A pochi giorni di distanza dall’uscita del nuovo “Curse of the Crystal Coconut”, siamo qui per riportarvi il nostro scambio verbale col simpatico frontman Christopher Bowes, capitano di quella improbabile ciurma di pirati nerd che rispondono al nome di Alestorm. Questi ultimi da diverso tempo rappresentano una fonte inesauribile di divertimento e risate, il che non può che farci piacere in un momento teso e buio come quello che stiamo vivendo: tra virus, crisi economiche, rivolte nel mondo avevamo proprio bisogno di un ascolto piacevole e sprovvisto di quel bisogno (spesso malsano) di prendersi troppo sul serio. In questo gli Alestorm sono maestri, e il buffo Chris ne incarna lo spirito meglio di chiunque altro, tant’è che riteniamo difficile trasmettere in forma scritta la dose di goliardia e spensieratezza assimilata durante questa piacevolissima chiacchierata; anche se non mancheranno momenti più seri e ragionati in merito alle condizioni in cui verterà la musica nel prossimo periodo. A questo punto bando alle ciance, poiché è il momento di issare le vele! Buona lettura!
CIAO CHRIS! VORREI COMINCIARE A PARLARE DEL VOSTRO NUOVO ALBUM “CURSE OF THE CRYSTAL COCONUT” PARTENDO DA TITOLO E COPERTINA. COME AVETE SCELTO IL SOGGETTO DELLA PRESENTAZIONE, E COME MAI PROPRIO DONKEY KONG?
– Ciao ragazzi! Dunque, ti confesso che inizialmente eravamo letteralmente un po’ in alto mare dal punto di vista della presentazione, poiché ancora non eravamo provvisti di un titolo convincente; generalmente selezioniamo uno dei brani della tracklist per questo, ma nessuno di questi sembrava adatto al compito. Per fortuna ci siamo ricordati che il brano “Pirate’s Scorn” è a tutti gli effetti una cover di una canzone scritta in origine per i pirati della serie animata dedicata proprio a Donkey Kong, i quali erano ossessionati dalla noce di cocco di cristallo in possesso dell’anziano Cranky, che abbiamo quindi estrapolato e abbinato alla figura del capitano Morgan in modo da confezionare un prodotto anche esteticamente simpatico e colmo di riferimenti ad una figura a noi tanto cara, per ragioni soprattutto di infanzia. E che quindi potesse anche attirare l’attenzione e la nostalgia di chi, come noi, è appassionato di videogiochi da sempre.
PASSANO GLI ANNI, MA L’ISPIRAZIONE DEGLI ALESTORM AL MOMENTO DI SCRIVERE UN TESTO DIVERTENTE E FOLLE NON MANCA MAI. COME TROVATE GLI SPUNTI PER RIUSCIRE A RILANCIARE SEMPRE IL VOSTRO PRODOTTO IN MODO TANTO CONVINCENTE?
– Diciamo che cerchiamo sempre di farci guidare dalla nostra attitudine e dal nostro amore per gli argomenti più trash e per un certo tipo di utilizzo degli abbinamenti più buffi e particolari, seppur sempre ambientati in un contesto piratesco. Non ci piace prendere semplicemente spunto da altre band o da qualcosa di comunque già diffuso o prevedibile quando si parla di testi e idee varie, ma al contrario riteniamo importantissimo valorizzare la spontaneità e quello che è a tutti gli effetti un tipo di eccesso che ci appartiene: se ci viene in mente una situazione tanto improbabile quanto divertente, proviamo a ragionarci su e a svilupparla al meglio. Naturalmente la nostra affezione per determinati prodotti di intrattenimento giova non poco.
NON MANCANO ANCHE NUMEROSI OSPITI ALL’INTERNO DELL’ALBUM. TI ANDREBBE DI CITARE L’ESPERIENZA AVUTA CON QUALCUNO DI LORO?
– Mi fa sempre ridere pensare alla figura di capitan Yarrface, voce dei Rumahoy, che oltre a essere un personaggio davvero particolare (tenendo conto che in sede live non si toglie mai la maschera e tutt’ora molta gente non sa chi sia realmente), a suo tempo si è messo in contatto con noi totalmente dal nulla dicendo che avrebbe avuto piacere a collaborare con noi. Inizialmente siamo rimasti un po’ interdetti, ma col tempo è nato un buon rapporto e sono contento che faccia parte della nostra ‘drinking crew’, anche se ogni tanto ho la sensazione che lui mi odi un pochino (ridiamo, ndr). Invece Vreth (cantante dei Finntroll, ndr) è semplicemente un vero e proprio evergreen per noi, dal momento che ha sempre partecipato con piacere ai nostri lavori in studio e alle nostre attività live. Anzi, non escluderei la possibilità di un tour con i Finntroll quando tutto il casino che stiamo vivendo si sarà concluso.
