L’arcobaleno sonoro dipinto dai fratelli Cavanagh pare non conoscere limite artistico alcuno, sebbene l’ultimo capitolo denominato “Distant Satellites” si posizioni un gradino sotto dalle meravigliose atmosfere che hanno reso “Weather Systems” un piccolo, grande capolavoro. La nostra opinione non smuove di un centimetro la coriacea determinazione e la caleidoscopica visione artistica di Daniel e Vincent, estremamente pragmatici nell’offrirci il loro prezioso punto di vista su di un album che fotografa un gruppo in continua evoluzione, incurante di qualsiasi moda passeggera. In un mite pomeriggio primaverile, veniamo amabilmente accolti dai due fratelli originari di Liverpool nella hall di un lussuoso hotel di Milano, con i quali si sviluppa una lunga, intensa e spontanea chiacchierata, dalla quale spesso e volentieri scattano delle sincere quanto inattese risate, che scalfiscono così l’austera immagine che i Nostri ci offrono da quattro lustri a questa parte…
MI E’ PERVENUTA LA COPIA PROMOZIONALE DEL VOSTRO NUOVO ALBUM, “DISTANT SATELLITES”, DA POCHI GIORNI. L’HO ASCOLTATA SOLTANTO UN PAIO DI VOLTE E DALLA PRIMA IMPRESSIONE SONO CONVINTO CHE RAPPRESENTI UN PO’ LA SUMMA DELL’EVOLUZIONE DEGLI ANATHEMA NEGLI ULTIMI ANNI…
Daniel: “Sì, sono d’accordo, anche se la seconda parte del disco contiene quattro episodi più morbidi, dal marcato sapore electro. Sostanzialmente questo lavoro è basato su linee di piano piuttosto accentuate e le prime sei canzoni, ad eccezione di ‘Dusk (Dark Is Descending)’, ne sono la prova. Curiosamente le tracce più sperimentali sono state composte molto tempo fa ed una di queste ha preso vita circa dieci anni fa (ride, ndR)!”.
Vincent: “Sapevo che Daniel ti avrebbe risposto così (ride, ndR). Scherzi a parte…la summa, dici? No, credo rappresenti un deciso passo in avanti nella nostra carriera, una nuova direzione. Sono curioso di capire come renderanno i pezzi dal vivo e soprattutto quale strada percorreremo con il prossimo album”.
A MIO AVVISO “WEATHER SYSTEMS” E’ UN DISCO PREGNO DI FORTI EMOZIONI, MENTRE QUESTO ASPETTO LO TROVO SENSIBILMENTE STEMPERATO NEL VOSTRO ULTIMO CAPITOLO, IN FAVORE DI UN APPROCCIO PIU’ FREDDO E DISTACCATO.
Daniel: “Non sono d’accordo. Meno emozionale è come definirlo meno potente, ma ti garantisco che non è così! Prova ad ascoltare la title track, leggi il testo e soprattutto soffermati sulla voce. Probabilmente si tratta di una delle canzoni più intense mai composte da John Douglas, proviene direttamente dal cuore. Puoi suonarla con la chitarra elettrica, con le tastiere, con il pianoforte e con l’orchestra, ed il risultato sarà il medesimo”.
COME VI SIETE APPROCCIATI QUESTA VOLTA IN STUDIO PER REGISTRARE “DISTANT SATELLITES”?
Daniel: “Dopo aver inciso una demo, ci siamo ritrovati una settimana in Portogallo con il produttore Christer-André Cederberg per discutere su come sviluppare al meglio le nostre idee. Lo scorso novembre (2013, ndR) siamo andati in Norvegia per cinque giorni, per scegliere definitivamente le canzoni che sono poi confluite nell’album. E’ stato un processo di eliminazione necessario, ma molto stimolante al tempo stesso. All’inizio del mese successivo abbiamo avviato le sedute di registrazione, interrotte soltanto dalle feste natalizie. Subito dopo Capodanno ci siamo esclusivamente concentrati sulle parti vocali e, una volta ultimate, abbiamo rifinito gli ultimi dettagli. A differenza di altri dischi, “Distant Satellites” è un lavoro costruito intorno alla voce e non agli strumenti”.
