In previsione del concerto in programma il prossimo 15 aprile al Carlito’s Way di Retorbido (Pavia), intervistiamo gli Agalloch, una delle dark/black metal band più ispirate e personali del panorama attuale. Il gruppo statunitense, in attività dai tardi anni ’90, è stato protagonista di un’evoluzione lunga e tortuosa, ma negli ultimi tempi è finalmente riuscito a trovare la cosiddetta quadratura del cerchio e a raccogliere quanto seminato nei numerosi anni di gavetta. L’ultimo “Marrow Of The Spirit” è stato a tutti gli effetti uno dei migliori album del 2010 e ha lanciato il nome Agalloch anche in circoli non esclusivamente underground. Inoltre, il gruppo ha iniziato a muovere i primi passi sul fronte live e questo non ha fatto altro che generare ulteriore interesse attorno al suo operato, ora più che mai sul punto di “esplodere”. Insomma, i motivi per mettersi in contatto con gli Agalloch non mancavano. Peccato che il cantante/chitarrista John Haughm si sia rivelato un personaggio un po’ troppo riservato, ma, d’altronde, in questo ambiente capita piuttosto spesso di trovarsi davanti a persone che sanno dire tutto e il contrario di tutto con gli strumenti, ma non altrettanto con la parola…
QUALI SONO I REQUISITI BASE PER UN VOSTRO NUOVO BRANO O ALBUM? COME SIETE SOLITI AFFRONTARE LA COMPOSIZIONE? SIETE SOLITI PORVI SUBITO DETERMINATI STANDARD O COMPONETE QUANTO PIÙ MATERIALE POSSIBILE PER POI MAGARI CHIEDERVI COME AVETE FATTO A CONCEPIRE CERTE COSE?
“Vi è sempre una base tematica ed estetica, per cominciare. Solitamente penso a come voglio che le canzoni di un nuovo album scorrano ancora prima di comporre una nota. Ciò mi permette di avere una sorta di mappa da seguire e di rimanere fedele al concept estetico a cui accennavo prima. L’artwork e il design giocano un altro ruolo importante. Tendo ad avere nella mia mente uno standard di eccellenza che spesse volte finisce per non corrispondere al concreto risultato finale, ma, dopo anni di esperienza, credo di starmi avvicinando sempre di più a realizzare del tutto le mie visioni al massimo del loro potenziale”.
IN EFFETTI, LE VOSTRE GRAFICHE SONO SEMPRE APPARSE MOLTO CURATE E CON UN TEMA COMUNE. SEI ANCHE UN FOTOGRAFO O UN PITTORE?
“Sono un appassionato di design, ma spesse volte non ho idea di chi sia l’autore di ciò che ho davanti. Non sempre ho il tempo di documentarmi, ma ne sono molto affascinato… idem per la fotografia, la scultura e altre forme artistiche, comprese la lavorazione del legno e l’architettura”.
CHE COSA HA ISPIRATO IL VOSTRO ULTIMO “MARROW OF THE SPIRIT”? MOLTI, ME COMPRESO, LO TROVANO L’ALBUM PIÙ COMPLETO DELLA VOSTRA CARRIERA…
“Volevamo essenzialmente concepire un altro disco che fosse alfiere di un’atmosfera molto fredda e desolata. A ben vedere, quella è l’idea alla base di ogni nostro album. Inoltre, con Aesop nella band (il nuovo batterista, ndR) abbiamo potuto riportare nella musica quella aggressione che mancava da qualche lavoro”.
QUANDO COMPONETE UN ALBUM, A LIVELLO MUSICALE, I PRIMI PEZZI PRONTI FINISCONO SEMPRE PER INFLUENZARE QUELLI SUCCESSIVI?
“Sì, a volte succede, però capita anche di ritrovarsi con un brano differente e di non avere la minima idea di come inserirlo accanto al resto”.
PUOI PARLARCI DELLA MUSICA CON CUI SEI CRESCIUTO E DI CIÒ CHE SEI SOLITO ASCOLTARE OGGI?
