7.5
- Band: ORPHANED LAND
- Durata: 01:24:11
- Disponibile dal: 01/12/2023
- Etichetta: Century Media Records
- Distributore:
Sono passati quasi due anni dal 24 febbraio 2022, giorno dell’ingresso in territorio ucraino dell’esercito russo, con tutto ciò che ne sta conseguendo. E sono passati quasi due mesi dal 7 ottobre 2023, giorno della (chiamiamola così) offensiva militare di Hamas nei confronti di Israele, con tutto ciò che ne sta conseguendo. Fa strano, molto strano, dunque, trovarsi oggi davanti ad un nuovo prodotto discografico targato Orphaned Land, da sempre cantori, provenienti proprio da Israele, di pace, fratellanza e comunione d’intenti anche e soprattutto fra religioni e culture diverse – islam, ebraismo e cattolicesimo in primis.
Come si fa ad ascoltare senza amarezza e profondo senso d’inutilità e disillusione la magnifica ballata “Brother”, scritta proprio per suggellare il significato concettuale dell’esistenza stessa della band di Tel Aviv? Come si fa a non riflettere di fronte alla dolcezza delle linee vocali di Kobi Farhi accompagnato dalla sua band e dalla Chamber Opera Orchestra, ensemble sinfonico di sessanta elementi grande protagonista nella creazione e visione di questo DVD? Come si fa?
Abbiamo citato “Brother” come esempio più calzante, secondo noi, di tale strana sensazione che vi pervaderà durante la fruizione di “A Heaven You May Create”, ma potremmo includere nel ragionamento diverse altre tracce del DVD/CD, in quanto tutta la produzione dei Nostri è votata al messaggio positivo proveniente da una terra flagellata da secoli di conflitti e rivalità.
Registrato nel giugno 2021 in occasione del trentennale d’esistenza del gruppo alla Heichal Ha’Tarbut di Tel Aviv, la nuova uscita della Terra Orfana è un’ottima fotografia – certo, oggi molto desueta se la si guarda con gli occhi della truce attualità extra-musicale – dello stato di forma del gruppo, che ricordiamo latita nel proporre musica inedita dall’ormai lontano 2018, anno di pubblicazione dell’ultimo “Unsung Prophets & Dead Messiahs”. Aiutati dall’orchestra e dal semi-improvvisato Hellscore Choir, guidato dall’esplosiva vocalist Noa Gruman – incredibili i suoi vocalizzi in “Sapari” e “The Kiss Of Babylon (The Sins)”! – i vecchi volponi Kobi Farhi e Uri Zelcha (basso) guidano gli ormai fedeli Matan Shmuely (batteria), Chen Balbus e Idan Amsalem (chitarre) nello svolgersi del live, introducendo al pubblico la nuova tastierista Sharon Mansur.
Cosa dire del video e della musica contenuta in “A Heaven You May Create”? Semplice e scontato: se conoscete e amate alla follia gli Orphaned Land, e se per caso li avete visti tante volte dal vivo, saprete benissimo il coinvolgimento e l’enfasi mistico-estatica che un loro concerto è in grado di generare, quindi acquisto, o perlomeno sbirciatina, obbligato; nel malaugurato caso non li conosciate, questo lavoro è un ottimo punto di partenza per capire e apprezzare la band, regina assoluta del progressive extreme metal in salsa mediorientale.
Escludendo l’intro orchestrale rinominato “Mabool – Overture”, composto per l’occasione, la parte del leone nella setlist la fa proprio “Mabool”, capolavoro immortale della band, che a breve compirà vent’anni: le reazioni degli astanti agli annunci di brani quali “Ocean Land” e “Birth Of The Three”, l’eleganza prog di “The Storm Still Rages Inside”, il folklore finale di “Norra El Norra” (che poi sfocia come al solito nel climax conclusivo, non segnalato, di “Ornaments Of Gold”), i cori di “The Kiss Of Babylon” o le trame sopraffine della stessa “Mabool” ci fanno ancora tanto emozionare.
Così come però esaltano tanto anche le più ritmate e danzerecce “Sapari” e “All Is One”, superbe nel loro incedere folkish; tra i brani estratti dall’ultima fatica spicca certamente “The Cave”, una delle canzoni più recenti e convincenti della band, mentre se dovessimo individuare un momento di ‘magra’ lungo lo scorrere del live diremmo senza troppi dubbi la doppietta centrale composta da “In Propaganda” e “All Knowing Eye”; ma è chiaro come nulla di tali opinioni personali vada a rovinare la buona riuscita di questa pubblicazione, forse un po’ retrò come formato e presentazione ma che non potrà certo deludere gli acquirenti.
‘Un Paradiso che potreste creare‘, quindi: un titolo talmente stridente con la realtà odierna da fare male, da dare fastidio, da portare repulsione. Speriamo che ascoltando la musica contenuta in esso, invece, si possa fare piazza pulita dei pensieri negativi e ripartire pian piano da zero.