“Hostile”, l’ultima fatica discografica degli Aborym, è fuori da un paio di mesi, un tempo durante il quale ha ricevuto plauso e apprezzamento pressoché unanime.
Un disco lontano anni luce dal metal estremo, cangiante, organico e ricco di sonorità estremamente variegate, frutto di un lavoro minuziosissimo in fase di preparazione. Ne abbiamo parlato con il batterista Kata, approfittando dell’occasione per qualche domanda aggiuntiva sulla formazione, alla luce della recente defezione di Riccardo Greco, e sull’ormai quasi trentennale carriera della band.
CIAO KATA. PARTIREI SUBITO DAL NUOVO DISCO, E VI CHIEDEREI DI RACCONTARCI INNANZITUTTO LA GENESI CHE HA PORTATO ALLA PUBBLICAZIONE DI “HOSTILE”, CHE SE NON SBAGLIO HA SUBITO ANCHE UN PO’ DI RITARDI RISPETTO ALLE PREVISIONI INIZIALI.
– Si, la pubblicazione del disco ha subìto ritardi rispetto a quanto previsto dalla prima tabella di marcia, scontata la causa, ma nonostante ci siamo trovati nelle sessioni finali di registrazione nel bel mezzo di una pandemia siamo riusciti a mitigare il ritardo riducendolo a pochi mesi. La genesi di Hostile è avvenuta ormai circa un paio di anni fa… Lavoravamo insieme già da qualche anno e venivamo da alcuni concerti importanti, tra cui il Wacken Open Air, e ci siamo sentiti pronti a lavorare su qualcosa di nuovo. Fab, Ricky e Tommy avevano già messo sul piatto alcune idee e ognuno di noi ha avuto modo di svilupparle. Ognuno di noi ha il proprio home studio e di conseguenza abbiamo potuto gestire le pre-produzioni in modo indipendente per poi convogliarle nel nostro studio. Il nostro produttore Keith Hillebrandt ha iniziato a definire quali fossero i brani più indicati per il nostro nuovo disco e abbiamo iniziato a lavorare su quelli che hai ascoltato. Portare poi a termine le registrazioni e tutto il processo di mixing e mastering non è stato semplice in piena fase Covid… ma eravamo carichi e quello che veniva fuori dagli studi era decisamente stimolante.
COME VI SIETE DIVISI IL LAVORO, IN FASE COMPOSITIVA?
– Ognuno di noi ha dei ruoli ben precisi, un equilibrio ormai quasi perfetto. Fab è diciamo il nostro ‘direttore artistico’, è lui la più grande fucina di idee in questa band, quello che porta la maggior parte delle idee che poi tutti noi sviluppiamo in autonomia. Anche Rick e Tommy hanno avuto grande spazio nella parte compositiva e sugli arrangiamenti, su cui abbiamo lavorato per mesi. Io mi occupo principalmente di arrangiare le parti ritmiche con l’obiettivo di farle girare bene insieme alla parte elettronica e a quella melodica; oltre a questo mi occupo anche della parte ‘tecnica’: sequenze, routing etc. Sai, poi non ho alle spalle un background di musica estrema, è un ambito che non mi ha mai molto entusiasmato, mi piace la melodia e per me la ritmica deve sorreggerla e mai esserle di intralcio… In questo disco credo sia proprio la caratteristica che spicca di più. E’ un album dove ci sono melodie che ti si appiccicano sulla pelle, possono essere violente, poco educate o anche molto ‘delicate’, ma è un disco che potremmo suonare anche solo chitarra e voce.
SE NON SBAGLIO NON SONO PRESENTI OSPITI, A DIFFERENZA DI QUANTO ACCADUTO SUL PRECEDENTE DISCO. VOLEVATE CHE FOSSE COMPLETAMENTE FRUTTO VOSTRO O NON C’È STATA OCCASIONE O NECESSITÀ DI COINVOLGERE ALTRI MUSICISTI?
– In realtà qualche ospite c’è, non sono nomi ‘illustri’ o conosciuti come accadde per “Shifting. Negative”, abbiamo preferito lavorare con amici che gravitano intorno alla nostra vita di tutti i giorni. Come Giuseppe Nicotera che ha suonato le tabla su “Radiophobia”, Alessandra Magno che ha prestato la sua voce per il finale di “Magical Smoke Screen”, poi c’è Enrico Cerrato di Petrolio che ha fatto un lavoro egregio con i suoi beat industrial su “The Pursuit Of Happiness”, brano scritto a quattro mani e 20.000 moduli da lui e Fab, ed infine Pierluigi Ferro dei Macelleria Mobile di Mezzanotte che ha suonato delle parti di sax in “The End Of a World”. Tutti amici e splendidi musicisti che ringraziamo: collaborare con altri artisti per noi è sempre stata e sempre sarà la normalità.
AVETE ACCOMPAGNATO L’USCITA DEL SINGOLO “HORIZON IGNITED” CON UNA NOTA SUI TEMI TRATTATI MOLTO PROFONDA E CRIPTICA AL TEMPO STESSO. TI VA DI RACCONTARCI, SE NON DI COSA PARLANO I TESTI PUNTUALMENTE, ALMENO QUALI SONO LE TEMATICHE CHE, COME ABORYM, VI INTERESSA PROPORRE AL PUBBLICO?
