I teutonici Accept rappresentano ormai una realtà più che incrollabile agli occhi di qualunque estimatore dell’old school e del metal in generale, capitanati come sempre da quell’uomo immune alla vecchiaia che risponde al nome di Wolf Hoffmann. A costui si deve anche la recente, seppur temporanea, svolta pseudo-orchestrale intrapresa dalla storica band di Solingen: a partire dall’emozionantissima esibizione tenuta in occasione della ventottesima edizione del Wacken Open Air, prontamente registrata e collocata nel DVD uscito sul mercato poche settimane fa, fino ad arrivare al tour in programma per il 2019, interamente basato sulla raffinata commistione tra l’heavy metal tipico degli Accept e l’utilizzo di una corposa orchestra, in grado potenzialmente di arricchire ulteriormente una proposta già di per sé completa e inossidabile. Tutto ciò rappresenta anche un’ottima occasione per mettersi in contatto col sopra menzionato leader, nonché chitarrista e compositore, in modo da farci raccontare qualche aneddoto relativo a passato, presente e, ovviamente, futuro di una delle formazioni più amate di sempre, nonché indiscusso orgoglio europeo in termini di heavy metal. Buona lettura!
LO SPECIALE LIVE ALBUM “SYMPHONIC TERROR – LIVE AT WACKEN 2017” È DISPONIBILE DA POCO SUL MERCATO ED È INNEGABILE, SOPRATTUTTO PER CHI ERA PRESENTE SUL MOMENTO, CHE SI TRATTI DI UN’ESPERIENZA DAVVERO SUGGESTIVA E, A MODO SUO, ALQUANTO PARTICOLARE DA ASSAPORARE. COM’È SOPRAGGIUNTA ORIGINARIAMENTE L’IDEA DI METTERE IN PIEDI UN CONCERTO COSÌ PARTICOLARE IN QUELLA DETERMINATA OCCASIONE?
– Tutto ha avuto inizio, in maniera anche relativamente inaspettata, nel momento in cui mi è stato proposto di tenere un concerto basato sui brani provenienti dal mio album solista “Headbangers Symphony”; idea che, ovviamente, mi ha allettato sin da subito, tenendo conto che non sono estratti che mi capita spesso di poter proporre in sede live. Chiaramente la prima cosa da fare era trovare un’orchestra, motivo per il quale mi sono messo subito alla ricerca di qualcosa che fosse idoneo al compito, mentre nel frattempo l’idea originale maturava, anche per via dello stato piuttosto avanzato dei lavori sul nuovo lavoro in studio degli Accept “The Rise Of Chaos”, che sarebbe stato quindi interessante presentare in anteprima nella medesima occasione. Dopo essermi consultato col compositore italiano, nonché mio carissimo amico, Melo Mafali, responsabile anche di parte degli arrangiamenti presenti nel mio sopracitato disco orchestrale, si è deciso di optare per una struttura che potesse combinare una tradizionale presentazione del nuovo album in dirittura d’arrivo, seguita da una parentesi interamente dedicata ad “Headbangers Symphony” e, infine, una trafila di brani tra i più popolari del repertorio degli Accept da proporre in chiave combinata con l’ausilio dell’orchestra. Uno spettacolo diviso in tre diversi atti, insomma.
ORIGINARIAMENTE FU PENSATA COME OCCASIONE UNICA, O C’ERA GIÀ L’INTENZIONE DI PORTARE SUCCESSIVAMENTE IL SUDDETTO SPETTACOLO IN GIRO PER IL MONDO?
– Chiaramente l’idea di partenza era quella di fare qualcosa di relativamente sperimentale, almeno per quel che concerne me e gli Accept, da cui potenzialmente ricavare anche un prodotto interessante da registrare e immettere successivamente sul mercato, ovviamente nel momento in cui il risultato si fosse rivelato soddisfacente. Senza dubbio l’entusiasmo è stato percepibile sin da subito, tant’è che non si sono fatte attendere le richieste in merito a delle possibili riproposizioni dello spettacolo basato sulla combinazione di heavy metal e orchestra. Tuttavia, sarebbe stato necessario far trascorrere almeno un intero anno perché i tempi potessero essere maturi, soprattutto tenendo conto che era già in programma il tour dedicato al nuovo album degli Accept, oltre ai lavori per produrre e successivamente distribuire il DVD, ora disponibile. Oggi, finalmente, stiamo ultimando tutti i preparativi e presto inizieremo a tenere dei concerti indoor sulla falsa riga di quello ripreso in quel di Wacken; abbiamo già fissato delle date in Germania, Russia e paesi limitrofi. Il mio sogno sarebbe quello di potermi esibire alla Scala, dove sono stato un paio d’anni fa, riconoscendo la location perfetta per quello che abbiamo battezzato “Symphonic Terror Tour 2019”; anche se, penso sia improbabile che possano accogliere una band di genere prettamente heavy metal tra quelle mura (ridiamo, ndR).
