Gli Amorphis sono tornati puntualmente sulle scene quest’anno, con il nuovo disco “Circle”, l’ennesimo bersaglio centrato da una band ormai entrata a pieno regime nel gotha delle formazioni europee più in vista. Capaci ancora una volta di coniugare l’impatto melodico più accattivante con la pesantezza del doom-death metal degli esordi, unendoci la loro innata attitudine verso folk e progressive, i sei finnici hanno stavolta cercato, però, di variare un po’ lo spartito da cui ispirarsi, che da anni ormai presentava le stesse note. Tanti cambi collaterali, quindi, come ad esempio provenienza delle lyrics, artwork e produttore, che però hanno consentito agli Amorphis di mantenere pressoché inalterata la loro proposta musicale, ciò che gli odierni fan più si aspettano. Un gentile e loquace Jan Rechberger, batterista del combo di Helsinki, ha risposto a tutte le nostre domande informatiche. Andiamo a leggere…
CIAO JAN, BENTORNATO SU METALITALIA.COM! I CLASSICI DUE ANNI SONO PASSATI DALLA RELEASE DI “THE BEGINNING OF TIMES”, TI VA DI RIASSUMERE COS’HANNO SIGNIFICATO PER GLI AMORPHIS? IL VECCHIO DISCO VI SODDISFA ANCORA? E’ STATO UN SUCCESSO?
“Innanzitutto ciao e grazie per ospitarci di nuovo! Sì, i classici due anni sono senza dubbio passati di nuovo e direi anche piuttosto in fretta, in quanto ci siamo sempre trovati occupatissimi a promuovere dal vivo ‘The Beginning Of Times’. Ci sono stati moltissimi show in posti che non avevamo ancora mai visto, la possibilità di incontrare nuovi fan e conoscere nuove band, un tour acustico in Finlandia e tutto quello che probabilmente già saprete. Diciamo che sono ancora piuttosto soddisfatto dell’ultimo album in generale, sebbene non sono solito riascoltare molto i nostri dischi, dato che vado in overdose già quando li registriamo, e quindi è parecchio che non lo rispolvero. Ti dirò però che penso che ‘TBOT’ in un certo senso chiuda un’era per gli Amorphis e ne apra un’altra. Ti spiego: stesso produttore per le voci, stesso studio di registrazione, stesso recording engineer, stesso mixing engineer e poi, sai, tutte le cose che si ripetono; credo stesse diventando un po’ frustrante per noi arrivare a fine giornata a casa…con alle spalle praticamente una giornata di lavoro e non una giornata passata a creare arte. Capisci? Voglio essere chiaro, comunque: non trovo ci fosse nulla di sbagliato in quei metodi, ma abbiamo sentito che questa volta era giunto il tempo di rinfrescare e ravvivare un po’ di cose qua e là. ‘TBOT’ è stato un successo un po’ ovunque, per completare la risposta: un sacco di recensioni ottime; buone posizioni di classifica in Europa, specialmente in Germania e Finlandia; molti concerti; e per finire un Disco d’Oro qui da noi. Direi non male!”.
IL NUOVO ALBUM SI CHIAMA SEMPLICEMENTE “CIRCLE”. PRIMA DI ADDENTRARCI NELL’ANALISI, SONO CURIOSO DI SAPERE LE TUE IMPRESSIONI SULL’ORMAI PLURIENNALE STABILITA’ DELLA VOSTRA LINE-UP. SIETE ARRIVATI AL QUINTO ALBUM REGISTRATO DA VOI SEI, COME CAMBIA (SE CAMBIA) L’APPROCCIO AL SONGWRITING?
“Be’, in effetti, da quando sono rientrato nella band nel 2003, abbiamo solamente sostituito Pasi Koskinen con Tomi Joutsen, ma essendo stato un cambio di vocalist è chiaro che ciò ha influito tanto anche sul sound del gruppo, che è tornato ad usare massicciamente il growl. Ora che siamo rimasti uniti per così tanto tempo, senza altre variazioni, posso dire che siamo diventati sei persone molto ben fuse fra di loro, che hanno imparato a sviluppare un determinato stile anno dopo anno, album dopo album. Quindi vedi come la stabilità abbia dato solo frutti positivi in seno alla band. Per quanto concerne il songwriting, invece, abbiamo continuato ad agire come abbiamo sempre fatto: quando è stato tempo abbiamo raccolto tutti i demo e le idee individuali, per portarli in sala prove e lavorarci su, vedere cosa funziona e cosa no; abbiamo registrato un demo esteso e poi siamo tornati in sala prove per gli ultimi perfezionamenti, gli arrangiamenti, eccetera…diciamo che funziona così bene per noi, questo metodo, che non sentiamo affatto il bisogno di cambiare”.
