ANGELUS APATRIDA – Vent’anni di pura rabbia

Pubblicato il 20/02/2021 da

Un nome sicuramente particolare, non così impattante e magari difficile da ricordare. Sta di fatto che gli Angelus Apatrida, con il loro settimo ed omonimo album (che ha raggiunto la vetta nelle classifiche iberiche), celebrano il ventesimo anno di attività, più in forma che mai come dimostra l’impatto devastante della loro ultima produzione. Un lavoro trasformatosi da EP in full-length e maturato nel bel mezzo di una pandemia che ha colpito in qualche modo anche la band, in particolar modo il suo frontman Guillermo Izquierdo. Un periodo oscuro e difficile che lo ha portato a trasferire tutta la propria rabbia all’interno delle dieci tracce di “Angelus Apatrida”. Ed è proprio con il chitarrista e singer della band di Albacete che abbiamo parlato del loro nuovo album, del loro traguardo ventennale e, purtroppo, anche del maledetto corona-shit, come lo chiama lo stesso Izquierdo. Buona lettura.

CIAO GUILLERMO E BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. PRIMA DI TUFFARCI NEL VOSTRO NUOVO ALBUM, PARLIAMO BREVEMENTE DEL VOSTRO SHOW IN STREAMING DELLA SCORSA SETTIMANA (l’intervista è stata realizzata ad inizio dicembre, ndr). UN CONCERTO PER COSI’ DIRE DALLA DOPPIA VESTE, VISTO CHE OGNI BRANO, O COMUNQUE OGNI BATTUTA, E’ STATO PRESENTATO SIA IN INGLESE CHE IN SPAGNOLO. COME GIUDICHI QUESTA ESPERIENZA?
– Dico la verità: è stato tutto un po’ strano. Sei consapevole che ci sono persone dall’altra parte dello schermo, ma purtroppo non puoi vederle. Ti trovi di fronte un locale vuoto, sedie vuote, qualche tecnico, alcuni addetti ai lavori; insomma, ti rendi conto che stai letteralmente suonando in una venue completamente vuota. E proprio a causa di questo ‘vuoto’, ammetto che è molto difficile, molto strano interpretare e fingere di essere in un vero spettacolo. D’altro canto è stato bello poter tornare nuovamente su un palco dopo così tanti mesi di inattività. E’ stato inoltre un piacere vedere gente collegata dall’Italia, dalla Germania, dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, ma anche dall’Indonesia e dal Giappone e, ovviamente, dalla Spagna.

VISTO IL PERIODO E VISTA QUESTA VOSTRA ESPERIENZA, PENSI CHE POTREBBE ESSERE UN’EVENTUALE MOSSA SOSTITUTIVA PER IL FUTURO?
– No no, mi auguro di no. Spero di tornare quanto prima on stage in modalità old-school. Purtroppo nel periodo del ‘corona-shit’ abbiamo provato a fare di necessità virtù ma, ripeto, il futuro non deve essere lo streaming show: qualcosa cambierà, si troverà un vaccino che, mi auguro, funzionerà così da poter ritornare sul palco per nuovi concerti die-hard.

HO NOTATO CHE DURANTE LO SHOW NON AVETE INSERITO QUALCHE ANTEPRIMA DEI NUOVI PEZZI, MA PIUTTOSTO VI SIETE INCENTRATI IN UNA SORTA DI GREATEST HITS DELLA VOSTRA CARRIERA.
– Esatto, abbiamo preferito presentare una setlist che seguisse quella dell’ultimo tour a supporto di “Cabaret De La Guillottine”. Stiamo tuttavia lavorando ad un nuovo show, previsto per i prossimi mesi, incentrato sul nuovo album.

