Un bellissimo nuovo disco pubblicato esattamente un mese fa, “Weather Systems”; l’entusiasmante, ultima calata italica di fine aprile, concerto magistrale all’Alcatraz di Milano. E ora, immancabile, l’intervista di rito. Gli Anathema delle famiglie Cavanagh/Douglas – perché ufficialmente i membri della formazione britannica ora sono Vincent e Daniel Cavanagh, fratelli, e John e Lee Douglas, fratello e sorella – si riprendono giustamente per loro la scena della musica trasversale di classe, legata ormai all’heavy metal soltanto dai circuiti promozionali nei quali naviga e confida la band e, certamente, dalla sensibilità e dall’introspezione artistica che solo un combo nato e cresciuto con il doom-death metal britannico dei Nineties poteva mantenere intatte, nonostante la maturità compositiva accentuata negli anni e il progressivo, totale abbandono delle sonorità iniziali. Paradossalmente, ma non è così raro in termini promozionali, la chiacchierata dal vivo con Vinnie – vocalist, chitarrista e tastierista della band – si è svolta molto prima dell’uscita del disco e del recente live, ma siamo convinti che, nelle parole di questa persona alla mano, genuina, sensibile e piacevole da ascoltare, ci sia comunque tutto il senso dell’esistenza che permea la sua arte, sempre imprevedibile e quasi impossibile da non applaudire. Buona lettura!
NEGLI ULTIMI ANNI, GLI ANATHEMA SI POSSONO CONSIDERARE, OLTRE CHE UNA BAND, QUASI UNA VERA E PROPRIA FAMIGLIA, CON TE, DANNY, JOHN E LEE, SENZA DIMENTICARE JAMIE, TUO FRATELLO GEMELLO. TROVATE DIFFICILE, A QUESTO PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA, FARE SPAZIO AD UN MEMBRO COMPLETAMENTE ESTERNO?
“Hai ragione, in effetti ci consideriamo una famiglia. Devo dire che dipende dal personaggio che di volta in volta entra in contatto con gli Anathema: ultimamente abbiamo avuto più di un’esperienza in questo senso, con Daniel Cardoso, ad esempio, che è portoghese e suona le tastiere con noi dal vivo; oppure Christer André Cederberg (Animal Alpha, ex-In The Woods, ndR), norvegese, che ha prodotto l’album nuovo; o ancora Petter Carlsen e Anneke Van Giersbergen. Tutta questa gente, per lungo o breve tempo che sia stato, ha fatto parte della famiglia Anathema, ognuno nel proprio modo. E’ comunque un feeling che deve nascere dal di dentro, deve essere spontaneo, nulla di forzato. Funziona esattamente come quando trovi persone nella tua vita, che da subito ti sembra di poterci andare d’accordo, no? E’ giusto così, è normale così”.
QUINDI POSSIAMO DIRE CHE, PRIMA DI COLLABORARE CON QUALCUNO O ‘ACCETTARLO’ NEL GRUPPO, NE APPROFONDITE LA CONOSCENZA, MAGARI ANCHE A LIVELLO SPIRITUALE O SEMPLICEMENTE CARATTERIALE…
“Sì, certamente! Ora come ora non siamo alla ricerca di un nuovo membro ufficiale per gli Anathema, quindi il discorso non è attuale, ma è chiaro che ci deve essere del feeling, soprattutto con me, Danny e John, che siamo il nucleo creativo della band”.
VENIAMO AL VOSTRO ATTUALE PROCESSO DI SONGWRITING. SO CHE DANIEL VIVE A OSLO, IN NORVEGIA…
“No, ora non vive più in Norvegia! Si è trasferito in Olanda poco dopo aver registrato il disco. Diciamo che ha uno spirito particolarmente vagabondo…e comunque ti posso dire che io vivo a Parigi, John e Lee sono rimasti a Liverpool, Jamie è anche lui in Olanda e Daniel Cardoso risiede in Portogallo…è un dannatissimo incubo, te lo assicuro (risate generali, ndR)!”.
E QUINDI, TORNANDO ALLA DOMANDA, PER SCRIVERE MATERIALE AVRETE OVVIAMENTE METODI VIRTUALI?
