Sono passate da poco le 9.00 di una mattina di luglio quando ci ritroviamo in un noto albergo milanese per un incontro con Alice Cooper che, instancabile, è in visita nel capoluogo lombardo per promuovere il suo nuovo album. C’è sempre una certa tensione all’idea di incontrare une vera e propria leggenda, ma, una volta varcata la soglia della stanza, è lo stesso Alice a metterci a nostro agio, rompendo il ghiaccio con una battuta: “Non sapevo che fosse di là” dice, riferendosi ad un suo collaboratore nella stanza accanto. “Sono qua seduto a parlare di un album che si chiama ‘Paranormal’ e ad un certo punto vedo la porta che si apre da sola e tra me e me penso: ‘ehi, ma che succede? Vedete anche voi quello che vedo io?’”. Con una risata generale, quindi, ci sediamo di fianco ad Alice che, elegante nella sua giacca nera, ci concede quindici minuti della sua giornata, rispondendo alle nostre domande, regalandoci qualche momento impagabile, grazie al suo spirito ironico e dissacrante, immutato dopo quasi cinquant’anni di carriera. Mentre vi starete godendo il nuovo lavoro e in attesa dell’unica data italiana prevista a Milano per il 30 novembre, ecco a voi la nostra piacevole chiacchierata con una delle più grandi icone rock di sempre.
OVVIAMENTE LA PRIMA DOMANDA NON PUO’ CHE ESSERE RELATIVA AL NUOVO ALBUM, “PARANORMAL”, CHE PORTA AVANTI IL SOUND VINTAGE GIA’ ASCOLTATO SU “WELCOME 2 MY NIGHTMARE”.
“L’album precedente è stato puro divertimento: quando registrammo ‘Welcome 2 My Nightmare’, l’abbiamo fatto pensando ad una sorta di parodia di ‘Welcome To My Nightmare’. Abbiamo dato volontariamente un taglio comico agli argomenti: c’era la canzone sulla disco (‘Disco Bloodbath Boogie Fever’ ndR), ‘Ghouls Gone Wild’… Invece questa volta è andata diversamente: ogni album che ho realizzato con Bob Ezrin (il produttore ndR) è stato un concept album. Questa volta, invece, ci eravamo dati come obbiettivo di NON fare un concept album, volevamo soltanto scrivere venti grandi canzoni e poi sceglierne dodici. Così ci siamo messi al lavoro, abbiamo scritto le canzoni, ho messo giù i testi, siamo andati in studio, le abbiamo registrate e ci siamo resi conto che le canzoni stavano prendendo una loro direzione. Così mi sono messo lì, le ho ascoltate una decina di volte e mi sono reso conto che, anche senza volerlo, anche questa volta c’era un filo conduttore in tutte le canzoni: tutti i personaggi delle canzoni avevano un problema di natura paranormale, oppure un pensiero astratto diverso o sbagliato. Ecco quindi il concept: ci sono dodici piccole vignette di persone con problemi paranormali e io non avevo ancora dato un titolo per l’album, così la scelta più naturale è stata quella di chiamarlo ‘Paranormal’. Non ha nulla a che vedere con l’occulto, intendiamoci, c’è solo una canzone che è una specie di ‘ghost story’ ed è proprio la prima canzone, ‘Paranormal’, poi da lì si passa a raccontare di persone che hanno disturbi psicotici o stranezze varie”.
NELL’ALBUM CI SONO DUE BRANI SCRITTI CON LA VECCHIA ALICE COOPER BAND, COM’E’ STATO LAVORARE ANCORA CON MICHAEL, DENNIS E NEAL?
“Sai, quando la band si sciolse, nel 1974, eravamo degli amici che erano andati a scuola assieme, avevamo frequentato il college assieme, avevamo patito la fame e poi eravamo diventati ricchi assieme, abbiamo registrato cinque album che sono diventati dischi di platino, e poi semplicemente la nostra vena creativa si è esaurita. Eravamo esausti e così ci siamo separati, ma restando in buoni rapporti. Non c’è stato un momento in cui io, Micheal, Dennis e Neal eravamo così arrabbiati da non parlarci e anche quando è morto Glen (Buxton, chitarrista della Alice Cooper Band, deceduto nel 1997 ndR) è stato un momento molto triste per me. Sono sempre rimasto in contatto con i ragazzi e capitava che Michael o Dennis o Neal mi dicessero di avere qualche brano da propormi, così ho detto loro, ‘perché non ci vediamo tutti a Nashville per vedere cosa esce fuori da queste canzoni e registrarle assieme?’. Avevamo deciso di registrare venti canzoni e sceglierne dodici ed ero sicuro che qualcuna di quelle proposte da loro avrebbe trovato spazio nell’album. Però questa volta non ho voluto solo che scrivessero canzoni, ma che le suonassero direttamente, perché quando quella band suona, il sound è diverso da quello della mia solita band, le vibrazioni che emanano sono diverse e anche io canto in maniera differente quando suono con loro. ‘Genuine American Girl’ è un esempio perfetto: io e Neal stavamo scrivendo il brano e all’inizio il verso diceva ‘voglio un’autentica ragazza americana’ ma poi mi sono detto ‘Alice avrebbe detto così nel 1973? No, Alice avrebbe detto, voglio essere un’autentica ragazza americana!”. Anche se Alice non vuole essere davvero una donna, l’avrebbe detto, e la cosa oggi ha un senso ancora maggiore se pensi a tutta la questione del gender e dei transessuali. Per certi versi è una canzone che si prende un po’ gioco della faccenda, ma allo stesso tempo la celebra. Quindi, vedi, Alice non prende una posizione, semplicemente nel suo mondo surreale dice ‘voglio essere un’autentica ragazza americana!’”.
