ACCEPT – Orchestra cibernetica

Pubblicato il 27/04/2024 da

Come già detto anche in fase di recensione, dal 2010 a questa parte gli Accept, autentici araldi teutonici dell’heavy metal, stanno letteralmente vivendo una sorta di nuova vita, composta da una manciata di album piuttosto coerenti tra di loro e ormai perfettamente inseriti in una matrice stilistica riconoscibile e meritevole delle lodi ricevute, a scanso di qualche critica qui e là, soprattutto per quanto riguarda un citazionismo a volte un po’ troppo evidente.
In ogni caso, è innegabile che ogni uscita da parte del chitarrista e fondatore Wolf Hoffmann e della sua iconica creatura rappresenti tuttora una valida ragione per essere curiosi ed interessati, soprattutto se si rientra tra coloro che ancora dedicano gran parte delle proprie attenzioni al più classico heavy metal.
Proprio con l’eternamente giovane compositore abbiamo avuto la fortuna di parlare, non soltanto in merito al nuovo album “Humanoid”, ma anche su questione di carattere più professionale e, in alcuni casi, persino di argomenti di attualità, trattati in parte anche all’interno delle tematiche proposte nel disco. Del resto, è cosa nota che il Nostro sia un interlocutore arguto e preparato, capace di formulare discorsi interessanti anche su argomenti esterni alla sola musica. Buona lettura!

CIAO, WOLF! IL NUOVO ALBUM CORRISPONDE PERFETTAMENTE A QUEL CHE CI SI ASPETTA DAGLI ACCEPT DA DOPO IL PRODIGIOSO RITORNO AVVENUTO NEL 2010. AVEVI IN MENTE DI DARE UNA DIREZIONE PRECISA, ANCHE IN PARAGONE ALLE VOSTRE PRODUZIONI RECENTI?
– Ciao! Guarda, ti dirò la verità, nessuno di noi si pone quel genere di pensiero prima di iniziare a comporre. Non ci siamo nemmeno riuniti prima di iniziare a scrivere canzoni per mettere dei paletti, piuttosto abbiamo messo insieme le idee, confrontandole anche con quanto proposto eventualmente dal nostro fidato produttore Andy Sneap, per poi iniziare a lavorarci gradualmente.
Non amiamo lavorare con lo spettro dei lavori precedenti, o ponendo un’enfasi eccessiva su una direzione specifica.

COME DESCRIVERESTI IL VOSTRO APPROCCIO, ANCHE UTILIZZANDO “HUMANOID” COME ESEMPIO CALZANTE?
– Generalmente iniziamo con la parte musicale, di cui mi occupo io personalmente, ma è anche vero che la musica e i testi devono viaggiare insieme, come se fossero mano nella mano, per poter portare ad un risultato convincente.
Si tratta di un processo invero piuttosto lento e può richiedere mesi e mesi, e sebbene solitamente tende a venire prima la musica, può anche capitare il contrario, ovvero che si abbia un testo che necessita di una base musicale efficace; ma il più delle volte io parto da un’idea musicale grezza, che affino col tempo per poi affidare tutto a Mark, che a quel punto si dedicherà alla stesura di un testo. L’importante è che questo processo trasmetta ancora energia e passione, senza risultare una mera routine.

SI NOTANO NUMEROSI RIFERIMENTI AL VOSTRO ICONICO LAVORO “METAL HEART” IN “HUMANOID”, COME SONO COLLEGATI QUESTI DUE LAVORI?
– Non tanto nel comparto puramente musicale, quanto sicuramente in quello tematico e stilistico, mi spiego meglio: anche in questo caso non è stata una scelta premeditata, ma, in maniera spontanea, qualcosa ha preso man mano forma dai riferimenti fortemente connessi a quanto già scritto all’epoca.
La title-track stessa, “Humanoid”, col senno di poi la catalogherei quasi come una sorta di “Metal Heart 2.0”, soprattutto per quanto riguarda il testo e i simbolismi evocati.
Questo naturalmente, una volta determinato, ha rappresentato una caratteristica da valorizzare, e ovviamente l’artista che cura i nostri artwork non se lo è fatto ripetere due volte, come ben identificabile dal cuore metallico ben visibile in copertina.

UN ALTRO BRANO CON CUI SI AVVERTE UNA SORTA DI SOMIGLIANZA TEMATICA POTREBBE ESSERE “ANALOG MAN”, IN CUI MARK RIBADISCE LA SUA AVVERSIONE PER LE TROVATE TECNOLOGICHE CONTEMPORANEE.
SO CHE TU, AL CONTRARIO, SEI UNA FIGURA MOLTO APERTA SU QUESTO TEMA, CREDI CHE LE VOSTRE IMPOSTAZIONI MENTALI SI COMPLETINO A VICENDA QUANDO SI TRATTA DEGLI ACCEPT?
– Potrebbe essere proprio così in effetti: sai, ritengo non si possa fare ostruzione ad un certo tipo di progresso, e basta vedere le differenze tra lo studio in cui registriamo ora e quello in cui abbiamo registrato i nostri classici per rendersene conto; eppure, se ascolti i nostri nuovi pezzi, non stonerebbero in un disco old-school metal, quindi non vi è conflitto tra le due cose.
Per quanto riguarda Mark, sicuramente il suo approccio risulta peculiare, ma anche un po’ troppo legato alle parole, e meno ai fatti. Nel senso che lui, a mio modo di vedere, vorrebbe essere un eterno uomo analogico, ma non mi risulta che il suo smartphone sia analogico, e nemmeno il suo computer e tantomeno le apparecchiature che usa per registrare.

