ADIMIRON – Ritorno Alla Realtà

Pubblicato il 04/05/2010 da

Adimiron, un altro nome che circola da ormai parecchi anni in lungo ed in largo per l’Italia. Originario di Brindisi, ma trasferitosi a Roma per questioni logistiche, il quintetto nostrano ha attraversato uno sfortunato e difficile periodo buio qualche anno fa, ma ora, con l’ultimo realizzato “When Reality Wakes Up” a far ancora bella mostra di sé, pare deciso a recuperare tutto il tempo perduto, attraverso soprattutto un’attitudine sincera, appassionata, di qualità e professionale. Alessandro Castelli, chitarrista, leader e portavoce del gruppo techno-thrash, ci parla ampiamente della sua creatura in questa lunga intervista senza troppi peli sulla lingua…

BENE, ALESSANDRO, CI SI RISENTE SU QUESTE PAGINE DOPO BEN CINQUE ANNI, FINALMENTE! SARA’ IMPRESA ARDUA, MA TI VA DI RIASSUMERE IN BREVE GLI EVENTI DELLA VOSTRA STORIA AVVENUTI NEL LASSO DI TEMPO TRASCORSO TRA “BURNING SOULS” ED IL NUOVO “WHEN REALITY WAKES UP”?
“Innanzitutto, caro Marco, lasciami dire che è bellissimo tornare su queste pagine e sapere che c’è ancora qualcosa e qualcuno che sappia tenere duro alla prova del tempo. Bello ritrovarti e ritrovarvi qui, forse con qualche capello in meno ma di sicuro con la stessa passione di sempre. Venendo alla tua domanda, be’…di cose ne sono successe davvero tante. Tra il fallimento della nostra precedente etichetta e l’abbandono di 3/5 della vecchia formazione, c’è stato un periodo nel quale ci siamo trovati veramente in difficoltà. A questo si aggiungono tantissimi altri inconvenienti ‘minori’ che, seppur più piccoli, hanno peggiorato di volta in volta la situazione della band, all’epoca mai così vicina al baratro. Si è combattuto per restare a galla, con le unghie e con i denti, spesso e volentieri si è perso, ci si è rialzati, curati le ferite, anche quando intorno a noi la situazione era irrecuperabile e non valeva la pena insistere ulteriormente. Ricordo, dopo un festival che avrebbe dovuto risollevare un po’ i nostri morali, l’ennesimo furgone rotto che ci lasciò di nuovo in mezzo alla strada: ecco, quel giorno, di notte, con le macchine che sfrecciavano a pochi metri da noi, la fine del gruppo non è mai stata così vicina. Eravamo indebitati, senza una formazione stabile, senza un contratto, con tutto contro…insomma, senza alcun fottuto appiglio. Ma poi ti lasci scorrere le cose brutte addosso e tempo due giorni torna la voglia di suonare, di impugnare il tuo strumento, torna la voglia di insistere, di non darla vinta al sistema, proprio perché senza questo, senza il metal, saremmo privati dell’unica cosa che davvero ci rende orgogliosi di noi stessi, dell’unica cosa che ci spinge ad andare avanti. Ed è con un grande senso di vittoria e di soddisfazione che ti scrivo queste righe: ora siamo di nuovo qui, con una line-up davvero formidabile, con un sacco di progetti per il futuro, un mare di concerti ed un album che ci sta ripagando alla grande di tutto ciò che di spiacevole ci è capitato!”.

ENTRANDO PIU’ NEL DETTAGLIO, LE COSE CAMBIATE RISPETTO AI VECCHI ADIMIRON SONO PARECCHIE, MA QUELLO CHE PIU’ PARE AVER INFLUITO SUL VOSTRO STILE SONO STATI I CAMBI DI FORMAZIONE. CI PUOI RACCONTARE COSA VI HA PORTATO A RIVOLUZIONARE COSI’ TANTO LA LINE-UP?
“A conti fatti è rimasto nella band solo chi era deciso ad immolarsi completamente a favore della causa…e visto il mare di merda nel quale navigavamo tra il 2004 e il 2005, non posso biasimare nessuno dei ragazzi della vecchia formazione per la loro scelta. La label (la Karmageddon Media, ndR) ci aveva appena scaricato con una mail di due righe, affondando poi completamente portandosi dietro tutte le royalties di dieci mesi di vendite e delle licenze di distribuzione. Cancellando così anche le promesse fatte circa il budget economico su cui contavamo per rientrare in studio per il successore di ‘Burning Souls’. Ecco, a quel punto le strade percorribili erano poche: avevamo tutti ventuno anni, pochi soldi in tasca e delle carriere universitarie appena intraprese. La scelta più intelligente per quasi tutti è stata quella di continuare verso una base stabile, ovvero una laurea, un lavoro e le proprie famiglie contente e soddisfatte. Scelta che sul breve periodo ha peggiorato ancora di più la situazione già precaria di noi superstiti, ma che invece sul lungo periodo si è rivelata vincente dal punto di vista musicale, oltre che risanante per i rapporti personali con gli ex-membri che sono tuttora tra i miei più cari amici”.

