A cavallo fra i generi, pressoché imperscrutabili nei meandri sonori e mentali in cui ci intrappolano, i francesi Aluk Todolo non hanno mancato con “Voix” di regalarci un altro immaginifico viaggio fra spiritualità, occultismo, introspezione, non venendo meno alla creatività spiazzante che li contraddistingue da sempre. Non sono propriamente un ensemble metal, anche se delle propaggini sperimentali del genere il trio ha molto a che spartire. Non ci pare un caso nemmeno la provenienza transalpina della formazione, che convoglia nel suo suono sfaccettato inquietudini e istrionismi care al miglior extreme metal francese. Una fitta discussione via mail con il batterista Antoine Hadjioannou ha avvalorato la nostra sensazione di relazionarci con un manipolo di personaggi non proprio convenzionali: le risposte alle nostre domande, come leggerete, sono improntate a una forte ricercatezza e a un desiderio di esplicare diffusamente quali siano gli intendimenti e gli obiettivi di quella strana creatura chiamata Aluk Todolo.
CHI SONO GLI ALUK TODOLO? VOGLIO DIRE, È DIFFICILE COMPRENDERE CHE COSA RAPPRESENTI VERAMENTE QUELLO CHE OFFRITE, QUALE SIA IL SUO SIGNIFICATO INTRINSECO. AVETE UN’IDENTITÀ MOLTO FORTE, MA È ARDUO GIUNGERE AL CUORE DELLA VOSTRA MUSICA. È AFFASCINANTE SCOPRIRNE NUOVI ASPETTI OGNI VOLTA CHE LA SI ASCOLTA, CONTIENE SEMPRE ELEMENTI IMPREVISTI, ANCHE QUANDO SI CONOSCE UNA TRACCIA ABBASTANZA BENE SALTA FUORI QUALCOSA DI SCONOSCIUTO. PUOI SPIEGARCI COME SIETE NATI ED EVOLUTI NEL CORSO DEL TEMPO?
“Direi che Aluk Todolo non sia una creatura in evoluzione, quanto piuttosto un concetto in sé immutabile, al quale cerchiamo ogni volta di avvicinarci. Aluk Todolo è il nome di un culto animista indonesiano, portato in Europa dopo un viaggio in quei luoghi da parte di Matthieu Canaguier (bassista della band, ndR), pochi mesi prima che la band si formasse. Aluk Todolo significa ‘la strada degli Antenati’. La spiritualità primordiale consiste in un processo di riformazione e rigenerazione, per recuperare la forma originale dell’uomo, l’immagine stessa di dio. Questo è ciò che rappresenta la nostra band e ciò che andiamo perennemente cercando in veste di musicisti. Abbiamo denominato la nostra musica ‘occult rock’, per il grande significato che rivestono assieme queste due parole, ben al di là di semplici considerazioni stilistiche. Affermiamo con questo termine l’utilizzo di una classica strumentazione rock, attraverso la quale esploriamo i poteri nascosti del cosmo e della mente. Noi cerchiamo di catturare l’occulto nella musica, durante un processo di tipo endogeno. Da lì arrivano le proprietà sfuggenti, imprevedibili e inquietanti che hai menzionato”.
“OCCULT ROCK” AVEVA UNA DURATA NOTEVOLE, LAMBIVA L’ORA E MEZZA. “VOIX” AL CONTRARIO NON ARRIVA A QUARANTACINQUE MINUTI. SENTIVATE L’ESIGENZA DI ‘ASCIUGARE’ LA VOSTRA MUSICA E RENDERLA DI PIÙ FACILE COMPRENSIONE?
“No, l’idea non era quella, non ci saremmo mai prestati a dei compromessi per piacere a un pubblico più vasto. Aluk Todolo è il nostro strumento esoterico, che costruiamo innanzitutto per noi stessi. In quanto servi della musica, noi agiamo a seconda di quello che essa ci richiede ed è sotto quest’ottica che va interpretato il differente minutaggio dei nostri ultimi due album. ‘Occult Rock’ è un doppio album, ‘Voix’ è rappresentato da un disco solo, entrambi fanno parte della nostra discografia, dove nulla accade due volte allo stesso modo. ‘Occult Rock’ era più lungo e diviso in otto tracce fra loro non collegate, mentre ‘Voix’ è un’unica composizione suddivisa in diverse parti. Non sono sicuro che possa essere meno difficoltoso da assimilare rispetto a ‘Occult Rock’. A dire il vero, io non ho idea di cosa ci sia di così ostico nell’ascoltare musica. Perché dovremmo semplificare qualcosa che semplice lo è già?”.
