ÅRABROT – Sangue, passione, luce e oscurità

Pubblicato il 08/12/2023 da

Con quelle loro massicce dosi di surrealismo, la forza dirompente di un rock’n’roll allucinato che si imbeve di sogni, amori, stramberie e passionalità, gli Årabrot rientrano a pieno titolo nella categoria degli inclassificabili.
La transizione dal noise rock intossicato dei primi lavori, a quella di rock band stravagante, in costante bilico tra esplosioni e dolcezze, con cui possono essere identificati oggi, è avvenuta gradatamente, e oggi ne possiamo ammirare i maturi frutti. Il bilanciamento tra la ieratica devianza di Kjetil Nernes e l’aristocratica leggiadria di Karin Park ha portato allo scoppiettante “Of Darkness And Light”, ancora forte delle brume del precedente “Norwegian Gothic”, ma portatore di un’energia per nulla ermetica e di una scorrevolezza dell’insieme probabilmente mai toccata prima.
Come esposto da Nernes nell’intervista, ora il gruppo non è più soltanto ‘cosa sua’, ma proprio di entrambi, sua e della compagna. Una storia molto particolare la loro, con la vita famigliare e artistica in pratica inscindibili, la decisione di vivere in una chiesa sconsacrata nelle campagne svedesi che diventa non solo scelta esistenziale, ma il concept che fa da cornice a tutta la loro produzione recente.
Un’idea di musica e vita che si traduce in un percorso artistico unico, che ci vede ancora una volta finire soggiogati dal suo potere incantatore e, perché no, di puro divertimento rock’n’roll.
Nelle parole di Nernes che seguono, traspare serena soddisfazione per quanto compiuto finora e il particolare equilibrio del vissuto quotidiano.

“OF DARKNESS AND LIGHT” È UN TITOLO CHE POTREMMO INTERPRETARE COME UNA SINTESI DI QUANTO ANDATE CERCANDO NELLA VOSTRA MUSICA: CI SONO MOLTE TEMATICHE OSCURE IN ESSA MA, GRAZIE AI SINTETIZZATORI E ALLA VOCE DI KARIN, È UNA MUSICA CHE EMANA ANCHE MOLTA LUCE. PERCHÉ AVETE SCELTO UN TITOLO SIMILE PER IL VOSTRO ULTIMO DISCO?
– Qualche anno fa sono stato malato in modo molto serio e ho rischiato veramente di morire. Sono sopravvissuto e a lungo ho vissuto con uno spirito particolarmente positivo, proprio per questa sensazione di aver ricevuto una seconda possibilità. Ad un certo punto però le cose sono tornate a una sorta di normalità e mi sono reso conto che c’erano alcune cose, questioni personali, che meritavano di essere risolte, occupandomene in modo più convinto. Alcune circostanze che possono aver contribuito a farmi ammalare.
Questo processo è stato importante, posso affermare di essermi tirato fuori dal fango in cui ero immerso, metaforicamente parlando. Riprendendo l’insegnamento fondamentale di un’opera come “Zarathustra” di Nietzsche, il punto focale è quello di ricerca il proprio pieno potenziale dentro di sé. Questo in sostanza è il tema cardine del disco (e non c’entra in alcun modo con Nietzsche, per esser chiari). “Of Darkness And Light” è soltanto un titolo che si adattava bene al contesto.

IL NUOVO ALBUM È STRETTAMENTE CONNESSO ALL’ATMOSFERA GOTICA RETRÒ CHE DAVA UNO SPECIALE ACCENTO AL PRECEDENTE “NORWEGIAN GOTHIC”: SUL PIANO DELLE VIBRAZIONI EVOCATE, PENSO CI SIANO DIVERSI LEGAMI COL DISCO DI DUE ANNI FA, ANCHE SE QUEST’ULTIMO È PIÙ OMOGENEO NELLA DIREZIONE SONORA, PIÙ POTENTE E RELATIVAMENTE ‘FACILE’ DA COMPRENDERE, ANCHE PER CHI NON ABBIA MOLTA DIMESTICHEZZA CON GLI ÅRABROT.
PARLANDO DI UN CONFRONTO TRA “NORWEGIAN GOTHIC” E “OF DARKNESS AND LIGHT”, QUALI PENSI POSSANO ESSERE DIFFERENZE E SIMILITUDINI?

