Sulle scene sin dalla fine degli anni Novanta, i bergamaschi Aleph hanno pubblicato un nuovo disco, “Thanatos”, che su queste pagine è piaciuto non poco. Capace di mischiare i migliori anni Settanta della tradizione rock progressive italiana con Pink Floyd, Celtic Frost e gente come i Dissection, l’album è un lungo percorso attraverso incubi e oscurità, la riproposizione musicale di una serie di cortometraggi dell’orrore che si prende la briga di raccontare con distacco i propri vortici onirici pur facendo leva sulle sensazioni più intime dell’ascoltatore. Ne abbiamo parlato con la band, ecco il resoconto!
CIAO RAGAZZI, E BENVENUTI SULLE NOSTRE PAGINE! PERCHE’ NON COMINCIAMO CON UNA BREVE PRESENTAZIONE DEL PROGETTO ALEPH AI LETTORI DI METALITALIA.COM CHE ANCORA NON VI CONOSCONO?
“Gli Aleph nascono a Bergamo nel 1998. Dopo il demo d’esordio del 2000 (‘Falx Lunae’) e i successivi, la band approda al contratto discografico con Fuel Records nel 2006 pubblicando il full length debut ‘In Tenebra’, seguito (sempre con Fuel) nel 2009 da ‘Seven Steps of Stone’. Nel gennaio 2016 viene pubblicato il terzo disco, ‘Thanatos’, il primo con Buil2Kill. Noi suoniamo dark death metal: il death è il fondamento. Gli elementi progressivi, cupi e dissonanti, chiudono il cerchio. La musica a cui ci rifacciamo ha l’oscurità come filo conduttore”.
CI SONO STATI DIVERSI CAMBI DI LINE-UP ALL’INTERNO DELLA BAND. CREDETE DI AVER TROVATO UNA FORMAZIONE STABILE?
“Sì, come l’abbiamo avuta tra il 2005 e il 2011… Per una band come questa (non professionista e interamente sostenuta dalle proprie forze, economiche e non) una formazione stabile e armonica è assolutamente centrale”.
PARLIAMO UN PO’ DEL VOSTRO NUOVO ALBUM, “THANATOS”, FRESCO DI STAMPA.
“‘Thanatos’ è stato registrato e prodotto in tutte le sue fasi tra il 2012 e il 2015 presso gli AlphaOmega Studios di Alex Azzali (con la preziosa collaborazione di Arcanus Incubus, ex Mystycal Fullmoon). E’ un disco possente, ‘tracotante’, per citare la vostra recensione. Ambizioso e rischioso. Si divide in due tempi, proprio come i film… Nel nostro caso horror, naturalmente! Contiene ciò in cui ci siamo trasformati, a questo punto di un viaggio che prosegue da diciotto anni: ci sono le nostre influenze (Celtic Frost, King Diamond, Opeth, Dissection, Black Sabbath, Pink Floyd tra i molti) e il nostro modo, unico e irripetibile, di trasformarle in musica fresca. E’ sempre l’obiettivo del ’98: ‘Thanatos’ si sviluppa attorno a un nucleo di nove brani ‘lunghi’, inframezzati da brevi strumentali in cui sono sviluppati temi provenienti dai primi. E’ un album di death metal che si rende colonna sonora d’Incubo”.
AVETE MESSO SUL PIATTO UN DISCO ABBASTANZA LUNGO, INCLUDENDO BEN QUATTORDICI TRACCE; UNA MOSSA UN PO’ RISCHIOSA SE PENSIAMO ALL’ENORME OFFERTA ALL’INTERNO DEL PANORAMA METAL E ALLA POTENZIALE CAPACITA’ DI ASCOLTARE DI TUTTO DA PARTE DELL’AUDIENCE. IN GENERALE UN DISCO DI 74 MINUTI, OGGI, PUO’ SPAVENTARE L’ASCOLTATORE MEDIO. COME E’ AVVENUTA LA COMPOSIZIONE DEL LAVORO?
