoni e, anzi, ammette che qua e là l’influenza dei colleghi finlandesi si faccia sentire. Ne abbiamo discusso con il chitarrista Pete Seikkula!È PROBABILE CHE CI SIANO ANCORA PERSONE CHE NON HANNO MAI SENTITO PARLARE DEI DEATHBOUND. VUOI INTRODURRE BREVEMENTE LA BAND PER FARE UN PO’ DI LUCE SUL VOSTRO PASSATO?
"Abbiamo fondato la band in Svezia nel 1995 con il nome di Twilight e realizzato qualche demo, ma nel 2000 io e Kai ci siamo trasferiti in Finlandia. La nostra line-up per forza di cose è cambiata e abbiamo iniziato a suonare un tipo di musica differente da quella dei Twilight, così abbiamo cambiato nome in Deathbound, in modo da ripartire con qualcosa che rappresentasse meglio la nostra proposta. Ora abbiamo già pubblicato 4 album e la nostra attuale line-up è composta da Kai alla voce, io alla chitarra e Sami alla batteria".
RIFERENDOMI ALLA VOSTRA MUSICA, PARLEREI DI DEATH-GRIND. TU CHE NE PENSI? VI INTERESSA ESSERE INSERITI IN UN CERTO FILONE?
"Direi che suoniamo death-grind con molto groove, ma non diamo troppo peso al genere… ci basta che il materiale suoni bene per noi, non ci interessa trovare una definizione".
IL NUOVO "NON COMPOS MENTIS" È GIÀ IL VOSTRO QUARTO ALBUM. SIETE SODDISFATTI DELLA VOSTRA CARRIERA SINO A OGGI?
"Ci sono sempre cose che potrebbero essere cambiate e realizzate meglio, ma non possiamo farci nulla, i vecchi album ormai sono fuori. Sono un perfezionista quando si parla di musica, non sono mai soddisfatto! Tuttavia, trovo che l’evoluzione e la maturazione dei Deathbound siano evidenti… basta ascoltare il primo album e quello nuovo in successione".
RISPETTO AL PRECEDENTE "WE DESERVE MUCH WORSE", CI SONO DELLE COSE CHE VOLEVATE FARE IN MANIERA ASSOLUTAMENTE DIVERSA SUL NUOVO ALBUM?
"Direi che per ‘Non Compos Mentis’ l’obiettivo principale è stato quello di ottenere un suono più corposo e definito. L’album suona più death metal di ‘We Deserve Much Worse’, quindi volevamo che le parti groovy e le melodie risaltassero il più possibile questa volta".
ESISTE UN CONCEPT ALLA BASE DEL DISCO? VI È UN MESSAGGIO IN PARTICOLARE CHE DESIDERATE DIVULGARE CON LA VOSTRA MUSICA?
"Questo disco parla in particolare di menti disturbate. I temi sono la paranoia, la schizofrenia e la violenza. La pazzia ha sempre rappresentato una grossa influenza per noi".
SAMI, IL VOSTRO BATTERISTA, SUONA ANCHE NEI ROTTEN SOUND. QUESTO SUO COINVOLGIMENTO STA AVENDO UN’INFLUENZA SUI DEATHBOUND?
"Sami ha iniziato a suonare con loro nel 2006 e devo ammettere che ogni tanto questa cosa si fa sentire nel nostro sound. Tuttavia cerchiamo di evitare che esistano troppe affinità fra noi e loro, siamo due band nate in maniera completamente diversa e ci teniamo a mantenere una certa identità".
COME SPIEGHI LA CONTINUA CRESCITA DELLA SCENA GRIND IN NORDEUROPA E SCANDINAVIA? GRUPPI COME ROTTEN SOUND, THE ARSON PROJECT, EXHALE, SPLITTER, AFGRUND E VOI STANNO DA TEMPO CONFEZIONANDO OTTIME COSE. SENZA PARLARE DEI NASUM, ORMAI UNA LEGGENDA…
"Sai che non so cosa risponderti? Questa è una domanda difficile (ride, ndR)! Forse tutto ciò deriva proprio dal grande successo dei Nasum. Hanno rappresentato un’influenza importantissima per tutti gli appassionati di grindcore da queste parti e probabilmente invogliato molti a imbracciare gli strumenti".