QUALI SONO LE PRINCIPALI MODIFICHE APPORTATE FRA I VOSTRI ULTIMI DUE ALBUM? PERCHÉ PERSEGUITE NEL NON DARE VERI TITOLI ALLE SINGOLE TRACCE?
“Il nostro suono, da un punto di vista esterno, non si può dire che abbia subito grandi mutamenti. Abbiamo utilizzato la stessa strumentazione, le stesse tecniche di registrazione nel medesimo studio dove abbiamo realizzato ‘Occult Rock’. Se invece lo analizziamo dall’interno, a un ascolto più attento, ci si accorge di alcuni cambiamenti abbastanza drastici: abbiamo dato maggiore attenzione ad alcuni specifici dettagli in ‘Voix’, per dare risalto alle tessiture sonore, ai timbri e alle risonanze, così come era importante evidenziare le interazioni fra i tre strumenti coinvolti e la loro differente importanza in vari punti del disco. Il fatto che i titoli delle tracce rappresentino solo la loro durata non vuol dire affatto che non abbiano alcun significato! C’è ovviamente una corrispondenza numerologica all’interno dei titoli, che induce una falsa simmetria ed evoca l’immagine di un labirinto, simulando così l’essenza della composizione. O potrebbero pure essere dei capitoli di un gospel, no? Significante e significato sono una cosa sola nella nostra musica, che è sia evocazione che manifestazione di un fenomeno”.
“VOIX” POTREBBE ESSERE PERCEPITO COME UN’UNICA TRACCIA, MA ANCHE VISSUTO COME UNA SUCCESSIONE DI COMPOSIZIONI A SÈ STANTI. QUALCOSA CHE PUÒ ESSERE VIOLENTO, A VOLTE PSICHEDELICO, ASSUMENDO IN OGNI CASO LA FORMA DI UNO STRANO, ALIENO FLUSSO DI MUSICA QUASI INTANGIBILE, INAFFERRABILE. CON QUALE CRITERIO AVETE PENSATO LA TRACKLIST? QUALE TIPO DI NARRAZIONE VOLEVATE OTTENERE?
“’Voix’, come ti ho già detto, è un’unica composizione suddivisa in diversi movimenti. Il frazionamento in sei parti non significa che le si possano ascoltare in ordine sparso e non è che questa tracklist si presti a un’analisi molto razionale. Difatti, alcuni temi si ripetono e ritornano all’interno di tracce diverse. In questo modo si segue uno specifico filone narrativo, formulato secondo un punto di vista piuttosto ampio, che traccia i molteplici cambiamenti subiti da quella grande mappa multidirezionale che è ‘Voix’. Arriviamo quindi al nocciolo della questione: la tracklist è stata costruita per ottenere una specifica durata di ogni traccia, per questo il titolo che ha ognuna ha molta più importanza del definire esattamente quanto ciascuna duri”.
VOI COMBINATE LE JAM SESSION SETTANTIANE CON BLACK METAL, NOISE, ROCK PSICHEDELICO, POST-ROCK, CREANDO MUSICA DOVE MOMENTI DI PERICOLOSA CALMA SI ALTERNANO A CAOTICHE ESPLOSIONI. QUANTA IMPROVVISAZIONE C’È IN QUELLO CHE SUONATE? QUANTO LA MUSICA DIPENDE DA SPUNTI DI IMPROVVISA, PAZZA, ISPIRAZIONE, E QUANTO DA UN LAVORO CONSAPEVOLE?
“Il misto di generi che si ravvisa nella nostra musica non dipende da una scelta premeditata. È qualcosa che discende da un processo di analisi critica formulato attraverso un’osservazione esterna. In ogni caso non pensiamo a quali tipologie di musica siano coinvolte quando stiamo componendo. Dobbiamo avvertire un feeling di assoluta necessità, nulla che sia o consapevole oppure frutto di un momento di irrazionalità. Noi ragioniamo come se la nostra musica fosse preesistente, un archetipo, un concetto spirituale che noi siamo incaricati di trasformare in una materia tangibile. Noi cerchiamo quindi di svuotare la nostra mente perché possa riempirsi di un certo tipo di forza, quella che successivamente ci permette di far scaturire la musica degli Aluk Todolo. In questo senso non sono sicuro che si possa parlare strettamente di improvvisazione: si tratta piuttosto di entrare in un particolare stato di trance, attraverso un processo medianico rincorriamo sensazioni ipnotiche ed estasianti. Per raggiungere questo scopo suoniamo ponendo grande attenzione e intenzione in ogni nota, in ogni più piccola frazione di tempo dedicata al pensare e all’eseguire la musica. In questo contesto, microcosmi si specchiano nei macrocosmi e la disciplina diventa libertà”.
