ANDRE MATOS – Il dopo-Shaman

Pubblicato il 25/03/2008 da
 
Andre Matos è un artista che ha dato parecchio al metal melodico, contribuendo in maniera determinante alla prima parte della carriera degli Angra con la composizione di capolavori quali “Angels Cry” e “Holy Land”. Successivamente, lui, il bassista Luis Mariutti e il batterista Ricardo Confessori uscirono dalla band e crearono gli Shaman, altro gruppo di notevole livello e che fu una sorta di rivincita, una dimostrazione delle grandi qualità compositive del cantante brasiliano. Terminata anche questa seconda avventura, Andre si lancia oggi in un progetto solista che suona come un ritorno a sonorità più prettamente power metal, una sorta di ritorno al passato, anche se è lui stesso a dichiarare che non si tratta di un passo indietro. Abbiamo quindi scambiato due chiacchiere con Andre in una giornata ricca di eventi, dalla sua performance acustica in quel di Milano, al successivo meet & greet con i fan, fino alla conferenza stampa improvvisata dopo il notevole ritardo accumulato. Andiamo con ordine e ripercorriamo insieme questo lungo incontro.
 

 
 

 
 
Sono le 15 circa del 28 febbraio e tra poco, alla Mondadori di Corso Vittorio Emanuele di Milano, dovrebbe aver inizio la presentazione del nuovo disco solista di Andre Matos. E’ infatti in programma che l’artista, accompagnato dal chitarrista Andre Hernandes, esegua un set acustico nella saletta conferenze del negozio, un evento parecchio interessante per la cinquantina di fan di Angra e Shaman accorsi. Purtroppo il tempo passa e Andre arriva con due ore buone di ritardo, causato a quanto pare dal volo aereo. Da subito disponibile con tutti i presenti, si siede sul palchetto al fianco di Hernandes che già imbraccia una chitarra acustica. I due danno vita ad uno show emotivamente molto intenso e ottimo anche dal punto di vista tecnico, con una delicata reinterpretazione sia di pezzi del nuovo disco solista, ‘Time To Be Free’ che di brani storici di Angra e Shaman. E’ così che praticamente tutti i presenti sobbalzano quando il cantante, alle prese anche con una melodica, annuncia delle vere perle come ‘Holy Land’ o il lento da brividi ‘Make Believe’. C’è spazio addirittura per ‘Living For The Night’ un pezzo dei Viper (la sua prima band). Ad accompagnare i due musicisti c’è anche un terzo famoso artista, che fino a quel momento se n’era rimasto in disparte. Si tratta di Fernando Ribeiro dei Moonspell che viene chiamato sul palco a duettare con Andre su ‘Reasons’, dal secondo lavoro con gli Shaman, e sulla stupenda ‘Lisbon’ da ‘Fireworks’ degli Angra. Del nuovissimo repertorio colpiscono positivamente ‘Letting Go’ e ‘Looking Back’. Non poteva certo mancare la mitica ‘Carry On’ ed è curioso notare come Andre reinterpreti il pezzo con un cantato meno potente, più espressivo e frutto della sua grande tecnica. Lo show si chiude tra gli applausi dopo più di un’ora con il disponibilissimo cantante che, uno ad uno, incontra tutti i fan, firmando autografi, chiacchierando e posando insieme ad essi per delle foto ricordo. L’intervista era programmata per circa un paio d’ore prima quindi non resta altra alternativa se non improvvisare una rapida conferenza stampa.