Vincent: “All’inizio di dicembre siamo entrati in sala di registrazione con gran parte degli arrangiamenti già composti e avevamo già le idee sufficientemente chiare su come avremmo dovuto metterle in pratica. ‘Dusk (Dark Is Descending)’ e la title track sono le canzoni che hanno richiesto un maggiore impegno da parte nostra, in quanto la bozza iniziale avrebbe potuto svilupparsi attraverso snodi differenti”.
ABBIAMO A CHE FARE CON UN CONCEPT ALBUM?
Daniel: “Non esattamente. Ci sono delle connessioni tra gli episodi, ma non raccontano una storia unica. E’ un disco reale, onesto e personale, incentrato sulla nostra vita e sulle esperienze passate: sulle difficoltà che abbiamo incontrato, sulle persone che abbiamo amato e su quelle che abbiamo perso”.
Vincent: “’Distant Satellites’ parla delle persone, noi stessi spesso siamo dei satelliti distanti. Nella vita, ognuno di noi intraprende un percorso su di un’orbita differente da chi ci sta accanto, finendo così fuori sincrono”.
COSA CI RACCONTATE DELLA PARTNERSHIP RINNOVATA CON CHRISTER-ANDRE’ CEDERBERG? E COME MAI COMPARE TRA I CREDITS IL NOME DEL CELEBRE STEVEN WILSON?
Daniel: “Sono davvero felice di aver collaborato con Steven, anche se questa esperienza è nata da un imprevisto. Christer ha collaborato all’intero album fin dall’inizio, ma ha dovuto subire un’operazione chirurgica importante, che per fortuna è andata poi a buon fine. Voleva subito riprendere a lavorare con noi, ma il dottore gliel’ha proibito, in quanto le sue condizioni di salute non erano affatto buone. Così abbiamo mandato un paio di brani a Wilson, il quale dopo soltanto sei ore ci ha rimandato la prima traccia già completata. Non ci volevo credere (ride, ndR), ha svolto un lavoro incredibile! Amo il suono nitido che ha donato agli episodi sui quali ha messo mano”.
Vincent: “Immagina lo shock che abbiamo provato quando Christer è stato ricoverato. Se avesse aspettato ancora un giorno, probabilmente non sarebbe più tra noi. Steven era disponibile ed ha svolto un lavoro egregio, nel suo campo è un genio, uno dei migliori in assoluto. Conta poi che abbiamo attraversato un periodo denso di difficoltà e di emozioni contrastanti, ma ne siamo usciti fuori piuttosto bene”.
PUOI DESCRIVERCI IL SIGNIFICATO DELLA COPERTINA?
Daniel: “E’ molto semplice e bellissima! Il significato dovresti chiederlo al signore che l’ha creata (l’artista coreano Sang Jun Yoo, ndR), ma ti posso raccontare come sono andate le cose. Mi sono ritrovato a digitare su Google il termine ‘distant light’, ho scelto la prima immagine che mi è apparsa e sono stato rimandato sulla home di un sito contenente sette immagini stupende. John Douglas le ha adorate almeno quanto me e di conseguenza ho scritto una mail a Sang, il quale mi ha chiesto di ascoltare qualche brano, per capire quale tema fosse più pertinente con la nostra musica. Gli ho inviato qualche canzone e la sua visione creativa ci ha entusiasmato a tal punto da adottare il lavoro che ci ha proposto come cover”.
AVETE INTENZIONE DI GIRARE UNO O PIU’ VIDEO PROMOZIONALI PER LE CANZONI CHE RITENETE PIU’ RAPPRESENTATIVE DI “DISTANT SATELLITES”?
Daniel: “Sì, sicuramente, o almeno ci spero. Non ti so ancora dire come e quando prenderanno forma queste idee”.
UNA DOMANDA SU “UNIVERSAL”, IL VOSTRO ULTIMO LIVE DVD. COME MAI AVETE SCELTO LA BULGARIA COME TEATRO DELLA VOSTRA PERFORMANCE? PER RAGIONI SQUISITAMENTE ARTISTICHE O PERCHE’ VI SOSTIENE UN CONSISTENTE ZOCCOLO DURO DI FAN NELL’EUROPA DELL’EST?
Daniel: “A dir la verità abbiamo molti più sostenitori in Italia (paraculata?, ndR), ma il concerto era già stato organizzato prima di entrare nell’ottica di registrare il DVD, coinvolgendo anche l’orchestra locale. Dopo esserci resi conto del notevole risultato che avremmo ottenuto, abbiamo deciso di riprendere l’evento. Sono convinto che sia un ottimo prodotto sotto ogni punto di vista”.