HAI DELLE CANZONI PREFERITE ALL’INTERNO DEL NUOVO PRODOTTO?
– Sì, ne ho ben due! Da una parte vorrei menzionare sicuramente “Wooden Leg Part 2” poiché rappresenta quella che ha messo più a dura prova le mie doti come musicista, trattandosi del brano più complesso e articolato del pacchetto. Dall’altra invece stravolgo le carte in tavola e ti cito “Tortuga”, perché si tratta di qualcosa di particolare e diverso da qualsiasi cosa che abbiamo mai proposto in precedenza; anche se sono abbastanza sicuro che a molti non piacerà proprio per questa sua natura così apparentemente assurda e ancora più ridicola rispetto alla nostra media.
VISTO CHE L’HAI NOMINATA: COME MAI AVETE SCELTO, CON TUTTO IL REPERTORIO A VOSTRA DISPOSIZIONE, DI DARE UN SEGUITO PROPRIO A QUELLA “WOODEN LEG” DATATA 2014?
– Il fatto è che si tratta secondo me del pezzo più stupido non solo tra quelli collocati all’interno del nostro quarto album “Sunset On The Golden Age”, ma probabilmente di tutta la nostra discografia, e direi che ce ne vuole (ridiamo, ndr). Però nonostante ciò mi ha sempre ispirato un forte potenziale, ed è per questo che ci ho impiegato ben sei anni a fornirle una natura elaborata e del tutto nuova da proporre successivamente: qualcosa che fungesse letteralmente da rottura con la prima versione, in quanto completamente opposta a livello di opulenza compositiva, con al suo interno sprazzi provenienti dal metal estremo, fasi più vicine al black, elementi fantasy unici e tanto altro. La parte più divertente ovviamente risiede proprio in questa evidente differenza tra le due parti, poiché chi conosce la prima difficilmente si aspetterebbe una scolta tanto articolata per la seconda, anche se basta arrivare ad un certo punto dell’ascolto per provare una piacevole sensazione di deja-vu.
RITIENI POSSIBILE CHE IN FUTURO GLI ALESTORM POSSANO APPARIRE ANCORA PIU’ FOLLI?
– Assolutamente sì! Non ci piace proprio continuare semplicemente a riciclare ciò che abbiamo già fatto, piuttosto vogliamo continuare a divertirci osando nel proporre sezioni parodistiche, per non dire stupidamente trash, in grado di attirare ulteriormente l’attenzione di chi nella musica cerca evasione e leggerezza con una punta di nonsense. Il che, se ben valorizzato a livello di songwriting, aiuta a prevenire anche la sensazione di ripetitività.
A DODICI ANNI DI DISTANZA DAL VOSTRO ESORDIO SUL MERCATO CON “CAPTAIN MORGAN’S REVENGE” COME DESCRIVERESTI IL PROCESSO CHE VI HA PORTATO A ESSERE CHI SIETE OGGI?
– Ricordo che ai tempi, quando ci chiamavamo ancora Battleheart, non avevamo assolutamente idea dei livelli che saremmo riusciti a raggiungere col tempo, dopotutto eravamo ragazzini ancora sprovvisti di determinate esperienze all’interno del nostro repertorio di vita. Abbiamo fatto uscire dei demo e poi un album con l’intenzione di proporre qualcosa di personale e divertirci, confezionando musica semplice ed orecchiabile, ma al tempo stesso peculiare e ricca di spunti di intrattenimento; negli anni poi sono sopraggiunte anche le problematiche tipiche della carriera di una band, tra cambi di line-up e visioni differenti, ma ovviamente anche questo fa parte del gioco. Abbiamo deciso di aggiungere una seconda tastiera quando abbiamo stabilito che fosse necessario per valorizzare le nostre atmosfere, e col tempo abbiamo preso una piega ancora più trash rispetto al passato, dando sempre più spazio ai momenti puramente comici e musicalmente particolari. Alla fine si tratta di una evoluzione/involuzione spontanea,che permette al pubblico di divertirsi e a noi di non avere la sensazione di esserci letteralmente arenati su uno scoglio.
CREDI CHE LA MUSICA METAL POSSA TRARRE GIOVAMENTO DA QUESTE ATMOSFERE GOLIARDICHE E DA UN’UNIONE IMPORTANTE CON DETERMINATI SISTEMI DI INTRATTENIMENTO?