“Diciamo di sì. In effetti, abitando tutti più o meno distanti, non ci troviamo mai in sala prove tutti assieme per comporre, ma andiamo direttamente in studio per registrare, con il materiale quasi pronto. Ed è chiaro che in questa fase riusciamo a creare nuove soluzioni, arrangiamenti, cambiare qualcosina qua e là, com’è giusto che sia. O perlomeno, per ‘Weather Systems’ è andata così. Sai, quando suoni da tantissimo tempo con le stesse persone, sai esattamente come queste si comporteranno e cosa/quanto daranno in termini di songwriting, quindi tutto resta comunque facile e scorrevole. A conti fatti, uno dei pochi ma sicuri momenti in cui gli Anathema sono al gran completo in uno studio è quando dobbiamo provare la scaletta per i live (ride, ndR)…”.
IN PRATICA MI STAI DICENDO CHE GLI ANATHEMA, ORMAI, SONO UNA BAND DI COMPOSITORI INDIVIDUALISTI MA SEMPRE PARTICOLARMENTE AFFIATATI…
“Uhm…solitamente sono Danny e John a proporre per primi le idee iniziali di un brano, poi in seconda battuta arrivo io. Collaboro sia con mio fratello che con John, ma più spesso con quest’ultimo. Poi è chiaro che in fase d’arrangiamento siamo tutti e tre a cooperare”.
DUNQUE, VISTO CHE GLI ANATHEMA SONO UNA FORMAZIONE ORMAI APOLIDE E QUASI NOMADE, TI CHIEDO: IN QUALI MODI IL POSTO IN CUI VIVETE, O VIVI, INFLUENZA L’APPROCCIO ALLA COMPOSIZIONE DELLA MUSICA?
“Guarda, se Daniel fosse qui e potesse risponderti, credo che direbbe che la musica va dove lui va, questo perché viaggia moltissimo. Ma il fatto è che anche se si risiede per molto tempo nello stesso posto, succede comunque che la musica che si crea viene influenzata da moltissime cose diverse, come ad esempio gli esseri umani che ti circondano, l’ambiente, anche il clima a volte. Danny abbiamo già detto che è un viaggiatore e oltretutto ha un modo di scrivere sincero ed onesto, scrive musica con il cuore; John invece è sempre stato a Liverpool, quindi credo il suo songwriting si possa definire meno emozionale e forse più psicologico e ragionato. Per quanto mi riguarda, invece, ammetto di avere un atteggiamento diverso da quando vivo a Parigi: non tanto per il luogo in sé, ma più che altro per le situazioni che vivo, per la gente con cui parlo e scambio idee. Da quando sono qui ho iniziato con piacere a sperimentare cose nuove, ho aperto ancora un po’ di più gli occhi. Quando abitavo a New York, ad esempio, non componevo nello stesso modo in cui compongo oggi. E questa è una tematica davvero interessante”.
RIDANDO UN ASCOLTO AL PRECEDENTE “WE’RE BECAUSE WE’RE HERE” E POI IMMERGENDOSI NEL NUOVO “WEATHER SYSTEMS”, SEMBRA DI PERCEPIRE LE DUE FACCE DI UNA STESSA MEDAGLIA, DUE META’ DI UNA COPPIA. TI TROVI D’ACCORDO? E QUALI SONO A TUO PARERE LE PRINCIPALI DIFFERENZE TRA I DUE?
“Sì, mi trovo in perfetto accordo con quanto dici! Credo che la differenza più evidente sia che in ‘Weather Systems’ i pezzi si evolvano quasi sempre in crescendo, seguendo una traiettoria ascendente e aumentando l’intensità man mano che si sviluppano. Mentre in ‘We’re Here…’ avevamo più varietà, con alcune canzoni quasi a presentare una prima parte e una seconda parte, oppure dei picchi e poi dei crolli improvvisi (libera traduzione del verso onomatopeico ‘fwup’ accompagnato da movimento rapido e discendente del braccio, ndR), come ad esempio in ‘Summer Night Horizon’. Però è vero che i due dischi funzionano molto bene se ascoltati assieme o comunque in sequenza. Dovessimo fare dei grafici, quello di ‘Weather Systems’ sarebbe in crescita costante, mentre ‘We’re Here…’ sarebbe molto più frastagliato”.
