AATHMA – Polvere di stelle

Pubblicato il 12/08/2023 da

Capita a volta che alcuni gruppi, nonostante la lunga attività, restino sottotraccia a lungo, per vari motivi, e poi improvvisamente arrivino alla nostra attenzione e disvelino appieno il loro potenziale. È il caso degli spagnoli Aathma e del loro quarto album “Dust From A Dark Sun”: in precedenza frequentavano ambiti sludge-doom più plumbei e massicci, oggi si sono portati verso un ibrido tra hard rock, doom e stoner dall’accattivante melodiosità.
L’album uscito a fine giugno non sfodera qualità particolari, attributi che li rendono unici e altisonanti nella loro proposta: è però una pubblicazione che presenta diverse ottime canzoni e colpisce nel segno per la semplice, alta, qualità delle stesse. Riff d’impatto, dinamiche coinvolgenti, registri melodici tentatori e la bella vocalità affabulatoria del cantante chitarrista Juan sono gli ingredienti fondamentali di un disco godibile dal primo all’ultimo istante.
Proprio con Juan siamo andati a interloquire per parlare di come nasce questa creatura chiamata Aathma e quale percorso ha compiuto fino ad oggi.

BENVENUTI SULLE NOSTRE PAGINE, AATHMA: “DUST FROM A DARK SUN” è IL VOSTRO QUARTO ALBUM, NEL CORSO DI UNA CARRIERA CHE VI VEDE IN GIRO DA PARECCHIO TEMPO, CONSIDERATO CHE IL VOSTRO DEMO “WOODS” RISALE AL 2007. CI POTRESTE RACCONTARE QUALI SONO STATE LE PRINCIPALI TAPPE DELLA VOSTRA STORIA?
– Innanzitutto grazie dello spazio concessoci. Come hai detto, gli Aathma nascono nel 2007 come un mio progetto personale. Ben presto ho trovato alcuni amici che si sono uniti a me per formare una vera e propria band. Abbiamo registrato un demo e iniziato a suonare dal vivo di lì a poco. Negli anni abbiamo condiviso il palco con gruppi dei quali siamo grandi ammiratori, come Godflesh, A Storm Of Light e Baroness, solo per citarne alcuni. Già questo ci fa capire come finora ne sia valsa la pensa, di investire tempo e sforzi sulla band! Nei primi tempi, la nostra musica era più lenta e doom, più cupa. Successivamente si è evoluta ed è divenuta più atmosferica e, allo stesso tempo, più diretta.

CON “DUST FROM A DARK SUN” SIETE APPRODATI A UN SUONO PIÙ CONCISO, MELODICO E MENO ESTREMO RISPETTO A QUELLO DEI VOSTRI DISCHI PRECEDENTI. A COSA È DOVUTO QUESTO CAMBIAMENTO?
– Si è trattato semplicemente di un’evoluzione naturale. Non abbiamo mai cercato di ripetere la medesima formula o di duplicare lo stesso album all’infinito. Sarebbe stato innaturale per noi, oltre che molto noioso. Così abbiamo cercato di esplorare nuove aree del nostro sound in ogni disco. Vedo ogni uscita come un semplice riflesso di come eravamo in quel preciso momento delle nostre esistenze.

LA VOSTRA MUSICA SEMBRA POSSEDERE MOLTEPLICI CARATTERISTICHE CONTEMPORANEAMENTE: INCORPORA LA PESANTEZZA DELLO SLUDGE, IL SENSO DEL DRAMMA DEL POST-METAL, GLI INTRIGANTI E ORECCHIABILI RITMI DELLO STONER E L’OSCURITÀ DEL DOOM. QUALI RITIENI POSSANO ESSERE GLI ELEMENTI CHE MEGLIO IDENTIFICANO LE CANZONI DI “DUST FROM THE DARK SUN”?
– Non saprei cosa risponderti, ad essere sincero. Mi viene difficile classificare gli elementi cardine della nostra musica. Quando scrivo una canzone, è come se questa già esistesse, nascosta dentro di me. Devo solo estrarla, farla uscire. Detto questo, non penso mai in termini di genere o di preconcetti quando creo una canzone. Semplicemente, accade.