OK, VENIAMO AL NUOVO DISCO ALLORA, UN’AUTOPRODUZIONE DAVVERO PROFESSIONALE SOTTO TUTTI GLI ASPETTI: COME, DOVE E QUANDO E’ NATO “WHEN REALITY WAKES UP”?
“’When Reality Wakes Up’ nasce senz’altro in un periodo di forte disagio, un periodo buio per entrambi i superstiti della vecchia formazione, ossia io e Danilo (Valentini, l’altro chitarrista, ndR). Detto questo, ci siamo rimboccati le maniche e contemporaneamente al processo di ricerca di nuovi compagni di avventura, abbiamo avviato il songwriting a partire  dalla fine del 2006, terminandolo praticamente a ridosso delle registrazioni, avvenute come già in passato ai New Sin Studios, tra il gennaio e il febbraio del 2008”.

TRATTANDOSI, COME DETTO, DI UN’AUTOPRODUZIONE PROFESSIONALE, MI CHIEDO COME MAI IL DISCO NON SIA FINITO SOTTO CONTRATTO DA QUALCHE PARTE. SI SENTONO IN GIRO CERTI DISCHI SOTTO ETICHETTA DA FAR VENIRE I BRIVIDI E POI MAGARI OTTIMI ALBUM COME IL VOSTRO LASCIATI ALL’INCERTO DESTINO DEL FAI-DA-TE… COSA NE PENSI?
“Penso che la tua considerazione, senza false modestie, nel nostro caso calzi a pennello. ‘When Reality…’ è un disco onesto, non tendente ai trend, fatto veramente con il cuore, che avrebbe meritato più visibilità. Ormai non misuro più con i numeri da tempo, sarebbe inutile oltre che frustrante per il nostro orgoglio, ma ti parlo di promozione, di visibilità appunto, di qualcuno che dovrebbe svolgere il suo lavoro mentre tu svolgi solo ed unicamente il tuo, cioè suonare e provvedere così alla parte artistica della band. E invece, per tenerci alla larga dagli squaletti tipici del music business italiano (definire quali sarebbe troppo onore), ci tocca fare tutto da soli. E ti parlo davvero di tutti gli aspetti, dal semplice comunicato stampa al recall per chi non ti risponde a prima botta, dalla spedizione di centinaia di pacchetti ai preventivi per la stampa del merchandise, piuttosto che dei furgoni da affittare per le varie partenze. In cinque ricopriamo una filiera che dovrebbe essere composta, anche per band piccole come la nostra, almeno da una decina di persone qualificate. Ma così non è. Poi apro i magazines, i blogs, i vari  portali e leggo che l’ennesimo gruppo fatto con l’ennesimo stampino esce per la stra-etichetta. E il nostro ‘When Reality…’, così come tanti altri dischi meritevoli, veri e propri gioielli che la nostra penisola sta regalando al mondo, escono dal confronto sempre perdenti, sfruttando al limite il 5% del loro potenziale. Fanculo ragazzi, fanculo!”.

ARTWORK, LYRICS E MUSICA PAIONO RICONDURRE IL LAVORO AD UNA SORTA DI CONCEPT O SBAGLIO? CI PARLI UN PO’ DELL’IDEA CONCETTUALE CHE C’E’ DIETRO IL DISCO?
“Su questo punto vorrei non soffermarmi troppo proprio perché vorrei lasciare ad ognuno la possibilità di interpretare a suo modo ciò che ha sotto gli occhi/orecchie. Posso dirti con certezza invece che l’idea che ci ha spinto durante questi anni di silenzio, e che ha scalpitato dentro di noi, era quella della rinascita, di una nuova fase, sia musicale che dal punto di vista individuale. Come ti ho accennato, non sono stati anni facili, la realtà ci si è palesata contro in tutta la sua devastante crudeltà in alcune circostanze della nostra vita privata ed abbiamo voluto trasporre tutto questo nel disco, chiudendo con  esso un periodo che è meglio lasciarsi alle spalle. Testi come quelli di ‘Wrong Side Of The Town’, della pirandelliana ‘Choice For A Mask’, la situazione paradossale quasi  da catch22 di ‘Still Winter Within’ potrebbero, se letti nella giusta chiave, essere esemplari per comprendere lo spirito lirico dell’album”.