IN EFFETTI, ORMAI LA VOSTRA MUSICA E’ COMPLETAMENTE MATURATA E DIVENUTA FACILMENTE RICONOSCIBILE: NON PIU’ MOLTE SPERIMENTAZIONI, MA TANTA QUALITA’, OTTIME CANZONI E GRAN GUSTO MELODICO. CREDI CHE QUESTE PECULIARITA’ SIANO SUFFICIENTI PER MANTENERSI AD ALTI LIVELLI NELL’EUROPA METAL CHE CONTA?
“Il fatto di essere, come dici tu, nelle alte sfere del metal europeo che conta credo sia un’indiretta conseguenza della stabilità di line-up, che ci ha permesso di crescere costantemente passo dopo passo lungo gli anni. Non credo per nulla, però, che ciò basti per restare vincenti e convincenti: siamo musicisti ed è giusto per noi provare a spingere oltre i nostri limiti, cercando nuove strade d’espressione per mantenere fresca l’ispirazione. Perciò ti dico che quando una band inizia a pensare che è arrivata a livelli top, che ha fatto quello che andava fatto…be’, si sta dirigendo nella direzione sbagliata, stanne certo! Fortunatamente a noi questi pensieri non vengono ancora (ride, ndR)!”.
UNO DEGLI ASPETTI CHE PIU’ MI INCURIOSISCE DI “CIRCLE” E’ IL RECLUTAMENTO DI MASTRO PETER TAGTGREN PER LA PRODUZIONE. AVETE LAVORATO BENE INSIEME? QUAL E’ STATO IL VOSTRO RAPPORTO CON UNO DEI MAGGIORI PRODUCER EUROPEI DI MUSICA ESTREMA?
“Conosciamo Peter da anni ormai, fin da quando giravamo in tour assieme, e ogni volta che ci siamo poi incontrati on the road ci siamo sempre domandati quando mai avremmo fatto qualcosa insieme. Ed è successo che, nel momento di sederci a tavolino per discutere della produzione di ‘Circle’, e ripensando al fatto di voler cambiare un po’ il nostro modus operandi, ecco che è magicamente saltato fuori proprio il nome di Peter. Finalmente, dopo anni, la collaborazione si sarebbe fatta! Oltretutto, sapete benissimo come Tagtgren sia coinvolto anche nei Pain, quindi perfettamente in grado di ‘capire’ il suono che volevamo per le parti più soft della nostra proposta. Diciamo perciò che il suo impiego ci ha permesso di coprire molto bene tutto il nostro spettro di suoni e sensazioni, melodia e aggressione. Abbiamo lavorato benissimo con lui e ti dirò che i suoi metodi hanno influito parecchio sul risultato finale ottenuto”.
PARLIAMO UN ATTIMO DELL’ARTWORK E DEL TITOLO DEL NUOVO LAVORO: PRESUMO SIANO CONNESSI E HO TROVATO SPLENDIDA LA COPERTINA DI “CIRCLE”, COSI’ DIVERSA DALLE VOSTRE STANDARD. CI PUOI DIRE QUALCOSA A RIGUARDO?
“Come per la produzione musicale, avevamo intenzione in partenza di cambiare l’artista grafico: come ho detto sopra, negli ultimi anni abbiamo ripetuto espedienti fino alla noia, compreso l’utilizzo dell’incredibile Travis Smith per le grafiche. Non fraintendermi, io adoro i lavori di Travis, ma per questo giro abbiamo deciso di puntare sul ‘nuovo’ Tom Bates, un artista che a me ha lasciato letteralmente di stucco. Penso che la sua arte rifletta in modo perfetto il mood generale dell’album nuovo”.
PER QUANTO RIGUARDA I TESTI, INVECE: SONO ANCORA UNA VOLTA STATI PRESI DALLA KALEVALA OPPURE AVETE DECISO DI ‘VOLTARE PAGINA’ ANCHE SOTTO QUESTA PROSPETTIVA? POTRESTI SPENDERE DUE PAROLE PER PRESENTARCI MEGLIO PEKKA KAINULAINEN, L’ARTISTA CHE VI AIUTA DA TEMPO PER LE LYRICS?
