Nonostante l’ultimo nato in casa Arch Enemy, ovvero la scialba riproposizione di vecchi classici dall’altisonante titolo “The Root Of All Evil”, appaia come un poco riuscito tentativo di raschiare il fondo di un barile qualitivamente sempre meno ricco, è sempre un piacere poter scambiare quattro chiacchiere con il fondatore Michael Amott, vera leggenda del metallo svedese e non solo. Dalle affollate spiagge della Riviera romagnola abbiamo dunque raggiunto telefonicamente l’ex chitarrista di Carcass e Carnage, con il quale abbiamo avuto modo di scambiare una piacevole chiaccherata sui numerosi progetti che lo vedono impegnato in veste di protagonista…
CIAO MICHAEL, BENVENUTO! INIZIAMO PARLANDO DEL VOSTRO NUOVO ALBUM, COME E QUANDO AVETE DECISO DI RI-REGISTRARE CON LA NUOVA LINE-UP I MIGLIORI ESTRATTI DEI VOSTRI PRIMI TRE ALBUM?
“E’ un’idea che risale ormai a tre anni fa, ed è nata essenzialmente come una richiesta dei fan, che ci espressero a più riprese la loro volontà di sentire come sarebbe suonato il vecchio materiale con Angela. Poi però non se ne è fatto nulla perché siamo stati molto presi tra la registrazioni di ‘Rise of the Tyrant’, il relativo tour e la reunion dei Carcass, fino a che, a gennaio di quest’anno, non ci siamo trovati con un po’ di tempo a disposizione, e così ne abbiamo approfittato per entrare in studio e dare vita a ‘The Root of All Evil'”.
E’ STATO DIFFICILE SCEGLIERE QUALI CANZONI INCLUDERE IN “THE ROOT OF ALL EVIL”? E, VISTO CHE IL TUTTO E’ NATO DA UNA RICHIESTA DEI VOSTRI FAN, VI SIETE FATTI AIUTARE DA LORO NELLA COMPOSIZIONE DELLA TRACKLIST?
“No, non abbiamo previsto nessuna iniziativa di questo genere, ci siamo limitati a provare i pezzi in studio e valutare di volta in volta quali avrebbero suonato meglio con la nuova line-up. Ci siamo dunque basati sulle sensazioni e, anche se non è stato facile racchiudere il contenuto di tre dischi in uno solo, ci siamo semplicemente resi conto che alcuni pezzi non avevano nulla a che fare con quello che rappresentano gli Arch Enemy nel 2009, mentre altri al contrario incarnano perfettamente il nostro spirito e ancora oggi sono perfetti da riproporre dal vivo”.
PARLIAMO ALLORA UN ATTIMO DELLE DIFFERENZE TRA LE NUOVE VERSIONI E LE ORIGINALI: OLTRE OVVIAMENTE ALLA PRODUZIONE, CERTAMENTE PIU’ AL PASSO COI TEMPI, DIREI CHE LA MAGGIORE NOVITA’ E’ RAPPRESENTATA DALLA VOCE DI ANGELA RISPETTO AL SUO PREDECESSORE, SEI D’ACCORDO?
“Sì, sicuramente la voce è l’elemento la cui differenza è più marcata, dato che ogni cantante ha un suo stile che marchia a fuoco il pezzo e che lo rende immediatamente riconoscibile. A parte questo direi però che ci sono molte altre differenze, a partire dal suono delle chitarre che in questa nuova veste è molto più pulito e ricco di sfumature, così come il suono del basso: nei primi due album infatti mi sono occupato personalmente di questo strumento, con risultati che non mi vergogno a definire non propriamente eccelsi, per cui è stato un vero piacere poter risentire queste canzoni finalmente suonate da un ottimo bassista qual è Sharlee. Infine, come ovvio, la produzione risulta molto più potente e fresca, contribuendo a dare quel qualcosa in più alle nuove versioni”.
