Alice Cooper non ha bisogno di presentazioni per chi frequenta queste pagine. Quarant’anni di carriera ad altissimi livelli non sono da poco, specialmente se consideriamo lo stato attuale di salute di un artista sempre pronto a rinnovarsi, come dimostra il nuovissimo DVD live “Theatre Of Death”. Ed è con grande emozione che ci accingiamo ad intervistare il cantante statunitense, che si mostra entusiasta del proprio lavoro e pieno di energia, dimostrando di non sentire affatto il peso dei suoi sessantadue anni…
TI SEI DI RECENTE IMBARCATO IN UN BREVE TOUR NEGLI STATES IN COMPAGNIA DI ROB ZOMBIE: COSA NE PENSI DI LUI? LO CONSIDERI IN QUALCHE MODO TUO EREDE?
“Rob è una di quelle persone che hanno capito che i film horror sono anche commedie, ed è questa la cosa che più mi piace di lui. Sono pochi i film horror che a mio avviso sono davvero spaventosi ed inquietanti, ed uno di quelli è ‘Suspiria’ del tuo conterraneo Dario Argento. Quello è un film che trattiene la mia attenzione dall’inizio alla fine, lasciandomi poi un senso di paura ancora oggi. Invece praticamente tutti gli altri film horror sono a mio avviso ricchi di senso dello humor, e Rob come me l’ha capito”.
E’ DA POCO USCITO UN NUOVO CD + DVD REGISTRATO DURANTE L’ULTIMO TUO TOUR “THEATER OF DEATH”…
“Sì, è stato registrato all’Hammersmith, ed è proprio oggi arrivato alle posizioni alte della classifica, non ricordo se posizione numero 1 o 2. E’ stato molto interessante realizzarlo e contiene lo spettacolo che presenteremo anche in Italia”.
CHE COS’HA DI COSI’ SPECIALE QUESTO LIVE ALBUM?
“Sono in un periodo della mia carriera in cui mi sento davvero in forma smagliante, e sono accompagnato da una delle migliori formazioni con cui ho avuto modo di lavorare. Ho anche avuto modo di collaborare di nuovo con Bob Ezrin, che era dietro la consolle in alcuni dei miei album migliori. Credo che sia il miglior tecnico del suono della Terra, ed è anche grazie a lui se questo live è forse il migliore della mia carriera”.
SO CHE STAI ANCHE REALIZZANDO PER IL 2011 LA SECONDA PARTE DELL’ACCLAMATO “WELCOME TO MY NIGHTMARE”, USCITO NEL 1975. COSA CI DOBBIAMO ASPETTARE DA QUESTA OPERAZIONE?
“La cosa che amo degli incubi (‘nightmares’ per l’appunto, ndR) è che tutti noi ne abbiamo avuti e ne abbiamo. E la cosa che ci accomuna è la sensazione, una volta svegli, di sorpresa nel constatare cosa la nostra mente ha potuto partorire, quali immagini malsane. Situazioni che solo pochi minuti prima, in piena attività onirica, sembravano logiche, ora riflettendoci mostrano tutta la loro paradossalità. Quando ho scritto ancora canzoni sull’argomento, mi sono concentrato su ciò che rappresenta l’incubo di Alice: io odio le discoteche, quindi faranno parte dell’incubo. Anche gli aghi, che mi spaventano terribilmente, ne faranno parte. Abbiamo deciso così di riprovarci, trent’anni dopo, con lo stesso produttore e gli stessi chitarristi di allora. Voglio tornare a quelle atmosfere, e dare oggi lo stesso sapore del primo album, e ti devo dire che ci siamo riusciti, ed i ragazzi oggi suonano mille volte meglio di allora!”.
SI SENTE NELLE TUE PAROLE UN ENTUSIASMO INCREDIBILE PER CIO’ CHE FAI OGGI, DOPO PIU’ DI QUARANT’ANNI DI CARRIERA. COME TROVI OGGI TUTTA QUESTA ENERGIA?
“Non ho mai trovato nulla che io potessi fare meglio di suonare e scrivere pezzi. Questa è la mia vita, ed il palco è la mia casa. Ci sono persone che soffrirebbero a stare on stage davanti a tanta gente, per me invece è la cosa più naturale che ci sia. E lavorare con Bon Jovi, Desmond Child, Bob Ezrin ed altri grandi musicisti fa sì che la mia creatività possa risplendere. Io non vedo l’ora di andare in tour, e di sentire che sul palco posso essere creativo e coinvolto ogni giorno di più”.
