ALCEST – Missione nella spiritualità

Pubblicato il 25/10/2019 da

Lontani dal perseguire una carriera artistica lineare, gli Alcest continuano a sorprendere il proprio pubblico con continui sbalzi stilistici. Dopo avere fatto intendere, con un’opera controversa come “Shelter”, che il mondo del metal stava loro stretto, il duo francese ha invece rilasciato “Kodama”, un disco più aggressivo e movimentato che ha riportato in auge le sonorità di certi vecchi lavori. Il nuovo “Spiritual Instinct”, album in uscita per Nuclear Blast Records, prende quindi le mosse da quest’ultima prova, mettendo però più che mai in evidenza un suono duro e fervente, radicato in certo black metal così come nella tradizione post-punk. Non vengono tuttavia meno i vocalizzi eterei e le tipiche atmosfere bucoliche per le quali gli Alcest sono diventati celebri: anche quando particolarmente irruente, questo gruppo è difatti incapace di trasmettere sentimenti davvero negativi. Alla base della proposta vi sono sempre un’eleganza e un senso di immaterialità che rendono gli Alcest una formazione assolutamente sui generis all’interno del nostro panorama. Il cantante, chitarrista e unico compositore Stéphane “Neige” Paut ha provato a spiegarci il perchè durante una breve chiacchierata telefonica avvenuta un paio di settimane fa…

“SPIRITUAL INSTINCT” È UN DISCO UN PO’ PIÙ HEAVY RISPETTO A QUANTO GLI ALCEST CI HANNO ABITUATO NEGLI ULTIMI ANNI. NON SI TRATTA NECESSARIAMENTE DI UN RITORNO AL BLACK METAL, MA È EVIDENTE COME QUESTA VOLTA LE CHITARRE ABBIANO PIÙ PESO…
– Sì, non parlerei di un ritorno al metal, perché non siamo mai stati un gruppo puramente metal, nè tantomeno black metal. Semplicemente, questa volta il disco è stato composto mentre mi trovavo in un periodo piuttosto stressante. Il tour di “Kodama” si è protratto sin troppo e sono tornato a casa decisamente stremato. Ho quindi dovuto fare i conti con alcune situazioni spiacevoli nella mia vita privata, di conseguenza la musica si è nutrita di sentimenti più cupi del solito. E il risultato è questo nuovo album, un’opera più oscura, composta per buona parte da una persona esausta, che aveva perso il contatto con la propria spiritualità. Amo starmene da solo a riflettere o semplicemente perdermi nella natura, ma negli ultimi anni ho avuto poco tempo per farlo, essendo stato in tour troppo spesso. Quando suoni sei perennemente circondato da persone e devi di continuo preoccuparti di cose materiali, ma per me tutto ciò è una sorta di violenza, dato che mi considero una persona molto spirituale.

È INTERESSANTE NOTARE COME LA CARRIERA DEGLI ALCEST NON SEGUA UNA DIREZIONE PRECISA. MOLTE BAND PARTONO DA UN SOUND METAL O COMUNQUE PIÙ GREZZO PER POI AMMORBIDIRSI E RAFFINARSI CON IL TEMPO, MENTRE VOI CONTINUATE A SALTARE DA UNA PARTE ALL’ALTRA DELLA COSIDDETTA BARRICATA. LO STESSO “SOUVENIRS D’UN AUTRE MONDE”, IL VOSTRO PRIMO FULL-LENGTH, NON AVEVA PRATICAMENTE NULLA DI METAL, E SI PARLA DI UN DISCO PUBBLICATO UNA DOZZINA DI ANNI FA…
– È vero, non siamo prevedibili, ma, del resto, la creatività, quella vera, non può essere controllata. Mi viene da ridere quando leggo commenti tipo “Gli Alcest non sono più metal come una volta”. Quindi si riferiscono al demo e al primo EP? Perché, come dici tu, già il primo album non aveva quasi nulla di metal. Ho sempre composto musica in modo molto istintivo e l’ispirazione mi ha portato su vari lidi nel corso degli anni. “Shelter” poteva essere visto come il tipico album della band metal che diventa soft, quasi un cliché, ma poi con “Kodama” abbiamo rispolverato certe soluzioni più aggressive. Onestamente, quando stavo componendo “Shelter” non pensavo che avrei utilizzato ancora le screaming vocals, invece un paio di anni dopo mi è venuto naturale farlo. E sul nuovo album sto ancora urlando. Credo che non farò più alcuna dichiarazione sulla futura direzione stilistica del gruppo, perché non so davvero prevedere cosa andremo a fare. Mi lascio guidare dal mio istinto e mi diverto ad auto-sorprendermi.