UN ASPETTO CHE DA SEMPRE E’ FONDAMENTALE NEGLI ANATHEMA, ALMENO A MIO GIUDIZIO, E’ LA PROFONDITA’ DEI TESTI. “WEATHER SYSTEMS” PRESENTA DELLE LYRICS POSITIVE, PACIFICHE, CHE DANNO L’IDEA DI UNA VOSTRA RICERCA DI PACE E LUCE…
“E’ vero, ma solo in alcuni casi. Non tutti i brani hanno questo approccio lirico. Noto che quasi tutti i giornalisti mi stanno facendo questa domanda e ciò credo sia dovuto al fatto che noi, per lungo tempo, siamo stati una band oscura e molto malinconica. Abbiamo sempre dato dei mood tristi alle nostre liriche. Ora succede che finalmente mettiamo nei testi altre parti di noi stessi, che in effetti sono molto più positive. Però, come ti dicevo, non è sempre così nel disco, non siamo diventati all’improvviso una ‘happy band’: ci sono momenti molto struggenti all’interno di ‘Weather Systems’, come ad esempio il concetto che è alla base delle due ‘Untouchable’, quel ‘lasciare andare’ che può voler dire tante cose commoventi; oppure ‘The Lost Child’, che trovo di una profondità incredibile… Però ci sono sensazioni come quelle che hai detto tu, è vero. Brani come ‘Lightning Song’ e ‘Sunlight’ sono solari, se comparati con la nostra classica produzione”.
INFATTI. PERSONALMENTE, HO PERCEPITO PROPRIO UN SENTIMENTO PIU’ POSITIVO NELLA VOSTRA MUSICA, QUASI AVESTE SCOPERTO LA SPERANZA…
“(ci teniamo a dire che, nella risposta seguente, Vinnie è andato via via sempre più commuovendosi, ndR) Be’, in un certo senso è così. Ti dico una cosa: conosci il side-project di Efrim Menuck dei Godspeed You! Black Emperor, i Thee Silver Mt. Zion Orchestra? Loro si fanno chiamare con diversi nomi più o meno simili, hanno fatto un po’ di dischi e devo dire che li trovo eccezionali. I loro testi sono così allevianti e rilassanti, eppure le ambientazioni della musica sono incredibilmente struggenti. Questa loro bravura spesso mi commuove. E così accade anche con i Sigur Ros. Quello che voglio dire è che quando la musica ti coinvolge nel profondo ed è completamente emozionale, le sensazioni che si provano individualmente possono essere di gioia e felicità, ma anche di dolore e melancolia. Alla fine è sempre l’ascoltatore che estrapola quello che desidera, le emozioni che vuole, da ciò che sta sentendo; e quando raggiungi certi livelli di coinvolgimento, sei entrato in simbiosi quasi totale con quello che l’artista voleva esprimere, e spesso, andando oltre all’artista, si riesce a scoprire meglio anche l’uomo”.
BENE, PER QUANTO RIGUARDA LEE DOUGLAS, LA VOSTRA CANTANTE, E’ EVIDENTE CHE LE ABBIATE AFFIDATO PIU’ PARTI NEL NUOVO DISCO. COME DECIDETE LE STROFE O I RITORNELLI IN CUI CANTA LEI? E TU E DANNY, INVECE?
“Chiaramente ci si lavora su tutti assieme, provando e riprovando. Qualche volta appare ovvio, ce ne accorgiamo immediatamente chi debba essere a cantare. Altre volte dobbiamo studiarci un po’ sopra, magari scegliamo anche di proporre qualcosa di collettivo o una voce a due. Comunque non è un lavoro molto puntiglioso, non stiamo a provare tutti e tre tutte le parti vocali. Ci confrontiamo solo su quelle che presentano dei dubbi oppure su quelle che ci paiono buone per sperimentare”.
UNO DEI BRANI CHE DI CERTO SPICCA NELLA TRACKLIST DI “WEATHER SYSTEMS” E’ “THE STORM BEFORE THE CALM”, DALL’ELEVATO APPEAL ELETTRONICO, FORSE IL VOSTRO BRANO PIU’ DANZERECCIO IN ASSOLUTO. QUAL E’ LA STORIA DIETRO QUESTA CANZONE?