AVETE DA POCO PORTATO A TERMINE UN TOUR EUROPEO. COSA PUOI DIRMI RIGUARDO A QUESTA ESPERIENZA?
"Sì, abbiamo partecipato all’Accession To The Throne Tour assieme a Demonical e My Own Grave. Il tour è stato un successo… tanti show, tanta birra, tanta distruzione. Abbiamo lo stesso genere di umorismo delle altre band, quindi è stato un piacere trovarsi on the road con loro!".
QUALI SONO I VOSTRI PIANI PER IL FUTURO? CONCERTI, UN NUOVO ALBUM…?
"Terremo alcuni show in Finlandia nel prossimo futuro. Poi abbiamo un paio di pezzi delle session di ‘Non Compos Mentis’ che non sono finiti sull’album, quindi magari penseremo a uno split o a un EP…".
QUAL È LA COSA MIGLIORE CHE POTREBBE CAPITARE AI DEATHBOUND IN QUESTO PRECISO MOMENTO?
"Riuscire a prendere parte a un nuovo tour ed essere invitati a quanti più festival possibile. Inoltre, anche un nuovo contratto discografico non sarebbe male, dato che questo era il nostro ultimo album per la Dynamic Arts Records (ride, ndR)!".
GRAZIE PER L’INTERVISTA! LE TUE ULTIME PAROLE?
"Grazie a voi! Ascoltate le tracce su www.myspace.com/deathboundspace e se vi piacciono procuratevi gli album!".
SUFFER IN SILENCE – LA DURA REALTà
A cura di Luca Filisetti
Da sempre siamo abituati a considerare Rimini e la riviera romagnola come la capitale del divertimento e delle notti insonni passate in discoteca: ebbene, da qualche anno a questa parte proprio in riviera si é sviluppata una scena estrema che consta di diverse piccole ma promettenti realtà in ambito doom, black e death metal. I Suffer In Silence si possono tranquillamente inserire in quest’ultimo filone e sono un mome che ogni amante delle melodie di matrice svedese dovrebbe appuntarsi per il futuro. I ragazzi, attivi già da parecchi anni (seppure con uno scioglimento alle spalle), arrivano all’esordio discografico solo nel 2009, sotto l’occhio attento della SG Records. Il death dei nostri, come spiegheranno a più riprese loro stessi nell’intervista, é influenzato soprattutto dagli At The Gates e a livello lirico é ammantato di un pessimismo cosmico e di un’amarezza che traspare già dal titolo e dal nome della band. A loro la parola dunque…
SIETE ATTIVI DAL 2002 MA SOLO ORA SIETE RIUSCITI A PUBBLICARE IL PRIMO ALBUM: COSA AVETE FATTO NEL FRATTEMPO?
“Ciao, nell’autunno del 2002 Patrick (cantante/chitarrista e membro fondatore della band) cominciò a scrivere canzoni in collaborazione con il primo batterista, da lì a poco la band si completò e iniziò a fare concerti in locali della zona. Purtroppo però non era nei pensieri di tutti e quattro andare avanti con questo progetto e così la band si sciolse nel 2004. Dopo un anno di silenzio Patrick rimasto da solo non si arrese e si mise a una dura ricerca di musicisti, in pochi erano all’altezza e/o interessati e dopo tante prove solo alla fine del 2005 i S.I.S. tornarono con una formazione completa, ma questa volta con componenti diversi. Finalmente ora tutti all’interno del gruppo credevamo nella nostra musica e così nel 2006 andammo a registrare il nostro primo omonimo demo. Nel frattempo continuammo ad esibirci dal vivo e a comporre nuove valide canzoni perché era nostro desiderio far uscire un album e così fu nel maggio 2009, quando tornammo al Fear Studio a registrare, e nel novembre dello stesso anno firmammo un contratto con la SG Records, completamento delle nostre fatiche”.
PERCHÉ AVETE SCELTO UN MONICKER COME SUFFER IN SILENCE?
“Il nome della band è stato dato da Patrick, è un nome che si addice alla musica che proponiamo e alla maggior parte delle tematiche che trattiamo. In alcune nostre parti melodiche si manifesta la sofferenza e in altre più violente si scatena la rabbia e viene fuori il dolore che teniamo dentro e che nascondiamo. Il soffrire in silenzio coinvolge molte persone e quindi ci sembra giusto avere un monicker che rappresenti un serio problema piuttosto che uno inventato e non reale”.
