Subito dopo avere ascoltato per la prima volta “Queen Of Time”, il nuovo album degli Amorphis, nei Sonic Pump Studios di Helsinki, Metalitalia.com ha avuto modo di sedersi a fare quattro chiacchiere con il bassista Olli-Pekka Laine, da poco tornato a fare parte della line-up dopo ben diciassette anni fuori dal gruppo, e con il chitarrista Tomi Koivusaari, invece considerato una colonna del gruppo sin dagli esordi. Freschi reduci dall’ascolto dell’attesa nuova fatica dei finlandesi – poi ampiamente sviscerata in occasione dello studio report e in sede di recensione – abbiamo tastato il polso ai ragazzi e raccolto le loro prime impressioni su quanto appena realizzato e su altri aspetti della vita nella famiglia Amorphis. Una chiacchierata breve ma ricca di spunti, durante la quale i diretti interessati si sono dimostrati particolarmente affabili e sinceri…
OLLI, SEI TORNATO A FARE PARTE DELLA BAND DOPO QUASI VENT’ANNI DALLA TUA DIPARTITA. COME CI SI SENTE AD ESSERE DI NUOVO UN MEMBRO DEGLI AMORPHIS?
Olli-Pekka Laine: – Non ti nascondo che è stato alquanto strano ricevere una telefonata dai ragazzi. Niclas (Etelävuori, ndR) è stato un membro del gruppo per tantissimo tempo ed era ormai considerato un membro storico. Io e gli altri siamo sempre rimasti in contatto negli anni, ma onestamente mai mi sarei immaginato di potere rientrare nella lista dei potenziali sostituti. Pensavo volessero cercare una persona più giovane, magari con meno impegni del sottoscritto. Invece Esa e gli altri mi hanno fatto capire subito che il loro obiettivo era riavermi in formazione. Volevano qualcuno di fidato e che conoscesse già il mondo Amorphis. E’ stato tutto molto lusinghiero.
E’ STATO DIFFICILE AMBIENTARSI?
Olli-Pekka Laine: – Dal punto di vista umano non ci sono stati problemi: dopo tutto, loro volevano appunto suonare con una faccia conosciuta e io non ho mai smesso di essere un loro amico. Tuttavia, non ho certo potuto sottovalutare l’impegno: gli Amorphis oggi sono un gruppo molto diverso da quello degli anni Novanta. La scaletta che proponiamo in concerto al momento è basata ampiamente sui pezzi dei dischi recenti, quindi ho dovuto imparare tantissime canzoni, proprio come se fossi entrato in una band del tutto nuova per me. Inoltre anche il pubblico è oggi piuttosto diverso rispetto a quello che seguiva la band nel mio primo periodo. Insomma, gli Amorphis sono rimasti gli stessi a livello personale e umano, ma tutto ciò che ruota attorno alla band, così come il repertorio, è cambiato tanto negli anni. Come è giusto che sia!
HAI SEGUITO L’EVOLUZIONE DEL GRUPPO DA SPETTATORE? COSA PENSI DEGLI ALBUM PUBBLICATI NEGLI ANNI DUEMILA?
Olli-Pekka Laine: – Onestamente, non sono rimasto impressionato dai dischi pubblicati appena dopo la mia dipartita, mentre sono stato piacevolmente colpito dal materiale rilasciato con Tomi alla voce. Credo che lo stile attuale – o comunque le sonorità più metal – si addicano maggiormente al gruppo.
COSA SARA’ DEI BARREN EARTH ORA CHE FAI DI NUOVO PARTE DI UNA BAND IMPORTANTE COME GLI AMORPHIS?
Olli-Pekka Laine: – Con i Barren Earth cercheremo di suonare il più possibile nei ritagli di tempo, quando gli Amorphis non saranno in tour. Amo molto quella band ed è un vero piacere suonare con quei ragazzi, ma gli Amorphis d’ora in avanti torneranno ad essere la mia priorità. In estate lascerò anche il mio lavoro, visto che il gruppo mi porterà via parecchio tempo. In ogni caso, con un po’ di pazienza, anche i Barren Earth avranno modo di farsi vedere in giro.
