3 INCHES OF BLOOD – Miracle Blade

Pubblicato il 11/08/2007 da

Una mistura lavica di denim, pelle e metallo… “british steel”per la precisione. Aggiungiamoci del marcio death/thrash e delle influenzemitologiche fantasy, ma dimenticatevi maghi canuti e fatine seminude del bosco:si parla di orchi, nani barbuti e budella attorcigliate ad asce e spadoniarrugginiti. Power Death Thrash? Chiamatelo come volete, i 3 Inches Of Blood sono unadelle più eccitanti misture di metallo vecchia scuola che possiate trovare incircolazione: a guardarli in faccia Cam Pipes e Jamie Hooper (ilprimo screamer alla Halford, il secondo fautore di un growl disperato, checreano il marchio di fabbrica della formazione) sembrano più una coppia di nerdche passano le nottate in cantina a giocare a Dungeon & Dragons piuttostoche i frontman di una delle più agguerrite proposte di True Metal incircolazione. E dire che per “Advance And Vanquish” qualcuno li aveva snobbati acausa delle loro felpe Atticus nelle foto promozionali (troppo metalcore): unerrore imperdonabile far passare inosservato anche questo “Fire Up The Blades”,che già dalla copertina mette in mostra un arsenale che fa impallidire pure ilmitico chef Tony. Ne parliamo con l’occhialuto cantante Jamie Hooper…

 
 

COMINCIAMO DA “FIRE UP THE BLADES”, CHE A QUANTO HO SENTITO E’ 3 INCHES OF BLOOD AL 110%…
“Lo è assolutamente, e non possiamo essere più fieri di quanto abbiamo ottenuto. Se non ci sono diversità rilevanti a livello di suono ci siamo comunque impegnati a produrre le canzoni migliori che potessimo. Questa volta in studio con noi c’era Joey Jordison, che tutti conoscerete come batterista degli Slipknot, nella insolita veste di produttore: è un ragazzo tranquillo e sarete stupiti quanto me di vedere gli ottimi risultati che abbiamo conseguito anche grazie a lui”.

COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON JOEY?
“Lo conoscemmo in tour negli Stati Uniti: ci venne a vedere e a trovare nel backstage. Ci ha colpito molto la sua passione per la musica e il suo essere eclettico – pur essendo un batterista fenomenale sa suonare molti strumenti e sa cavarsela bene dietro il mixer. Noi eravamo in cerca di un produttore e la Roadrunner successivamente ce l’ha proposto. Ci siamo detti ‘Perché no?’. Anche se è la sua prima vera esperienza da produttore l’abbiamo scelto perché sa da dove veniamo ed è una enciclopedia vivente di metal e rock. La nostra prima impressione è stata confermata in pieno”.

QUAL’E’ STATO IL SUO CONSIGLIO MIGLIORE?
“Quello di fare tour, tour, tour e ancora tour. E’ l’unico modo per crearsi una reputazione: lavorare duro e fare quanti più concerti possibili. E’ una scelta difficile, ma tutti abbiamo deciso di mollare le nostre occupazioni e stare in tour il maggior tempo possibile. Siamo pronti a partire e a non fermarci per molto molto tempo. Cominceremo dall’Ozzfest e forse in autunno sarà tempo per il nostro primo tour da headliner”.

IN “TRIAL OF CHAMPIONS” AVETE INTEGRATO DEGLI ELEMENTI DIVERSI DAL SOLITO, CE NE VUOI PARLARE?
“Intenderai le tastiere… non sono che un esperimento che abbiamo voluto immettere quasi per gioco, ma nel contesto della canzone penso si possano considerare adatte. Non penso che nel futuro inseriremo permanentemente tastiere o strumenti folk nel nostro suono in ogni caso, non è il modo in cui ci piace fare le cose”.

COME TI TROVI A DIVIDERE IL PALCO CON UN ALTRO CANTANTE?
“La cosa funziona abbastanza bene, è assolutamente naturale per entrambi dopo tutti questi anni. Una cosa ben peggiore era stare su palchi microscopici in sei persone, mi sono scontrato spessissimo con il nostro bassista: per fortuna oggi suoniamo in posti più grandicelli! (date un’occhiata al 4 string facial qui sopra,ndR)”.

