ADE – Espressione di un’anima antica

Pubblicato il 15/05/2013 da

Dopo la recensione del loro album, “Spartacus”, ci siamo occupati di intervistare gli Ade per sentire cosa avevano da dirci al riguardo: molti sono gli argomenti che meritavano un approfondimento, non ultima la collaborazione con George Kollias. Abbiamo parlato con Flavio “Tank” Spaducci, che ci ha illustrato ogni aspetto sussistente dietro l’album, con chiarezza di idee e trasporto per il lavoro svolto dal suo gruppo. Se siete, come noi, curiosi di vedere le cose un po’ più in profondità, non vi resta che leggere quanto segue: buona lettura!

ade - band - 2013

PRESENTIAMO GLI ADE AI NOSTRI LETTORI: CI RACCONTERESTE LA VOSTRA STORIA?
“E’ una storia simile a quella di tante altre band. Nasce tutto nel 2007 da un annuncio su un sito metal e si evolve fra cambi di line up, crescita personale, amicizia e birra. I musicisti sapranno perfettamente a cosa mi riferisco. In più c’è la voglia di raccontare in chiave musicalmente estrema le storie e le leggende della città dove viviamo, svincolandoci dal trend nordico (che comunque appreziamo) e prendendo a piene mani dalla nostra cultura, molto sottovalutata in un Paese così esterofilo come il nostro. Tutto il resto è sala prove.”

E’ EVIDENTE COME LA VOSTRA BAND SIA AFFASCINATA DALLA CULTURA ROMANA: COME E DA DOVE NASCE LA PASSIONE PER QUESTA TEMATICA? E’ QUALCOSA CHE CONDIVIDETE TUTTI, OPPURE RIGUARDA SOLO ALCUNI MEMBRI DEGLI ADE?
“Chi più chi meno, siamo tutti quanti appassionati di storia romana. Inizialmente era un esperimento, qualcosa per uscire un po’ dagli schemi, poi (nel mio caso) è diventata una passione vera che mi ha riportato sui libri di storia e latino (quello di grammatica è ancora nel celophan, dai tempi del liceo…)”

QUALE TIPO DI DOCUMENTAZIONE VIGE DIETRO LA SCRITTURA DEI TESTI?
“Fortunatamente i romani erano piuttosto vanitosi ed adoravano scrivere delle loro gesta. Nel nostro primo lavoro ho preso quasi tutto da ‘Ab Urbe Condita’ di Ovidio, aggiungendo parentesi più ‘sanguinolente’ in inglese, come la tradizione death metal vuole. Nel nostro nuovo album ho dovuto raccogliere informazioni da diversi testi neanche troppo facili da trovare, in quanto la già citata vanità romana inibì la stesura di testi troppo dettagliati a proposito di una guerra dove i favoriti di Marte non brillarono troppo.”

ESISTE QUALCHE PARTICOLARE RELAZIONE TRA QUESTO ASPETTO E IL MODO IN CUI VI RAPPORTATE ALLA REALTA’? AVETE QUALCHE PARTICOLARE CONVIZIONE FILOSOFICA, POLITICA O QUANT’ALTRO?
“Questa è una domanda che sento ronzarmi attorno da diverso tempo e sono felice che me l’abbiate posta. Per quanto sia semplice affiancare la nostra immagine ad un’iconografia che fu spremuta fino alla polpa dalla propaganda fascista, noi non ci accomuniamo a tale ideologia né tantomeno vogliamo nutrire nostalgia. Sicuramente viviamo e condividiamo il malcontento dell’epoca attuale, ma la band non ha una corrente filosofica comune e, spesso, abbiamo divergenze politiche non di poco conto. Quello che ci interessa veramente è suonare roba pesante e suonarla il meglio possibile, poi chiunque voglia ricamare intorno ai miei testi può (s)parlare a piacimento: la ‘morte dell’autore’ è un concetto discusso da decenni e, di certo, non è mia intenzione porre limiti alle interpretazioni.”

E QUALI SONO, INVECE, LE FONDAMENTA MUSICALI DELLA BAND? DI QUALE GRUPPI SENTITE MAGGIORMENTE L’INFLUENZA?
“Quando inizialmente contattai Roberto Romano (primo chitarrista e fondatore della band) al telefono mi disse ‘beh guarda la roba che ho scritto è tra Morbid Angel, Behemoth e Decapitated, con un po’ di Dead Can Dance’. La vena polacca è rimasta ancora lì in bella vista, anche in termini di ‘impasto’ sonoro (visto che mixing e recording dei nostri due full length sono opera del suddetto chitarrista). Forse ci siamo spostati un po’ più verso il genere “soundtrack” per quello che riguarda le parti atmosferiche, mentre la vena americana ha acquisito più groove.”

TRA I MOTIVI PER CUI IL VOSTRO ULTIMO ALBUM, “SPARTACUS”, CI E’ PIACIUTO C’E’ LA CAPACITA’ DI EVOCARE ATMOSFERE AFFINI ALL’EPOS CLASSICO SENZA COMPROMETTERE LE PECULIARITA’ DI UN GENERE COME IL DEATH METAL: COME SI OTTIENE UN RISULTATO DEL GENERE?
“Boh… Scherzi a parte, Roberto e Fabio hanno tirato giù dei pezzi pesantissimi e credo che il risultato finale sia un po’ come la pasta al forno: se ci butti dentro tutto quello che di buono hai nel frigorifero non può venire cattiva. In più la collaborazione con un fantasista quale Simone D’Andrea agli strumenti antichi ha aggiunto le spezie orientali che mancavano. Preproduzioni, demo, prove, riarrangiamenti, blending di tutte le idee che c’erano: è venuta fuori una lasagna ideale per gli estimatori della sostanza e sconsigliata agli ‘weightwatchers’.”