OK ANDRE, INIZIAMO CON IL TUO NUOVO ALBUM. SI INTITOLA ‘TIME TO BE FREE’, MA PIU’ PRECISAMENTE, LIBERO DA COSA?
“Bene, certo la prima impressione che un titolo del genere potrebbe dare è quella che io abbia cercato di liberarmi del mio passato, dalle mie vecchie band e che ora io possa finalmente suonare la musica che voglio… Questo è in parte corretto e in parte no. In un certo senso infatti è vero, sono libero da certe limitazioni che avevo in passato perché, ovviamente, se fai parte di una band, questa avrà un proprio stile musicale. Infatti gli se gli Angra erano un cosa, gli Shaman erano un’altra ed era importante che le due band differissero, proprio per non copiare quanto fatto in passato. Ad ogni modo, se gli Shaman avessero iniziato a fare musica come gli Angra o gli Angra avessero iniziato a suonare come i Viper non sarebbe stata certo una bella cosa, perché con ognuna di queste band dovevamo seguire una specifica direzione musicale. Ecco, vedi, queste sono di per sé delle limitazioni. Ora che ho una mia band solista, sono libero di mettere insieme queste esperienze musicali ed è ciò che probabilmente trovate nel nuovo album. In ogni caso non voglio copiare il mio passato, voglio essere sì influenzato dal mio passato ma creando qualcosa di originale e questo è molto importante per me. Ok, questo è il primo approccio a ‘Time To Be Free’. Il vero approccio e il vero motivo per cui ho scelto questo titolo è che dietro ad esso c’è un concept. Noi viviamo infatti, per la prima volta nella storia, in un mondo di cose virtuali, dove tutto è controllato, veloce e connesso ed è incredibile come questo mondo virtuale si stia radicando nel mondo naturale. Da un lato è importante che la tecnologia entri nelle nostre vite perché ci permette di avere molti comfort ma, d’altra parte, c’è un prezzo da pagare. Essendo sempre più a contatto con la tecnologia, oggi stiamo dimenticando tutta una serie di elementi umani, una serie di valori che sono stati a poco a poco rimpiazzati da altri virtuali. Può infatti accadere che, grazie ad internet, tu abbia un amico in Cina ma che tu non conosca i tuoi vicini di casa. Quando dico che è ‘tempo di essere liberi’ intendo che ognuno dovrebbe cercare la sua libertà interiore. La gente oggi guarda troppo alla carriera, a far soldi e a spenderli in vacanze e crede in questo modo di trovare la libertà altrove ma questo non è vero. La liberà potrebbe benissimo essere qui, potrebbe essere data dalla tua felicità interiore, da un momento felice e non c’è niente al mondo che possa sostituire queste cose. Quindi è importante che tu apra la tua mente e che dedichi del tempo a questo e troverai così la tua liberà interiore. Se non ti impegni in questo senso, vivrai la tua vita in maniera automatica, un fatto che attualmente non sta dando nulla all’umanità e il nostro pianeta sta cominciando a risentire di questa cosa”.

PARLIAMO UN PO’ DELLO STILE MUSICALE DEL NUOVO ALBUM. SO CHE QUELLO CHE STO PER DIRE E’ IN CONTRADDIZIONE CON QUELLO CHE HAI APPENA DETTO MA A ME SEMBRA CHE TU SIA RITORNATO SU UN SOUND PIU’ AFFINE AL POWER METAL DI UN DISCO COME ‘ANGELS CRY’ E PARE CHE TU ABBIA DIMENTICATO LE INFLUENZE ETNICHE CHE SI POTEVANO SENTIRE IN HOLY LAND O NEGLI SHAMAN…
“Ti rispondo partendo dall’ultima parte della tua domanda. No, non ho dimenticato queste influenze, ho solo cercato di usarle in un modo differente. Quando ero più giovane mi piaceva molto mischiare diversi generi musicali e lo facevo magari in un modo più evidente, anche se ho sempre cercato di non farlo in modo scontato. Molte band provano infatti a mischiare generi diversi ma non sempre il risultato è convincente, perché non è che puoi semplicemente prendere un po’ di heavy metal, un po’ di musica classica e metterli insieme, non funziona così. Una cosa che ho imparato durante i miei studi è che nella musica conta molto la forma. Heavy metal e musica classica sono molto simili perché hanno una forma simile e lo stesso vale per la musica etnica. Per me ha senso mischiare questi generi solo se essi riescono ad integrarsi e se la canzone nasce sin dall’inizio con questo scopo, non si possono unire un secondo momento. Ci sono delle influenze etniche anche nel nuovo album e potete sentirle in maniera meno esplicita e per questo anche più efficace. Ad esempio, nella canzone ‘Rio’, ispirata al film brasiliano ‘City Of God’, in tutto il pezzo c’è un ritmo di Samba ma allo stesso tempo è anche oscuro e profondo. L’influenza, come vedi, è subliminale ma c’è. Per quanto riguarda la prima parte della tua domanda, come ho già detto, questo album è una sorta di sintesi della mia carriera ma non è una copia di quanto ho fatto precedentemente, io odio le copie. Non sopporto quando qualcuno ripete continuamente la stessa formula credendo che in questo modo continui a far successo, ed il brutto è che effettivamente alcuni di questi gruppi hanno successo, anche se penso che non siano queste le band che poi restano nella storia. Io ho sempre cercato di essere originale e credo che il metal sia un genere che permetta di esprimere la propria creatività, anche dopo trent’anni dalla sua nascita. Quindi, il fatto che il nuovo album possa suonare simile a ‘Angels Cry’ potrebbe essere semplicemente dato dal fatto che gli Angra hanno rappresentato la parte più consistente della mia carriera”.

