I Damned sono un caso abbastanza anomalo del fenomeno punk scoppiato in Inghilterra nel 1977. Meno famosi dei Sex Pistols e dei Clash (autori dello stupendo “London Calling”, doppio LP contenente il meglio che la musica in quel periodo turbolento potesse proporci), sono senza dubbio la formazione più longeva, addirittura ancora in attività che continua a macinare concerti su concerti in giro per il mondo (da poco sono passati anche qui in Italia). Inizialmente composti da Dave Vanian alla voce, un personaggio dotato di una timbrica sensuale e oscura, capace di esprimersi senza alcun cedimento nei brani prettamente punk e in seguito in melodie tipicamente pop-dark anni ’80, Brian James alla chitarra (che curiosamente parteciperà solo ai primi due dischi determinandone l’improvviso successo e la successiva decadenza artistico-commerciale), Captain Sensible al basso (che in seguito passerà alla chitarra diventando la perfetta spalla del singer) e il grintoso e per nulla tecnico Rat Scabies alla batteria. La band è esplosa con l’eccellente debut album “Damned Damned Damned”, un platter che esprime al meglio il significato della parola punk: riff grezzi e semplici, drumming amatoriale e una voce piuttosto atipica per il genere che anticipa di qualche anno il fenomeno dark punk. Le sfrenate “Neat Neat Neat”, “New Rose”, “I Fall” e “Born To Kill” sono delle gemme assolute, come la fulminante “Stab Your Back”, contenente un alto tasso di adrenalina concentrato in meno di un minuto! Con il successivo “Music For Pleasure” la formazione si estende a cinque membri con il fantomatico Lu alla seconda chitarra… ma purtroppo qualcosa si rompe: le canzoni sono meno fresche, meno ispirate, a tratti forzate e la produzione ovattata di Nick Mason (sì, avete letto bene!) non fa altro che peggiorare le cose. Solo “Problem Child” è una canzone davvero riuscita, non a caso lanciata come singolo. La band si scioglie e, quando tutto sembra finito, magicamente rieccoli rispuntare con una formazione rimaneggiata con Vanian alla voce, Sensible alla chitarra, Algy Ward (in seguito nei Tank) al basso e Scabies dietro le pelli. Il risultato è “Machine Gun Etiquette”, semplicemente un disco favoloso, che alterna momenti incazzati come “Love Song” (paradossale, no?) e la title track a pezzi più elaborati come “Plan 9 Channel 7”, sino a lambire sonorità dark come in “I Just Can’t Be Happy Today”. Gli anni ’70 sono finiti e il punk (nel senso stretto del termine) è morto. Nel 1980 i nostri decidono di approfondire le incursioni oscure accennate nel precedente lavoro e, con la dipartita di Ward (sostituito da Paul Gray, in futuro con gli U.F.O.), fanno addirittura uscire un doppio LP intitolato “The Black Album”. I nostri non falliscono nemmeno questa volta, con David Vanian più in forma e più gotico che mai che esprime al meglio la sua voce cupa in “Wait For The Blackout” e “Dr. Jekyll & Mr. Hyde”, la prima più rock’n’roll, la seconda dal piglio più malinconico, alternando semplici ma efficaci arpeggi elettro-acustici. Sensible mette a disposizione la sua timbrica “gigiona” nella puerile “Silly Kids Games”. I Damned si ricordano di essere stati una fondamentale band in ambito punk (ricordo che il primo 45 giri nella storia del punk è proprio “New Rose/Help”) eseguendo una veloce track intitolata “Sick Of This & That”. “Twisted Nerve” guarda al presente, facendo il verso a certe sonorità contenute nel debut album “In The Flatfield” dei grandiosi Bauhaus e “The History Of The World part. 1” accenna elementi pop che verranno approfonditi con successo nella metà degli anni ’80. Nel terzo lato del vinile troviamo la stupenda “Curtain Call”, una lunghissima