NELLE ULTIME DUE DECADI, AVETE APPORTATO UN SORPRENDENTE QUANTITATIVO DI VARIAZIONI AD OGNI NUOVA USCITA DISCOGRAFICA. QUAL E’ IL SEGRETO CHE SI CELA DIETRO LA VOSTRA FRESCHEZZA COMPOSITIVA?
Daniel: “Tanta immaginazione e soprattutto il fatto di essere dei musicisti onesti. John e Vincent hanno un approccio impavido alla composizione, sono principalmente interessati a soddisfare loro stessi, anziché accontentare le aspettative del pubblico. Questo mi ha influenzato, spingendomi a dare sempre il meglio”.
Vincent: “Il songwriting è l’unica cosa che conta veramente. Ogni giorno una persona potrebbe scrivere una canzone, per poi essere potenzialmente interpretata in maniera soggettiva da tre band differenti, mi spiego? Il salto di qualità può avvenire nell’immediato o dopo quindici anni, non ci si può porre dei limiti. Non mi fermerò mai fino a quando ne avrò le forze e non vedo l’ora di evolvere la mia scrittura nel prossimo disco”.
VOI RAGAZZI VIVETE IN LUOGHI DIFFERENTI, SPARSI IN GIRO PER L’EUROPA. MI CHIEDO COME FATE A FONDERE E TRASMETTERE IN MANIERA OMOGENEA LE VOSTRE SENSAZIONI IN MUSICA, PUR VEDENDOVI DI RADO…
Vincent: “Siamo molto uniti, anche se abitiamo in Stati differenti. Per noi è estremamente semplice comporre musica insieme, perché abbiamo un’ottima intesa”.
COME CI PUOI DESCRIVERE LA VOSTRA STRAORDINARIA CHIMICA ARTISTICA?
Daniel: “Credo sia frutto di una sensibilità collettiva maturata nel tempo. Quando parliamo di musica non abbiamo bisogno di spiegarci a vicenda quanto siano stati grandi i Pink Floyd, Bob Dylan, The Beatles, i Nirvana, i Queen, Nick Drake e tanti altri artisti che hanno scritto delle pagine bellissime nella storia della musica. Crediamo molto nel talento recpiroco e nella relativa capacità di scrivere delle ottime canzoni. Tutto qua”.
IN QUALE ORDINE CLASSIFICHERESTE TUTTI I VOSTRI STUDIO ALBUM E PERCHE’?
Daniel: “Ordine? Classifica? Trovo impossibile rispondere completamente a questa tua domanda. Posso solo dirti che gli ultimi tre album rappresentano al meglio la nostra maturità come musicisti. Stiamo attraversando un periodo artisticamente magico. Se volgiamo lo sguardo indietro nel tempo, ti posso dire che ‘A Fine Day To Exit’ è un disco che mi piace ancora parecchio”.
Vincent: “Non lo posso fare (risate, ndR)! Potrei avere una mia classifica personale, ma non la renderò mai nota (altre risate, ndR). E’ come scegliere il tuo figlio prediletto”.
E’ UNA SCELTA IMPOSSIBILE…
Vincent: “No, è possibile, però non è una cosa bella da farsi, non credi? E poi cosa importa ciò che io penso, sono dell’idea che ogni singolo ascoltatore debba scegliere il proprio album preferito e darne un’interpretazione personale”.
RICORDO CHE DA RAGAZZO VIDI PER CASO IL VIDEO DI “THE SILENT ENGIMA” SU MTV E RIMASI SENZA PAROLE, NON AVEVO MAI SENTITO NULLA DEL GENERE. ANCHE SE ADESSO SIETE DISTANTI ANNI LUCE DAL METAL, HO L’IMPRESSIONE CHE ALBUM COME “ETERNITY” E “WEATHER SYSTEMS” MANTENGANO INALTERATO IL VOSTRO MARCHIO DI FABBRICA ORIGINARIO…
Daniel: “Abbiamo semplicemente accentuato le melodie e siamo migliorati tantissimo come compositori senza rinnegare noi stessi. Gli ultimi dischi sono prodotti in modo decisamente più professionale e non per ultimo è cambiato anche l’approccio al cantato. Posso suonare in questo istante con una chitarra o un pianoforte le melodie di un disco come ‘The Silent Enigma’, ma le interpreterei con una visione più adulta e contemporanea. Se avessimo deciso di continuare a sfornare dischi metal, avremmo sicuramente venduto almeno il quadruplo di quanto riusciamo a fare oggi, ma non saremmo stati onesti con noi stessi”.