COME E’ AVVENUTO IL PIUTTOSTO DRASTICO CAMBIO DI SONORITA’? CON “BURNING SOULS” ERAVATE ANCORATI AD UN SOUND EUROPEO O COMUNQUE PRETTAMENTE EUROPEO, ORA VI SIETE NETTAMENTE SPOSTATI SUL VERSANTE AMERICANO. E LE INFLUENZE STONER/SOUTHERN DA DOVE ARRIVANO?
“Allora, di southern e di stoner abbiamo solo delle contaminazioni vocali se ci fai caso, dovute esclusivamente al timbro di Andrea (Spinelli, vocalist, ndR), rimanendo al contempo in ambito sempre piuttosto metal sulla parte ritmico-strumentale. Con ‘Burning Souls’ eravamo all’inizio di un percorso che ha portato poi al concepimento di ‘Choose A New Direction’ (mai pubblicato a causa del fallimento della Karmageddon Media), tre pezzi esattamente a metà strada tra lo spirito svedese dell’esordio e quello più filoamericano del nuovo album. Diciamo quindi che il processo che ci ha portati fin qui oggi è stato del tutto naturale, leggermente deviato dal fatto che nel frattempo abbiamo cominciato ad usare chitarre a sette corde ed accordature un po’ unconventional, e dal fatto che per forza di cose i nuovi membri hanno dato il loro contributo una volta a loro agio nella band”.

C’E’ QUALCHE NUOVO BRANO IN PARTICOLARE SUL QUALE TI VUOI SOFFERMARE, PRESENTANDOLO A TUO PIACERE? IO HO TROVATO DAVVERO STUPENDI “FORGIVENESS” E LA TITLE-TRACK STRUMENTALE…
“Trovo che siano entrambi pezzi molto validi: ‘Forgiveness’ è un brano composto da Danilo nel quale abbiamo impiantato un finale a climax molto particolare. Un pezzo che parla del distacco da una persona amata, struggente e che ci tocca nel profondo. La title-track è invece opera mia: scritta di getto in meno di un’ora, è stato l’unico pezzo della nostra storia ad essere pronto/arrangiato/pre-prodotto in meno di 24 ore! Un caso più unico che raro, visto che in altre circostanze non basta un mese di prove per chiudere una song. Oltre a queste due, io sono affezionatissimo a ‘Still Winter Within’, a mio avviso tra i migliori episodi del lotto, con il suo incedere progressivo e con quel bridge fuori dai canoni; il pezzo lascia infatti spazio a soluzioni parecchio azzeccate e pone le basi di quello che sta diventando il nostro sound, fatto di spasmi ritmici, incastri e finali ultracompressi. Ad ogni modo ascoltando l’album nella sua interezza, anche a distanza di due anni dalla sua realizzazione, la sensazione rimane sempre la stessa: quella di avere tra le mani un lavoro solido e coerente, che può tenere testa anche alle produzioni straniere. E questo è l’importante”.

QUALI DIFFERENZE HAI TROVATO, SE LE HAI TROVATE, NEL DOVER GESTIRE UN GRUPPO METAL VIVENDO NEL SUD ITALIA E POI TRASFERENDOTI NELLA CAPITALE? LA SITUAZIONE E’ MIGLIORATA?
“Non più di tanto: ovvio che a Roma abbiamo la possibilità di interfacciarci di persona con molta gente con cui lavoriamo, cosa che da Brindisi era un po’ difficile fare. Ma è anche vero che la situazione non è cambiata più di tanto. Più che altro siamo meno fuori mano (scusa l’orrendo gioco di parole) quando si tratta di partire per un tour o per una data. E così possiamo renderci disponibili anche per un solo show al nord o al centro, cosa che da Brindisi era difficile più che altro per una questione di spese”.