RITENGO PIUTTOSTO PECULIARI LE INTERAZIONI CHE AVVENGONO FRA CHITARRA, BASSO E BATTERIA. LA LINEA GUIDA DI UNA TRACCIA NON È DETTATA UNIVOCAMENTE DA UN SOLO STRUMENTO, CAMBIA INCESSANTEMENTE. COME AVETE LAVORATO PER LO SVILUPPO DEI BRANI IN MODO DA FAR DIVENTARE A TURNO OGNI STRUMENTO IL FULCRO DELLA NARRAZIONE?
“Come accennato, Aluk Todolo è il nostro strumento esoterico, noi prevediamo quanto andrà ad accadere dal nostro punto di vista, per avvicinarci al nostro scopo di accedere all’energia dell’Assoluto, incarnandolo attraverso il nostro rituale. L’energia è infinita, solo il nostro accesso ad essa fluttua. Le forze che manipoliamo attraversano tutti i membri della band, passando da uno all’altro. In questo contesto, anche a uno strumento di tipo ritmico come la batteria è concesso di diventare armonico o melodico. Per la maggior parte del tempo uno strumento funge da guida e gli altri lo sostengono e, quando il potere di cui ti parlavo migra da uno all’altro, il bilanciamento fra chitarra, batteria e basso cambia, mentre l’energia rimane la stessa. Tali variazioni sono indotte dall’essenza stessa della musica, che noi dobbiamo essere bravi a canalizzare e trasmettere, come antenne, in una forma medianica”.
LA VOSTRA MUSICA RAPPRESENTA UN LUNGO, OSCURO, VORTICOSO VIAGGIO. COME VIVETE EMOTIVAMENTE LA VOSTRA MUSICA? QUALI SONO LE SENSAZIONI CHE EMERGONO QUANDO SUONATE E ASCOLTATE CIÒ CHE AVETE SCRITTO?
“Cerchiamo di non cadere nel regno delle emozioni, ma di focalizzarci sulle sensazioni. È importante mantenerci impersonali nell’approccio al suono, affinché l’ego, il pensiero, la personalità non lo inquinino, facendoci fallire. I cinque sensi sono parte dell’anima, quindi nel nostro sistema la sinestesia porta alla piena padronanza della conoscenza. Accade che la forma dei nostri corpi subisca un impatto che dipende dalle nostre personalità, nella misura in cui permetti alle cose di accadere”.
QUAL È IL SIGNIFICATO DEL SIMBOLO CHE IDENTIFICA LA BAND? COSA RAPPRESENTA PER VOI L’OCCULTISMO?
“La nostra ‘croce’ rappresenta la prima lettera, la A, dell’alfabeto Enochiano, riscoperto nel sedicesimo secolo da John Dee e Edward Kelley. L’occultismo per noi ha lo stesso significato che ha per tutti quanti, è la conoscenza di ciò che è nascosto, giusto?”.
AVETE MAI IPOTIZZATO DI INSERIRE, OCCASIONALMENTE, LA VOCE NEI VOSTRI ALBUM? PENSATE DI SPERIMENTARE IN QUESTO SENSO IN FUTURO?
“Ci siamo addentrati in soluzioni di questo tipo in quasi tutte le nostre uscite. Sul sette pollici di debutto c’era un sample di Aleister Crowley, mentre in ‘Descension’, nella track ‘Disease’, puoi sentire un canto di breve durata, molto potente. Nel corso di ‘Finsternis’, durante ‘Premier Contact’, c’è un leggero, comunque facilmente percepibile, mantra salmodiante. Nell’apertura di ‘Ordre’ c’è una piccola invocazione cantata, nella collaborazione assieme ai Der Blutharsch abbiamo linee vocali, sample e sussurri quasi in ogni traccia. Penso abbiamo già usato molto la voce, per essere un act solo strumentale, quindi ne faremo a meno in futuro. Sicuramente non abbiamo usato, né abbiamo intenzione di farlo, la voce come un vero e proprio strumento, per il semplice motivo che intendiamo suonare una musica che sia al cento per cento esoterica, e linee vocali vere e proprie non si adatterebbero alla nostra formula. Ma ci sono vocalizzi nella nostra musica, ecco perché il nostro ultimo album si intitola ‘Voix’: sono nascosti nelle pieghe del disco, una corrente sotterranea, un residuo, che scorre tra le note e le battute e appartiene a chi è in grado di coglierla”.