PERFETTO, PARLIAMO QUINDI DI “ANGELUS APATRIDA”, IL VOSTRO SETTIMO ALBUM IN CARRIERA. HO LETTO CHE L’IDEA INIZIALE ERA QUELLA DI RILASCIARE UN EP, POI COSA E’ SUCCESSO? COSA VI HA PORTATO A REALIZZARE UN FULL-LENGTH COMPLETO?
– La causa è da ricercare proprio nel coronavirus. Eravamo in tour a marzo quando è successo il tutto, ed in quel momento avevamo già pronte circa quattro o cinque canzoni. L’idea era quella di rientrare dal tour con gli Evil Invaders ed entrare in studio con l’intento di registrare un EP a celebrazione del ventesimo anno in carriera della band, così da avere qualcosa di nuovo da proporre in vista dei successivi tour estivi e per quelli programmati in autunno. Volevamo festeggiare con in nostri fan questo traguardo: sono già vent’anni che suoniamo insieme ma ci sentiamo comunque più giovani e più forti che mai; un tassello importante della nostra carriera che volevamo condividere con le altre persone. Ma nel bel mezzo di quel fottuto tour è scoppiata la pandemia e tutto è andato all’inferno: tour cancellato, siamo tornati in Spagna non sapendo bene cosa fare in previsione del futuro. Ci siamo messi al tavolo, iniziando a comporre nuove canzoni, rendendoci conto che quello che doveva essere un semplice EP si stava sempre più trasformando in un normale LP. Ed è anche per questo motivo che abbiamo deciso di affibbiare il nome stesso della band all’album. Noterai che c’è molta rabbia e molta frustrazione e molto odio nella musica che abbiamo composto, nei testi: rabbia causata dal dolore scaturito dalla quarantena vissuta qui in Spagna; la stessa, credo, che avete passato voi in Italia, uno dei paesi, insieme al nostro, che hanno sofferto maggiormente la pandemia scoppiata in quel determinato periodo.

COME HAI GIA’ ACCENNATO TU, RISPETTO AL PRECEDENTE “CABARET DE LA GUILLOTTINE”, UNA PIU’ DIFFUSA MELODIA DI FONDO, HA LASCIATO SPAZIO AD UNA BRUTALITA’ GENERALE DAL PRIMO ALL’ULTIMO MINUTO: IL RISULTATO LAPIDARIO DI QUESTO PERIODO OSCURO.
– Ed è quello che è successo; esattamente. Nessuno ha ben chiaro che diavolo è successo in quei giorni: come in Spagna anche in Italia. Ed anche io purtroppo ho vissuto direttamente questa situazione paradossale. La mia ragazza è un’infermiera, lavora in due ospedali diversi: uno ad Albacete e un altro in una città a un’ora da qui; lavora nel reparto di terapia intensiva. Ed è successo che nei primi mesi di quarantena, da marzo a maggio, ha accompagnato molte persone a morire da sole; ogni giorno, e quando rientrava in casa alla sera piangeva ogni volta. “Come è andata oggi?” le chiedevo; “Oggi sono morte dieci persone; non ce la faccio più”. E’ stato molto molto molto difficile, in primis ovviamente per lei. E se poi aggiungi tutte le cazzate che i politici e non, aggiungevano nelle varie trasmissioni televisive, oppure sui giornali, capisci che ad un certo punto ho raggiunto dei picchi di rabbia incredibili; ero sul punto di esplodere. Per cui mi sono buttato a scrivere testi, a scrivere riff; la mia chitarra si è messa a comporre musica; “devo farlo, assolutamente” mi son detto, altrimenti avrei preso un coltello, sarei uscito di casa e avrei ammazzato qualcuno!

CHIARISSIMO! PASSIAMO ALLA COVER DELL’ALBUM: ANCHE QUESTA VOLTA MOLTO RICCA DI DETTAGLI. PUOI DESCRIVERCI COSA RAPPRESENTA? PER ESEMPIO, A CHI APPARTENGONO QUEI VOLTI SULLO SFONDO?
– Quelli sono i martiri di Chicago. Abbiamo infatti deciso di nascondere all’interno della copertina oggetti nascosti che rimandano ai nostri precedenti lavori o anche ad alcune singole canzoni. La cover dell’album è stata, ancora una volta, una perfetta rappresentazione del nostro amico ungherese Gyula Havancsak. Gli abbiamo detto: “Il nostro prossimo album si chiamerà come noi, sarebbe bello inserire alcuni riferimenti alla nostra band, al nostro passato; fai come vuoi, sentiti libero”. E così gli è venuta l’idea di mettere il tutto su una foto simile a quella di una natura morta, ricca di dettagli. Ci sono, per esempio, come detto, i martiri di Chicago, con un riferimento all’ultimo “Cabaret De La Guillottine”; compare un tentacolo di un polpo direttamente da “The Call”, c’è un poster con un robot che richiama “Give ‘Em War”. Non solo: sulle bottiglie che vedi in primo piano ci sono le iniziali dei nostri quattro nomi. Insomma, una copertina come dire storica.