– Fab è l’autore di tutti i testi, lui è sicuramente il più adatto a parlarne, purtroppo stasera deve giocare a golf con Andrea Corvo e devi accontentarti del sottoscritto (ride, ndr). Quello che posso dirti è che nei suoi testi di solito parla di cose di cui ha paura: religione, rapporto con dio, depressione, isolamento, l’impossibilità di vedere il futuro con uno spirito ottimistico. Scrive in modo molto insolito, seziona e riassembla alcune frasi che alla fine però conservano una logica, un po’ come il cut-up di Burroughs; e per noi è importante entrarci dentro poiché spesso il testo è il punto di partenza della scrittura di un brano. Siamo noi a creare la musica intorno e dentro le parole. Di certo le tematiche trattate nei testi degli Aborym sono reali, tangibili, cose con cui hai a che fare tutti i giorni sulla tua pelle. Insomma, niente fate, gnomi, folletti, demonietti, splatter e cazzate del genere che pare vadano per la maggiore in ambienti metal ‘estremi’. Roba che di estremo in questi casi c’è solo il ridicolo. I testi sono presenti negli artwork, spero ci sia ancora qualcuno che li legge.
PARLANDO DI TESTI, MI VIENE SPONTANEA UNA DOMANDA UN PO’ PROVOCATORIA. NEGLI ANNI IN CUI ABORYM ERA SINONIMO DI BLACK METAL IN ITALIA (E SAPPIAMO CHE È UN PASSATO ORMAI LONTANO…), ERA ANCHE ABBASTANZA SCONTATA UNA CERTA EQUAZIONE POLITICA, PER LA BAND. È QUALCOSA DI SEPOLTO ANCH’ESSO? PURA PROVOCAZIONE GIOVANILE? QUALCOSA DI ANCORA PRESENTE MA RELEGATO ALLA SFERA PERSONALE?
– Idiozia giovanile direi, e comunque sepolta diversi metri sotto terra. Le persone intelligenti sono quelle che sono in grado di cambiare. Solo gli imbecilli non cambiano mai. Da quando suono in questa band e rilascio interviste mi sono abituato a questo tipo di provocazioni, nessun problema quindi. Non siamo una band direttamente schierata politicamente, cerchiamo di fare prevalentemente musica, ma quando si tratta di parlare di temi importanti che hanno connotazioni politiche non ci tiriamo certo indietro, anzi credo che sia molto importante esserci e alzare la voce. Siamo per la libertà, supportiamo la solidarietà, lo sviluppo sostenibile e rispettoso della natura e degli animali, supportiamo le diversità, l’integrazione dei popoli, la libertà di espressione. Di riflesso non ci sono particolarmente simpatiche politiche che alimentano odio, discriminazioni sociali, divisioni, non supportiamo idee politiche dal retrogusto razziale, sessista, omofobo. Ah, per la cronaca, abbiamo molti amici gay, lesbiche e siamo pieni di amici sparsi in tutto il mondo, neri, pallidi, gialli… Non siamo vegani/vegetariani, d’altronde non siamo perfetti. E la nostra unica chiesa è il nostro studio.
MI RIAGGANCIO ALL’INTERVISTA CHE CI AVETE CONCESSO QUATTRO ANNI FA, ALLORCHÉ DEFINIVAMO “SHIFTING. NEGATIVE” COME UN DISCO ORGANICO. UNA DEFINIZIONE CHE AVETE SURCLASSATO, IN QUESTO CASO. IN “HOSTILE” CI SONO SUGGESTIONI E RICHIAMI MUSICALI CHE SPAZIANO IN TANTISSIME DIREZIONI, EPPURE CON UN RISULTATO COMPLESSIVO POTENTE E OMOGENEO. È IL RISULTATO “SOLO” DI DURO LAVORO, O SENTI CHE IN STUDIO AVETE RAGGIUNTO UN NUOVO E MIRABILE EQUILIBRIO?
– Entrambe le cose. Partendo dal presupposto che ognuno di noi ha differenti estrazioni e background musicali, il fatto poi di trasferirle in quello che facciamo è assolutamente naturale. Non starò qui a glorificare un disco che ho registrato, sarebbe insensato, ma dico che questo è un album fatto di metal, rock, industrial, elettronica, a tratti techno, di richiami jazz e post rock, tutto però plagiato in maniera organica. Questo credo nasca anche dal fatto che abbiamo buon gusto nell’arrangiamento… dai, diciamolo cazzo! (ride, ndr). Scherzi a parte, abbiamo raggiunto un’età e una maturità artistica che ci permette di avere il controllo di quello che facciamo e lo facciamo in funzione della buona riuscita di una canzone. Siamo tutti polistrumentisti, ci piace lavorare con le macchine in studio, siamo dei nerd dei nostri strumenti, li studiamo a fondo per esserne padroni e sfruttarli al meglio. E’ grazie a tutto questo che abbiamo raggiunto un tale equilibrio, almeno credo.