HAI MENZIONATO PRIMA IL TUO LAVORO ALLE QUATTRO CORDE, QUINDI CONFERMI CHE, ANCHE SE NEI CREDITS DI “BLACK EARTH” IL RUOLO DI BASSISTA ERA SVOLTO DA JOHN, TE NE SEI POI OCCUPATO TU IN STUDIO?
“Sì, nonostante avessi suonato io il basso su quel disco scrivemmo così perché l’idea era quella che John suonasse quello strumento dal vivo, ma alla fine decise che avrebbe voluto solo cantare, per cui fummo poi costretti a cercare un bassista di ruolo”.
TORNANDO INDIETRO NEL TEMPO, COME MAI AVETE DECISO DI RIMPIAZZARE JOHN CON ANGELA DOPO L’USCITA DI “BURNING BRIDGES”?
“Credo faccia parte del normale percorso di crescita di una band: gli Arch Enemy in quegli anni stavano acquistando sempre maggiore popolarità e suonando sempre più date in giro per il mondo, il che ovviamente significava stare lontani da casa per molto tempo. Questo stile di vita probabilmente non era quello che voleva John, per questo siamo stati costretti a rimpiazzarlo con un altro cantante e, anche se non stavamo cercando espressamente una donna, nel momento stesso in cui ci siamo trovati di fronte ad Angela abbiamo capito che sarebbe stata la migliore scelta possibile”.
PER QUANTO RIGUARDA L’ASPETTO LIVE, DOBBIAMO ASPETTARCI NEI PROSSIMI SHOW UN’INFORNATA DI VECCHI CLASSICI?
“Certamente sì, anzi, è proprio uno degli aspetti che ci ha spinto verso questa uscita! Stiamo per imbarcarci in un mini-tour messicano e già abbiamo in programma un set speciale in cui troveranno posto almeno sei o sette estratti dai primi lavori, oltre ovviamente al materiale più recente. E’ anche uno stimolo verso noi stessi, visto che molti di questi pezzi non trovavano posto in scaletta da anni, pertanto è come avere del nuovo materiale da proporre dal vivo”.
A QUESTO PROPOSITO IMMAGINO CHE, VISTO IL MODO IN CUI LA VOSTRA FAMA SI E’ ACCRESCIUTA DOPO L’INGRESSO IN FORMAZIONE DI ANGELA, MOLTI DEI VOSTRI FAN CHE HANNO IMPARATO A CONOSCERVI A PARTIRE DA “WAGES OF SIN” IN POI NON ABBIANO EFFETTIVAMENTE FAMILIARITA’ CON I VOSTRI PRIMI ALBUM…
“Esatto, molti fan degli Arch Enemy probabilmente non conoscono i nostri primi tre dischi, per cui l’obiettivo di questa release è anche quello di colmare questo gap. E’ come se così facendo si chiudesse un cerchio sulla storia degli Arch Enemy e si aprisse un nuovo ciclo, anche se, come ho già avuto modo di dire in passato, il nostro intento con questa release è quello di celebrare il passato, non certo di volerlo riscrivere o cancellare. I vecchi dischi saranno sempre al loro posto e continueremo ad ascoltarli, su questo non c’è dubbio, ma ci piaceva l’idea di rendere loro omaggio in questo modo”.
IN UNA RECENTE INTERVISTA BILL STEER HA DICHIARATO CHE E’ PRATICAMENTE IMPOSSIBILE CHE I CARCASS SI TROVINO UN GIORNO IN STUDIO PER INCIDERE DEL NUOVO MATERIALE, DATO CHE TU E DANIEL SIETE TROPPO IMPEGNATI CON GLI ARCH ENEMY: CONFERMI O SENTI DI POTER DARE QUALCHE SPERANZA AI VOSTRI VECCHI FAN?