“DUST FROM A DARK SUN” È UN TITOLO CHE SUONA MOLTO ‘STONER’, EVOCANDO UN TIPICO IMMAGINARIO ASSOCIATO AL GENERE, SPINGENDO INOLTRE LA MENTE VERSO UNO SCENARIO FANTASCIENTIFICO. PERCHÉ AVETE ADOTTATO QUESTO TITOLO E COME SI COLLEGA ALLA MUSICA?
– Il concept del disco riguarda il fatto che qualsiasi azione noi compiamo, anche la più insignificante, ci definisce e determina le nostre relazioni con le altre persone, gli animali, il pianeta dove viviamo e di conseguenza anche l’intero universo. Dipende da noi trasformarci in luce o in buio. Il titolo ci ricorda che non siamo nient’altro che ‘polvere di un sole oscuro’.

DEL NUOVO DISCO APPREZZO MOLTO IL SUO ESSERE CATCHY ED HEAVY ALLO STESSO TEMPO: A PARTIRE DAL SINGOLO “BURNED GARDEN”, SI PERCEPISCE UNA FORTE CURA NEL SUONARE DIRETTI ED ELETTRIZZANTI, PRESERVANDO LA FORZA DELLO SLUDGE E DEL DOOM.. COME FUNZIONA PER VOI QUESTO PROCESSO DI BILANCIAMENTO TRA FORZA E MELODIA, DANDO UNA SPECIALE ALCHIMIA AL SUONO DEGLI AATHMA?
– Come ho già affermato poco fa, è una questione di evoluzione. Il nostro obiettivo per quest’album, come per gli altri, era quello di realizzare qualcosa di mai fatto in precedenza. Negli album passati le linee vocali erano in prevalenza sporche e urlate. Ora volevo avere, al contrario, un approccio più melodico e soft, evitando di essere troppo morbido ed esile. Trovare la giusta misura in questo non è semplice, ma penso che alla fine siamo giunti al risultato desiderato.

ANDANDO NELLO SPECIFICO DEI BRANI, MI VIENE DIFFICILE SCEGLIERE QUALE SIA IL MIGLIORE, TUTTAVIA DOVESSI INDICARNE UNO SOLTANTO, LA SCELTA CADREBBE PROBABILMENTE SU “A BLACK STAR”. POTRESTI DESCRIVERCI COME È NATA QUESTA CANZONE E QUALI ARGOMENTI AFFRONTA?
– Ti ringrazio per le belle parole, mi onora sapere che il disco è piaciuto così tanto che si fatica a scegliere un brano soltanto come preferito.
Per quanto riguarda “A Black Star”, ricordo perfettamente come è partita la scintilla. Era durante la pandemia e i lockdown. Ovviamente, non potevamo recarci in sala prove e stavo creando tanta musica a casa mia. Mentre suonavo nel mio studio personale, casualmente mi è venuto il riff introduttivo del pezzo. È un riff estremamente semplice, ma mi diceva qualcosa di forte, con alcuni armonici che lo rendevano interessante. In un attimo il riff principale e gli accordi del chorus si sono materializzati. Questo è uno di quei casi in cui la melodia vocale è arrivata assieme alle parti di chitarra. Ho scritto i testi e registrato una demo nel mio studio aggiungendo una traccia di batteria e una semplice linea di basso, quindi ho mandato quello che avevo scritto agli altri ragazzi degli Aathma. Penso non mi ci sia voluto più di un giorno per completare quasi interamente il brano.
Alex e Chamani, gli altri due membri della band, hanno gradito quanto gli avevo inviato e hanno aggiunto le loro parti. La cosa divertente è che non abbiamo mai suonato questa canzone tutti assieme fino a quando il disco è stato registrato. Nel testo parlo di quelle persone che trattano gli animali, e pure le persone, come se fossero dei meri oggetti, non gli importa nulla delle loro sensazioni e bisogni. È tempo per noi di realizzare che stiamo distruggendo ogni cosa che tocchiamo, come esseri umani. Ad ogni modo, le parole della canzone non esprimono un significato univoco e chiunque può darne l’interpretazione che preferisce.

UNO DEI FATTORI PIÙ IMPORTANTI DI “DUST FROM A DARK SUN” SONO LE LINEE VOCALI: STANNO A CAVALLO TRA GRUNGE, DOOM E HARD ROCK, CON UN TONO ASSIMILABILE A QUELLO DEI CANTAUTORI AMERICANI, PER CERTI VERSI. COME HAI SVILUPPATO QUESTO TIPO DI VOCALITÀ, MOLTO DIFFERENTE DA QUELLA DEI VOSTRI PRIMI ALBUM?
– Ho un progetto solista chiamato Otus dove uso la voce in modo molto tranquillo, tipo appunto quello di un cantautore. Probabilmente, in quest’album, ho portato inconsciamente alcuni elementi di quel progetto negli Aathma. Sentivo il bisogno di provare qualcosa di diverso, sapevo di avere le risorse per cantare in modo più melodico, anche se volevo mantenere una certa potenza nel cantato, per non avvicinarmi troppo a quanto faccio con Otus. Spero di essere riuscito nel mio intento.