COME SI È SVOLTO IL SONGWRITING? CHI HA SCRITTO, PRINCIPALMENTE, LE MUSICHE DEL DISCO?
“Le musiche sono tutte scritte da Patrick, nasce tutto dalla sua mente. Naturalmente ogni membro del gruppo poi ha contribuito esprimendo le proprie idee per cercare di rendere le canzoni con soluzioni più belle possibili”.
DI COSA TRATTANO I TESTI?
“Patrick nei suoi testi parla della vita di tutti i giorni, prendendo ispirazione dalle cose ingiuste che viviamo e che ci accadono sotto ai nostri occhi, a volte senza poter fare nulla. Il dolore, la ribellione e l’odio sono tra i principali argomenti.. eccezion fatta per una canzone intitolata ‘Without Gods’, che parla dello star bene senza avere bisogno e l’aiuto di un dio, contare solo su se stessi e sulle proprie forze ed essere liberi senza dover obbedire a delle regole”.
QUANTO SONO IMPORTANTI I TESTI PER VOI? IN CHE MISURA I TESTI INFLUENZANO LE MUSICHE E VICEVERSA?
“I testi sono importantissimi per noi perché fanno capire totalmente quello che esprimiamo e che abbiamo dentro, nel nostro caso poi alcune canzoni sono vere, esperienze realmente vissute sulla nostra pelle. Di solito noi aggiungiamo le parole solamente una volta completata la musica, perché è la musica stessa con le sue note più o meno melodiche che ci dà la giusta ispirazione per un racconto da trattare. Solo in pochissimi casi abbiamo testi già pronti prima delle musiche, e in ogni caso comunque vanno adattati al tempo che stiamo suonando”.
AVETE ORGANIZZATO QUALCHE TOUR O QUALCHE CONCERTO PER PROMUOVERE IL DISCO?
“Qualche concerto c’è stato, attualmente stiamo continuamente cercando posti dove potere esibirci anche insieme ad altri gruppi. Colgo l’occasione per dire a band e locali che noi siamo disponibili e promettiamo devastanti concerti”.
QUANTO È DIFFICILE, IN GENERALE, OTTENERE LA DOVUTA ATTENZIONE IN ITALIA ED ALL’ESTERO PER UN GRUPPO COME IL VOSTRO?
“Purtroppo è molto difficile e bisogna darsi parecchio da fare in tutti i modi, abbiamo visto valide band sciogliersi e questo ci dispiace, ma si deve credere nelle proprie potenzialità fino alla fine e non arrendersi mai. Per fortuna c’è un buon aiuto da internet e dalle webzine come voi”.
INUTILE NEGARE CHE LA VOSTRA MUSICA È LEGATA A NOMI QUALI AT THE GATES E SOILWORK, PER FARE DUE NOMI: SONO STATI RIFERIMENTI IMPORTANTI PER LA BAND?
“Con tutto rispetto per i primi Soilwork, noi pensiamo di non avere molto a che fare con loro anche se il nostro sound sicuramente ha influenze dalla Svezia. Gli At The Gates invece li apprezziamo molto e ci ritroviamo già di più in loro, come tutte le band anni ’90 di quel periodo hanno influenzato tantissimi gruppi… comunque un nome che forse si avvicina di più con noi nel nord Europa noi pensiamo siano gli Hypocrisy”.
TRA LE BAND ATTUALI FORSE IL PARAGONE CHE PIU’ SI E’ SENTITO IN GIRO E’ QUELLO CON I THE BLACK DAHLIA MURDER: VI PIACCIONO? E CREDETE VI SIANO DEGLI EFFETTIVI PUNTI DI CONTATTO TRA LE DUE BAND?
“Leggendo le varie recensioni del nostro disco abbiamo sentito diversi paragoni e alcuni nomi ci fanno sorridere… i Black Dahlia Murder sono bravi ma non sono tra i nostri gruppi preferiti e ci rivediamo in minima parte con loro. Come abbiamo detto prima certamente anche loro hanno preso sù le influenze degli At The Gates ma con un pizzico di hardcore americano, cosa che in noi non esiste. Noi siamo cresciuti e sosteniamo il puro metal”.