SONO CONTENTO CHE TU ABBIA CITATO QUESTA CANZONE PERCHE’ LA ADORO, E’ LA MIA PREFERITA DELL’ALBUM E QUANDO L’HO ASCOLTATA HO PENSATO CHE FOSSE L’ALTRA META’ DI “MAN OF THE YEAR” (DA “THE EYES OF ALICE COOPER” DEL 2003). LI’ AVEVAMO L’UOMO DELL’ANNO, CHE SI SVEGLIA LA MATTINA, FA UNA SANA COLAZIONE, SI ANNODA LA CRAVATTA ALLA PERFEZIONE, HA LA PROSTATA CHE E’ UN GIOIELLO… E ORA INVECE LA PERFETTA RAGAZZA AMERICANA, CON LE LABBRA ROSSO RUBINO E I BOCCOLI BIONDI…
“Sì, è vero (ridacchia ndR)! E il mio verso preferito è ‘sono solo a trenta di cinquanta sfumature di grigio’! Quando ho scritto questo verso, io e Bob Ezrin ci siamo messi a ridere e non smettevamo più. E’ come se dicesse ‘ehi, va tutto bene, in fondo sono solo a trenta su cinquanta, niente di cui preoccuparsi’ (risate generali ndR)”.
SEMPRE PARLANDO DEI TUOI VECCHI COMPAGNI, A NOVEMBRE SUONERETE CINQUE SHOW ASSIEME: PENSI CHE POTREBBE ESSERE IL PRELUDIO PER QUALCOSA DI PIU’ ESTESO?
“Non possiamo escludere niente: l’abbiamo già fatto una volta a Nashville, per vedere se potesse funzionare o meno. Ho fatto l’intero show con la mia solita band, che è incredibile, sono la miglior formazione che abbia mai avuto per andare in tour e ogni sera danno il massimo. Poi ad un certo punto, quando mi tagliano la testa, il sipario cala e quando si apre nuovamente, c’è la band originale! Facciamo cinque pezzi assieme, ‘No More Mr. Nice Guy’, ‘Eighteen’, ‘Muscle Of Love’, ‘Billion Dollar Babies’ e ‘School’s Out’. Chi ha visto questo concerto si è accorto che prima c’era un sound e poi un altro: la prima parte più heavy, più oscura, più grunge, e la gente si è divertita perché è stato come avere due show in uno. Non abbiamo mai detto che non ne faremo altri, si tratta semplicemente di lasciare che le cose vadano per la loro strada”.
PER LA PRODUZIONE DELL’ALBUM HAI SCELTO NUOVAMENTE BOB EZRIN, UN GRANDISSIMO PROFESSIONISTA CHE NON SI FA PROBLEMI A DARE IL SUO PARERE SU QUELLO CHE STA PRODUCENDO E QUESTO SPESSO HA AIUTATO MOLTI ARTISTI A TIRAR FUORI IL MEGLIO DI SE’.
“Sì ed è un grande pregio. Vedi, Bob Ezrin è il mio George Martin (il celebre produttore dei Beatles ndR): tutti hanno bisogno di una guida con cui poter lavorare e Bob è stato colui che ha preso la Alice Cooper Band e le ha dato un sound, ci ha dato una firma riconoscibile su ‘Love It To Death’, che di fatto è stato il primo vero album di Alice Cooper. Abbiamo passato otto mesi disegnando il suono e facendo emergere quelle caratteristiche che ti fanno dire, quando senti una canzone, ‘ecco, questo è Alice Cooper’. Volevamo questo, come quando ascolti i Doors e dici ‘questi sono i Doors’, e Bob è riuscito a darci quello che cercavamo. Anche quando non ho lavorato con Bob Ezrin, ad esempio con Roy Thomas Baker (noto produttore che ha lavorato con Alice Cooper su ‘Flush The Fashion’ del 1980 ndR), Jack Douglas (produttore di ‘Muscle Of Love’ del 1973 ndR), o chiunque altro, prendo le canzoni e le mando comunque a Bob per un parere, perché lui è il mio guru musicale. E lui mi risponde, mi dice: ‘questo mi piace, questo non molto, su questa sezione devi lavorare ancora, questo ritornello non funziona, questo verso non è abbastanza incisivo per reggere il ritornello… Mi manda le sue note, io torno in studio, seguo le sue indicazioni, gliele mando e lui, a quel punto, mi dà il suo ok. Lo considero un po’ come il mio insegnante, ancora oggi, quindi quando vado in studio con lui, tutto diventa più veloce: mi dà il suo parere su un passaggio che non funziona ed è tutto immediato. Quindi voglio continuare a lavorare con Bob per il resto della mia vita, perché tira fuori il meglio di me: ascolta una traccia vocale e mi dice ‘sì, va bene, ma potresti farla meglio’ e io vado avanti a cantarla finché non è tutto ok”.