– Sono contento di sentire queste tue impressioni, perché musicalmente volevamo proprio andare nella direzione da te descritta! Abbiamo utilizzato la pausa forzatamente concessa dalla pandemia per alcune cose che valeva la pena intraprendere, abbiam apportato alcuni cambiamenti nella band, sia sul piano della gestione, che su quello strettamente artistico. Abbiamo deciso che ora gli Årabrot siamo io e Karin, più un batterista per i live, mentre in passato Karin è stata più che altro una collaboratrice esterna, anche se sempre più coinvolta nel processo creativo col passare degli anni. Ci vestiamo con i nostri abiti bianchi matrimoniali, ci presentiamo con la croce della chiesa dove viviamo a farci da sfondo e ‘preghiamo’ la nostra specifica concezione del rock’n’roll.

PROSEGUENDO SUL SENTIERO TRACCIATO NEGLI ULTIMI ALBUM, IL CONTRIBUTO DI KARIN È DIVENUTO ANCORA PIÙ IMPORTANTE, I SUOI SINTETIZZATORI PLASMANO IN MODO DECISIVO LA NATURA DELLE SINGOLE TRACCE E LA SUA VOCE, PUR RIMANENDO LEGGERMENTE IN SECONDO PIANO RISPETTO ALLA TUA, CONSENTE DI SMUSSARE ALCUNE RUVIDEZZE E DARE UN’AURA PIÙ GENTILE ALL’INSIEME.
COME DEFINIRESTI IL VOSTRO ATTUALE PROCESSO COMPOSITIVO, TENENDO CONTO, APPUNTO, DI QUESTI FATTORI?

– È stata la prima volta che io e Karin abbiamo lavorato assieme sulle canzoni.
Su “Norwegian Gothic” Karin ha aggiunto i suoi sintetizzatori solo in un secondo momento. Attualmente sono ancora io che faccio partire il procedimento compositivo, scrivo i pezzi e preparo alcuni rudimentali demo, sui quali andiamo poi a mettere gli arrangiamenti e completare ogni cosa in studio di registrazione. Ma rispetto al passato, tutte le diverse fasi hanno avuto un tipo di lavoro più collaborativo e meno individuale.
Senza dimenticare Alain Johannes, che come produttore e musicista può essere considerato un terzo membro della band. Le sessioni di registrazione sono volate via in un’atmosfera molto distesa, tanto divertimento e uno straordinario lavoro creativo. Anche stavolta, abbiamo registrato nella nostra chiesa-studio di registrazione.

“OF DARKNESS AND LIGHT” È MOLTO DIRETTO E COINVOLGENTE, CON MOLTE CANZONI CHE ENTRANO IN TESTA VELOCEMENTE. LA MIA PREFERITA È “WE WANT BLOOD”, CHE AVETE ANCHE USATO COME SINGLE ED È STATA OGGETTO DI UN VIDEO.
COSA ESPRIME? DA DOVE PROVENGONO LE SUE VIBRAZIONI PUNK?

– “We Want Blood” parla di passione. La passione in tutte le cose: lavoro, vita… La passione è un aspetto essenziale di quello che facciamo. Il video esprime proprio questo, proseguendo sul tema della ‘chiesa rock’n’roll’ iniziato nei video precedenti.