– Sono ben conscio che molti fan degli Alestorm preferirebbero tornassimo un po’ alle origini, dando spazio unicamente alla nostra matrice power/folk metal e riducendo quella componente imprevedibile e scoppiettante, ma in fin dei conti riteniamo che, se spontanei, gli inserti comici possano davvero fornire delle potenziali ventate d’aria fresca ad una band e al mercato in generale. Allo stesso modo, l’unione tra la musica e prodotti di intrattenimento come film o videogiochi potrebbe rappresentare una ulteriore possibilità; noi ad esempio è da tempo che sogniamo di prendere parte alla colonna sonora di un videogioco, in quanto appassionati.
PASSANDO A DISCORSI NON PROPRIAMENTE GIOIOSI, LA SITUAZIONE ATTUALE RAPPRESENTA UNA BRUTTA GATTA DA PELARE PER TUTTO IL MONDO DELLA MUSICA, TU COSA PUOI DIRCI DALLA TUA POSIZIONE?
– Eh, detto come va detto è uno schifo mica da ridere! Avevamo parecchi programmi per estate e autunno, e ovviamente abbiamo dovuto rimandare tutto, ma un tour è qualcosa che si può recuperare. La mia preoccupazione più grande va proprio ai locali, ai festival e agli eventi ricorrenti, poiché saranno loro a ricevere la batosta più grave: ci sarà chi chiuderà e chi l’anno prossimo non avrà la disponibilità economica per proporre qualcosa in linea con le passate edizioni, e questo potrebbe anche tradursi in un calo di affluenza, che comunque rischia di esserci a causa delle eventuali ristrettezze con cui molti dovranno convivere per parecchio tempo. Purtroppo non ci è dato sapere cosa accadrà o come difenderci da qualcosa che di fatto è un virus e come tale agisce, la mia speranza è che la gente sia responsabile e che, quando sarà possibile, gli appassionati facciano fronte comune per far ripartire tutto il settore musicale al meglio.
CREDI CHE AVRETE MODO DI MANTENERE IL VOSTRO PROGRAMMA ORIGINALE?
– Bella domanda, ma diciamo che faremo in modo di attenerci il più possibile a quelle che erano le nostre idee per le prossime attività live, a partire anche da una scenografia parzialmente rinnovata e in cui faremo sfoggio di ben tre papere di gomma. Ci sarebbe piaciuto lanciarle sul pubblico a farle gareggiare, tipo i Twilight Force coi draghi, ma sono parecchio pesanti e ho idea che avere gente che muore schiacciata ai nostri concerti non sia una grande soluzione scenica (ridiamo, ndr).
CAMBIANDO ARGOMENTO: CHI TI PARLA AMA MOLTO LA TUA REGIONE NATALE, OVVERO LA SCOZIA. TU COME DESCRIVERESTI LA SCENA METAL DA QUELLE PARTI?
– Sarò sincero, la situazione musicale in Scozia secondo me non è esattamente delle migliori. Mi spiego: quando eravamo una band esordiente, o anche solo quando volevamo assistere ad un’esibizione di nostro gradimento, la città in cui era più probabile riuscire a piazzare o assistere a date live era, ed è tuttora a prescindere dall’entità del concerto, Glasgow. Il problema è che per noi ciò equivaleva a fare più di due ore di spostamento ogni volta partendo da casa, il che di certo non giovava sulla diffusione del nostro prodotto e neanche sulla nostra possibilità di vedere una formazione dal vivo; e se pensi che ancora oggi la stragrande maggioranza degli eventi si svolge lì questo riduce il senso di coesione che dovrebbe sussistere tra gli appassionati. A questo aggiungici che, malgrado i numeri e le posizioni in classifica in paesi come la Germania o la Finlandia, dove mai avremmo pensato di sfondare, oggi giorno in Scozia pochissima gente conosce la nostra musica o supporta la nostra arte, il che ogni tanto risulta essere quasi frustrante se pensiamo all’impegno che investiamo.
NEMMENO LE CITAZIONI ALLA DUNDEE DEI GLORYHAMMER HANNO SORTITO QUALCHE EFFETTO PARTICOLARE?
– Ma figurati! Anzi, coi Gloryhammer abbiamo deciso di focalizzarci su Dundee proprio perché si tratta di un posto visivamente carino, ma anche dannatamente noioso e sprovvisto di qualsivoglia vitalità; come verificato anche al momento di esibirci da quelle parti. A volte ci chiedono come mai non si trovi niente a tema Alestorm o Gloryhammer da quelle parti, magari anche solo una menzione o una maglietta esposta, e noi generalmente rispondiamo che se vai da un barista della zona, ad esempio, e gli chiedi di noi è altamente probabile che ti guardi sbigottito, ignorando bellamente a chi tu ti stia riferendo. E questo purtroppo è parte di una mentalità tipica di molti paesi europei, in cui le band locali hanno più seguito in Australia che nella propria zona; e per noi vale la stessa identica cosa.