SIA IL VOSTRO MONICKER CHE IL TITOLO DELL’ALBUM DENOTANO UNA VISIONE PIUTTOSTO AMARA DELLA VITA: COSA VOLETE TRASMETTERE CON LA VOSTRA MUSICA?
“A noi piace che un nostro ascoltatore senta le nostre canzoni in parte anche sue e che ne venga coinvolto perché sono vere storie che possiamo avere ognuno di noi. Le cose ‘amare’ della vita ci fanno riflettere ma anche darci forza per combattere contro le difficoltà che incontriamo quotidianamente, quindi anche se quello che ci sta attorno non è facile bisogna andare avanti e mai voltarsi indietro”.
LA SCENA DEL DEATH BLACK THRASH DI MATRICE SVEDESE (PERDONATE LA SEMPLIFICAZIONE) È DECISAMENTE SOVRAFFOLLATA E MOLTE DELLE USCITE SONO DI QUALITÀ NON CERTO ECCELSA: NON TEMETE CHE ANCHE IL VOSTRO ESORDIO POSSA ESSERE SEMPLICEMENTE GETTATO NEL CALDERONE DELLE COSE SUPERFLUE? COSA RITENETE DI AVERE IN PIÙ DELLA “CONCORRENZA”?
“C’è concorrenza e anche la crisi (ride, ndR). Il black e il thrash sono tra le nostre influenze ma solo per una piccola dose, il nostro genere secondo noi è classificabile come death metal. Comunque non è appunto il solito death metal grazie a queste influenze che arricchiscono le nostre composizioni e le rendono più particolari, come le parti di orchestra che ogni tanto inseriamo, vari stacchi prog e l’utilizzo di chitarre classiche/acustiche. Pensiamo di avere una buona tecnica che mette in risalto le nostre canzoni, arrangiamenti ben studiati ed eseguiti. Non escludiamo in futuro nuove soluzioni ma non abbandoneremo mai il nostro genere, è un amore forte il nostro nei suoi confronti. Al proposito ci sono diversi punti di vista, se prendiamo i Cannibal Corpse ad esempio hanno sempre fatto tutti album molto uguali ma i loro fan li stimano e li supportano proprio per questo”.
LA SG RECORDS HA UN ROSTER PIUTTOSTO VARIEGATO: VI CI RITROVATE? E SIETE SODDISFATTI DEL LORO LAVORO?
“È da poco che siamo con la SG Records… a noi non importa se nel loro roster abbiano band differenti da noi, quello che conta è che ci possano sostenere nel migliore modo possibile e per ora stanno facendo bene il loro lavoro, speriamo continuino così”.
ABBIAMO FINITO, CONCLUDETE PURE VOI COME PREFERITE.
“Ragazzi e ragazze amanti del metal incazzato, procuratevi subito il nostro nuovo album ‘Brutal Realities’ andando sul sito della nostra etichetta SG Records, le spese di spedizione sono gratuite! Vi garantiamo che non ne rimarrete delusi, vi aspettano frenetici headbanging e ritornelli da urlare tutti in coro! Grazie per l’intervista, ciao”.
SYMBOLYC – SOFFERENZA UMANA
A cura di Fabio Galli
Eccoci di nuovo qui alla scoperta di qualche nuovo talento del nostro bel paese: questa volta è turno dei Symbolyc, estrosa formazione napoletana che ha da poco dato alle stampe il debutto “Engraved Flesh”. E’ il death metal il protagonista principale del suono dei campani che non disdegnano comunque incursioni in lidi prettamente thrash: senza perdere troppo tempo ad etichettare il genere proposto, “Engraved Flesh” è un album che, forte della sua aggressività ed intensità, mieterà senza grossi problemi numerose vittime. Ci siamo intrattenuti con Sossio “Sox” Aversana (chitarra) e Diego Laino (voce), che hanno risposto in maniera esaustiva ad ogni quesito che abbiamo posto e non si sono tirati indietro nel dire la loro sullo stato attuale della scena live italiana. Sicuri che non vi esimerete dall’ascoltare qualche sample sul loro MySpace, vi lasciamo all’intervista.