CHE VISIONE HAI IN MERITO AL TEMA DELLE INTELLIGENZE ARTIFICIALI, TRATTANDOSI ANCHE DI UN TEMA MOLTO PRESENTE IN “HUMANOID”?
– Guarda, è un argomento molto interessante di cui parlare, e personalmente non mi considero preoccupato eccessivamente dalla cosa, perché ritengo sarebbe anche un po’ ipocrita in proporzione all’andamento del progresso umano nella storia.
Quando è stata inventata l’automobile pensavamo fosse troppo veloce e pesante da gestire, e anche in questo caso voglio pensare che l’andamento potrà avere dei risvolti positivi sulla nostra vita, e magari anche sulla nostra carriera come musicisti. Chiaramente, essendo io un’artista da tutta la vita, musicale e anche visivo, per via del mio amore per la fotografia, non sono contento all’idea di essere soppiantato, come alcuni ipotizzano (tipo Mark stesso, che odia tutta questa roba), ma ritengo anche altamente prematuro perdersi in sproloqui da complottisti su questo argomento, ora come ora.
Certo che, se già siamo stati profetici con “Pandemic”, magari si ripeterà nuovamente la storia con “Humanoid”.

PARLANDO DI PRODUZIONE, SIAMO AL PRIMO ALBUM SOTTO NAPALM RECORDS. COME DESCRIVERESTI QUESTA PRIMA ESPERIENZA?
– Ci siamo trovati piuttosto bene in verità, anche perché il loro approccio corrisponde perfettamente a quello che cerchiamo, poco distante da quello prediletto ai tempi di Nuclear Blast. Riguardo a quest’ultima, sappiamo bene che ci sono stati moltissimi cambiamenti, all’interno dei quali abbiamo scelto di non farci trascinare, ma fortunatamente non c’è stato nemmeno bisogno di un impegno particolarmente intenso da parte nostra per trovare qualcosa di nuovo.
Sono venuti loro da noi, e il resto è storia.

BELLO NOTARE CHE I VOSTRI LAVORI SUONANO SEMPRE CLASSICI, MA ANCHE ATTUALI. SI TRATTA DI UNA CARATTERISTICA VOLUTA?
– Sicuramente! Ma anche in questo caso, non è un qualcosa che ci siamo prefissati più del dovuto, anzi… In tutta onestà, mi piace lasciare a Andy tutta questa parte, in quanto tutti ben sanno che lui sa fare molto bene il suo lavoro.
Si potrebbe dire che io gli fornisco l’opera, e lui si occupa di farla suonare nella maniera migliore, e personalmente mi fido ciecamente del suo tocco e non ho mai dovuto mettere bocca più di tanto sull’argomento.

VIRANDO UN ATTIMO SUL TEMA DELLA MUSICA CLASSICA, DI CUI TU SEI UN GRANDE ESTIMATORE, CREDI DAVVERO CHE LE ANALOGIE TRA ESSA E L’HEAVY METAL SIANO PRESENTI ED EVIDENTI?
– Guarda, credo che qualcuno abbia detto che Wagner, se fosse vivo, sarebbe un metallaro, e personalmente ritengo questa affermazione abbastanza coerente, nonché descrittiva di ciò che questi due filoni condividono: se ascolti molte composizioni classiche, risultano pesantissime e ricche di energia e melodia, e non è assolutamente detto che, oggi come oggi, i grandi compositori non includerebbero nelle loro opere strumenti di derivazioni metal, come le chitarre elettriche, gestendole magari con metodologie altrettanto avanguardistiche.
Nel dettaglio non è facile dire con esattezza come sarebbe lavorare in entrambe le direzioni, ma da persona che si è cimentata in qualcosa di simile, posso confermare che si tratta di qualcosa di possibile e anche abbastanza naturale.

CREDI AVREMO UN NUOVO “HEADBANGERS SYMPHONY”, IN CUI PERALTRO RISULTA INTERESSANTE NOTARE CHE SI TRATTA DI UNA TRASPOSIZIONE ASSOLUTA DELLA CLASSICA IN METAL?
– Sono molto contento che tu abbia notato questo tratto, in quanto è proprio l’impronta che volevo dare a quel progetto: rendere metal delle grandi composizioni classiche, anziché fare dei miscugli o qualcosa di simile.
Sicuramente la volontà di proporre qualcos’altro di analogo c’è, resta da vedere quando sarà realizzabile, considerando la mole di lavoro tra i nuovi album degli Accept, i relativi tour e così via.

E CHE MI DICI DI UN NUOVO SHOW O DI UN INTERO TOUR SULLO STILE DI QUELLO PROPOSTO A A WACKEN NEL 2017?
– Anche in questo caso, si tratta di qualcosa che spero di poter realizzare nuovamente, anche se devo ammettere di preferire le classiche situazioni da concerto metal in una venue dedicata, perlomeno parlando di un tour. Nel senso che mi piace circoscrivere determinate proposte più massicce e ricche di elementi, come appunto l’utilizzo di un’orchestra, a delle occasioni speciali e relativamente uniche, anziché basarci una tournee intera.

 

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