“No, i testi di ‘Circle’ non sono direttamente collegati a storie o personaggi presi dalla Kalevala. Si tratta di una storia singola e a sé stante scritta da Pekka Kainulainen: il protagonista è una persona nata sotto una cattiva stella; si è sempre sentito un outsider, uno scarto sociale con buone probabilità di venire emarginato. Dopo un incidente ed una crisi, trova in qualche modo una connessione con il suo spirito interiore, così gli viene ‘spedita’ una guida, da un posto lontano nello spazio e nel tempo. Ottiene quindi una possibilità di prendere in mano la sua vita e poter cambiare il proprio destino. Dalle conoscenze della mitologia finnica, scopre qual è la sua tribù spirituale e finalmente ottiene la forza per sconvolgere la propria esistenza. Come vedi, è più che altro una storia che parla di sopravvivenza e ‘Circle’ è un titolo che trasmette e rappresenta integrità: nel passato, quando si doveva discutere di qualche argomento speciale, gli uomini saggi usavano sedersi in cerchio e non tutti gli appartenenti alla tribù venivano invitati alla riunione; ma nella nostra storia il protagonista viene invece convocato. Mi chiedi di Pekka. Be’, noi lavoriamo con lui fin da ‘Silent Waters’ e lo consideriamo un artista dal talento sopraffino e che si esprime non solo nella scrittura di testi, bensì anche nella pittura, nel disegno, nella composizione, nella scultura, nell’arte multimediale e nella performance art. Con l’album abbiamo previsto un bonus-DVD nel quale è presente un capitolo dedicato a Pekka, dove lui stesso ci fa entrare un po’ nei suoi pensieri e nella sua molteplice attività”.
IL PRIMO PEZZO ESTRATTO DA “CIRCLE” E’ “HOPELESS DAYS”, UN BRANO CHE CERCA DI PRESENTARE LA BAND MOSTRANDONE I SUOI TRATTI SALIENTI, OVVERO MELODIA, POTENZA, EPICITA’, MALINCONIA… COME MAI AVETE SCELTO TALE CANZONE PER LA SPINTA DEL DISCO?
“A dire la verità non la penso esattamente come te, in quanto in ‘Hopeless Days’ manca un aspetto fondamentale del nostro suono, ovvero il growl di Tomi. Comunque in parte hai ragione, è un brano molto potente con un bel ritornello epico e riesce, nonostante sia appunto assente la voce death, a mantenere l’aggressività e la pesantezza giusta per essere una canzone Amorphis. Volevamo un primo singolo che si giocasse carte differenti dal solito, che tutto sommato si limitava ad essere la proposizione di song rock-metal piuttosto radio-friendly. Chiaro, niente in contrario con l’orecchiabilità dei pezzi, ma penso stavolta si sia voluto avere qualcosa di più complesso e impegnativo da recepire”.
DUE DEI MIEI BRANI PREFERITI DI “CIRCLE” SONO LA FOLKISH-ORIENTED “NARROWPATH” E LA STUPENDA “NIGHTBIRD’S SONG”, DAL MOOD SINISTRO, EPICHE MELODIE E GRAN LINEE VOCALI. PUOI RACCONTARCI QUALCOSA IN MERITO A QUESTA COPPIA DI CANZONI?
“Certo! A mio parere sono entrambe canzoni molto potenti e davvero ben riuscite. Sono ottimi esempi della varietà che ‘Circle’ può offrire. Mentre ‘Narrowpath’ è in effetti sicuramente molto folkish, sebbene si tratti di un folk di stampo quasi celtico e non finnico, io trovo anche ‘Nightbird’s Song’ parecchio vicina alla musica folcloristica, forse quest’ultima ha un approccio più malinconico, quasi slavo, se mi passi il termine. Alcuni puristi black metal mi ucciderebbero senz’altro per quanto sto per scrivere ora, ma io penso che in questo nostro pezzo permanga un feeling piuttosto dimmuborgir-iano! Trovo che sia il brano che ci rappresenti di più, a questo giro, in quanto è brutale, epico, radioso, atmosferico, malinconico e movimentato, tutto allo stesso tempo! E poi sono deliziosi, al suo interno, gli assoli al flauto di Sakari Kukko e la presenza della voce femminile. Una song incredibile!”.
GLI AMORPHIS SONO SULLA SCENA (METAL) DA ORMAI PIU’ DI VENT’ANNI. PENSANDO IN RETROSPETTIVA, QUAL E’ LA COSA CHE RIMPIANGI MAGGIORMENTE DI NON AVER RAGGIUNTO E QUALE QUELLA CHE HAI RAGGIUNTO E CHE PERO’ NON TI ASPETTAVI?