CIAO SOSSIO E DIEGO, BENVENUTI SU METALITALIA.COM. DOMANDA DI RITO PER LE BAND EMERGENTI: VI VA DI INTRODURRE I SYMBOLYC AI NOSTRI LETTORI?
Diego: “I Symbolyc sono una band death metal al cento per cento, una band che ha voluto fortemente virare su queste sonorità e su questo stile, seppur modificando le influenze stilistiche negli anni (come è giusto che sia per un gruppo agli esordi). Prendendo in esame il nostro esordio discografico, posso asserire che siamo una band né troppo moderna né troppo old, con riferimenti marcatamente thrash e diverse aperture melodiche. Il sound è comunque principalmente influenzato dal death europeo, in particolare quello polacco di Behemoth e Vader, con alcune delle parti cervellotiche dei Decapitated e passaggi mooolto marci di scuola floridiana. Per le vocals posso citare sicuramente Glenn Benton dei Deicide fine anni novanta in primis. Per farla breve, i Symbolyc sono una death metal band molto incazzata che vuole dire la sua nel panorama metal italico e non. Ascoltare per credere”.
COME TANTE BAND AVETE MOSSO I PRIMI PASSI PROPONENDO COVER DI BAND COME METALLICA E SEPULTURA: COME E QUANDO È NATA LA VOLONTÀ DI PROPORRE MUSICA PROPRIA E VIRARE VERSO COORDINATE PIÙ PROPRIAMENTE DEATH?
Sox: “Dopo un anno di cover è venuto quasi naturale iniziare ad approcciarsi a materiale personale, più che altro ci guardavamo intorno e vedevamo tanti ragazzi come noi avere progetti personali con musica e testi propri, e da quel momento abbiamo voluto metterci in gioco”.
PARTIAMO DAL TITOLO DELL’ALBUM: QUALE SIGNIFICATO ATTRIBUITE AD “ENGRAVED FLESH”? QUALI SONO LE TEMATICHE AFFRONTATE NEI TESTI DELL’ALBUM?
Diego: “‘Engraved Flesh’ nasce quasi come un concept album sulle sofferenze dell’uomo e sulla sua condizione di lotta interiore tra il bene e il male. I testi parlano proprio di questo, è una sorta di viaggio trascendentale tra le emozioni (perlopiù negative) dell’animo umano dove rabbia, paura, depressione, disperazione, follia, coscienza del fallimento, ma anche rivalsa, solitudine, insicurezza del futuro si alternano per guidare l’ascoltatore ‘entro i reami dell’umana consapevolezza’, se mi è concessa quest’autocitazione, dove l’uomo non ha più veli e mostra tutta la sua sofferenza senza il bisogno di mascherarla. Nella fattispecie il titolo significa ‘pelle incisa’, e l’incisione è quella che la vita giorno dopo giorno marca sulla nostra propria pelle”.
L’ALBUM ORMAI È DA TEMPO SUL MERCATO: QUALI RESPONSI AVETE OTTENUTO DA PUBBLICO E CRITICA? OLTRE CHE SUL TERRITORIO NAZIONALE COM’È STATO ACCOLTO ALL’ESTERO?
Diego: “L’album è stato autoprodotto l’anno scorso e ha avuto sicuramente un’esposizione limitata, perlopiù in Campania e ai live che abbiamo fatto tra la fine del 2008 e la metà del 2009. Poi è arrivato il contratto con My Kingdom Music che ha ristampato ‘Engraved Flesh’ nel mese di ottobre dell’anno scorso, quindi è presto per avere dei riscontri ben dettagliati. Sicuramente le recensioni raccolte in giro (tutte linkate sul nostro MySpace) sono state incoraggianti, sia in Italia che all’estero, e i primi dati di vendita ci hanno piuttosto sorpreso in positivo. L’album sta andando benone e non ci lamentiamo, ma vogliamo raggiungere degli step successivi e ci stiamo impegnando a fondo per poterlo fare”.