GUARDANDO SUL VOSTRO SITO LA PROGRAMMAZIONE DEI CONCERTI SEMBRA CHE ABBIATE MOLTO INTERESSE ALL’ATTIVITÀ LIVE. COSA GUADAGNA LA VOSTRA MUSICA IN ATMOSFERA E IMPATTO DURANTE UN’ESIBIZIONE DAL VIVO?
“Il live è il luogo e il momento in cui la magia accade veramente. Non c’è tempo per null’altro che non sia pura energia. Se pensi, è troppo tardi: sul palco ciò che conta è l’istante e le sue frazioni, non ti lascia scelta. La nostra musica vive su un palco, è l’ambito a cui appartiene”.
CI SONO BAND CHE SENTITTE SIMILI AGLI ALUK TODOLO NEL SUONO O NELL’APPROCCIO?
“Non molte nel suono, poche nell’approccio: quelle che interpretano la musica come una religione e raggiungere l’autoilluminazione. Sono ossessionato dai Magma e considero Christian Vander il mio maestro. Lo ascolto di continuo, ho imparato a suonare la batteria per seguirne in un certo senso le orme, ma non solo, perché di pari passo seguire quello che crea mi ha portato a un’iniziazione spirituale, grazie al suo approccio ‘vibratorio’ alle cose: un modo per interpretare realtà e coscienza”.
NEL METAL ESTREMO LA FRANCIA È DIVENUTA UNO DEI PAESI PIÙ INTERESSANTI QUANDO DI TRATTA DI SONORITÀ SPERIMENTALI E FUORI DAI CANONI, E SUL SUO TERRITORIO SI SVOLGE ANCHE IL PIÙ IMPORTANTE FESTIVAL EUROPEO, L’HELLFEST. CHE GIUDIZIO DARESTI SULLA SCENA EXTREME METAL DEL VOSTRO PAESE? COLLABORATE SPESSO CON BAND CONNAZIONALI?
“Non posso risponderti a questa domanda, non ascolto metal estremo”.
HO VISTO CHE QUALCHE TEMPO FA AVETE SUONATO ALL’INTERNO DI UNA CHIESA. LE FOTO A RIGUARDO SONO ABBASTANZA IMPRESSIONANTI, CI SIETE VOI VICINO ALL’ALTARE CHE SUONATE SOTTO A UN IMPONENTE CROCEFISSO, IN UNA DENSA ATMOSFERA SACRALE. DOV’ERAVATE? CHI TIPO DI EVENTO È STATO E CHI L’HA ORGANIZZATO?
“Le immagini che hai visto sono tratte dalla nostra esibizione durante il Sonic Protest Festival del 7 aprile, all’interno della chiesa di Santa Maria a Parigi, quando abbiamo condiviso il palco con Joachim Montessuis e AMM. È stata la seconda volta in cui abbiamo suonato in una chiesa, ci era accaduto anche il 11 aprile 2014 nella chiesa di St. John Green, a Londra, con Stephen O’Malley. Suonare in luoghi sacri infonde una sensazione speciale, che è ciò che cerchiamo e di cui necessitiamo come musicisti, per diventare un collegamento fra il mondo invisibile e quello materiale”.
POTETE GIÀ IMMAGINARE COME ESPANDERETE IL VOSTRO STILE IN FUTURO? CI SONO ALTRI PROGETTI ARTISTICI CHE VI VEDONO ATTUALMENTE COINVOLTI?
“A un certo punto sono arrivato a suonare la batteria in cinque band diverse, le ho lasciate tutte per concentrarmi unicamente sugli Aluk Todolo. È l’unico progetto nel quale sono coinvolto attualmente. Ero al punto che sentivo di dovermi concentrare solo su alcuni aspetti della mia ricerca musicale e questi seguivano la strada intrapresa dagli Aluk Todolo. Non sono sicuro che finiremo per espandere ulteriormente la nostra visione musicale, piuttosto mi sento che la stiamo radicalizzando. Il nostro approccio alla fine è tradizionalista, nel senso che non procediamo a ramificare il suono oppure a diluirlo in mille rivoli, ma lo orientiamo più vicino a principi primordiali. Comunque è abbastanza prematuro parlare di un nuovo album, nonostante stiamo lavorando a del materiale inedito”.