“Consci del rischio abbiamo rischiato. Gli Aleph hanno sempre agito in sintonia con la propria esigenza creativa. Avevamo molto da dire e abbiamo deciso di non fare mediazioni sul minutaggio e sulla varietà della nostra proposta… proprio perché il mercato è ipersaturo. Per darti un’idea, ‘Remains/Remained’, il brano che chiude il disco, raccoglie svariati minuti di suoni e suggestioni malate ed è stato fortemente voluto come chiusura del disco. Nonostante difficilmente una band non ‘grossa’ si arrischierebbe a fare un simile azzardo. Le produzioni odierne sono molto omologate e la sensazione è quella di dover piacere al pubblico rispettando pedissequamente gli stilemi di ciascun sottogenere, appiattendo suoni e composizioni. Un brano degli Aleph nasce sempre dalla musica, dalla solita manciata di riff. Quando la struttura di un brano acquista stabilità (chitarre/batteria/basso) arrivano gli arrangiamenti di tastiera e la voce. Con eccezioni, ma generalmente funziona così”.
ESISTE UN CONCEPT ALL’INTERNO DI “THANATOS”? DI COSA PARLANO I BRANI?
“‘Thanatos’ non è un concept album. E’ il mood generale a far da collante tra i pezzi. I testi sono tutti molto personali, ispirati da nostre visioni o addirittura da sogni. ‘The Snakesong’ e ‘A Renegade’s Path’ girano attorno al tema del suicidio; in ‘Nightmare Crescendo’ è un assassino a raccontare ciò che prova attraverso il suo sguardo distorto cinico e carico d’odio; ‘Thanatos’ affronta il tema di quel veleno iniettato in vena che è la fede. Qualsiasi fede. E in ‘Fire Demon’ il protagonista rigetta quella fede, nel contesto di un sogno (di Ades, il nostro drummer), allo stesso tempo affascinante e inquietante. ‘A Game of Chess’ racconta la perdita di un parente stretto, ispirandosi liberamente a ‘Il Settimo Sigillo’. Discorso a parte per ‘The Old Master’ (di cui parleremo poi) e ‘Smoke and Steel’, che affronta la devastazione e desolazione di una terra, l’Italia, divorata dalla deindustrializzazione e dalle tragedie che ne conseguono. Ho voluto affrontare il tema non da un punto di vista prettamente sociale o politico ma inserendo personaggi senza volto, vuoti come zombi, in uno scenario orrorifico/post-bellico. Del tutto particolare è ‘Remains/Remained’, brano strumentale che in realtà cela una narrazione ben precisa: quello che senti è tutto quanto restato intrappolato nella mente del personaggio (di cui si sente il respiro affannoso) durante il corso della sua esistenza; i ‘resti’ del titolo sono sedimenti di ricordi, azioni agite o testimoniate all’interno di una stanza, che ne porta memoria. Potrebbe essere un incubo, anche se a occhi aperti. Il brano passa attraverso una miriade di momenti fino a giungere al finale in cui si sente, soffocato, l’inizio di ‘The Snakesong’, opener del disco. Il cerchio si chiude e si riapre lì”.
ABBIAMO PERCEPITO UN AMALGAMA MOLTO ETEROGENEO, ISPIRATO E – NUOVAMENTE – UN PO’ RISCHIOSO. ABBRACCIATE MOLTE SONORITA’, IN PARTICOLARE GRAZIE ALL’APPORTO DELLE TASTIERE, PUR SENZA ABBANDONARE I DUE COMPARTI CHE CI SEMBRANO ANDARE PER LA MAGGIORE, PROG/DARK DEATH E UN PROGRESSIVE ITALIANO CHE RICORDA NOMI COME GOBLIN. IL RISCHIO (A NOSTRO AVVISO SUPERATO BRILLANTEMENTE) DI METTERE TROPPA ROBA C’ERA TUTTO, COME AVETE AFFRONTATO LE SESSIONI DI REGISTRAZIONE?