A PROPOSITO DI STORIA, PARLIAMO DEL TITOLO: “ANGELUS APATRIDA”. POTREBBE SEMBRARE UNA SCELTA SEMPLICE, QUASI BANALE; CREDO TUTTAVIA CHE DIETRO QUESTA DECISIONE VI SIA LA VOLONTA’, DOPO SEI ALBUM, DI FARE IL PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA, QUASI A STILARE UNA SORTA DI RESCONTO DEL VOSTRO OPERATO, GIUSTO?
– Esattamente! Non nego che in molti hanno storto un po’ il naso di fronte a questa scelta ma per noi significa molto: come detto in precedenza, il 2020 è stato il ventesimo anno della band; siamo insieme da vent’anni. Abbiamo tra i trentacinque e i trentotto anni ma suoniamo da quando eravamo adolescenti, da quando ne avevamo quindici. Certo, l’EP previsto avrebbe avuto forse un nome diverso ma, dopo quanto è avvenuto, il fatto di essere ancora insieme, di poter condividere certe cose insieme e, soprattutto, poter registrare ancora un album insieme ci ha fatto dire: “Fanculo, mettiamo Angelus Apatrida in ogni posto!”. E così tutti possono dire: “Hai ascoltato l’album ‘Angelus Apatrida’ di quella band che si chiama Angelus Apatrida?” Ed è anche per questo che abbiamo deciso mettere in copertina, proprio sopra il demone in primo piano, i caratteri per la pronuncia corretta del gruppo. Sappiamo che è un nome un po’ difficile da ricordare e allora ecco qui.

PARLANDO DI MUSICA, ANCORA UNA VOLTA IL VOSTRO MARCHIO DI FABBRICA SI FONDE CON LE VOSTRA PASSIONE NEI CONFRONTI DI ALCUNE BAND EPOCALI, PANTERA E TESTAMENT SU TUTTE.
– Ah beh sicuro: i Pantera sono sempre stati una delle nostre più grandi influenze di sempre e in questo caso, come avvenne vent’anni fa, siamo tornati un po’ alle nostre radici, suonando con quel ringhio primordiale, che rimanda molto non solo ai Pantera ma anche agli stessi Testament. Amiamo entrambe moltissimo queste due band e sì, non possiamo negare che sono sempre state un nostro punto di riferimento così come ogni loro album.

TORNANDO AL 2020: UN ANNO PARTICOLARE, PER LA STORIA DELLA BAND E, PURTROPPO, PER TUTTI IN GENERALE. C’E’ UN BRANO CHE SIMBOLEGGIA PIU’ DI ALTRI QUESTO ANNO COSI’ SPECIALE?
– In realtà ce n’è più di uno. Come ti ho detto prima, sono state molte le situazioni in questi ultimi mesi che mi hanno fatto davvero incazzare. Non solo quelle legate alle persone che ci lavorano direttamente, come gli infermieri, i medici, i dottori e tutti i sanitari, ma soprattutto quelle relative ad alcune figure politiche che qui, come in altri paesi del resto, hanno approfittato di questo particolare momento per indottrinare la gente. Ecco perchè “Indocrinate” è una canzone proprio contro i populismi dell’estrema destra, dei nazisti e dei partiti fascisti che si sono fatti vivi con tutta questa situazione specialmente qui in Spagna, ed è come se stessero indottrinando le persone. Questa cosa mi ha fatto diventare pazzo e pertanto “Indocrinate” è fottutamente pieno di odio verso questi figli di puttana. Un altro brano significativo è sicuramente “Childhood’s End” che parla di quelle persone che si lasciano morire, sole, legate ad un letto. Ci sono state molte cose durante questi mesi che mi hanno aiutato a scrivere alcuni testi e ad esprimermi e cercare di rilasciare la rabbia e l’odio che ho ricevuto.