TROVO VI SIA UN CERTO CONTRASTO FRA IL TITOLO, “SPIRITUAL INSTINCT”, E IL CARATTERE MUSICALE DEL DISCO. ANCHE SE SI SENTE IL VOSTRO TOCCO, L’ALBUM SUONA MOLTO CONCRETO. NON LO TROVO COSÌ ETEREO E SPIRITUALE…
– Sì, questo è un album particolarmente groovy. Il suono è caldo e organico, le chitarre hanno una bella distorsione e diversi passaggi sono guidati da un basso più in evidenza del solito. Amo il post-punk, ho una passione per quel tipo di sonorità, dove il basso è caldo e pulsante. In generale abbiamo cercato di stare alla larga da quelle produzioni fredde e digitali che si sentono nel metal di oggi. Volevamo qualcosa di più autentico e umano. Oggigiorno ascolto pochissimo metal proprio perché il più delle volte i dischi mi sembrano suonati al computer. Non mi ritrovo in quel suono.

“SPIRITUAL INSTINCT” TUTTAVIA ESCE PER NUCLEAR BLAST RECORDS, ETICHETTA CHE DA TEMPO È NOTA PER PUBBLICARE MOLTI DISCHI DALLE COSIDDETTE PRODUZIONI DI PLASTICA…
– Hai ragione. Onestamente, io faccio fatica a distinguere i gruppi metal di oggi, ho sempre l’impressione che i dischi suonino tutti uguali. L’unica band recente che posso dire di apprezzare davvero sono i Power Trip: loro sì che hanno una carica devastante e un suono genuino. Tornando a Nuclear Blast, ho subito gradito il loro modo di porsi nei nostri confronti: sono fan della nostra musica e ci vogliono così come siamo. Siamo liberi di fare quello che ci pare e ovviamente per un artista questa è una situazione ideale. Non so come si comportino con altre band della scuderia, ma con noi sono stati sin dal primo momento molto disponibili. È facile collaborare con loro perché noi pensiamo alla musica e loro pensano a farla arrivare a quante più persone possibile. Nessuno interferisce con i compiti dell’altro. Da questo punto di vista il rapporto non è poi così diverso da quello che avevamo con la Prophecy, la nostra vecchia label. Sinora siamo soddisfatti su tutta la linea.

PENSI CHE AVENDO ORA ALLE SPALLE UNA CASA DISCOGRAFICA TANTO GROSSA E INFLUENTE I VOSTRI IMPEGNI AUMENTERANNO?
– Abbiamo già notato più attenzione nei nostri confronti e, di conseguenza, più richieste di intervista e più impegni promozionali. Tuttavia, se mi stai chiedendo se suoneremo dal vivo con ancora più frequenza, la risposta è no. Anzi, al momento l’idea è di ridurre gradualmente l’attività live. Non ho più voglia di stare in tour per mesi interi. Mi piace l’idea di fare brevi tour qua e là e di fare diventare ogni concerto un piccolo evento.

QUEST’ANNO RICORRE IL VENTENNALE DELLA VOSTRA FONDAZIONE. HAI IN MENTE QUALCOSA DI SPECIALE PER CELEBRARE L’EVENTO?
– Sono rimasto a lungo indeciso se celebrare o meno questo traguardo. Alla fine ho optato per qualcosa di significativo soprattutto per me: sto organizzando un concerto nella mia città natale. Vengo da un posto piuttosto squallido e noioso, ma credo sia importante ricordarsi ogni tanto delle proprie origini e tributare ad esse il giusto omaggio. Sto ancora definendo i dettagli, ma credo che a breve potremo annunciare questo concerto. Non abbiamo mai suonato così vicini a casa, è una cosa che mi diverte e che al tempo stesso mi fa riflettere su quanta strada abbiamo fatto negli anni. Non avrei mai immaginato che gli Alcest sarebbero diventati tanto noti da potere girare il mondo.

SIETE ANCHE UNA BAND CHE HA TROVATO UN SEGUITO IN PIÙ DI UN CIRCUITO MUSICALE. GRUPPI COME GLI ANATHEMA, NONOSTANTE NON SUONINO METAL DA ANNI, SI ESIBISCONO ANCORA DAVANTI AD UN PUBBLICO COMPOSTO PREVALENTEMENTE DA COSIDDETTI METALLARI…
– È vero. Siamo stati in tour con loro e anch’io ho notato quanto dici. Non importa cosa suonino oggi, ma gli Anathema restano una band prevalentemente seguita da persone cresciute nella scena metal. È strano, perché la loro musica avrebbe le potenzialità per arrivare ad un’audience più ampia ed eterogenea, ma sinora ciò non è mai accaduto. Forse sono usciti in un periodo in cui era più difficile staccarsi dal proprio background ed entrare in contatto con altri circuiti musicali. Noi siamo più giovani e ci siamo quasi subito misurati con ascoltatori di ogni tipo, forse grazie anche ad internet e alla facilità con cui oggi è possibile scoprire nuove band. Penso valga lo stesso per formazioni come Deafheaven o Solstafir.