“Le tastiere di Gas sono centrali nel suono degli Aleph: danno una fisionomia unica, ben riconoscibile al lavoro di tutti, lo impreziosiscono evitando virtuosismi tanto in auge nel progressive che pur ascoltiamo, ma il cui lato puramente tecnico/tecnicistico ci lascia indifferenti. Insomma, se devo scegliere preferisco le tastiere di Hugh Banton dei Van Der Graaf a quelle di Keith Emerson. Gas crea paesaggi e li popola: maneggia il fuoco con sapienza ed è grande nella lettura dei brani, intervenendo con essenzialità o meno in base a quello che è necessario. Per quel che riguarda le registrazioni, le abbiamo affrontate strumento per strumento (a partire dalla batteria) e con molta calma. Eravamo rimasti in quattro (dal settembre 2011) e vicende di vita privata hanno dilatato molto i tempi. Il mixing e il mastering finale sono terminati nel febbraio 2015. Come dicevo prima, il rischio ce lo siamo preso tutto, ma siamo entrati in studio preparati a dover gestire un lavoro titanico. In questo la mano di Alex Azzali e di Ark sono state preziose”.
SI PERCEPISCE UN GRANDE AMORE PER L’HORROR, SIA VISIVAMENTE (LA COPERTINA E’ DI GRANDE IMPATTO) CHE PER LE ATMOSFERE MUSICALI, E NON ULTIMO NEL VIDEO DI “THE OLD MASTER” CHE AVEVA ANTICIPATO L’USCITA. PARLATECI DI QUEST’ULTIMO, SOPRATTUTTO PER QUANTO RIGUARDA LA ‘STORIA’ AL SUO INTERNO.
“La nostra è opera dell’artista americano Aeron Alfrey. Cerca le sue opere in rete, sono mostruose! Tra Bosch, Escher e chissà chi altro! E’ malatissimo e siamo soddisfatti al 100% del suo lavoro. Devo dire che, seppur potendo scambiarci indicazioni e pareri solo in chat, non è stato molto difficile arrivare al risultato che vedi. Un po’ come per la musica, anche visualmente sapevamo quale era l’effetto che volevamo dare all’artwork. ‘The Old Master’ racconta la storia di Mastro Titta, ‘er boja de Roma’, vissuto nella Roma papalina dell’Ottocento. Un boia allo stesso tempo crudele ed efferato, e indifferente alle sue vittime, un boia che si ‘limitava’ a svolgere il dovere assegnatogli. Il video è stato realizzato da Matteo Bellesia, grande fotografo e videomaker; gli esterni che vedete sono della nostra meravigliosa Città Alta, perfetta per l’ambientazione che volevamo ricreare”.
QUALI SONO GLI ASCOLTI DELLA BAND, E IN CHE MODO INFLUENZANO IL LAVORO IN SEDE DI CREAZIONE DEI BRANI?
“Le influenze finiscono nei pezzi in modo piuttosto spontaneo, e in base al mood di partenza il resto si adegua da sé. Oltre alle band di cui ti parlavo prima posso aggiungere Morbid Angel, Obituary, Pestilence, Mercyful Fate, Candlemass, Danzig, Death, Carcass, Calibro35, Saint Vitus…”.
IMMAGINIAMO CHE CINEMA E LETTERATURA ISPIRINO GLI ALEPH TANTO QUANTO LA MUSICA. COSA AVETE VISTO O LETTO DI BUONO RECENTEMENTE?
“Cose nuove e vecchie: ‘Cent’Anni a Nord Est’ di Wu Ming sui fantasmi (per forza!) della Prima Guerra Mondiale, il buon vecchio H.P.L.… Tra i film ‘Il Ponte Delle Spie’, ‘Il Signore Del Male’, i vecchi ‘Nightmare’ (nella parte centrale di ‘Thanatos’ c’è un vero e proprio tributo alla colonna sonora”)…”.