RIGUARDO PROPRIO IL TUO ALBUM SOLISTA “HEADBANGERS SYMPHONY”, CHE HA RISCOSSO DAVVERO MOLTI CONSENSI TRA GLI ESTIMATORI, NONOSTANTE SI TRATTASSE DI UN PRODOTTO TUTTO SOMMATO DI NICCHIA. POSSIAMO ASPETTARCI UN SEGUITO DEL SUDDETTO LAVORO?
– Ammetto di essere rimasto veramente molto compiaciuto dei risultati ottenuti con “Headbangers Symphony” e mi piacerebbe davvero tanto dedicarmi a qualcosa di analogo in un futuro. L’heavy metal e la musica classica, a prescindere che lo si voglia ammettere o no, hanno davvero molto in comune, ma rimane un compito piuttosto arduo riuscire ad amalgamare perfettamente i singoli elementi, perciò non vi aspettate che possa essere possibile tornare sul mercato con un prodotto simile in tempi particolarmente brevi. Tenendo conto dei numerosi impegni musicali e della mia attività piuttosto intensa con gli Accept, sarebbe necessario trovare un periodo sufficientemente libero in modo da poter studiare un buon arrangiamento e una perfetta coesione tra riff, orchestrazioni e quant’altro.
IL TUO AMORE PER LA MUSICA CLASSICA È COSA BEN NOTA. RITIENI CHE QUEST’ULTIMA ABBIA AVUTO UN IMPATTO PARTICOLARE SULLA TUA CRESCITA COME MUSICISTA? SE SÌ, C’È QUALCHE ARTISTA CHE VORRESTI MENZIONARE?
– Come giustamente affermato, non è un segreto che io sia molto affezionato alla musica classica e a diversi grandi esponenti del genere, tedeschi e internazionali; l’Italia stessa ha da sempre una lunga tradizione di compositori, su tutti ad esempio mi vengono in mente Puccini o Toscanini. Tuttavia, ci tengo davvero tanto a chiarire che non mi ritengo assolutamente un musicista di formazione classica, quanto più una sorta di outsider, dal momento che nasco come musicista metal e tale rimarrò sempre, fino alla fine della mia carriera. Potremmo definire le mie recenti produzioni di stampo pseudo-orchestrale come una sorta di omaggio a un genere di cui sono più che altro un fan, non un esponente effettivo. Chiaramente i due mondi, quello del metal e quello della classica, sono piuttosto legati e sicuramente questo non può che aver dato un contributo alla mia maturazione musicale.
QUALI RITIENI SIANO I PRINCIPALI PUNTI DI CONTATTO TRA L’HEAVY METAL E LA MUSICA CLASSICA?
– Questa è un’ottima domanda, in effetti! Sicuramente ci sono numerosi elementi che è possibile riconoscere con un orecchio sufficientemente attento: prendendo ad esempio delle composizioni ad opera di gente come Mozart o, meglio ancora, Richard Wagner, e mettendole successivamente in paragone con delle produzioni di genere heavy metal, è possibile notare che la potenza trasmessa e la forte componente epica ed evocativa sono più simili di quanto si potrebbe pensare. Quella sorta di volontà di urtare letteralmente l’ascoltatore con una pienezza sonora massiccia e corposa, evocando atmosfere uniche e, in caso di un’esibizione dal vivo, facendo letteralmente tremare le pareti della location. Poi, soprattutto a livello compositivo, ci sarebbero molte analogie riconoscibili, ma si entrerebbe in discorsi fortemente tecnici e di applicazione.
INVECE DAL FUTURO DEGLI ACCEPT COSA POSSIAMO ASPETTARCI?
– Come ho detto poco fa, attualmente a priorità ce l’ha il tour orchestrale che ci impegnerà per gran parte del 2019. Per quanto riguarda l’eventuale nuovo album, invece, al momento posso dire ben poco: ci tengo senz’altro a ribadire che il prossimo lavoro in studio degli Accept non è ancora del tutto scritto, anche se abbiamo attualmente un working title intitolato, molto banalmente, “2020”, dal momento che contiamo di immettere sul mercato il nuovo prodotto in questione proprio nel suddetto anno. Purtroppo non posso sbilanciarmi più di così, ma sicuramente non mancheremo di aggiornare la stampa, e di conseguenza i nostri fan, appena saranno più nitidi ulteriori dettagli in merito.
FACENDO UNA CAPATINA ALL’INTERNO DELL’ATTUALMENTE ULTIMO ALBUM IN STUDIO DEGLI ACCEPT “THE RISE OF CHAOS”: MOLTI SONO RIMASTI PIACEVOLMENTE INCURIOSITI DAL TESTO DEL BRANO “ANALOG MAN”, IN CUI SI PAVENTA UNA SORTA DI AVVERSIONE PER I SISTEMI PIÙ ATTUALI DI PRODUZIONE MUSICALE. COSA CI PUOI DIRE IN MERITO?