HO LETTO CHE “YOU CAST LONG SHADOWS” ERA STATA SCRITTA INIZIALMENTE PER UN ALBUM SOLISTA DI SEBASTIAN BACH. AMMETTO CHE MI È DIFFICILE IMMAGINARE UNA CANZONE SIMILE IN UN DISCO DELL’EX CANTANTE DEGLI SKID ROW! PUOI RACCONTARCI QUALCOSA SULLA GENESI DEL BRANO, CHE SI INSERISCE PERFETTAMENTE NELLA CORNICE MUSICALE DI “OF DARKNESS AND LIGHT”?
(Grasse risate, ndR) Non ho idea del perché Sebastian Bach volesse della musica scritta dal sottoscritto, non avevo nemmeno mai sentito prima la sua musica. Così ho deciso di scrivere qualcosa ispirato, dal punto di vista sonoro, dai Killing Joke; mentre, per il testo, mi sono ispirato alle idee di Aleister Crowley.
Un vero colpo di fortuna che non abbia accettato quello che avevo composto. Anche “Love Under Will” risale a quel periodo.

UNA DOMANDA RIGUARDO AI TITOLI DELLE VOSTRE CANZONI: POSSEGGONO SPESSO UN’IDEA SURREALISTA ED EVOCANO QUALCOSA DI STRANO E MAGICO. PER “OF DARKNESS AND LIGHT”, IL TITOLO CHE HA COLPITO MAGGIORMENTE LA MIA IMMAGINAZIONE È “SKELETONS TRIP THE LIGHT FANTASTIC”. COSA SIGNIFICA?
– Le idee per le canzoni nascono spesso in modo casuale, da qualche accadimento banale, come mangiare cibo di scarsa qualità prima che si trasformi in uno scenario surreale e onirico.
“Skeletons Trip The Light Fantastic” è sui cosiddetti ‘scheletri nell’armadio’ che ognuno di noi ha, il fantasma del passato che danza nella tua immaginazione. Riguardo a queste fonti di ispirazione un po’ casuali, il video di “Horrors Of The Past” ci è venuto in mente pensando a quella volta che abbiamo accidentalmente ucciso un gatto.

MOLTE VOLTE, ASCOLTANDO I VOSTRI DISCHI, HO L’IMPRESSIONE DI ASCOLTARVI RECITARE, COME FOSTE ATTORI TEATRALI, UN’IMPRESSIONE INDOTTA DAL VOSTRO MODO DI CANTARE. PENSI CHE ABBIATE IN EFFETTI DELLE DOTI ATTORIALI, QUALCOSA CHE VI AIUTA A DARE UNA FORTE DRAMMATIZZAZIONE ALLA VOSTRA MUSICA?
– Interessante questa cosa. Karin in effetti è anche un’attrice e ha partecipato a diversi musical e film, mentre io non ho mai svolto questa attività.
Non saprei dirti da dove proviene questa capacità di creare una certa drammatizzazione nella nostra musica, ma penso che l’emozionalità e la passione che esprimiamo derivino dall’essere cresciuto, nel mio caso, sulla costa occidentale della Norvegia, aver subito i venti freddi e le piogge che caratterizzano quelle zone, con il Mare del Nord che si abbatte con le sue onde furibonde sulle coste.

SE TU DOVESSI CONFRONTARE GLI ARABROT DI OGGI CON QUELLI DELL’OMONIMO DISCO DEL 2013 O, RISALENDO INDIETRO NEL TEMPO, A QUELLI DI “PROPOSING A PATH WITH JESUS” DEL 2005, QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE SONO MAGGIORMENTE MUTATE DURANTE GLI ANNI?
– Oh, eravamo proprio dei ragazzini nel 2005. Ragazzini con un sacco di emozioni problematiche da buttar fuori ma nessuna idea di come esprimerle nella vita reale o nella musica.
Nel 2013 eravamo nel mezzo di un impegnativo processo di trasformazione, mentre nel 2023 posso dire che sia un prodotto rifinito frutto di circa vent’anni di duro lavoro. Gli Arabrot sono al top della forma di questi tempi.