“Be’, la storia che sta dietro a ‘The Storm Before The Calm’ va fatta risalire alle lotte di John contro una sua psicosi (qui non abbiamo indagato oltre, ma presumiamo si riferisca ad un amore finito male, ndR). E infatti, musicalmente parlando, il brano può essere visto come il crescere di una psicosi montante, un’onda che si gonfia sempre più e poi finisce per infrangersi sulla costa. E quando essa si è infranta, le uniche cose che rimangono sono il respiro, un singolo respiro, e la volontà di ripartire con una nuova vita. L’emozione principale che percepisco io durante questo brano è appagamento: ma non nel senso dell’essere appagati perché abbiamo ottenuto qualcosa; più che altro è un feeling derivante dal fatto che non abbiamo nulla, che abbiamo annullato tutto e possiamo ripartire. Dopo che la psicosi se ne è andata”.
DURANTE GLI ULTIMI DIECI-QUINDICI ANNI, VI SIETE GRADUALMENTE ALLONTANATI DALLA SCENA HEAVY METAL, CAMBIANDO COMPLETAMENTE SONORITA’. COME TI SPIEGHI IL FATTO, ALLORA, CHE CONTINUATE AD ESSERE CONSIDERATI PARTE DEL MOVIMENTO METAL, PROMUOVENDOVI ATTRAVERSO LA STAMPA SPECIALIZZATA E GIRANDO NEI CIRCUITI METAL?
“A questo punto, credo dipenda dall’intensità e dalla qualità della nostra musica, ancora in grado di solleticare l’appetito del pubblico metallaro. Noi conosciamo bene il pensiero dei nostri fan e sappiamo che ci sono tanti di loro, soprattutto quelli della vecchia guardia, che vorrebbero rivedere Darren White (vocalist degli Anathema nei primi anni della band, ndR) alla voce. Ma il discorso è che noi ci evolviamo come ci viene di farlo. E, per restare su Darren, lui al tempo scelse di non seguirci. Noi siamo contenti di come vanno le cose per gli Anathema, a prescindere dalla scena in cui ci muoviamo”.
OK, MA NON PENSATE CHE QUESTO VOSTRO RESTARE LEGATI ALL’UNIVERSO METAL VI ABBIA PRECLUSO SBOCCHI COMMERCIALI PIU’ MAINSTREAM?
“Guarda, non credo sia mio compito rispondere a questa domanda, anche perché non saprei cosa dirti…io faccio il musicista (pausa significativa, ndR). Ho la mia opinione riguardo questo argomento, chiaro, ma è una discussione che non trovo utile fare, o meglio che non è utile che a farla sia io. Io penso a scrivere la mia musica e quello che tu mi chiedi non ha nulla a che fare con la musica”.
ALLORA CAMBIAMO ARGOMENTO: QUAL E’ IL POSTO PIU’ STRANO E INUSUALE IN CUI VI SIETE TROVATI A SUONARE?
“Il posto più strano? Uhm…credo che in assoluto ti posso citare un vecchio castello in rovina, sulla cima di una collina nel bel mezzo della Transilvania. Non c’era elettricità, solo lumi di candela. I tecnici portarono qualche generatore per forza, perché mi ricordo ci fosse un minimo di luce artificiale. Fuori c’era un bellissimo tramonto, ma la sala in cui suonavamo non aveva finestre. C’erano solo degli spiragli fra le pietre, dai quali filtrava un po’ di Sole. Devo dire che fu un’esperienza incredibile, ma ci fu un episodio ancora più strano: facevamo un set acustico ed eravamo io, Danny e Duncan (Patterson, ex bassista e songwriter degli Anathema, poi negli Antimatter e negli Alternative 4, ndR), quando, giusto nel momento di suonare l’ultimo accordo del pezzo finale, ecco un luminosissimo fulmine abbattersi nelle vicinanze e di seguito il tuono più forte che io abbia mai sentito. Ricordo che abbiamo posato gli strumenti e ci siamo guardati in silenzio, attoniti per l’incredibile tempismo di Madre Natura”.
VI HO VISTO 4-5 VOLTE DAL VIVO, SIA IN LOCALI AL CHIUSO CHE IN FESTIVAL OPEN AIR, NEI QUALI SOLITAMENTE SUONATE MEZZORA O POCO PIU’. E’ MOLTO EVIDENTE COME LA VOSTRA PERFORMANCE CAMBI QUASI DEL TUTTO, SOPRATTUTTO ANCHE A SECONDA DELL’ORARIO DI ESIBIZIONE. VOI MUSICISTI COME VIVETE QUESTE SITUAZIONI, A VOLTE SCOMODE?