CON QUALI BAND VI PIACEREBBE SUONARE DAL VIVO? QUALI SONO I GRUPPI CHE PIU’ VI INFLUENZANO, IN UN MODO O NELL’ALTRO?
“Siamo tutti onnivori di musica, ci piace molto variare e sinceramente in un periodo come questo fare capolino su altri lidi ogni tanto è rigenerante, viste le produzioni a fotocopia di cui sono pieni gli scaffali hard n’ heavy. Ci si butta sul post-rock, sul buon vecchio progressive, sui capolavori che ci hanno spinto a fare questo nella vita, come appunto i grandi classici del metal, e personalmente anche molto sulle nuove leve, purché non abbiano il suffisso ‘core’, che trovo la versione 2.0 di ‘nu’ o se vogliamo di crossover. Tornando al discorso, sono un seguace accanito della scena italiana e reputo che la nostra penisola non abbia più niente da invidiare a nessuno, se non per una questione di testa, di approccio a come si gestiscono le cose. Quando entro i nostri confini si sarà radicata meglio l’idea che non bisogna per forza fottere qualcuno per andare avanti, che si può anche lasciare le band senza cappio al collo, che puoi anche chiedere dei soldi, ma prima c’è bisogno che garantisci il tuo lavoro… Ecco, quando questi aspetti saranno risolti, allora forse le cose potrebbero riassestarsi e potremo perfino tornare ad avere credibilità quando all’estero si parla di noi. Questo per dire che la nostra fonte di ispirazione è tanto straniera quanto casalinga, e che quando si parla di buona musica, di fonti di ispirazione, non ci devono essere pregiudizi fatti di linee immaginarie e dogane. Qui in Italia c’è gente che spacca veramente il culo!”.

PER QUANTO CONCERNE L’ATTIVITA’ LIVE, COS’AVETE IN PROGRAMMA? E, PIU’ IN GENERALE, COME GIUDICHI LA SITUAZIONE CONCERTI&LOCALI IN ITALIA?
“Punto disastroso. Te lo riassumo in poche righe perché non voglio fare polemica con nessuno e perché la cosa non ci interessa, visto che ci siamo tirati fuori da questo tipo di circuito. Prima c’era il pay-to-play, poi il ‘dare una mano all’organizzazione comprando biglietti e poi rivendendoli come squallidi pusher di quartiere’, ora più elegantemente si dice ‘slot’. L’unica cosa vera è questa: le date spesso vengono vendute al miglior offerente senza tenere alcun conto dell’aspetto artistico, proprio tipo mercato: noi venendo da Brindisi abbiamo trovato delle somiglianze con quello del pesce, per dirti (il redattore ride, ndR). E questo genera scompensi assurdi con effetto domino, perché dopo poche guests appeareances strapagate ci si sente subito delle rockstar, ci si sente arrivati e questo contribuisce ad arricchire il nostro ambiente, già saturo di suo, più di teste di cazzo che di persone realmente valide. Mi sto esponendo troppo? Assolutamente no, questa cosa è sotto gli occhi di tutti, basta smettere di nascondersi dietro un dito. Noi abbiamo scelto un’altra strada, quella di collaborare onestamente e fattivamente con una delle poche agenzie che riteniamo seria; ci facciamo i nostri concerti a cachet miseri girando in lungo e in largo e arricchendo la nostra fanbase di pochi elementi alla volta, ma almeno cercando di fidelizzarli, di tenerceli stretti. Ad ogni modo, siamo a dieci mesi dall’uscita del disco ed il tour si è snodato in oltre 25 date e altrettante più o meno ci aspettano prima di chiuderci in studio per il prossimo album”.

OK…ABBIAMO FINITO, ALESSANDRO. TI RINGRAZIO PER LA ESTREMA DISPONIBILITA’ E PER LA SCHIETTEZZA DELLE TUE CONSIDERAZIONI. A TE L’ARDUO COMPITO DI CHIUDERE L’ARTICOLO…
“Grazie a te, Marco, per la disponibilità e per l’opportunità che ci hai dato anche questa volta. Mi sono già complimentato in privato per il lavoro che svolgete voi di Metalitalia.com e non posso non ribadirlo pubblicamente. Ad ogni modo eviterei il solito tran tran delle frasi fatte del tipo ‘comprate il disco’, ‘il disco è figo’… In un’epoca fatta di Facebook e droghe sintetiche da assumere via computer, vi dico con tutto il cuore di venire a fare un salto sulle nostre pagine, facilmente reperibili, e se la musica vi piace allora ben venga, potrete procedere con il download selvaggio; se non vi piace, pazienza, il mondo è bello perché è vario. Sappiate solo che quello che facciamo è fatto con il cuore, con la passione. Non emuliamo nessuno, non ci sopravvalutiamo, non ce la tiriamo. Pensiamo solo a trasporre in note a nostro modo la cioccolata e la merda di ogni giorno con la violenza e la passione tipiche di una metal band. E se vorrete vi aspettiamo dal vivo sotto il palco, a fare quattro chiacchiere allo stand del nostro merchandising ad ogni nostro concerto o a fumare un bel joint in compagnia per scoprire che, alla fine, tutti noi abbiamo ancora qualcosa in comune. RESPECT!”.

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