“DUST FROM A DARK SUN” MI HA SUGGERITO DEGLI ACCOSTAMENTI CON DIVERSE BAND, TIPO TORCHE, BARONESS E SOUNDGARDEN. PENSI CHE QUESTI GRUPPI POSSANO AVERE EFFETTIVAMENTE DELLE SIMILITUDINI CON VOI? QUALI RITIENI SIANO LE FORMAZIONI CHE VI SONO PIÙ SIMILI?
– Hai menzionato tre grandi band. Personalmente amo i Soundgarden e posso dirti che sono stati una grande influenza per me. Però faccio fatica a indicare delle band che condividono la nostra stessa visione artistica. Potrei affermare che abbiamo molte cose in comune, dal punto di vista artistico, con band come Soundgarden, Neurosis, Fugazi e Neil Young, ad esempio. Le nostre influenze sono molto ampie.

“DUST FROM A DARK SUN” È IL VOSTRO QUARTO ALBUM, NEL MEZZO AVETE ANCHE FATTO USCIRE L’EP “DEADLY LAKE”. PUOI DESCRIVERCI QUALI SONO LE PRINCIPALI QUALITÀ DI QUESTE USCITE E COME LE GIUDICHI OGGI?
– Domanda difficile (risate, ndR). Come detto prima, ogni album è la testimonianza di un preciso momento delle nostre vite. Mi viene difficile adesso parlare di quegli album, a distanza di tempo, perché non sto più vivendo quei momenti. Rimango convinto del fatto che abbiamo sempre fatto quello che volevamo, siamo stati liberi di creare quello che più ci piaceva, senza subire restrizioni.
Non scriviamo musica pensando a quanto possa vendere o piacere, non paghiamo per andare in tour o cose simili. Cerchiamo soltanto di produrre la musica migliore possibile in base alle nostre possibilità. La nostra musica è onesta. In questo senso, sono orgoglioso dei nostri album passati. Anche se poi, e questo forse è un dettaglio un po’ bizzarro, raramente riascolto musica che ho prodotto molto tempo prima.

A VOLTE SI TENDE A SOTTOVALUTARE LA SCENA METAL SPAGNOLA, CHE INVECE È FORTE E DIVERSIFICATA. RIMANENDO NELL’AMBITO DOOM E SLUDGE, QUALI PENSI SIANO LE BAND PIÙ INTERESSANTI PROVENIENTI DALLA SCENA SPAGNOLA?
– In Spagna ci sono molte ottime band. Tra chi suona doom e sludge, e tra chi è attualmente attivo, nomino volentieri Ikarie, The Holeum, Adrift, Hela, ai quali aggiungo gruppi più discontinui e che si sono presi lunghe pause, come Autumnal e Horn Of The Rhino. Fuori dal doom, raccomando di ascoltare Le Temps Du Loup e Bones Of Minerva, ma ce ne sarebbero molte altre da citare.

NON SUONATE DAL VIVO MOLTO SPESSO, NONOSTANTE CIÒ AVETE PARTECIPATO NEL TEMPO AD ALCUNI IMPORTANTI FESTIVAL, COME PER ESEMPIO MADRID IS THE DARK E RESURRECTION FEST. QUALI SONO STATE IN QUESTO AMBITO LE ESPERIENZE PIÙ APPAGANTI E QUALI SONO I VOSTRI PROGRAMMI PER IL 2023?
– Abbiamo un bell’album di ricordi accumulati nel tempo, relativamente ai concerti tenuti in giro. Uno dei più belli è quello della prima volta che abbiamo suonato al Madrid Is The Dark, la prima edizione del festival. È stato un evento elettrizzante, con una grande atmosfera per l’intera durata della manifestazione. Abbiamo condiviso il palco con i Process Of Guilt e ho adorato la loro performance, con loro siamo diventati amici.
Ricordo volentieri anche il Doom Over Paris, e quella volta che suonammo in un piccolo squat, da qualche parte in Germania, non ricordo precisamente il luogo. Abbiamo incontrato tante belle persone nei nostri viaggi, ci sono amici che ci seguono dal nostro primo tour e non ci hanno mai abbandonato. È una cosa bellissima.

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