composizione che alterna momenti drammatici a momenti solenni e riflessivi. Nel quarto lato troviamo sei tracce registrate dal vivo nel periodo appena successivo a “Machine Gun Etiquette”, e da questa testimonianza è chiaro che, anche se in studio la band ha ammorbidito i toni, dal vivo l’elettrizzante energia degli esordi non è affatto sopita. Nel novembre del 1981 esce “Friday 13th Ep”, contenente quattro canzoni sulle quali spicca l’ottima “Disco Man”, song graziata da un’ottima ritmica e da un ritornello ammaliante e non a caso verrà amata moltissimo dal pubblico. Nello stesso anno esce un inutile best of, che non offre alcun inedito stuzzicante per giustificarne l’acquisto -a meno che per conoscerli non vogliate partire da questa raccolta… Ad ogni buon conto, nel 1982 esce sul mercato “Strawberries” ma, a differenza delle ultime due prove discografiche, il lavoro vive di molte ombre e poche luci. Innanzitutto, entra in formazione alle tastiere Roman Jugg – che nel futuro immediato diverrà un elemento fondamentale per il gruppo – ammorbidendo ulteriormente il sound. Ma il problema non è la durezza della proposta, quanto una mancanza generale di idee, che si ripercuote nelle orrende “The Dog” e “Don’t Bother Me”, e nelle anonime “Gun Fury”, “Stranger On The Town” e “Under The Floor Again”. L’iniziale “Ignite” appare ingiustificatamente anacronistica visto che, a suo modo, ripercorre stancamente i territori ruvidi sondati nel primo LP. Solo le track dal refrain commerciale si possono dire riuscite come “Generals”, “Dozen Girls” e “Bad Time For Bonzo”, song dotata di un ritornello appiccicoso e irresistibile. Nel frattempo Captain Sensible giunge inaspettatamente al successo con il singolo “Happy Talk”, e i rapporti tra Rat Scabies e Paul Gray non sono celestiali, tutt’altro. Purtroppo, le tappe americane del “The Nuns Tour” si rivelano un disastro e il bassista Paul Gray abbandona la band, sostituito da Bryn Merrick. Sensible, eccitato dal successo solista, ignora gli impegni della band madre, e nel giro di poco tempo viene allontanato da Vanian & C. Intanto i fan dei Damned non sanno cosa aspettarsi da questa fuga. E’ dunque la fine di una band, tanto storica quanto sfortunata? Neanche a parlarne: dopo un 1983 piuttosto grigio, il 1984 diventa un anno di fondamentale importanza con l’uscita del singolo “Thanx For The Night/Nasty” (dove Sensible offre la sua ultima performance alla sei corde) che delinea un ulteriore avvicinamento a sonorità gotiche. Forte di queste, il quartetto Vanian/Scabies/Jugg/Merrick riesce a ottenere un impensabile contratto con la Major Mca, arguta nel notare il potenziale commerciale espresso dal singolo. Infatti, sotto la supervisione del producer Jon Kelly i nostri producono “Phantasmagoria”, un capolavoro di dark pop ricco di melodie azzeccate, che a volte ricordano i Beatles come nel fantastico singolo “Grimly Fiendish”, in alcuni frangenti ammiccano ai Fields Of The Nephilim in “Shadow Of Love” oscura rock’n’roll song chiaramente resa commerciale e adatta al pubblico new wave. In “Street Of Dreams” i Damned toccano vertici compositivi fino ad ora mai raggiunti, con tenebrosi inserti di sax che anticipano una bellissima fuga di chitarra acustica che sconfina in territori cari al flamenco. “Sanctum Sanctorum” è una ballad triste, evocativa, con Vanian al massimo della forma che offre una prova vocale a dir poco strepitosa. Provate ad ascoltarla al buio con accanto la vostra ragazza (preferibilmente dark) e il risultato è assicurato. “Is It A Dream” è una pop song molto gradevole, “Edward The Bear” è cantata da Jugg e risulta sin troppo frivola e scontata. “The Eight Day” è una