CI AVETE GIÀ DESCRITTO LA VARIETÀ DI FONTI DI ISPIRAZIONE, O BAND CHE AMATE, IN PASSATO. MA SE DOVESSI FARE AI NOSTRI LETTORI TRE NOMI DI MUSICISTI/GRUPPI DI CUI, MAGARI INCONSCIAMENTE, AVETE MESSO TRACCIA IN “HOSTILE”, CHI SAREBBERO?
– Inconsciamente forse si, dopotutto quello che ascolti in qualche modo ti ispira sempre. Nel mio caso e da batterista se proprio devo farti tre nomi dico Roger Waters, Miles Davis e Rush.
FERMO RESTANDO UNA CRESCITA E UN’EVOLUZIONE MUSICALE ORMAI COSTANTE, MI PARE DI POTER DIRE CHE PER LA PRIMA VOLTA CI SONO ANCHE MOLTI ELEMENTI EVIDENTI DI PSICHEDELIA. ERA UN PASSO INEVITABILE, NELL’ALLARGARE ULTERIORMENTE I VOSTRI ORIZZONTI E LA SPERIMENTAZIONE INSITA IN ABORYM?
– Certo, siamo tutti molto affascinati da un certo modo di fare psichedelia in musica. Penso agli Ozric Tentacles, ad alcune cose dei Radiohead… Sicuramente l’utilizzo massiccio dell’elettronica, dei synth modulari e del midi per far comunicare macchine ti induce poi a jammare e a lasciar andare il flusso creativo senza forzature. Questo porta a creare ambienti e rumori che sanno di psichedelia, di paesaggio urbano, e molti brani di questo disco sono nati così, in modo accidentale e attraverso vere e proprie jam session.
ABBIAMO RICEVUTO E PUBBLICATO QUALCHE SETTIMANA FA L’ANNUNCIO DELL’USCITA DALLA BAND DA PARTE DI RG NARCHOST. HAI QUALCHE COMMENTO DA FARE, A RIGUARDO? AVETE GIÀ IN MENTE UN SOSTITUTO?
– Noi non abbiamo divulgato nessun comunicato stampa, tantomeno la nostra agenzia stampa… Diciamo che siete andati a prendervi questa notizia dal diretto interessato in puro gossip style (ride, ndr). Hmm, no, non ho nulla da dire, noi gli auguriamo un futuro luminoso e stiamo già incontrando alcune persone che potrebbero prendere il posto di Riccardo – scusa ma non ce la faccio proprio a chiamarlo RG Narchost (ancora risate). Peraltro concentrando le ricerche su Roma. Al momento non è comunque una priorità.
NON SI PUÒ CERTO DIRE CHE L’ATTIVITÀ LIVE SIA STATA CENTRALE, NEGLI ANNI, PER GLI ABORYM, EPPURE SIETE ARRIVATI ALL’INVIDIABILE TRAGUARDO DI ESSERE INVITATI E SUONARE AL WACKEN NEL 2019. VI CHIEDO COM’È STATA L’ESPERIENZA, VISTA ANCHE LA PRESA DI DISTANZA DAL MONDO METAL, E SE IN REALTÀ SUONARE DAL VIVO SIA UNA COMPONENTE PER VOI IMPORTANTE E STIMOLANTE QUANTO REGISTRARE DISCHI.
– E’ stato un po’ il coronamento di un sogno, sai, suonare a quel festival di cui leggevi i bill interminabili quando avevi vent’anni e sognavi di poterci essere un giorno anche tu. L’esperienza è stata incredibile, un’organizzazione hollywoodiana, tutto curato nei minimi dettagli sia dal lato tecnico che da quello organizzativo. Un’esperienza che spero di ripetere un giorno. Sicuramente non ci interessa come band suonare ovunque ed in qualsiasi condizione, come in quei lunghi, interminabili tour seppelliti in van coperti da bagagli su cui devi anche dormire, dividendo i palchi con altre sei band a sera, tornando poi a casa stremato. Preferiamo di gran lunga lavorare in studio e sfornare dischi. Il live solo a determinate condizioni, qualcosa per cui valga la pena. Suonare poco e bene è il nostro imperativo.
QUASI TRENT’ANNI DI CARRIERA, OTTO DISCHI FRA LORO MOLTO DIVERSI… TE LA SENTI DI FARE UN BILANCIO, O UN CONFRONTO TRA LE DIVERSE FASI E ANIME CHE ABORYM HA OFFERTO IN TUTTO QUESTO TEMPO?
– I bilanci si fanno alla fine di un ciclo. Noi siamo solo all’inizio. E per quanto riguarda me, questa prima esperienza in studio è stata qualcosa di pazzesco. Ci tenevo a ringraziarti per questa chiacchierata Simone, immagino che tra pochi minuti qui sotto si scatenerà l’inferno nei commenti… Già me li vedo seduti davanti al pc a pigiare i tasti, scervellandosi su cosa scrivere e quali offese rivolgerci tra una girella e un sorso di yogurt ai mirtilli (risate, ndr).