Ci sono voluti cinque anni di attesa per il ritorno degli A Storm Of Light, una delle band più emozionanti e imprevedibili del proteiforme panorama “post”; sia esso rock o metal, poco importa rispetto al carico di emozioni che la band americana riesce sempre a trasmettere, e che con il nuovo “Anthroscene” ha toccato nuovi ed elevati livelli. Abbiamo raggiunto Josh Graham, mastermind del gruppo, oltre che rinomato artista visuale (è noto il suo contributo alla dimensione live dei Neurosis) e musicista apprezzato anche per le sue collaborazioni con band del calibro di Red Sparowes o Battle Of Mice; ne è risultato un interessante scambio in cui abbiamo allargato il discorso ben oltre la pura dimensione musicale, a conferma della sua notevole caratura, anche personale.
CIAO JOSH E BENVENUTO SU METALITALIA.COM. È IL VOSTRO PRIMO ALBUM IN CINQUE ANNI, LA PAUSA PIÙ LUNGA DA QUANDO VI SIETE FORMATI; COS’È SUCCESSO IN QUESTO PERIODO E COME AVETE AFFRONTATO IL PROCESSO COMPOSITIVO PER “ANTHROSCENE”?
– Grazie per l’intervista, innanzitutto, è un piacere. Questi ultimi cinque anni sono stati tra i più intensi, dal punto di vista creativo. Mi sono focalizzato sui miei lavori grafici (suspendedinlight.com) e sul mio progetto ambient, IIVII, che mi ha portato a comporre la colonna sonora di “Mother The Downward Spiral”, il documentario sul dietro le quinte del film “Madre!” di Darren Aronofsky; si stanno aprendo parecchie opportunità, che spero mi porteranno a realizzare altre colonne sonore. Le sperimentazioni con IIVII hanno contribuito a espandere l’approccio complessivo verso “Anthroscene”, portandoci a comporre momenti più “cinematografici”, facendoci sentire meno legati ai cliché del post rock, post metal o simile. Dal punto di vista creativo abbiamo lavorato a distanza e in maniera pressoché indipendente l’uno dagli altri; ci scambiavamo le diverse idee via e-mail, per poi arrangiare queste parti in canzoni strutturate e iniziare le successive sperimentazioni.
TU E DOMENIC SIETE I MEMBRI FONDATORI DELLA BAND, MENTRE ABBIAMO NOTATO L’ENNESIMO NUOVO BATTERISTA, SU QUESTO ALBUM. È UNA VOSTRA SCELTA PER PROVARE SEMPRE QUALCOSA DI NUOVO O AVETE UNA MALEDIZIONE, A RIGUARDO?
– È decisamente una maledizione (risate, ndR)! Il nostro amico Will Lindsay dice che abbiamo un limite di un album per batterista, e in effetti è abbastanza corretto: sette album e sei batteristi. Billy (Graves, ndR) era stato il primo a rompere il maleficio, ma recentemente ha deciso di concentrarsi sulla sua famiglia. Gli vogliamo un gran bene e ci manca, ma capiamo le priorità.
UN’ALTRA GRANDE NOVITÀ IN TERMINI DI FORMAZIONE È LA PRESENZA DI DAN HAWKINS, IN VESTE DI SECONDO CHITARRISTA E TASTIERISTA. COME È NATA QUESTA COLLABORAZIONE? RITIENI CHE DAN RESTERÀ A FAR PARTE DELLA BAND, IN FUTURO?
– Era da un po’ che pensavo di aggiungere un secondo chitarrista, che però potesse aggiungere anche idee alle mie, non solo replicare quanto da me scritto, e per varie ragioni è accaduto solo ora. Negli album precedenti avevo sempre completato tutti gli arrangiamenti di massima prima di ricevere input dagli altri. Io e Dan abbiamo suonato assieme da quando avevamo quindici-vent’anni; avevamo in mente di lavorare su un progetto elettronico comune, quindi quando ho iniziato a lavorare ad “Anthroscene” è stato abbastanza spontaneo chiedergli di unirsi. Ha funzionato ala grande, penso, visto che ha dato lui le idee iniziali sia per “Rosebud” che per “Slow Motion Apocalypse”.