VENIAMO ORA AL NUOVO ALBUM “QUEEN OF TIME”. TOMI, TU SEI SEMPRE RIMASTO NELLA BAND, QUINDI SEI FORSE IL PIU’ INDICATO PER INTRODURLO…
Tomi Koivusaari: – Io lo vedo come il naturale successore di “Under The Red Cloud”. Un disco ricco di elementi, ma anche decisamente metal. E’ forse il nostro album più pesante da diverso tempo a questa parte. Puoi inoltre sentire più che mai la mano del nostro produttore Jens Bogren. Devo dire che ha avuto un ruolo determinante nella creazione e nella riuscita di questo album.
IN EFFETTI NON AVETE AFFATTO NASCOSTO IL SUO CONTRIBUTO. SEMBRA PROPRIO CHE DEBBA ESSERE CONSIDERATO IL SETTIMO MEMBRO DELLA BAND…
Tomi Koivusaari: – Sì, in questo caso più che mai. “Queen Of Time” è un album degli Amorphis tanto quanto di Jens. E’ stato lui a spingere per l’inclusione di strumenti particolari e per le varie collaborazioni con l’orchestra, i cori e le altre voci. A differenza di altre persone con cui abbiamo avuto il piacere di lavorare negli anni, Jens è un vero produttore, nel senso che non si limita a registrare ciò che il gruppo sta suonando, ma partecipa attivamente all’arrangiamento e alla definizione dei brani. Per noi è stato un processo per certi versi inedito, ma anche molto stimolante e divertente. Siamo in sei nella band, tutti con una propria mentalità e una propria visione degli Amorphis, e personalmente ho gradito avere a che fare con una persona che dall’alto facesse da moderatore e desse dei giudizi mirati, senza alcun condizionamento.
QUAL E’ L’ASPETTO CHE PIU’ TI E’ PIACIUTO DI QUESTO PROCESSO CREATIVO?
Tomi Koivusaari: – Ho molto apprezzato l’estro di Jens nell’arrangiare i brani e nel suggerire nuove parti o strumenti inusuali senza stravolgere i tipici trademark degli Amorphis. Inoltre lui ha molto spinto per rimettere in primo piano il growl e certi riff di chitarra particolarmente pesanti. Io e Olli siamo sempre per suonare heavy e con Jens ci siamo trovati a meraviglia (risate, ndR). Secondo me “Queen Of Time” può rappresentare una sorta di nuovo inizio per noi. Ci serviva una rinfrescata. Era da anni che non mi sentivo così soddisfatto di un nuovo album.
C’E’ UN ALBUM NELLA VOSTRA DISCOGRAFIA CHE NON RIESCI PROPRIO PIU’ A DIGERIRE?
Tomi Koivusaari: – Credo che non sia un mistero per nessuno che il gruppo non veda di buon occhio un disco come “Far From The Sun”. Ha alcuni ottimi brani, ma nel complesso mi risulta sempre un po’ slegato e poco coerente. Inoltre mi porta alla mente brutti ricordi, soprattutto per quanto riguarda le registrazioni. Con Pasi, il nostro vecchio cantante, i rapporti si erano deteriorati già diverso tempo prima dell’entrata in studio e personalmente posso sentire nella sua performance un che di insofferenza. Non credo si sia impegnato come avrebbe dovuto nell’incidere le sue parti.
TORNANDO A “QUEEN OF TIME”, ALCUNI DEI SUOI BRANI SONO COSI’ RICCHI DI ELEMENTI CHE PROBABILMENTE NON SARA’ SEMPLICE RIPROPORLI DAL VIVO…
Olli-Pekka Laine: – Credo che certe cose potranno essere riprodotte con tastiere e sample, mentre per il resto dovremo studiare degli arrangiamenti diversi. In ogni caso, da sempre vi sono brani destinati ai concerti e altri ‘da studio’. Non si può pretendere che qualcosa su cui hai lavorato in studio funzioni perfettamente anche dal vivo, almeno nel nostro genere.
