TRACK-BY-TRACK
Metalitalia.com, con la preziosa collaborazione di Roadrunner Records Italia, ha ascoltato l’attesissimo ritorno dei nove mascherati, ed è orgoglioso di presentarvi in anteprima un succulento track-by-track. Dopo averlo letto il 29 agosto sembrerà sempre più lontano…
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Un’introduzione disturbata, dove parole al megafono si mischiano ad un rumore confuso, in un crescendo che porta alla prima traccia vera e propria…
GEMATRA (THE KILLING NAME)
…il crescendo culmina in un riff deflagrante, a cui Jordison risponde e si fa notare in maniera adeguata. Si apre come tutti vogliono sentire questo “All Hope Is Gone”, riprendendo dalla migliore violenza di “Vol.III” e dalla potenza percussiva trademark del gruppo. Nel cuore del brano compare il primo ottimo assolo. Il pezzo riprende con un tiro clamoroso, break devastanti, e sottolinea nel finale le liriche importanti di Taylor, che urla “What if God doesen’t care? America is a killing name“, terminando con “We will burn your cities down“. Impossibile non notare i suoni, decisamente enormi.
SULFUR
Una delle canzoni più potenti dell’album, che stupirà i metalhead più integralisti e schiaccerà tutti i sostenitori: “Sulfur” parte con un doppio pedale da urlo e dei riff malvagi alla Morbid Angel. La strofa trascina al vortice chitarristico che fa da preludio al ritornello, che non è in growl nè in scream, ma resta trascinante, cantabile, grintoso. Un altro assolo suggella la diverità del nuovo album, che resta indelebilmente segnato dalla personalità dei nove, ma è sa essere anche più ‘ordinato’: cominciano a delinearsi i fattori distintivi di “All Hope Is Gone”, ovvero una pesantezza oscura e un senso della canzone più delineato.
PSYCHOSOCIAL
GROOVE.ANTHEM.REPEAT.
Tutti hanno sentito il primo singolo, che non ha bisogno di commento alcuno. Uno spezzone recita “This is nothing new, but well killed it all“… se lo dicono loro da soli!
DEAD MEMORIES
Con la quinta traccia è introdotta la melodia, che pervade completamente le vocals in un motivo nostalgico. Il tappeto sonoro resta comunque è heavy, e la narrazione descrive riflessioni totalmente introspettive. Un pezzo diverso dal repertorio degli Slipknot, di quelli che allargano gli orizzonti e la personalità del gruppo.
VENDETTA (Rough Mix)
La song è aperta con un altro clamoroso riff death, che sfocia però nella classica melodia urlata di Corey Taylor. Il riff ritorna in tutta la sua malvagità, accompagnato dalle sfuriate di una batteria quasi incatenata nella pesante linearità. Questo è quello che fa bene agli Slipknot, la violenza trasfigurata nel death puro e in territori inediti ma orrorifici del ritornello. Il pezzo sfuma in un “Hey! Hey!” da pugni alzati e viene suggellato da una variazione degna di nota del riff principale.
BITCHER’S HOOK (Rough Mix)
Un’altra grossa sorpresa servita da #4 e #7 in “Bitcher’s Hook”: ecco a voi un riff sbilenco e lento à la Meshuggah! Corey esegue una litania trascinata in screaming fino al prechorus molto melodico, sommerso dalla risposta di gang vocals potentissime. Il ritornello, ipnotico e ripetitivo, gioca ancora sul contrasto delle urla in coro e l’ultra-melodia di “I’m giving up again“. Si continua con una stofa molto ritmata, un breve solo e una variazione totalmente “nu”. Il groove si appesantisce nel caos delle percussioni, in un assolo urlante e in un vortice di violenza. Una canzone molto heavy, labirintica, da incubo.
GEHENNA (Rough Mix)
Le sorprese non finiscono: dopo un riff parecchio grungy, le bocche degli ascoltatori rimangono spalancate nel sentire una strofa letteralmente scippata al Jonathan Davis di “Clown”. Malatissima, quasi una perfetta imitazione, ripropone anche i folli dualismi vocali che hanno reso famosi i Korn nei primi album. Tutto è stravolto nel ritornello pulito e grungy, con un falsetto clamoroso che nn mancherà di scatenare i deliri dei detrattori, non lontano dallo Scott Weiland dell’era “Purple” (Stone Temple Pilots). L’ assolo dissonante, e le pesanti atmosfere à la Alice In Chains segnano un’altra secca dipartita dal passato del gruppo. Innegabile come l’esperienza Stone Sour abbia lasciato il segno.
THIS COLD BLACK
Quasi a rassicurare le molte persone smarrite durante l’ascolto, si ricomincia a guerreggiare in terriori più consoni ai ‘Knot, con la botta del riff iniziale e i bidoni percossi. La strofa è urlatissima e divisa in un botta e risposta, e il funambolico Jordison fa il protagonista. “This Cold Black” si inserisce nella più completa canonicità del catalogo dei mascherati. Anche il ritornello ricade nel manierismo più prevedibile.
WHEREIN LIES CONTINUE
Un riff percussivo e ultraheavy si evolve in un 4/4 che tenta di nuovo di essere groovy e sconvolto. La sorpresa arriva nel breve ritornello, altissimo, pulitissimo e in contrasto, che ricorda ancora gli Stone Temple Pilots. Si gioca fortemente sui chiaroscuri, in un chorus pregno di melodia che facilmente butterà la formazione ai leoni. Si parla ovviamente solo del breve ritonello sia chiaro, il brano resta potentissimo, soprattutto nei prechorus in growl che prevaricano nel missaggio. La frase”We have to save ourselves” pone la fine con una spirale di violenza che termina negli echi delle distorsioni.
SNUFF
La sfrontatezza del combo dell’Iowa arriva al culmine nell’undicesima traccia. Solo chitarre acustiche. Una strofa che recita “If you love me let me go” (?!). Una vera e propria power ballad che cerca il pathos e l’emotività, valida per la sempre straordinaria, struggente prova di Taylor, che sfida apertamente l’audience in un passo verso l’intimità assoluta. Ottima l’ultima strofa che scivola in un crescendo drammatico, al picco nell’assolo, ed esplode definitivamente negli ultimi versi. Di sicuro un passaggio d’effetto nei prossimi live show del gruppo.
ALL HOPE IS GONE
Anch’essa nota a tutti per gli innumerevoli passaggi dovuti al leak prematuro, chiude la raccolta con un devastante ritorno alle origini, con tanto di scratch.
LE MASCHERE
(#0) Sid Wilson
(#1) Joey Jordison
(#2) Paul Gray
(#3) Chris Fehn
(#4) James Root
(#5) Craig “133” Jones
(#6) Shawn “Clown” Crahan
(#7) Mick Thomson
(#8) Corey Taylor