NEL LAVORARE ASSIEME INVECE COME VI ORGANIZZATE? CI SONO DISCUSSIONI O DISACCORDI NELLO SCRIVERE LE CANZONI?
“Riusciamo a dividerci i compiti in maniera speculare, lavoriamo in maniera molto affiatata. L’unica discussione che abbiamo avuto è stata su quale canzone proporre come primo singolo dell’album, una scelta molto dura considerando che riteniamo tutte le canzoni allo stesso livello”.

AVETE PERSO META’ FORMAZIONE DURANTE IL PERCORSO: COSA E’ SUCCESSO ESATTAMENTE?
“Sono state motivazioni differenti: è difficile avere una armonia assoluta quando si deve dividere tutto in sei persone, lontani da casa propria. Uno dei ragazzi si è sposato e ha scelto di abbandonare, con altri non siamo riusciti ad avere un accordo o una partecipazione adatta alla causa dei 3 Inches Of Blood. Col senno di poi posso considerare il rinnovamento della formazione un bene, il suono si è rinfrescato e il nuovo album è una favola. I nuovi elementi sono tutte persone con cui abbiamo suonato in passato, che ci conoscono molto bene e con i quali è stato facile lavorare nella maniera migliore da subito”.

per adesso i ragazzi si possono permettere questoPENSI CHE LA ROADRUNNER RECORDS SIA DAVVERO L’ETICHETTA GIUSTA PER I 3 INCHES OF BLOOD?
“Sta funzionando, come posso dire il contrario? Anche se ora siamo quasi una mosca bianca, basta guardare il catalogo per capire che l’etichetta ha un roster classico da far invidia a chiunque. Ora poi hanno messo sotto contratto i Megadeth: c’è un ritorno alle sonorità di una volta”.

IMMAGINA DI AVERE UN BUDGET ILLIMITATO: COME SAREBBE IL VOSTRO PROSSIMO VIDEO?
“Sogno da anni di girare un video in un lago formatosi sul cratere di un vulcano: vorrei la band in mezzo al lago a suonare, e nel procedere del video farei rianimare il vulcano inattivo da anni, con conseguenti esplosioni spettacolari e colate di lava!”.

E COSA PORTERESTI SUL PALCO?
“Faremmo il metal party definitivo: porterei una finta vergine da sacrificare e tanta birra per noi e per il pubblico… tanta che non si potrebbe nemmeno finire (ride, ndR)”.

TORNIAMO ALLA REALTA’, E ALL’OZZFEST CHE VI ASPETTA: COME VI SENTITE?

“E’ una sensazione strana, sono eccitato ma nel contempo leggermente spaventato: non abbiamo mai preso parte a un festival itinerante di queste dimensioni, e saremo davanti a una mole di pubblico esorbitante. L’album sarà uscito da poco quindi è davvero una propaganda irrinunciabile, non vedo l’ora che inizi, tra l’altro questa edizione è davvero una delle più estreme di sempre grazie a gruppi come Nile, Lamb Of God, Daath e Behemoth, quindi saremo di sicuro a nostro agio”.

IL “FREE OZZFEST” E’ UN ESPERIMENTO MOLTO INTERESSANTE: PENSI CHE I GRUPPI DEL MAIN STAGE SUONERANNO DAVVERO SENZA RICEVERE UN COMPENSO?
“Bella domanda… Non so proprio cosa rispondere. Di sicuro se i biglietti restano completamente gratuiti sarà già dura far quadrare i conti utilizzando solo gli sponsor. E’ comunque una rivoluzione, e tutta a vantaggio del pubblico. Tireremo le somme alla fine”.

SU INTERNET ABBIAMO COMINCIATO A VEDERE DEI RAGAZZI CHE SI SONO TATUATI IL NOME DELLA BAND: TI SENTI UNA MAGGIORE RESPONSABILITA’ ORA CHE SIETE GIUNTI A QUESTI LIVELLI?
“E’ una cosa davvero incredibile, tatuarsi il nome della band è un gesto vicino alla devozione, non so se sarò mai pronto per una cosa del genere, quello che è certo è che la cosa mi riempie di orgoglio: per questo si è pensato di ridare a questi ragazzi qualcosa pubblicando le immagini dei loro tatuaggi su internet. Non mi sento un modello di vita per nessuno, per questo mi fa strano accadano delle cose del genere. Se mi dovessi preoccupare dell’influenza della nostra musica sulle persone… Una volta un tipo ha colpito il nostro rimorchio con una mazza chiodata: cosa dovrei pensare?”.

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