– La presenza di quel brano in particolare si deve soprattutto a una scelta personale del nostro cantante Mark Tornillo, il quale tende molto spesso a esprimersi in maniera piuttosto critica su tutto ciò che si avvicina, anche solo in parte, al concetto di ‘digitale’ o comunque moderno, soprattutto per quanto riguarda i nuovi approcci alla produzione musicale. Io, dal canto mio, non sono propriamente d’accordo con questa visione così estrema della questione, ma anzi, mi piace pensare che non si debba necessariamente vivere con la testa girata all’indietro, precludendosi ogni possibile contatto con ciò che la tecnologia moderna può offrire; tant’è che io stesso tendo spesso ad usufruire dei sistemi digitali per svariate mansioni, che possono andare dalle comodità di tutti i giorni, fino al mio approccio alla musica stessa. Anche se, a questo proposito, è opportuno non cadere nell’errore opposto: tendo infatti a vedere relativamente spesso persone giovani arrivare quasi a dimenticarsi del contatto umano, favorendo unicamente quello attraverso sistemi tecnologici esterni, e questo si ripercuote anche sui metodi scelti da giovani musicisti che, al momento di entrare in studio, a momenti passano più tempo ad applicare correzioni e a smanettare su un laptop, lasciando gli strumenti quasi a prender polvere. L’ideale, come sempre, sta sempre nel trovare un giusto compromesso.
POCO FA HAI MENZIONATO LA TUA ESPERIENZA CON CARMELO MAFALI, CHE RAPPRESENTA QUASI UN PUNTO DI CONTATTO TRA TE, GLI ACCEPT E L’ITALIA. C’È QUALCHE ALTRO ANEDDOTO INERENTE AL NOSTRO PAESE CHE TI ANDREBBE DI CITARE?
– Devo dire che mai, prima di incontrare Melo, avevo avuto modo di collaborare con un musicista così completo, aperto e talentuoso; mi ha dato davvero una grossa mano con le mie recenti attività musicali e devo dire che l’Italia può essere fiera di poter vantare tra le proprie fila una persona come lui. Confesso di avere un lieve rimpianto quando penso alle mie attività musicali in terra italiana: con gli Accept ci siamo quasi sempre esibiti dalle parti di Milano, quando invece sappiamo bene che su tutto il territorio ci sono svariati estimatori della musica metal, che ci farebbe quindi ulteriormente piacere poter vedere ai nostri concerti, soprattutto tenendo conto della peculiare energia che da sempre caratterizza il pubblico italiano. Possiamo bene immaginare che la situazione musicale locale imponga in un certo senso alle band di dirigersi sempre, bene o male, nelle solite location, ma è una situazione che ci auguriamo possa cambiare in modo da permetterci di battezzare con la nostra musica zone in cui ancora non è stato possibile esibirsi.
CAMBIANDO COMPLETAMENTE ARGOMENTO: ALCUNI TUOI FAN RICORDERANNO SICURAMENTE QUANDO, NEL LONTANO 1987, HAI DECISO DI INTRAPRENDERE UNA CARRIERA DA FOTOGRAFO PROFESSIONISTA, REALIZZANDO ANCHE IN PRIMA PERSONA QUELLA CHE SAREBBE DIVENUTA LA COPERTINA DELL’ALBUM “OBJECTION OVERRULED”. RITIENI CI SIANO DEI PUNTI IN COMUNE TRA LA DEDIZIONE ALLA MUSICA E QUELLA ALLA FOTOGRAFIA?
– Beh, sicuramente sì! Volendo fare un parallelismo tra queste due diverse branche dell’arte, si può facilmente riconoscere un processo creativo piuttosto similare, così come quell’alone di selettività che deve far parte del bagaglio personale di un musicista, tanto quanto quello di un fotografo. Molte persone pensano che un buon fotografo, una volta fatto uno scatto, abbia terminato la sua parte; invece non funziona così, dal momento che è necessario scattare almeno un centinaio di foto ogni qualvolta si vuole valorizzare adeguatamente un soggetto. Allo stesso modo, nel momento in cui si vuole produrre un album coinvolgente e ben scritto, è necessario spendere ore ed ore in studio per selezionare quelle che sono le idee migliori, cestinando invece quelle più mediocri e insoddisfacenti. Chiaramente vi sono anche delle differenze, dal momento che da una parte abbiamo una forma artistica puramente visiva, mentre dall’altra una basata prevalentemente sull’audio; anche se, con un po’ di fantasia, si possono anche creare delle immagini con la musica.
PRIMA DI CHIUDERE, VORREMMO SAPERE QUAL È IL TUO SEGRETO PER ESSERE SEMPRE E COMUNQUE COSÌ PRESTANTE E GIOVANILE, SIA SUL PALCO CHE IN ALTRE OCCASIONI.
– Confesso che non lo so bene nemmeno io (ridiamo, ndR), diciamo che cerco di fare del mio meglio per conservare il più possibile la mia prestanza fisica e la mia immagine, cui comunque ammetto di tenere molto. Potremmo definirla una combinazione di vanità, fortuna e voglia di apparire bene quando si tratta di andare in scena, e non solo. Come dite voi italiani, è importante fare una ‘bella figura’! (sì, l’ha detto in italiano, ndR!).