 
 
IL FATTO CHE IL TUO NOME SIA SPESSO ASSOCIATO AGLI ANGRA NON TI FA SENTIRE IN QUALCHE MODO LIMITATO ORA CHE HAI NUOVI PROGETTI?
“No vedi, credo invece che, oltre ad essere una referenza, sia qualcosa di cui io possa andare fiero. Io ho fondato gli Angra e sono stato nella band per i primi nove anni, fino a quando probabilmente il gruppo ha raggiunto il suo top e sono molto orgoglioso di quanto ho fatto, anche se tutto poi è giunto ad una fine. Ancora oggi quando ascolto il materiale che ho composto con gli Angra, sono soddisfatto di come sono uscite certe cose, mentre altre sarebbero potute venire anche meglio. Questa mia nuova band è il mio gruppo solista e non un progetto, perché un progetto è qualcosa che non dura a lungo mentre questa è una vera band. Il fatto poi che porti il mio nome può sicuramente dare un’idea alla gente su cosa aspettarsi. Inoltre, io non sono il capo di questa band e, come già ho specificato in altre occasioni, mi piace essere amico dei musicisti che suonano con me, cooperare con loro e non essere un dittatore. E’ importante, sia nella vita di tutti i giorni che in quella ‘musicale’, rispettare gli altri ed è per questo che molti gruppi finiscono per sciogliersi. Probabilmente io sono il principale responsabile del gruppo e se qualcosa non va bene è soprattutto colpa mia, ma non sono comunque il boss. Tra l’altro, anche nelle mie band precedenti ero coinvolto in tutte le fasi di produzione, dalla copertina fino al mix finale del disco e da questo punto di vista non ci sono grosse differenze con il mio gruppo attuale. La vera differenza è che qui si lavora molto meglio, perché nessuno lotta per imporre la propria opinione”.

QUESTA ESTATE PRENDERAI PARTE AL TOUR DI AVANTASIA CON TOBIAS SAMMET E ALTRI ARTISTI. HAI INTENZIONE DI PARTECIPARE A QUALCHE FESTIVAL ESTIVO ANCHE CON LA TUA BAND?
“Come sai, il problema con i festival estivi è che vanno programmati con le organizzazioni molto tempo prima mentre il mio album esce solo ora. Se l’album in Europa fosse uscito in contemporanea con l’edizione giapponese, alla fine dello scorso anno, probabilmente sarei riuscito a partecipare a qualche festival mentre, uscendo solo ora, al massimo ho qualche possibilità con un inserimento all’ultimo minuto. Se ci riuscirò bene, altrimenti, farò il tour con Avantasia e tornerò con un tour europeo dopo l’estate, verso settembre o ottobre. Di sicuro passerò anche per l’Italia, potete starne certi! Comunque, il mio sogno è quello di non suonare solo a Milano ma di suonare anche altrove in Italia. Sarebbe bello suonare al sud perché non tutti quei ragazzi che ci abitano possono venire sempre a Milano! Cercheremo quindi di suonare anche in altre città come Roma o Napoli”.

BENE, CAMBIANDO ARGOMENTO, TI E’ PIACIUTO L’ULTIMO ALBUM DEGLI SHAMAN? 
(risate generali ndr) Onestamente preferisco non parlarne … non voglio influenzare nessuno, ognuno è libero di pensare ciò che vuole.