PARLIAMO DEGLI ARABROT ORMAI DA MOLTI ANNI, SIAMO UN SITO SPECIALIZZATO IN MUSICA METAL, MA CON UN OCCHIO ATTENTO ANCHE A TUTTE QUELLE FORME SONORE CHE SONO LATERALI AL METAL E IN QUALCHE MISURA NE SONO CONTAMINATE, OPPURE CHE POSSONO RIENTRARE NELL’INTERESSE DI CHI ASCOLTA METAL COME STILE MUSICALE PRINCIPALE. A TAL PROPOSITO, GLI ARABROT SONO APPUNTO UN GRUPPO NON STRETTAMENTE METAL, MA MOLTO SEGUITO DAI SUOI FAN. COME SPIEGHERESTI QUESTO INTERESSE DEI METALLARI NEI VOSTRI CONFRONTI? TU COME ASCOLTATORE, SEI INTERESSATO AL METAL, OPPURE È QUALCOSA CHE TI INTERESSA POCO O MARGINALMENTE?
– Il metal può essere tante cose, può prendere molteplici forme. Alcune delle forme musicali più interessanti degli ultimi anni provengono da band come Oranssi Pazuzu e Daughters, entrambe metal ma non del tutto, o almeno non in una concezione ortodossa del genere.
Di base sono sempre molto addentro a tutte le forme di rock’n’roll, incluso il metal (mi piacciono molto gli Slayer, ad esempio), anche se non considero gli Arabrot un gruppo metal, né ritengo me stesso un vero esperto del settore.

GLI ARABROT SONO QUALCOSA DI DIFFICILMENTE CATALOGABILE, VORREI SAPERE SE DAL TUO PUNTO DI VISTA QUESTO È UN FATTO POSITIVO, IN TERMINI DI RICETTIVITÀ DA PARTE DEL PUBBLICO, OPPURE AVETE A VOLTE L’IMPRESSIONE DI NON ESSERE PIENAMENTE CAPITI DA PARTE DEGLI ASCOLTATORI?
– In effetti tante persone sono un po’ confuse dal nostro eclettismo, non sanno bene come interpretarci, considerando anche che sia la musica che la nostra apparenza, il modo in cui ci vestiamo e ci proponiamo, non si possono certamente definire ‘normali’. Noi speriamo, e crediamo, che un disco come “Of Darkness And Light” possa chiarire meglio chi siamo e aprirci a un’audience più ampia.

LO SCORSO ANNO, A DICEMBRE, DURANTE IL TOUR SOLISTA DI KARIN ASSIEME AD A.A. WILLIAMS, HO NOTATO CHE UNA DELLE VOSTRE FIGLIE ERA IN TOUR CON LE ARTISTE. È QUALCOSA DI ABBASTANZA INUSUALE DA VEDERE.
MI PIACEREBBE SAPERE COME RIUSCITE A ORGANIZZARVI IN QUESTI CASI E COME AFFRONTATE LE DIFFICOLTÀ RAPPRESENTATE DAL DOVER CONCILIARE LE ESIGENZE DEI FIGLI, CON QUELLE DOVUTE AI CONCERTI.

– Gli Årabrot sono un’impresa familiare! Portiamo con noi entrambi i nostri figli e una babysitter quando siamo in tour. I bambini adorano questa situazione! C’è tanto lavoro da affrontare in questi casi, ma ne vale sicuramente la pena, è gratificante. Ammetto che non ho mai visto nessun’altra band fare una cosa del genere.

IN NOVEMBRE TORNERETE IN ITALIA (L’INTERVISTA SI È SVOLTA A INIZIO OTTOBRE, NDR). NEGLI SCORSI ANNI AVETE SUONATO ABBASTANZA SPESSO NEL NOSTRO PAESE, QUAL È LA VOSTRA PERCEZIONE DEL PUBBLICO ITALIANO E COME SI DIFFERENZIA RISPETTO A QUELLO DI ALTRI PAESI EUROPEI?
– C’è indubbiamente un pubblico molto variegato che partecipa ai nostri concerti italiani, non solo il tipico punk rocker o il nerd della musica, ed è un aspetto che mi piace. E noto anche una forte passione da parte di chi ci ascolta, è bello vedere che chi è dall’altra parte si sente pienamente coinvolto da quello che stiamo suonando e ce lo dimostra.

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