PENSO CHE GRAZIE AGLI ALCEST MOLTI COSIDDETTI METALLARI ABBIANO SCOPERTO LO SHOEGAZE, IL DREAM POP E GENERI AFFINI. AVETE APERTO LORO NUOVI MONDI MUSICALI…
– Può darsi, ma devo dire che io stesso ho scoperto davvero questa musica quando gli Alcest erano già avviati. Quando “Souvenirs…” venne pubblicato iniziai a leggere dei paragoni con My Bloody Valentine o Slowdive, ma io non sapevo quasi nulla del filone shoegaze. Con quel disco volevo semplicemente suonare qualcosa di etero e malinconico, all’epoca non sapevo che esistesse un genere musicale con delle caratteristiche simili. Poi mi sono informato e ho iniziato ad addentrarmi davvero in quel tipo di musica. Come ascoltatore sono cresciuto molto solo nell’ultimo decennio: la mia adolescenza è stata dedicata quasi solamente al black metal e a certo indie rock. Tutto il resto è arrivato dopo “Souvenirs…”.

QUALE PENSI CHE SIA L’ELEMENTO CHIAVE DELLA MUSICA DEGLI ALCEST?
– Questa domanda mi mette sempre un po’ in difficoltà perché, se penso alla musica, non vedo gli Alcest come una miscela di metal, shoegaze o chissà che altro. Come ti dicevo, compongo seguendo il mio istinto e non ho mai guardato ai generi. Credo che l’elemento più importante sia la mia spiritualità: questa è il vero punto di partenza di Alcest, la base della nostra musica. La spiritualità è presente in tutte le nostre canzoni, nelle melodie, nei testi, negli artwork. Non ho un approccio convenzionale alla spiritualità, ma le mie convinzioni, le mie riflessioni e i miei ricordi hanno certamente un ruolo importante nella mia vita e, di conseguenza, nella mia musica. Tuttora reputo opere datate come “Le Secret” e “Souvenirs…” fondamentali per la band perché rappresentano i miei primi tentativi di spiegare a qualcuno cosa ho sempre provato quando perso nei miei pensieri, in mezzo alla natura. Sin da bambino mi sono sentito quasi a disagio in mezzo alla gente e ho talvolta sentito il richiamo di un mondo lontano. Avevo dei flash, quasi come dei ricordi di qualcosa che non era accaduto nella mia vita. Vedevo luoghi e provavo sentimenti che non avevano nulla a che fare con ciò che avevo attorno a me. Era un posto diverso, un modo diverso di percepire ciò che mi circondava. Oltre il corpo umano, oltre i sensi. Per anni è stato il mio segreto, la cosa più bella che potessi vedere e sperimentare. Avevo un luogo paradisiaco dentro di me e davvero non capivo cosa fosse. Volevo essere in grado di parlarne e, siccome a parole avevo difficoltà, ho deciso di farlo con la musica, ed è così che ho iniziato a suonare e a creare Alcest.

IL BATTERISTA WINTERHALTER FA PARTE DEL GRUPPO, MA GLI ALCEST VENGONO QUASI SEMPRE VISTI COME UNA SORTA DI ONE MAN BAND, VISTO CHE TU COMPONI MUSICA E TESTI…
– Più volte mi è stato chiesto se avessi intenzione di allargare la line-up e fare diventare Alcest una vera e propria band, ma ciò non avverrà mai. I temi che tratto e la musica che compongo sono troppo personali. Non riuscirei mai a dividere la composizione con qualcuno e ad accogliere input diversi dal mio. Winterhalter è un grande amico ed è la sola persona che sa approcciarsi alla mia musica nel modo che ritengo opportuno.

SIETE FRANCESI. PENSI CHE GLI ALCEST ABBIANO UN SUONO DEFINIBILE COME ‘FRANCESE’? CREDI CHE SARESTI RIUSCITO A COMPORRE MUSICA SIMILE SE FOSSI CRESCIUTO IN UN’ALTRA NAZIONE?
– Questa è una buona domanda ed è qualcosa a cui io stesso ho pensato nel corso degli anni. Onestamente non lo so. Ho adottato il francese per il testo di alcune canzoni, ma non vedo la nostra musica così connessa al nostro paese. Certamente il cantato in madrelingua dà ad alcuni pezzi un carattere particolare, tuttavia a volte la voce è così eterea e vicina agli strumenti che potrei cantare in giapponese e in pochi se ne accorgerebbero. Non penso ci sia una chiara influenza o un elemento spiccatamente francese in quello che suoniamo. Del resto, come ti accennavo prima, tutto nasce da ciò che provo e dalle esperienze della mia infanzia. Forse se fossi cresciuto altrove non sarei mai entrato in contatto con quel mondo, ma non posso averne la certezza. Quello che posso dirti è che la musica di Alcest è prima di tutto il frutto della mia spiritualità e questa ha poco a che fare con il mondo moderno.

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