RESTANDO SUL TEMA DELLE TASTIERE, E DEL SUONO COMPLESSIVO DELL’ALBUM, ABBIAMO NOTATO COME SIA DECISAMENTE PIÙ ORGANICO DEL VOSTRO ALBUM PRECEDENTE; IL LAVORO SUI SAMPLE E SULLE TASTIERE È ENORME, SEBBENE NON SIANO MAI TROPPO INVASIVE. NELLA CARTELLA STAMPA PARLATE DI “ANTHROSCENE” COME DI UN ALBUM CHE “LASCIA PIÙ TEMPO PER RESPIRARE”, TI ANDREBBE DI ELABORARE QUESTA DEFINIZIONE?
– Fantastico, grazie dell’analisi! Per me avere “più tempo per respirare” è il modo in cui il lavoro può toccare sensazioni e dinamiche differenti senza perdere intensità o perdersi nei territori delle “jam”. Con i Red Sparowes abbiamo composto alcune cose con questa idea in testa, ma era tutto fatto con le sole chitarre, quindi il risultato cambia drasticamente… i passaggi tra chiavi maggiori e minori è diventato ormai sinonimo di post rock, che non mi interessa più molto. Con questo bene in mente, le tastiere hanno la possibilità di ritagliarsi quel tipo di spazio, mantenendo un approccio cupo e cinematografico.
CI SONO MOLTE INFLUENZE RISCONTRABILI NEI VOSTRI BRANI. IN PRIMIS CITEREI I KILLING JOKE, MA ANCHE LA SCENA NO WAVE (CHE NON A CASO NACQUE NELLA VOSTRA CITTÀ). PROPRIO COME NEL CASO DI QUESTE BAND, SONO LE PICCOLE VARIAZIONI CHE ESPLODONO IN CERTI PUNTI A DARE GRANDE FORZA A BRANI CHE HANNO, IN GENRALE, UNA CADENZA OSSESSIVA E IPNOTICA. SEI D’ACCORDO?
– Sono assolutamente d’accordo. E oltre ai nomi che fai tu, ci sono altre influenze che vengono dal nostro periodo formativo alla fine degli anni Ottanta/inizio Novanta. The Cure, Swans, Christian Death, Ministry, NIN, Discharge, Fugazi, Brian Eno, Janes Addiction, ecc. Ma anche i nuovi compositori contemporanei come Ryuichi Sakamoto, Aldo Nova, Ben Frost, Hans Zimmer, Mica Levi…
LA TUA VOCE SEMBRA ESPRIMERE UN PROFONDO SENSO DI RABBIOSA DISPERAZIONE, ALLUCINAZIONE, È SPESSO UNA SPECIE DI TRAGICO GRIDO.
– Ah, in realtà cambio di disco in disco, non è una scelta intenzionale: è il risultato di come progredisce ogni brano. A seconda di come mi vengono le idee per le linee vocali, le melodie si attestano su un registro piuttosto che un altro. Ciò detto, non amo molto il cantato pulito che ho usato su “Forgive Us Our Trespasses”, mentre mi è sempre piaciuto quella specie di sospiro che usava Peter Gabriel nei primi album, soprattutto il terzo e il quarto.
PASSIAMO ALLA DIMENSIONE “NON MUSICALE” DELL’ALBUM. LA PRIMA DOMANDA È QUALE SIA IL SIGNIFICATO DIETRO QUESTO TITOLO, “ANTHROSCENE”.
– Il titolo si riferisce all’Antropocene, cioè l’era geologica in cui viviamo (termine coniato negli anni Ottanta e che non ha comunque un’ufficialità vera e propria, ndR). Anche se non si è mai stabilito quando fissare il suo effettivo inizio, essenzialmente individua il passaggio in cui l’umanità ha iniziato a influire direttamente, nel bene e nel male, sul Pianeta. L’errore di spelling, se così vogliamo dire, vuole contestualizzarlo in un nuovo scenario per tutti noi, bello o brutto che sia.