IL PRIMO SINGOLO LANCIATO E’ STATO “BLEED THE CROWN”, ACCOMPAGNATO DA UN VIDEO PROMOZIONALE. CI VUOI DESCRIVERE QUESTA TRACCIA?
– “Bleed The Crown” è stata una delle prime canzoni che abbiamo composto quasi un anno fa. Era stata scritta per il precedente EP e quindi credo che la stesura sia avvenuto durante l’ottobre del 2019. Quando, dopo molti mesi ci siamo trovati con lo scegliere quale canzone potesse andar bene come singolo apripista ci siamo trovati un po’ in difficoltà. Non è semplice decidere quale sarà il primo singolo perché da una parte non vuoi rilasciare le cose migliori, dall’altra devi lanciare qualcosa che sia abbastanza appetibile per l’ascoltatore. E alla fine abbiamo pensato che “Bleed The Crown” potesse fare al caso nostro e che avesse tutte le caratteristiche per riassumere il sound degli Angelus Apatrida in questo ventesimo anno di attività. Ha energia, ma anche groove e riff profondi, voci accattivanti e quel tipo di ritornello che ti rimane in mente; è stato un ottimo singolo a mio parere.

E ALLORA GUILLERMO, SIETE GIUNTI AL VOSTRO VENTESIMO ANNO DI ATTIVITA’: COME GIUDICHI IL VOSTRO THRASH METAL?
– Sai, è molto difficile dare un giudizio anche perché, credimi, non mi sento come se fossero passati veramente vent’anni! Voglio dire, ogni anno, ogni mese e ogni giorno da quando abbiamo iniziato con la band è come se fosse ieri: non abbiamo mai smesso di lavorare ed eravamo sempre sul campo. Album e poi tour, album e poi tour, album e poi tour e poi eccoci qui con il settimo album. Ok, ho tentasette anni in questo momento, ma mi sento più giovane che mai. È come se ogni volta cercassimo di migliorare noi stessi, imparare da ciò che ci circonda, imparando da altre band. Quindi non posso proprio dare un giudizio. E’ stato un lungo viaggio, sicuramente, ma è anche stato come un battito di ciglia, super veloce. E quindi non vedo l’ora di ripartire per i prossimi vent’anni. Non posso che essere orgoglioso di ciò che mi è successo, perché questa è la vita che volevo. Non sapevo ovviamente da ragazzino quale sarebbe stato il mio futuro: non sapevo se sarei diventato un medico, un avvocato, un dentista, un musicista, boh! Però ricordo bene il giorno in cui ho ascoltato gli Iron Maiden, ricordo benissimo la prima volta in cui presi in mano una chitarra e da lì ho iniziato a suonare una musica lunga vent’anni. Sono molto grato di tutto questo.

UNO DEI VOSTRI PUNTI DI FORZA E’ PROPRIO LA STABILITA’ DELLA LINE-UP, ELEMENTO FONDAMENTALE PERCHE’ LE COSE POSSANO ANDARE BENE IN UNA BAND.
– Penso che il tutto dipenda dalla fiducia e dalla sicurezza che abbiamo tra di noi. E’ vero, siamo amici da quando eravamo bambini, tuttavia credo che, se hai fiducia nella tua famiglia e nei tuoi amici le cose possono andare nel verso giusto. E dato che, nel mio caso, i miei amici sono anche la mia famiglia, il gioco è fatto… Ripeto, è tutta una questione di fiducia, come avviene tra una qualsiasi coppia.

NEL 2020, IN AMBITO THRASH METAL, SONO ARRIVATI I NUOVI LAVORI DEI TESTAMENT, DEGLI ONSLAUGHT, DEGLI HEATHEN E DEI SODOM. PER IL 2021 SI ATTENDE IL RITORNO DEGLI OVERKILL, DEGLI EXODUS. IL MOVIMENTO, NON SOLO GRAZIE ALLE VECCHIE LEVE, MA ANCHE PER MERITO DI BAND PIU’ GIOVANI COME LA VOSTRA, SI MANTIENE IN FORMA?
– Puoi dirlo forte, il thrash non morirà mai!

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