DAL 2003, ANNO DI FORMAZIONE DELLA BAND, AVETE PUBBLICATO DUE DEMO ED UN EP PRIMA DI ARRIVARE ALLA PUBBLICAZIONE DEL VOSTRO DEBUT: VI ANDREBBE DI CONDIVIDERE QUALCHE COMMENTO RIGUARDO LE VOSTRE PUBBLICAZIONI? MAGARI CON QUALCHE ANEDDOTO O RICORDO DELL’EPOCA…
Sox: “Il 2004, anno di pubblicazione di ‘Souls In The Dark’, è stato un periodo formidabile e carichissimo d’energia: vedere tra le mani questo primo prodotto creato da noi ci rendeva felicissimi. Tutto il periodo di costruzione dei pezzi, l’idea dell’artwork era tutto nuovo per noi e ci sentivamo al settimo cielo. Il periodo più brutto e incasinato è invece quello legato a ‘Wingless’: è stato dannato questo promo, abbiamo avuto diversi problemi con la line-up, non riuscivamo mai a beccare un cantante stabile, tanto che esistono due master del promo anche se poi in giro è stato pubblicato il secondo. Infine il periodo di ‘Within the Realms of Human Awareness’, che è strettamente legato all’uscita del debut, è stato un anno ricco di novità: prima di tutto concepire materiale per un album intero, entrare in uno studio più serio e prepararsi all’uscita di un lavoro di qualità. L’anno si è concluso con un cambio di line-up e l’entrata definitiva di Diego Laino alla voce: ora tutto va alla grande!”.
IMMAGINO CHE IL NOME DELLA BAND DERIVI DALL’ALBUM DEI DEATH: PERCHÉ AVETE SCELTO DI MODIFICARE SYMBOLIC IN SYMBOLYC? TROPPA CONCORRENZA O POSSIBILI AZIONI LEGALI?
Diego: “Volevo specificare che il nome non è un rimando ai Death, è nato da una serata alcolica, non spiaccicavamo una parola e da un discorso assurdo ci siamo ritrovati con questo nome. La scelta della doppia Y è nata invece dal fatto che ci siamo guardati intorno e notammo che esistevano già delle band con questo nome e puntavamo a qualcosa che potesse renderci unici”.
SIETE FINALMENTE ARRIVATI AL CONTRATTO CON UN’ETICHETTA: CHI HA FATTO IL PRIMO PASSO? COME VI SIETE MOSSI DOPO AVER PUBBLICATO IL VOSTRO LAVORO?
Diego: “Per quanto riguarda l’etichetta abbiamo avuto un tramite grazie a un nostro amico che ci ha assistito molte volte e che ci ha fatto da manager in diverse occasioni. Fissò un appuntamento con Francesco di MKM per fargli ascoltare il disco, e quest’ultimo decise subito di metterci sotto contratto. Iniziò così la nostra avventura con MKM, che speriamo possa essere ricca di soddisfazioni e di traguardi raggiunti”.
QUANTO INTERNET VI HA AIUTATI PER LA PROMOZIONE E DIFFUSIONE DEL MATERIALE? COME VI MUOVETE SUL FRONTE PROMOZIONALE?
Diego: “Internet è imprescindibile oggi come oggi per qualsiasi gruppo che si affaccia sulla musica suonata. Avere una pagina Myspace o Facebook è un aiuto veramente enorme, che secondo me va a sostituire il vecchio sito internet per velocità e immediatezza di esecuzione, ti permette di stare in contatto con le persone che ti seguono e con gli altri gruppi. Insomma, in una dimensione globale come quella della vita odierna, internet è il mezzo di comunicazione per eccellenza che ti permette di arrivare all’occhio e all’orecchio di migliaia di persone in tempi brevissimi”.
COME VI STATE MUOVENDO SUL FRONTE LIVE? C’È POSSIBILITÀ E LOCALI IN CUI ESIBIRVI NELLA VOSTRA ZONA?
Diego: “Guarda, nella nostra zona sono rimasti in pochi a organizzare metal e a tal proposito mi fregio (insieme a Sox e Umberto, un nostro grande amico) di far parte dell’unica organizzazione tutt’ora attiva per l’underground italico e campano, la Bloodlive events (www.myspace.com/bloodlivevents), con la quale organizziamo concerti con gruppi emergenti e non, con molta attenzione per i gruppi di Napoli e provincia e della Campania. Per quanto riguarda noi, abbiamo appena suonato al ‘Cold Night In Hell’, il festival organizzato da Trevor dei Sadist, che quest’ anno ha avuto come ospiti gli Obscura, e stiamo mettendo a punto le date per la nuova stagione e dovremmo essere presenti a molti festival italiani estivi. Speriamo di concretizzare il maggior numero di date possibili”.