MI È PARSO CHE PER CERTI VERSI L’ALBUM ABBIA UN APPROCCIO POLITICO, È CORRETTO? MI RIFERISCO, IN PARTICOLARE, AI TESTI DI BRANI COME “BLACKOUT” O “LIFE WILL BE VIOLENT”, CHE MI PAIONO MOLTO ESPLICITI, MA SI COLGONO FORTI METAFORE ANCHE IN ALTRI PUNTI.
– Tutti i nostri dischi sono stati politici, in maniera più o meno esplicita, e certo vale anche per alcune delle canzoni qui presenti. Alcune sono molto nette, altre più simili a sogni surreali (“Life Will Be Violent, oppure “Laser Fire Forget”). Il primo brano che ho composto è stato “Dim”, su cui affronto alcune specifiche frustrazioni che ho nei confronti di persone che conosco, poi mi pare che “Blackout” sia stata la seconda, e quello che dico lì è per me assoluta verità; Trump sta cercando di distruggere l’America, e la Destra più becera e razzista sta prendendo il sopravvento in tutti i paesi del Primo Mondo. È surreale e terrificante.
C’È UNA FRASE IN “SLOW MOTION APOCALYPSE” CHE MI HA DAVVERO COLPITO: “I’VE BEEN LOOKING FOR SOMEONE ELSE TO BLAME”, CHE MI PARE RIASSUMERE IL PRINCIPALE PROBLEMA DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA: RABBIA ED IGNORANZA CHE SI UNISCONO, SPINGENDO LE PERSONE A TROVARE OGNI GIORNO NUOVI, FACILI NEMICI O SCUSE PER IL LORO INSUCCESSO. CHE NE PENSI?
– Condivido al 100%. L’approccio di base degli esponenti della nuova destra è quello di promuovere una generica paura verso chi è diverso da te. Usano queste idee per provocare le persone ignoranti, o quelle senza problemi reali; in America quelli più spaventati dagli “stranieri” sono coloro che non hanno mai lasciato le loro piccole città. Invece di attaccare la crescita della violenza legata al possesso di armi (per fare un esempio), preferiscono puntare il dito agli immigrati alla ricerca di una vita migliore. Qui il Partito Democratico si è ritrovato così compiacente e tranquillo sotto l’amministrazione Obama da aver lasciato campo aperto a questo tipo di paure, ignorando la classe operaia e permettendo al paese di essere radicalizzato da idioti come Trump. È una follia, Trump è probabilmente il politico più ottuso che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto, un dittatore in pectore. Con Obama sembrava che stessimo finalmente evolvendoci in una società più civilizzata, ma ora tutto è peggiorato e oppressivo come non mai.
ANCHE L’ASPETTO VISIVO RISULTA MOLTO RILEVANTE, CON UN APPROCCIO SURREALISTA ED EVOCATIVO; ALCUNE DELLE IMMAGINI DEL BOOKLET MI HANNO RICORDATO I LAVORI DI STORM THORGERSON. TI SEI OCCUPATO PERSONALMENTE DEL PROGETTO GRAFICO, DATO CHE SEI ANCHE UN ARTISTA VISUALE?
– Oh, fantastico! Storm Thorgerson è in effetti uno dei miei designer preferiti di sempre. È assolutamente un’influenza, il suo lavoro mi ha spinto a lavori più fotografici, con l’utilizzo di Photoshop solo per intervenire su quanto ripreso, più che per realizzare un prodotto dalla a alla z. Ovviamente uso ancora entrambi gli approcci, visto anche che il budget per i progetti artistici sono sempre più ridotti. Le foto dell’agente antisommossa (che è mia moglie Julie) e della colomba le ho realizzate nel mio garage, poi ho recuperato un po’ di immagini qua e là e le ho trattate tutte per renderle omogenee con la copertina e completare il generale senso di surrealismo e delirio dell’album.
ULTIMA DOMANDA: QUESTA VOLTA IL VOSTRO TOUR NON È PASSATO DALL’ITALIA. POSSIAMO SPERARE IN UN RITORNO, MAGARI LA PROSSIMA PRIMAVERA?
– Lo spero proprio! Il tour di supporto ai Mono è andato alla grande, ma abbiamo saltato parecchi paesi, quindi mi auguro di riuscire ad organizzare un altro tour e continuare ad allargare il nostro pubblico.