IMMAGINO NON SIA SEMPLICE CONCILIARE DELLE CARRIERE COSI’ INTENSE COME LE VOSTRE, MA C’E’ QUALCHE NOVITA’ CHE PUOI ANTICIPARCI SUGLI HOLLYWOOD VAMPIRES?
“Oh sì! Joe (Perry, chitarrista degli Aerosmith ndR) ha fatto un’ospitata durante il mio concerto a Barcellona qualche giorno fa: è salito sul palco durante ‘School’s Out’, perché il giorno dopo gli Aerosmith avrebbero suonato nello stesso festival e ne abbiamo parlato proprio in quell’occasione. Lui sta già scrivendo del materiale e lo stesso anche io e Johnny (Depp ndR). Johnny reciterà in cinque film quest’anno, quindi penso che nel 2018 riuscirà a trovare il tempo per andare in tour. Joe finirà il tour con gli Aerosmith per la fine dell’anno e anche io farò lo stesso, quindi immagino che riusciremo ad essere in studio tra gennaio e febbraio e questa volta registreremo pezzi originali, non sarà più un album di cover come la volta scorsa. Se tutto va bene, quindi, nel 2018 riusciremo ad iniziare un tour mondiale, penso per la fine dell’estate”.
DA UN PO’ DI ANNI A QUESTA PARTE LA MUSICA ROCK HA PERSO UN PO’ DELLA SUA FORZA: UNA GROSSA FETTA DELLE NUOVE GENERAZIONI LO CONSIDERA UN GENERE UN PO’ FUORI MODA, EPPURE C’E’ ANCORA TANTA FAME DI ROCK TRA IL PUBBLICO E LO DIMOSTRA IL SUCCESSO PLANETARIO CHE HA AVUTO IL TOUR DI REUNION DEI TUOI AMICI GUNS N’ ROSES. C’E’ UN CERTO CONTRASTO IN TUTTO CIO’, NON CREDI?
“Sì, penso che tu abbia perfettamente ragione e che ci sia ancora tanta fame di buon vecchio hard rock suonato con chitarre potenti: quando vai a vedere un concerto degli Aerosmith, di Alice Cooper, dei Guns N’ Roses o altre grandi band del genere, ti accorgi di cosa voglia dire suonare davvero questo tipo di musica. Se ci pensi, da quando questo modo di intendere il rock è iniziato, negli anni ’60 e ’70, la musica ha attraversato ogni genere possibile: disco, grunge, punk, new wave… L’unica costante, però, è stato proprio il ‘guitar rock’, come se si trattasse del piatto principale. Quello che non riesco davvero a capire è come, al giorno d’oggi, una giovane rock band di teenager non voglia più vivere fuori dalle regole… C’è una tale mancanza di testosterone nel rock ’n’ roll in questo momento, che proprio non riesco a capire. Ci sono delle eccezioni, i Foo Fighters, una grande rock band; i Green Day, che ogni notte fanno degli show come un pugno in faccia; i nostri concerti erano così! Ora invece guardo queste giovani band e mi chiedo: ‘ma perché sono così rammolliti?’. Suonano queste tastierine, mentre parlano dei loro sentimenti… Sai quanto può fregarmene di come ti senti? Parlami della tua ragazza invece! Ecco cos’è diventato il rock, così introverso, così ‘artistico’, che alla fine dici ‘dio mio, e allora?’ (e mentre lo dice, Alice indossa la sua migliore espressione sarcastica che non riusciremo mai a descrivere a parole, ma che mostra chiaramente tutto il disprezzo per questo modo di intendere il rock ndR). Niente, proprio non riesco a capirli. Ci sono delle buone band, gli Struts, gli irlandesi Strypes, i Royal Blood, band giovani che suonano hard rock, ma non sono abbastanza. Però sono convinto che ci sarà una risurrezione, un ritorno all’hard rock degli anni ’80, ci saranno dei nuovi Mötley Crüe, un nuovo Bon Jovi, dei nuovi Cinderella, perché erano divertenti: le band erano grandiose, i dischi e i concerti erano grandiosi. Aspetta ancora cinque anni al massimo e vedremo ancora la gente con gli spandex e i capelli cotonati!”.