ABBIAMO, INOLTRE, NOTATO CHE LA FORMA ESPRESSIVA E’ ASSAI VICINA ALLE FORME PIU’ MODERNE DEL DEATH METAL: VI VA DI DESCRIVERCI COME AVVIENE IL VOSTRO PROCESSO COMPOSITIVO? PARTECIPATE TUTTI?
“Fondamentalmente è tutto affidato al ‘triumvirato’ già citato, aggiungendo l’orecchio critico (e ‘rompipalle’) mio e di Giovanni ‘Caligvula’. Sarà interessante vedere come la nuova formazione (che ora vede Daniele ‘Nero’ Amador a sostituire Roberto in chitarra) troverà altri spunti nuovi utilizzando le fondamenta che già abbiamo. Ancora non abbiamo idea di come andrà la stesura dei prossimi pezzi, essendo la formazione in rodaggio: il ‘feeling’ sul palco ce l’abbiamo ma in studio è tutto da scoprire.”

QUALE TIPO DI EVOLUZIONE AVETE RAVVISATO DAL VOSTRO PRECEDENTE LAVORO, “PROOEMIVM SANGVINE”?
“Dal punto di vista musicale più o meno abbiamo già fatto un riassunto di questa evoluzione. Possiamo aggiungere che ci sentiamo tutti più musicalmente maturati, e in ‘Spartacus’ abbiamo sicuramente più voglia di dire cose nuove e di porci nuove sfide. Ci piace suonare quello che suoniamo, e siamo più convinti di quello che facciamo. Possiamo definirci ‘evoluti’ rispetto a prima?”

ASCOLTANDO IL VOSTRO DISCO, ANCHE UN NEOFITA SI ACCORGEREBBE DELLA BONTA’ DELLA SEZIONE RITMICA, PARTICOLARMENTE PER CIO’ CHE RIGUARDA LA BATTERIA. COME E’ NATA LA COLLABORAZIONE CON GEORGE KOLLIAS?
“Durante la prima stesura dell’album ci trovavamo senza un batterista a suggerire di andarci piano col metronomo, finchè a un certo punto ci siamo chiesti: ‘E mò chi ce la suona la batteria su sto disco?’. Volendo far venire alla luce il disco in tempi dignitosi abbiamo contattato George aspettandoci un rifiuto con annesso smacco morale, mentre ci ha risposto quasi subito sembrando piuttosto contento della proposta. Successivamente ci siamo trovati a pensare: ‘E mò chi ce la suona la batteria dal vivo?’, ed è lì che è uscito fuori Giulio Galati, che alla sua giovane età ‘tiene botta’ a batteristi con molta più esperienza e dischi alle spalle.”

COME INTENDETE SUPPORTARE “SPARTACUS”? SUONERETE SOLO IN ITALIA O ANCHE ALL’ESTERO?
“Stiamo utilizzando tutti i media che abbiamo a disposizione. La nostra etichetta (Blasthead Records) ci fornisce un buon supporto pubblicitario, mentre il nostro manager (Tito Vespasiani, praticamente un membro della band) si destreggia nel groviglio di condivisioni e scambi su Facebook. Fondamentalmente non crediamo nel ‘Pay to play’ e, benchè consapevoli che il death metal non ti paga l’affitto, cerchiamo di fare una campagna pubblicitaria a basso impatto (sui nostri conti bancari). Sono decisamente importanti i nostri fans (o la nostra ‘Legione’, come li chiamiamo noi) e il loro passaparola, molto più importante di mille banner o link. Ovviamente abbiamo voglia di suonare i pezzi di questo disco il più possibile: il 23 Maggio suoneremo al Traffic di Roma e il 24 Maggio all’Infinity Club di Lodi. Per quanto riguarda l’estero abbiamo qualche cosa interessante in ballo, come si suol dire: ‘stay tuned!’.”

VOI SIETE DI ROMA, CITTA’ CHE STA DANDO MOLTO ALLA SCENA ESTREMA ITALIANA: ESPRIMERESTE UN PENSIERO PERSONALE SU QUEST’ULTIMA?
“Partendo dal presupposto che l’Italia non è un paese per musicisti, possiamo dire che Roma è la degna capitale di una nazione “musicisticida”. La nostra città ha moltissimo da dire e da suonare, ma siamo tutti un po’ imbavagliati e fondamentalmente senza una lira. Ci sono persone che si prendono cura della scena facendo tutto il possible per spingerla, mentre tanti si limitano ad essere consumatori casuali. Avere una scena così ricca di musicisti capaci e pieni di idee senza sfuttarla a pieno è come coprire il Colosseo con un telone. Tutti i musicisti italiani meritano sicuramente più visibilità.”

SIAMO IN CHIUSURA: DISPONETE PURE DI QUESTO SPAZIO COME PIU’ VI AGGRADA.
“Grazie a te a Metalitalia per la chiacchierata e grazie ai lettori (soprattutto quelli che sono arrivati a leggere fino a qui giù). Ringraziamo la nostra ‘Legione’ e tutti quelli che apprezzano la nostra musica, sperando di vedervi numerosi sotto al palco nelle prossime date. Per tutti quelli che vogliono conoscerci meglio, questi i nostri contatti:
www.facebook.com/adelegions
http://adelegions.bigcartel.com/
www.myspace.com/adeproject
Ave!”

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