C’E’ QUALCHE BAND IN PARTICOLARE CHE STAI ASCOLTANDO IN QUESTO PERIODO?
“Ascolto molta musica, ed in particolare sono interessato alle nuove band e a come cercano di proporre qualcosa di nuovo. Mi piacciono molto i White Stripes, per esempio, i Jet, una ‘drunk bar band’ australiana, i Chickenfoot, i Foo Fighters. Trovo che anche i My Chemical Romance stiano facendo un ottimo lavoro, e li seguo con molto interesse. Il problema però di molte band nuove è la scarsa longevità. Insomma, li segui per due album, e poi scompaiono”.
SO CHE SEI UN LETTORE ACCANITO DI DYLAN DOG. COME L’HAI SCOPERTO? COSA NE PENSI?
“Mi piace molto, e tutte le volte che vengo in Italia c’è qualcuno che mi regala un po’ di numeri nuovi. Da noi non si trovano, purtroppo. Comunque credo che abbia ancora oggi un grande potenziale, e non mi meraviglierei se qualcuno ci facesse un film”.
A PROPOSITO DI FILM, COSA RICORDI DELLA TUA STREPITOSA PARTECIPAZIONE AL GRANDIOSO FILM “WAYNE’S WORLD” (IN ITALIA USCITO COL TITOLO DI “FUSI DI TESTA”) DI MIKE MYERS?
“Devi sapere che Mike è uno dei miei migliori amici, da sempre, ed è un ragazzo molto in gamba. Era la fine degli anni ’80, e c’era quel clima glam che attraversava tutta l’America. Io avevo appena finito il tour negli States, e mi stavo apprestando a partire per continuare in Europa, e Mike mi ha chiamato per propormi la partecipazione al tour. Io potevo concedergli solo tre giorni, e si può dire che mi ha letteralmente prelevato all’aeroporto. E così abbiamo fatto questa cosa, e mi sono divertito molto perché lui è un ragazzo davvero strepitoso, e molto intelligente”.
HAI AVUTO DEI PROBLEMI PROPRIO IN QUESTI GIORNI ALL’AEREOPORTO, DOVE SONO STATI SMARRITI ALCUNI DEI TUOI BAGAGLI…
“(ride, ndR) Sì, è vero, e la cosa mi fa ridere, perché se ci pensi, cosa potrebbe pensare una persona che apre una valigia di Alice Cooper? Dentro la valigia c’erano degli oggetti di scena, come sangue finto, mani, teste e piedi amputati. Immagina quindi la reazione, e sono sicuro che una volta aperta avranno immediatamente capito che non può essere di nessun altro se non Alice Cooper”.
GRAZIE A YOUTUBE ABBIAMO SCOPERTO UNA TUA PARTECIPAZIONE DEL 1992 AL MAURIZIO COSTANZO SHOW…
“Sì, mi ricordo molto bene…”.
E COME HAI VISSUTO QUELLA SITUAZIONE QUANTOMENO PARTICOLARE?
“La cosa allucinante è che si trattava di una registrazione di 4 ore, e io non parlo italiano! L’unica cosa che ho potuto capire, grazie all’interprete, in 4 ore, era che c’era questo ragazzo che aveva perso la fidanzata, e chiedevano dei consigli a me. Ed io ovviamente non sapevo cosa dire. Me la sono cavata dicendogli di essere uomo e di tirarsi su. E quello che ho capito in quella circostanza, è che gli italiani sono molto passionali, che si parli di cibo, di sport, di musica, di arte. Tutto è molto più passionale che da noi”.
CHIUDIAMO L’INTERVISTA RICORDANDO FRANK ZAPPA, CHE TI HA ACCOMPAGNATO ALL’INIZIO DELLA TUA CARRIERA…
“Lui era un genio. Ed era l’unico che capiva quello che facevo all’epoca. Parliamo del 1968, e lui è stato l’unico che ci ha dato una possibilità, avendo intravisto delle qualità che altri neanche intravedevano. Adoravo il suo senso dell’umorismo, ed ero diventato una specie di fratello minore per lui. Devo molto a lui, questo è sottinteso”.