“Onestamente non saprei. Ho letto anch’io l’intervista, e sicuramente il nostro impegno con gli Arch Enemy è uno dei motivi per cui una reunion completa dei Carcass è al momento impensabile, ma sicuramente non l’unico; ognuno di noi ormai suona con una sua band, Bill con i Firebird, Jeff con i Blackstar e via discorrendo. Di sicuro possiamo dire di esserci divertiti trovandoci di nuovo a suonare tutti insieme, ma certamente dover scrivere nuove canzoni e trovarsi in studio per registrarle è molto più complesso che salire su un palco per qualche show. Al momento dunque non vedo molte possibilità, ma non si può mai sapere cosa ci riserverà il futuro, di certo non ci stiamo precludendo alcuna strada al momento”.
E INVECE COSA CI PUOI DIRE DEGLI SPIRITUAL BEGGARS? IL VOSTRO ULTIMO ALBUM “DEMONS” RISALE ORMAI A CINQUE ANNI FA, SIETE GIA’ AL LAVORO SUL SUO SUCCESSORE?
“Ho iniziato a scrivere qualche canzone, ma sono ancora in una fase molto embrionale, per cui per ora ancora nulla di pianificato. Credo ci vorrà ancora un po’, perché tutti i ragazzi degli Spiritual Beggars sono impegnati altrove, ed io stesso ho messo in piedi questa band come puro divertimento per poter suonare un diverso tipo di musica, per cui non avrebbe senso pianificare delle release a scadenze predefinite”.
E PER QUANTO RIGUARDA GLI ARCH ENEMY, COSA BOLLE IN PENTOLA?
“Stiamo già scrivendo della nuova musica durante il tour, dopodiché ci troveremo tutti insieme l’anno prossimo per mettere insieme il tutto: per ora si tratta solo di spunti e abbozzi più che di canzoni finite, per cui è ancora presto per dire quale direzione prenderà il nuovo album, ma di sicuro sarà al 100% metal (ride, ndR)”.
E’ UN LUOGO ABBASTANZA COMUNE TRA I MUSICISTI QUELLO DI DEFINIRE LA PROPRIA BAND COME UNA FAMIGLIA, MA NEL TUO CASO PENSO SIA PIU’ CHE MAI VERO, VISTO CHE INSIEME A TE SUONANO TUO FRATELLO E LA TUA FIDANZATA…
“Sì, siamo una grande, felice, famiglia unita nel segno dell’heavy metal: anche Sharlee è sposato con il nostro batterista (risate, ndR)! No, davvero, passsiamo tanto di quel tempo insieme – in studio, in viaggio, on stage – che alla fine non ce la faremmo se non fossimo davvero un gruppo affiatato: ognuno di noi ovviamente ha i suoi spazi, ma alla fine la nostra forza è proprio la nostra unione”.
MICHAEL, ORMAI SEI UN CHITARRISTA AFFERMATO SULLA SCENA, MA QUANDO E COME HAI IMBRACCIATO UNA CHITARRA PER LA PRIMA VOLTA?
“Ho iniziato ad avvicinarmi alla musica estrema quando avevo circa undici anni, prima di allora ero un grande fan dei Kiss ma soprattutto di Elvis, anche se ora non saprei dire perché. All’inizio mi piacevano il punk hardcore degli Exploited e dei Discharge, anche se la maggior parte dei miei amici ascoltavano band come Judas Priest, Iron Maiden, Accept: fu così che mi avvicinai per la prima volta a questo genere di musica, anche se presto inziai ad ascoltare i Venom e i Metallica, per poi prendere la mia prima chitarra a quindici anni. Sin dal primo giorno decisi però che avrei voluto scrivere la mia musica più che suonare quella degli altri, e da allora si può dire che non ho mai smesso di farlo”.
IMMAGINO CHE IL TUO ESEMPIO ABBIA ILLUMINATO ANCHE IL TUO FRATELLINO CHRISTOPHER…
“Sì, quando ha iniziato a suonare io ero già entrato nei Carcass, anche se rispetto a me ha avuto una formazione molto più classica, ispirata ai vari guitar hero come Yngwie Malmsteen e Steve Vai”.