“Capisco perfettamente quello che vuoi dire. Però vedi, credo che per quanto riguarda noi, in determinate situazioni deve per forza subentrare lo spirito di adattamento. Non possiamo, in quanto musicisti, scegliere se salire sul palco o non salire, dopo aver visto le condizioni o gli orari in cui dovremo esibirci. Sono d’accordo con te, non è la stessa cosa, soprattutto quando suoniamo di giorno. Ma a volte ha anche funzionato, per le ragioni più disparate; a volte è andata più che bene. Magari capita di suonare ai festival, quindi all’aperto, ma in orari notturni…e quindi in tali casi tutto prende ancora un’altra piega”.
VINNIE, TI FACCIO UNA DOMANDA UN PO’ PARTICOLARE: SE NON FOSSI STATO UN MUSICISTA, QUALE SAREBBE STATO IL TUO LAVORO DEI SOGNI?
“(ride, ndR) Credo sicuramente qualcosa che comunque avrebbe avuto a che fare con l’arte…”.
QUINDI TU TI SENTI PRIMA DI TUTTO UN ARTISTA, ANCOR PRIMA CHE MUSICISTA…
“Certamente! Credo che sarei stato una sorta di…diciamo…artista digitale! Fin da piccolo sono sempre stato appassionato di pittura, disegno e così via. E ai tempi delle prime versioni di Photoshop, ricordo che mi ero buttato a capofitto nello studio delle possibilità che dava. Poi iniziai più seriamente a divenire compositore, quindi lasciai pian piano perdere, però sicuramente mi sarei interessato a cose del genere. Anche la scultura mi interessa molto, ad esempio. Ma è chiaro che la mia più grande passione è e resterà sempre la musica”.
OK, UNA DOMANDA SUL DISCO “FALLING DEEPER”, NEL QUALE AVETE REVISIONATO I VOSTRI CLASSICI DEL PASSATO IN CHIAVE SOFT, CLASSICA E ACUSTICA. SIETE SODDISFATTI DEL RISULTATO OTTENUTO? E COME HANNO REAGITO I FAN ALLE NUOVE INTERPRETAZIONI?
“Sì, sono soddisfatto di come le abbiamo rese. Credo che entrambe le versioni, le vecchie e le nuove, possano coesistere. Anche se è chiaro che la reinterpretazione, in alcuni casi, è stata davvero pesante. La maggior parte dei fan ha apprezzato questo lavoro, mentre altri ovviamente no. Ma è normale. Qualche volta si deve realizzare che delle opere d’arte possono avere due identità. E ora non sto parlando della musica degli Anathema, ma dell’arte in generale. Ogni artista ha il diritto di poter disporre delle proprie opere nel modo in cui preferisce. Vedi, la mia ragazza è scultrice e crea monumenti in bronzo, ognuno dei quali ha alle spalle un concept e un’idea ben definita, con un’ispirazione che magari è la stessa che uso io per creare musica. Quindi una scultura e una canzone, nate dalla stessa idea, ecco che semplicemente esistono e hanno tutto il diritto di poter convivere e restare separate, nonostante in fin dei conti siano unite. Mi capisci? Non c’è nulla di sbagliato. Perché quindi i nostri brani dei primi anni, nati anche grazie alla musica classica, non possono rivivere come brani di musica classica? Se esiste gente che non la pensa in questa maniera, allora mi spiace ma io credo che sia gente dalla mentalità chiusa. Tutto qua”.
CHIUDO RINGRAZIANDOTI PER QUESTA BELLA E SINCERA CHIACCHIERATA E TI CHIEDO, COME ULTIMA DOMANDA, SE CONSIDERI “WEATHER SYSTEMS” IL VOSTRO LAVORO MIGLIORE…
“Be’, come posso risponderti? Sarebbe come scegliere il preferito fra tutti i tuoi figli. Ammetto che, al tempo dell’uscita di ‘We’re Here Because We’re Here’, pensavamo di aver fatto un lavoro incredibile e che quello fosse certamente il nostro disco migliore in assoluto. Ora non sarei più in grado di ripeterlo, ma non perché ‘Weather Systems’ è peggiore, bensì perché so quanto lavoro c’è dietro ogni album pubblicato e quindi nessuno degli altri dischi Anathema va sminuito. Sono legato ugualmente a tutti e tutti ci rappresentano bene nel momento in cui sono stati composti. Va bene come risposta (ride, ndR)?”.