DOVETE SCEGLIERE TRE BRANI DI “THANATOS” DA PRESENTARE AL PUBBLICO: QUALI E PERCHE’?
“Scelgo ‘The Old Master’, ‘Thanatos’ e ‘Smoke and Steel’. La prima ha il pregio di essere essenziale, d’impatto assicurato; la seconda perché è la nostra ‘Heaven and Hell’ e dimostra quanto ti dicevo prima: per esempio, le prodezze batteristiche che ascolti, in realtà sostengono il brano, fluiscono con esso. Il riffing è tutto sommato semplice, ma è l’orchestrazione del tutto a essere importante. ‘Smoke and Steel’ la scelgo per la sua capacità di racchiudere i pregi dei due pezzi precedenti: ha una struttura complessa e folle, e riesce a colpire in mezzo agli occhi senza dover essere per forza scarna”.
IL DISCO ABBONDA DI ATMOSFERE, COME SARA’ LA RIPROPOSIZIONE LIVE?
“Saremo fedeli al mood del disco. Oltre al lato strumentale esiste l’aspetto visivo: il palco si arricchirà di oggetti ‘macabri’, candele, fumo. La scaletta è disseminata di omaggi all’horror. E più in generale, un nostro concerto è molto intenso, non siamo certo una band che ripropone le canzoni senza la minima variazione di volta in volta”.
COME SIETE ARRIVATI A FIRMARE CON LA BUIL2KILL, ETICHETTA CHE LICENZIA IL DISCO?
“Tra il 2010 e il 2014 io e Ades abbiamo fatto parte dei Soulphureus, band blackened death metal uscita su Buil2Kill (con l’album ‘Rest In Hell’, 2015). Proporre il nostro materiale a Trevor (dei Sadist, NdR) è stato il passo successivo: siamo felici di come le cose siano andate e di come stanno andando ora, visto che il Boss ha amato ‘Thanatos’ da ascoltatore prima che da discografico; e ci ha dato la cifra della reputazione che gli Aleph hanno saputo costruirsi nell’arco degli anni, a fronte di una ‘pausa’ così lunga”.
AVETE PROGETTI PARALLELI?
“A parte Ades (che per lavoro ha molte situazioni musicali, soprattutto fuori dall’ambito metal), no: finita l’avventura Soulphureus circa un anno fa non è rimasto altro”.
I DISCHI CHE AVETE APPREZZATO DI PIU’ NEL 2015?
“Ti faccio pochi nomi: Enslaved nel panorama metal e Calibro 35 al di fuori. Entrambi straordinari. E non a caso con una forte fascinazione per atmosfere cupe e anni ’70, anche per quello che riguarda il sound”.
AVETE IN MENTE DI AFFRONTARE UN TOUR A SUPPORTO DELL’ALBUM? SE SI’ PARLATECENE!
“Sarebbe straordinario e ci stiamo lavorando. La speranza è quella di trovare situazioni ‘fattibili’ dal punto di vista economico e non. I social network hanno acquistato importanza nel panorama musicale, come tutto ciò che ha a che fare con internet; ma senza live tutto si riduce a un involucro vuoto”.
CON CHI VI PIACEREBBE CONDIVIDERE QUALCHE PALCO?
“Hai presente la domanda sulle influenze? Stessa risposta!”.
QUALI SONO I PROGETTI DELLA BAND PER IL FUTURO?
“Semplice: suonare live il più possibile, meglio se oltre i patrii confini; pubblicare dischi su dischi sempre più ispirati e carichi d’oscurità. Personalmente, poi, trovo sarebbe fantastico aver l’opportunità di comporre, con la band o individualmente, una colonna sonora”.
L’INTERVISTA E’ FINITA, GRAZIE PER IL VOSTRO TEMPO! VI LASCIAMO CONCLUDERE COME PREFERITE!
“Un grazie a voi per lo spazio. Ai fan e agli appassionati diamo appuntamento ai concerti futuri. May obscurity be revealing!”.