“Ho iniziato a prestare attenzione alla musica quando avevo 4 o 5 anni: ascoltavo i dischi dei Kiss assieme a mia sorella. Più avanti ho iniziato ad appassionarmi a certa musica pop anni ’80 come Peter Gabriel e U2. Nel 1986 sono entrato in contatto con il metal e l’hard rock e nel 1987 ho scoperto ‘Hell Awaits’ degli Slayer. Da lì mi sono messo alla ricerca degli album più oscuri e aggressivi, cosa che mi ha portato a scoprire l’underground thrash, death e black metal, all’incirca nel 1989. Ricordo di aver acquistato ‘Altars Of Madness’ dei Morbid Angel, ‘Symphonies Of Sickness’ dei Carcass e ‘Under The Sign…’ dei Bathory in un pomeriggio d’estate del 1990. Quello è stato proprio un bel giorno! Comunque, sono sempre stato molto open-minded, anche da teenager. Sono sempre stato un grande fan di Rush, Tori Amos, Coil, Loreena McKennitt, Laibach, Christian Death, Genesis, Hawkwind, Cocteau Twins… e non sono cambiato. Oggigiorno ascolto ancora queste cose e continuo a cercare novità nell’underground”.
I TESTI DEGLI AGALLOCH APPAIONO SEMPRE CURATI E BEN SCRITTI. HAI MAI PENSATO DI CIMENTARTI CON LA SCRITTURA ALTROVE?
“Non mi considero un grande scrittore. Sì, cerco di confezionare dei testi interessanti, ma da qui a scrivere un romanzo vi è un abisso!”.
AVETE PUBBLICATO NUMEROSI LAVORI ULTIMAMENTE, MA RIMANETE UNA BAND NON ESAGERATAMENTE ATTIVA SUL FRONTE LIVE. PENSI CHE LA VOSTRA MUSICA NON SIA ADATTA A ESSERE RIPROPOSTA SU UN PALCO? CI SONO GRUPPI CHE SOSTENGONO DI NON RIUSCIRE A CATTURARE CIÒ CHE DAVVERO VOGLIONO IN STUDIO E CHE DEVONO SUONARE LIVE PER DARE IL PROPRIO MEGLIO…
“Ci sono band che sono ottime in studio, ma che dal vivo zoppicano, mentre ve ne sono altre che in concerto acquistano effettivamente una marcia in più. Credo che gli Agalloch stiano nel mezzo tra queste due categorie”.
QUANTO VI ISPIRA IL VOSTRO STATO, L’OREGON? AVETE AVUTO MODO DI VISITARE ALTRI LUOGHI CHE HANNO LASCIATO UN SEGNO SU DI VOI? VI SONO DEI POSTI CHE TI PIACEREBBE VISITARE?
“A dire il vero, la natura della nostra zona – le montagne, le foreste, le scogliere – non ha nulla da invidiare a quanto ho avuto modo di vedere in Europa. Sono stato sulle Alpi, nei Carpazi, in Scandinavia, Inghilterra… nulla ha lo stesso feeling e la stessa maestosità del cosiddetto Pacific Northwest! Detto questo, sì, ci sono molti luoghi in cui mi piacerebbe recarmi: Alaska, Greenland, Japan, Sud America, Australia, Francia meridionale…”.
SEI NELLA MUSICA DA ANNI, ORMAI… MOLTI MUSICISTI SI LAMENTANO, AD ESEMPIO, DEL FENOMENO DOWNLOAD E DI TUTTO CIÒ CHE QUESTO COMPORTA OGGIGIORNO. MA INVECE CHE PUOI DIRMI DEI VANTAGGI DI CUI UNA BAND PUÒ GODERE NEL MUSIC BUSINESS ATTUALE?
“Il vantaggio è sempre internet: ha dato alle band molta più indipendenza e la capacità di svincolarsi con facilità dal controllo delle etichette”.
COME GESTISCI IL TUO TEMPO LIBERO? HAI ALTRI INTERESSI?
“Certo, mi piace viaggiare, cucinare, fare il vino, guardare moltissimi film, camminare in montagna… tutte queste attività rappresentano sia un break dalla musica, sia una nuova fonte di ispirazione per quanto creo con la band”.
QUAL È LA TUA FILOSOFIA DI VITA?
“In questi giorni la mia filosofia è che non posso controllare il mondo, ma certamente posso controllare il mio benessere e la mia vita. Non posso fare altro che rendere la mia vita interessante, finchè sono qui. Non sono uno che si accontenta”.