QUINDI NESSUNO DI VOI ASCOLTA PIU’ NULLA DI PRETTAMENTE HEAVY? SOLTANTO MUSICA ALTERNATIVE, RAFFINATI COMPOSITORI E CANTAUTORI?
Daniel: “Mio fratello Jamie (bassista, ndR) ascolta ancora qualcosa, mentre il batterista Daniel Cardoso segue ancora quel genere in maniera appassionata. Non mi piace nulla del cosiddetto metal moderno, sono rimasto principalmente affezionato ai classici come Black Sabbath, Voivod, Slayer, Iron Maiden e Metallica. Di quest’ultimi, ad esempio, adoro il brano strumentale ‘To Live Is To Die’. Un episodio davvero senza tempo”.
Vincent: “Posso dirti che io e John Douglas viviamo oramai estremamente distanti dall’heavy metal e dai suoi cliché. Personalmente non ascolto neanche più rock band, ma una quantità indefinita di artisti solisti che compone colonne sonore per film e tanta, tanta musica elettronica o sperimentale. Tra tutti ti consiglio di scoprire Martin Grech, è un interprete geniale nel suo genere”.
IMMAGINA CHE PER UNA NOTTE TU POSSA SCEGLIERE ALMENO UNO DEI TUOI MUSICISTI PREFERITI COME TUO PERSONALE BARISTA. CHI SCEGLIERESTI? VIVO O MORTO NON FA ALCUNA DIFFERENZA…
Daniel: “Barista?! Non bevo più da parecchi anni, ma se ne dovessi scegliere uno, opterei sicuramente per Chris Martin dei Coldplay, sono sicuro che intraprenderemmo una conversazione molto stimolante. Se dovessi invece riprendere a bere whiskey per una sola notte sceglierei sicuramente Tom Waits. Me lo immagino alle tre di mattina che mi versa un Jack Daniel’s on the rocks (risate collettive, ndR)”.
Vincent: “Barista? Wow! Scelgo Tom Waits, senza ombra di dubbio, avrebbe sicuramente un sacco di storie da raccontare. A dire il vero avrei scelto Bob Dylan, ma lo devi trovare dell’umore giusto. Lo considero come la persona più influente in ambito musicale e poetico degli ultimi cent’anni. Più imporante di Elvis, più rappresentativo di John Lennon, più profondo di Robert Johnson…”.
ANCHE DI FRANK ZAPPA?
Vincent: “Sì, ne sono assolutamente convinto. Nel pantheon dei più grandi, lui sarebbe sicuramente il numero uno”.
FATE PARTE DEGLI ANATHEMA DAL 1990 E MI CHIEDO QUALE SIA LA PIU’ GRANDE LEZIONE CHE AVETE APPRESO DAL MUSIC BUSINESS.
Daniel: “Seguire il proprio istinto, sempre”.
Vincent: “Oh mio Dio, non parlarmi del music business (ride, ndR). C’è stato un evento particolare che mi è capitato, ma non ho mai voluto parlarne. Posso solo dare un consiglio a tutti voi: provate tanto, cercate di esibirvi dal vivo il più possibile, suonate come se foste la miglior band esistente, credeteci veramente e se non siete convinti di un brano al cento per cento non proponetelo al pubblico. Cercate di oscurare gli headliner con il vostro talento e la vostra musica. Questo è il vero spirito del rock’n’roll, non l’abuso di droghe e alcool. Se riuscirete a sfondare in questa maniera sarete delle autentiche rockstar”.
VINCENT, IL TUO DISCORSO MI FA VENIRE IN MENTE L’ESIBIZIONE DEI VAN HALEN NEL 1978 DI SPALLA AI BLACK SABBATH. HO VISTO ALCUNI VIDEO DI QUEL TOUR ED IN QUEL CONTESTO LI HANNO COMPLETAMENTE DISTRUTTI…
Vincent: “Vuoi farmi credere che i Van Halen siano meglio dei Black Sabbath (ride, ndR)? Scherzo, capisco perfettamente cosa intendi ed è proprio di quell’attitudine che ti sto parlando…”.