AVETE CONDIVISO IL PALCO CON MOLTE BAND INTERNAZIONALI FAMOSE COME VADER, DISMEMBER ED U.D.O., OLTRE AD UN’INFINITÀ DI REALTÀ LOCALI: DI QUALE BAND AVETE I RICORDI MIGLIORI?
Sox: “Per quanto mi riguarda il ricordo migliore è legato all’ estate 2009 con l’ apertura dell’edizione dell’Agglutination: arrivare ad una simile realtà e aprire per i Vader, una delle mie band preferite, è stata un’emozione indescrivibile!”.
LASCIAMO DA PARTE LA DIMENSIONE DELLA BAND: COME GIUDICATE L’ORGANIZZAZIONE DEGLI EVENTI IN ITALIA? COSA FUNZIONA E NON FUNZIONA SECONDO VOI?
Diego: “In Italia il metal non è che vada alla grande, a mio parere. Per diversi anni da spettatore e negli ultimi anche da musicista ho vissuto molti concerti e, escluso il Gods of Metal, non ho visto delle grandissime realtà. Posso citare tra le migliori il ‘Total Metal Fest’, a cui nel 2009 ho presenziato con uno stand con un amico, organizzato veramente in maniera impeccabile, con cambi di palco rapidissimi, dei suoni più che decenti, band con le palle e tanta bella gente del sud a riempire il locale fino all’esterno. Funzionano tutte le associazioni, webzine, gruppi autogestiti che credono in quello che fanno nonostante le mode e i tempi che corrono, non funzionano le persone e le associazioni che fanno pagare i musicisti per suonare, e tutti quelli che fanno i fighi perché hanno potere decisionale: posso mandarli tutti a ‘fanculo? (fai pure!, ndR) Il metal è passione sangue e sudore, non sfruttamento e disinteresse: ehm, ho esagerato?”.
ESSERE PARTE DI UNA BAND OVVIAMENTE È UN IMPEGNO, OLTRE CHE UNA PASSIONE: QUANTO TEMPO OCCUPANO I SYMBOLYC NELLE VOSTRE VITE?
Sox: “Ora che le cose si sono fatte più serie, restando sempre con i piedi per terra ovviamente, possiamo dire che il 90% del tempo è dedicato alla band a 360°”.
RIMANENDO NELL’UNDERGROUND E GESTENDO AUTONOMAMENTE SPESE, INVESTIMENTI COME LA REALIZZAZIONE DI UN CD E MERCHANDISING, SI RIESCE QUANTOMENO AD ARRIVARE AD UN EQUILIBRIO TRA SPESE E GUADAGNI?
Diego: “Be’, di sicuro i primi anni di lavoro sono tutti a perdere. Credo che nessun gruppo italiano (anche quelli che fanno i fighi) possa dire di vivere di musica per i primi dieci anni di attività. Noi stiamo investendo tanto da diversi anni e siamo pronti a farlo ancora: da qualche mese arrivano i primi guadagni di merchandising e dischi venduti, ma la strada è ancora lunga per poter parlare di utili. Speriamo di poter fare sempre meglio”.
QUALI SARANNO I PROSSIMI PASSI DEI SYMBOLYC?
Sox: “Siamo già al lavoro, stiamo mettendo giù nuovi riff e nuove idee per il successore di ‘Engraved Flesh’: stiamo lavorando parecchio e abbiamo parecchie idee chiare sul da farsi”.
VI RINGRAZIAMO PER LA DISPONIBILITÀ: POTETE CONCLUDERE COME MEGLIO CREDETE.
Diego: “Innanzitutto grazie a voi per l’ occasione che ci avete concesso… è davvero un grande onore. Vogliamo concludere salutando tutte le persone a cui vogliamo bene e che ci vogliono bene, tutti coloro che ci seguono e supportano ricordando loro che sono sempre nei nostri cuori, e vogliamo invitare tutti coloro che non ci conoscono ancora e che hanno voglia di frantumarsi il collo a furia di headbanging a passare per il nostro Space (se comprate l’album è meglio… eh eh!) e ovviamente a venirci a vedere in giro per l’Italia nel 2010. See you all on stage!”.