“Mmm…devo confessarti che non ho neanche un rimpianto! Ovviamente potrei dire che mi spiace non essere un artista da miliardi di dischi venduti, oppure che mi spiace non avere una Ferrari e una villa super-lussuosa…ma non sarebbe comunque realistico, non con il nostro tipo di musica perlomeno! In tutta onestà, invece, ripensando ai primi tempi, non avrei mai pensato di poter davvero vivere di musica e suonando in una band. E non mi sarei aspettato mai di poter vincere 5 Dischi d’Oro in Finlandia, chiaro!”.
UN’ALTRA DOMANDA SUL ‘TEMPO CHE PASSA’… L’INDUSTRIA MUSICALE ED IL BUSINESS DISCOGRAFICO IN QUESTI ULTIMI 4-5 ANNI SONO CAMBIATI VERAMENTE TANTO. CREDI CHE UNA BAND NATA E CRESCIUTA NEGLI ANNI NOVANTA, COME VOI QUINDI, RIESCA AD AVERE PIU’ VANTAGGI O PIU’ SVANTAGGI DA UNA SITUAZIONE COME QUELLA ODIERNA?
“E’ vero, il metal-biz è cambiato molto, certamente: le vendite di dischi stanno calando di continuo e le band devono affidarsi sempre di più sull’andare in tour e suonare dal vivo. So che ora sembra essere un cliché ciò che dico, ma è assolutamente vero. Essendo nati nei Nineties, credo che i nostri vantaggi siano principalmente nell’esperienza del gestire bene gli affari, visto che siamo passati oltre veramente tante cazzate (ride, ndR)! Per i punti negativi…be’, c’è che stiamo pian piano diventando delle mezze tacche! Si invecchia, e questo è un fatto certo (ride di nuovo, ndR)! Le moderne tecniche di registrazione permettono alle band odierne di produrre dischi a costi molto contenuti, una cosa non possibile prima dell’avvento delle soluzioni basate sull’uso del computer in studio; quindi realizzare un demo oppure anche un full-length, per esempio, non richiede un così grosso investimento, soprattutto se hai i giri giusti, le conoscenze e gli amici giusti. E questo è stato un enorme vantaggio per qualsiasi tipo di artista in giro oggigiorno…”.
GLI AMORPHIS SONO UNA DELLE PRIMISSIME BAND ESTREME AD AVER INSERITO NEL LORO SOUND DEGLI INSERTI FOLK. E SAPPIAMO BENE QUANTO IL FOLK-METAL SIA ‘ESPLOSO’ COMMERCIALMENTE NEGLI ULTIMI ANNI. QUALE GIUDIZIO HAI SU TALE SOVRA-ESPOSIZIONE? E’ STATA FRUTTIFERA OPPURE NO, SECONDO TE?
“Ad essere onesto, non saprei proprio cosa dirti. Non considero gli Amorphis un gruppo facente parte del folk-metal in generale (ma neanche noi, Jan, stai tranquillo, ndR) e, in più, non ho assolutamente idea di come vadano le cose in quel sottogenere. Ma mettiamola così: se ti piace il folk-metal e se questa musica sta proliferando, non devi far altro che scegliere le formazioni e le proposte migliori; tenendo il buono e scartando il cattivo…solo in questo modo un genere musicale, una scena, un movimento possono diventare o essere fruttiferi…”.
TI FACCIO UNA DOMANDA SUI VOSTRI CONNAZIONALI BARREN EARTH, NEI QUALI FRA L’ALTRO MILITANO DUE EX-AMORPHIS, OLLI-PEKKA LAINE E KASPER MARTENSON: TI PIACCIONO? HAI ASCOLTATO LA LORO MUSICA?
“Sì, li conosco e ho ascoltato il loro primo album. Mi sembra poi abbiano fatto uscire un nuovo disco qualche tempo fa, no? Un’ottima band e ragazzi eccezionali, approvo certamente la loro proposta!”.
UNO DEI TREND D’OGGIGIORNO PER QUANTO RIGUARDA I CONCERTI E’ QUELLO DI SUONARE PER INTERO L’ALBUM PIU’ FAMOSO E/O RIUSCITO DELLA DISCOGRAFIA DI UN GRUPPO. TU QUALE SCEGLIERESTI PER GLI AMORPHIS? IO SAREI ANSIOSO DI SENTIRE “ELEGY”, TI CONFESSO…
“Ti capisco. Ma ovviamente ti rispondo ‘Circle’ e credo possa accadere quanto prima!”.
OK, JAN, E’ TUTTO! TI RINGRAZIO PER L’ESTREMA DISPONIBILITA’ E TI LASCIO CHIUDERE A PIACIMENTO!
“Grazie a voi per avermi ospitato! Fate vostro ‘Circle’ prima che potete e seguiteci in tour, saremo di ritorno in Italia prestissimo (il prossimo autunno, ndR)! Pace”.