Tomi Koivusaari: – Oggi non puoi permetterti di fare il passo più lungo della gamba e suonare cose fuori dalla tua portata. La scaletta di un concerto va scelta attentamente e devi essere sicuro che la band sia in grado di interpretarla al meglio. Anche i gusti e le aspettative del pubblico vanno prese in considerazione, almeno in parte. Devo dire che con gli anni siamo diventati una live band discreta, mentre non posso dire lo stesso di quando eravamo giovani. Nei nostri primi tour suonavamo spesso ubriachi, oggi invece siamo più professionali. Non puoi permetterti serate a mezzo servizio, anche perchè oggi la gente filma tutto e posta subito su YouTube (ride, ndR).
OGGI SIETE UN GRUPPO DAVVERO IMPORTANTE. AVETE MOLTI OCCHI ADDOSSO…
Tomi Koivusaari: – Da quando Tomi Joutsen è entrato nella band le cose sono andate sempre meglio. Il periodo a cavallo tra i tardi anni Novanta e i primi Duemila è stato un po’ incerto per noi, ma poi grazie a lui e ad una serie di scelte azzeccate siamo riusciti a risollevarci, sino ad arrivare ad un livello di popolarità insperato. Personalmente mi trovo molto a mio agio con il nostro stile attuale e ovviamente sono felice che il pubblico si sia rivelato così ricettivo nei suoi confronti. D’altra parte, non mi sento di condannare del tutto quanto fatto con certi dischi di metà carriera. Vi sono delle ottime cose in ognuno di essi; semplicemente, credo che certe soluzioni non fossero completamente adatte per il nome Amorphis. Fare quella serie di esperimenti ci ha però fatto capire cosa volevamo davvero suonare. Senza di essi forse ci saremmo annoiati e ci saremmo sciolti.
E’ UN DISCORSO CHE POTREBBE ESSERE ALLARGATO A TANTI VOSTRI AMICI E COLLEGHI: PARADISE LOST, MOONSPELL, DARK TRANQUILLITY…
Tomi Koivusaari: – Sì, tutte quelle band hanno seguito un percorso simile al nostro: metal, poi non metal e poi ancora metal, con qualche differenza (ride, ndR). Non bisogna dimenticare che noi e quei gruppi abbiamo iniziato quando eravamo solamente dei ragazzini: agli esordi non volevamo suonare altro che death metal, poi, crescendo, siamo entrati in contatto con altri generi di musica; generi che magari rientrano regolarmente anche nei nostri ascolti odierni, ma che non necessariamente funzionano bene se accostati a ciò che il gruppo propone. Ad un certo punto abbiamo pensato che dei brani in stile Doors o King Crimson potessero uscire a nome Amorphis, ma, a conti fatti, un simile passo si è rivelato azzardato. Meglio mantenere le cose separate o dosare certe spezie con maggiore attenzione.
TOMI, TU FAI ANCHE PARTE DEGLI ABHORRENCE, LA CUI “VULGAR NECROLATRY” VIENE SPESSO SUONATA DAGLI STESSI AMORPHIS NEI CONCERTI…
Tomi Koivusaari: – Sì, è da sempre un tributo alle nostre origini. Io tutto sommato sono sempre stato l’anima death metal degli Amorphis. Con gli Abhorrence siamo tornati a suonare nella line-up originale, con la sola eccezione del batterista, e adesso stiamo lavorando ad un nuovo EP. Non abbiamo grandi pretese: l’idea è quella di divertirsi e di cercare di comporre musica e di suonare come se fossimo ancora dei teenager. Con gli Amorphis dobbiamo avere a che fare con grandi aspettative, gestire i rapporti con il management, con una casa discografica importante, eccetera; con gli Abhorrence invece tutto viene fatto con grande spontaneità, essendo il gruppo ad un livello estremamente underground. Mi piacciono entrambe le situazioni, è bello avere il lusso di potere muoversi in ambienti così diversi.