VORRESTI COMUNQUE PARLARCI DI COSA E’ SUCCESSO CON GLI SHAMAN?
“Ma certo! Vedi, a un certo punto le relazioni all’interno degli Shaman si sono deteriorate. Abbiamo cercato di parlare e di risolvere la situazione ma quando ci siamo trovati a dover comporre il nuovo materiale, ci siamo accorti che non riuscivamo a tirare fuori delle buone idee, non riuscivamo più a cooperare tra di noi. Quando succedono queste cose, e te lo dice uno che c’è passato più volte, diventa difficile anche solo prendere una decisione e a volte la cosa migliore è fare una scelta drastica. Non è così solo per la musica o per una band ma anche nella vita in generale. Se ad esempio non vai d’accordo con il tuo capo o con un tuo collega di lavoro, magari un giorno arrivi a dire ‘o me ne vado o questa cosa finirà per uccidermi, non posso stare qui ancora!’. A questo punto ti rendi conto che le cose non vanno bene e puoi anche decidere di restare per convenienza. Ci sono molte band che vanno avanti in questo modo, l’esempio più famoso è probabilmente quello dei Rolling Stones, dove nessuno parla con l’altro e questo non è molto bello, sembra piuttosto opportunismo, un modo per continuare a far soldi, per mantenere il proprio status e la propria fama. Per me è una cosa da codardi e non credo a stronzate tipo ‘lo facciamo perchè siamo professionisti’. Secondo me far musica non è come lavorare in fabbrica, dove puoi anche fare il tuo lavoro senza andar d’accordo con il tuo collega, basta ignorarlo. Nella musica invece servono emozioni, emozioni che vanno condivise e se non ci riesci le idee non saltano fuori. Ecco che a volte è triste, e a me non piace di certo, ma bisogna prendere una decisione drastica. Se così non fai, rischi anche di perdere la passione e la motivazione di far musica. La gente riesce a capire queste decisioni solo quando ritorni con qualcosa di buono, come questo nuovo disco”.
TU HAI UN DIPLOMA DI CONSERVATORIO. SECONDO TE E’ IMPORTANTE AVERE UN TITOLO DI STUDIO DI QUESTO TIPO NEL MONDO DELL’HEAVY METAL?
“No, non credo che sia strettamente necessario. Nel mio caso è stata una bella cosa perché ti apre una serie di nuovi orizzonti, di modi di lavorare e mi ha aiutato nel corso della mia carriera, ma non credo sia fondamentale. Ci sono infatti ragazzi autodidatta che riescono benissimo in quello che fanno e se pensi all’heavy metal, ci sono moltissimi musicisti che non hanno un titolo ma che sono dei grandi musicisti. Per me è stato importante soprattutto all’inizio, quando ho deciso che sarei voluto diventare un vero musicista e quindi ho capito che avrei dovuto studiare la musica classica,che per me è la madre di tutte le musiche”.

L’ALBUM E’ STATO PRODOTTO DA SASCHA PAETH E ROY Z. COME MAI LA SCELTA DI LAVORARE CON DUE PRODUTTORI?
“Il motivo è che Sascha in quel periodo era molto occupato e ci disse che avrebbe potuto lavorare alla parte finale della produzione ma avremmo dovuto trovare qualcuno che si fosse occupato della prima fase. Io avevo già suonato con Roy in Brasile e avevamo già intenzione di lavorare insieme un giorno. E’ stata una fortuna aver collaborato con questi due ragazzi insieme, perché hanno due modi diversi di produrre. Roy è più intuitivo, più caldo, ha una mentalità latina, è molto emozionale e con lui il sound esce molto potente. Quando la prima parte è stata completata, siamo andati in Germania a completare il lavoro con Sascha, che è invece molto professionale, ha una mentalità tipica da tedesco ed è stato in grado di perfezionare tutto quanto fatto da Roy. Da un lato avevamo quindi la potenza, dall’altro i dettagli e l’atmosfera e le due cose erano perfettamente bilanciate. Credo che siamo stati molto fortunati a lavorare con il migliore in America e il migliore in Europa”.

 
 
OK, GRAZIE MILLE ANDRE
“Grazie a tutti voi ragazzi”.
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