track molto dinamica e ben composta che prelude a “Trojans”, uno strumentale posto furbescamente alla fine dell’album per stemperare mano a mano quella sognante atmosfera che si viene a creare durante l’ascolto. Commercialmente il disco fu un successone, vennero estratti ben tre singoli (“Grimly Fiendish”, “Shadow Of Love”, “Is It A Dream”) editi in varie versioni, come consuetamente avveniva negli immortali anni ’80. Il tour venne organizzato in maniera molto professionale, e la band ebbe così l’occasione di esprimersi in buona parte dell’Europa, America ed Estremo Oriente. Forse molti fan della prima ora rimasero scioccati dal cambiamento dei loro idoli, dall’anarchismo totale di musica e attitudine fino ad arrivare al compromesso con una major e al successo strabordante? Be’, dopo mille difficoltà anche loro avevano dovuto pensare a mangiare e oltretutto, dopo aver preso le sembianze di una gothic band con tanto di pettinature cotonate, immaginari in bianco e nero e mille date in giro per il mondo, i nostri fecero un altro centro con il singolo “Eloise”, canzone molto bella seppur commerciale, dotata di un finissimo gusto dark che fece centro nei cuori dei teenager dell’epoca (beati loro, sigh! ndr.). La Mca vide nei Damned la classica gallina dalle uova d’oro e, dopo il faticoso tour, li rispedì di nuovo in studio a registrare un nuovo platter. Il risultato di queste estenuanti sessioni fu “Anything”, lavoro molto bello che contiene una manciata di song riuscitissime, ma che da un lato lascia intravedere una certa stanchezza compositiva, come nel caso della title track, “The Girls Goes Down”, “Restless”, e “Tightrope Walk”. Comunque sia “Gigolo”, “Alone Again Or” (cover della band psichedelica Love), “In Dulce Decorum” e “Psychomania” valgono l’acquisto del lavoro proiettando la band, paradossalmente ma giustificatamente, verso la fine della propria storia. Infatti, nel 1987 esce il best of “The Light At The End Of The Tunnel” che fa da preludio al live “Final Damnation” uscito nel 1989 con Brian James, Captain Sensible e la formazione di “Phantasmagoria/Anything”, intenta a ripercorrere i classici al fine di concludere l’avventura Damned. Negli anni ’90, poi, escono una serie di best of e live che mantengono un tenue ricordo di una band fino a poco tempo prima ai vertici delle classifiche mondiali. Ma… nel 2001 esce un nuovo disco dei Damned! Incredibile! La nuova formazione comprende i redivivi Vanian e Sensible accompagnati da Patricia Morrison al basso, Monty Oxy Moron alle tastiere e Pinch alla batteria, che così propongono tredici canzoni molto belle che uniscono le atmosfere grintose dei primi tempi (“Lookin’For Action,”) a continui e gradevolissimi inserti dark (“Thrill Kill”, “Absynthe”, “Beauty Of The Beast”). Se poi contiamo che il disco è edito dalla Nitro, piccola casa discografica di proprietà di Dexter Holland degli Offspring, il gioco è fatto. I Damned hanno centrato l’obiettivo, le nuove leve gli tributano i giusti onori, e la band inglese si imbarca in numerosi tour di successo (ovviamente non paragonabili a quelli degli anni ’80). Nel 2002 esce un best of intitolato “Smash It Up Anthology 1976-1987”, che ripercorre in modo equilibrato la carriera di questi eterni ragazzi, intenti a regalarci show potentissimi nell’attesa che esca un nuovo disco di inediti. Giù il cappello e mani al portafoglio: i Damned meritano di essere riscoperti!
DISCOGRAFIA: DAMNED DAMNED DAMNED (1977)
MUSIC FOR PLEASURE (1978)
MACHINE GUN ETIQUETTE (1979)
THE BLACK ALBUM (1980)
STRAWBERRIES (1982)
PHANTASMAGORIA (1985)
ANYTHING (1986)
GRAVE DISORDER (2001)
RACCOLTA CONSIGLIATA: SMASH IT UP ANTHOLOGY 1976-1987 (2002)